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poema disumano
installazione acustico-visiva poema disumano del poeta e artista triestino Luigi Nacci. L’opera, accompagnata dai quadri di Ugo Pierri, unisce esperienze estetiche diverse, come l’ascolto, la lettura, la visione (realizzazione video di Guido Indri)
Comunicato stampa
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Giovedì 1 giugno, alle ore 18, presso la Galleria Michelangelo sarà inaugurata l’installazione acustico-visiva poema disumano del poeta e artista triestino Luigi Nacci. L’opera, accompagnata dai quadri di Ugo Pierri, unisce esperienze estetiche diverse, come l’ascolto, la lettura, la visione (realizzazione video di Guido Indri).
L’istallazione, curata da Gianmaria Nerli, resterà udibile/visibile al pubblico fino a domenica 18 giugno.
In concomitanza sarà presentato il catalogo dell’opera, libro+CD, anch’esso con illustrazioni di Ugo Pierri e interventi fonico-musicali di Lorenzo Castellarin, supportato dai saggi introduttivi di Nerli e Marianna Marrucci e la postfazione di Rosaria Lo Russo (edizioni Galleria d’arte Michelangelo).
Dell’opera verrà presentata anche una seconda versione provvista solo del testo (modificato rispetto a quello edito nell’altra edizione) data alle stampe nella collana “Opera Prima” curata da Flavio Ermini per la Cierre Grafica, con l’introduzione di Ermini e la postfazione di Iain Chambers.
«Il poema disumano è un’installazione-proiezione acustico-(visiva), che unisce voce, suono, scrittura-lettura, immagini, musica. Nata come poesia, o meglio come fusione della scrittura poetica con l’emanazione del proprio suono (la voce delle proprie parole trasformata e dis-integrata in suono), ha il grande merito di non sacrificare all’interazione le specificità dei suoi diversi linguaggi. La scrittura resta scrittura, il suono resta suono, la musica musica, le immagini immagini. Niente è annullato nell’indistinzione sensoriale, ma al contrario tutto viene montato e fatto significare: alla compattezza dell’amalgama percettivo si sostituiscono l’attrito e l’incontro tra ambiti di senso distinti e multiformi […] Ecco, l’installazione di Luigi Nacci punta, se non ad abbattere la porta, almeno a ricostruirne i confini, a ridefinire la soglia al di là della quale vivono un soggetto e forse un senso diverso. Quella soglia che prende la consistenza organica di una membrana che vibra, e si scioglie nell’ascolto. E ascoltando, questo è l’ottimismo disumano del poema, lo spettatore dà forma sensibile, volto, consistenza alla nuova antropologia che siamo diventati, ridefinisce il confine, lo spazio, la dimensione della tragedia umana. Ascoltando rimette in moto il percorso dell’arte e della sua possibilità di significare: perché se l’arte significa, significa anche l’uomo» (dalla prefazione di Gianmaria Nerli).
«E a questo punto arriva il poema disumano di Luigi Nacci, e meno male che arriva. Spira aria nuova nelle stanze del poema. Perché di un regolarissimo poema costituito di stanze, ottave, di endecasillabi si tratta. Un poema assolutamente unitario, classicamente unitario, senza stravolgimenti grammaticali o sintattici (espediente che fino ad ora era parso quasi consustanziale alla contemporaneità), rispettoso delle regole di reiterazione fonica di cui i maestri linguisti e semiologi ci hanno insegnato costituirsi lo ‘specifico poetico’, eufonico nel dettato, regolare con quella clausola in quartina, insomma un poema in ottave con tanto di attanti epici. Insomma, la partitura testuale del poema disumano non fa una grinza. È buona poesia, di ottima fattura, matura nella tenuta linguistica e metrica, un ottimo esordio […]. Ma Nacci, e qui sta la profonda innovazione, ha curato in maniera assolutamente originale e performativamente geniale, non solo il testo ma anche la “regia” del poema. “Regia”: adesso sappiamo che il testo è una partitura teatrale oltre che poetica […]. L’autore-regista non interpreta letteralmente il testo dell’autore-poeta, lo riscrive vocalmente trasformandolo in opera di poesia performativa vera e propria, indipendente, anzi in conflagrazione evidente, con il ‘messaggio’ letterario» (dalla postfazione di Rosaria Lo Russo).
L’istallazione, curata da Gianmaria Nerli, resterà udibile/visibile al pubblico fino a domenica 18 giugno.
In concomitanza sarà presentato il catalogo dell’opera, libro+CD, anch’esso con illustrazioni di Ugo Pierri e interventi fonico-musicali di Lorenzo Castellarin, supportato dai saggi introduttivi di Nerli e Marianna Marrucci e la postfazione di Rosaria Lo Russo (edizioni Galleria d’arte Michelangelo).
Dell’opera verrà presentata anche una seconda versione provvista solo del testo (modificato rispetto a quello edito nell’altra edizione) data alle stampe nella collana “Opera Prima” curata da Flavio Ermini per la Cierre Grafica, con l’introduzione di Ermini e la postfazione di Iain Chambers.
«Il poema disumano è un’installazione-proiezione acustico-(visiva), che unisce voce, suono, scrittura-lettura, immagini, musica. Nata come poesia, o meglio come fusione della scrittura poetica con l’emanazione del proprio suono (la voce delle proprie parole trasformata e dis-integrata in suono), ha il grande merito di non sacrificare all’interazione le specificità dei suoi diversi linguaggi. La scrittura resta scrittura, il suono resta suono, la musica musica, le immagini immagini. Niente è annullato nell’indistinzione sensoriale, ma al contrario tutto viene montato e fatto significare: alla compattezza dell’amalgama percettivo si sostituiscono l’attrito e l’incontro tra ambiti di senso distinti e multiformi […] Ecco, l’installazione di Luigi Nacci punta, se non ad abbattere la porta, almeno a ricostruirne i confini, a ridefinire la soglia al di là della quale vivono un soggetto e forse un senso diverso. Quella soglia che prende la consistenza organica di una membrana che vibra, e si scioglie nell’ascolto. E ascoltando, questo è l’ottimismo disumano del poema, lo spettatore dà forma sensibile, volto, consistenza alla nuova antropologia che siamo diventati, ridefinisce il confine, lo spazio, la dimensione della tragedia umana. Ascoltando rimette in moto il percorso dell’arte e della sua possibilità di significare: perché se l’arte significa, significa anche l’uomo» (dalla prefazione di Gianmaria Nerli).
«E a questo punto arriva il poema disumano di Luigi Nacci, e meno male che arriva. Spira aria nuova nelle stanze del poema. Perché di un regolarissimo poema costituito di stanze, ottave, di endecasillabi si tratta. Un poema assolutamente unitario, classicamente unitario, senza stravolgimenti grammaticali o sintattici (espediente che fino ad ora era parso quasi consustanziale alla contemporaneità), rispettoso delle regole di reiterazione fonica di cui i maestri linguisti e semiologi ci hanno insegnato costituirsi lo ‘specifico poetico’, eufonico nel dettato, regolare con quella clausola in quartina, insomma un poema in ottave con tanto di attanti epici. Insomma, la partitura testuale del poema disumano non fa una grinza. È buona poesia, di ottima fattura, matura nella tenuta linguistica e metrica, un ottimo esordio […]. Ma Nacci, e qui sta la profonda innovazione, ha curato in maniera assolutamente originale e performativamente geniale, non solo il testo ma anche la “regia” del poema. “Regia”: adesso sappiamo che il testo è una partitura teatrale oltre che poetica […]. L’autore-regista non interpreta letteralmente il testo dell’autore-poeta, lo riscrive vocalmente trasformandolo in opera di poesia performativa vera e propria, indipendente, anzi in conflagrazione evidente, con il ‘messaggio’ letterario» (dalla postfazione di Rosaria Lo Russo).
01
giugno 2006
poema disumano
Dal primo al 18 giugno 2006
arte contemporanea
presentazione
presentazione
Location
GALLERIA MICHELANGELO
Roma, Via Giovanni Giraud, 6, (Roma)
Roma, Via Giovanni Giraud, 6, (Roma)
Orario di apertura
10-13 e 16-19. Chiusura: lunedì mattina
Vernissage
1 Giugno 2006, ore 18
Autore