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Poker d’assi
poker d’assi in Fondazione 107. Prosegue la mostra Malmaison del pittore Marcovinicio e si aggiungono la personale di Ra Di Martino, di Lucia Nazzaro e la project room di Salvatore Astore. Pittura, disegno, scultura, installazione e cinema si incontrano nello spazio industriale di Fondazione 107.
Comunicato stampa
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Rä di Martino, On Making a Circle to Swim Under Water.
L’artista romana si ispira a un breve e intenso racconto scritto nel 1964 dall’americano John Cheever, Il nuotatore, cult letterario anche grazie al film Un uomo a nudo del 1968, da cui parte la ricerca per il suo primo lungometraggio Controfigura (2017), presentato recen- temente al Festival del cinema di Venezia. Durante la preparazione di questo film nascono i due lavori On Making a Circle to Swim Under Water (2015) e The Art of Swimming (2015), che saranno esposti in Fondazione 107.
Il video On Making a Circle to Swim Under Water è uno studio sul volto di un uomo in piedi al centro della scena. In un unico piano sequen- za circolare, attraverso l’uso delle luci di scena che variano ad ogni giro, vediamo mutare i colori e l’atmosfera, sino a trasformare il set in un “casting sbagliato” e quindi come nel racconto, un fallimento o quantomeno una disfunzionalità. Le opere della serie The Art of Swimming si ispirano a uno dei primi manuali per insegnare a nuotare, quello di Monsieur Thevenot del 1696 intitolato appunto L’arte del nuotare. Si tratta di immagini serigrafate su cotone grezzo e montate su sdraio da spiaggia degli anni ’50.
Rä di Martino, ribadisce il suo interesse per la rappresentazione di una realtà sospesa tra la quotidianità oggettiva della vita e la finzione propria dei linguaggi visivi. Un gioco di cui non sempre sono visibili i limiti e che induce una percezione egualmente sensoriale ed emo- tiva, fallimentare e al tempo stesso ricca di pathos.
Lucia Nazzaro, In attesa del Sacro (Il posto opportuno). Opera installativa inedita del 2017. ... Nel disagio di una asserzione
È facile nominar(Lo) mentre il diniego costringe le viscere in anfratti contigui all’abbandono della specie. L’intelletto Lo aveva negato eppure Era: la consapevolezza di un verbo speciale, forse unico per risonanza.
L’attesa si consumava in altro luogo, tra linee parallele congiunte all’infinito. Lui (l’uomo) era lì. Nella linea mediana che lo separava dalla circo(stanza). La sedia che aveva occupato (durante l’attesa) reclamava ancora un ospite ma (lui) era già altrove.
Salvatore Astore, Isolamenti.
Isolamenti è un corpo di opere pittoriche e scultoree recenti a cui Salvatore Astore lavora dal 2015.
Coerentemente con la ricerca artistica iniziata alla fine degli anni Ottanta e proseguita poi per tutti gli anni Novanta, durante i quali Astore produce una serie di monumentali sculture in ferro e acciaio, solcate da profonde suture/cicatrici che attraversano longitudinalmente la superficie liscia e visibili a occhio nudo, questi nuovi esiti visivi cui la scultura esposta negli spazi della Fondazione 107 appartiene, rap- presentano la naturale evoluzione di un discorso sulla forma, sul linguaggio, sull’organicità e sul rapporto fra spazio e opera, da sempre al centro dell’attenzione dell’artista.
RA DI MARTINO
Costituita da una grande vasca in acciaio corten appoggiata su quattro solidi e larghi basamenti, la forma primigenia della Calotta si erge possente ed enigmatica da un letto rilucente di sabbia vulcanica. Evocativa senza essere narrativa, poetica senza essere letteraria, l’ope- ra sprigiona nello spazio un’energia dinamica che innesca proficue connessioni fra il mondo naturale e quello artificiale della creazione artistica. Pur alludendo secondo un processo metonimico all’encefalo e per traslazione di significato al pensiero tout court, alle sue poten- zialità immaginifiche, la forma elegante e lineare dell’opera in relazione con la morbida sabbia nera dalla quale si solleva verso l’alto, rimanda al processo naturale di emersione della terra dall’acqua. Vengono in mente le parole del poeta inglese John Donne “Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso, ogni uomo è una parte del tutto”. In questa serie di nuovi lavori, l’artista contempla il mondo naturale con sguardo solitario, appartato più distaccato, cercando nuove forme di dialogo fra individuo e mondo circostante, fra Uomo e Natura. Potremmo dire che è il Linguaggio come processo che genera senso e quindi mondi, il vero soggetto della ricerca artistica di Astore.
Marcovinicio, Malmaison.
Fondazione 107 presenta Malmaison, mostra personale di Marcovinicio. Si tratta di un nucleo di disegni e dipinti inediti, appositamen- te realizzati dall’artista in un progetto organico nato per lo spazio espositivo di Fondazione 107. Il titolo Malmaison – dal latino mala mansio – richiama una località dell’Ile-de-France nota per essere stata un rifugio di pirati nel IX secolo.
Anche Marcovinicio costruisce uno spazio fisico all’interno di Fondazione 107, lo fa delimitando un territorio che sin dal primo sguardo risulta estraneo al contesto in cui è inserito, un’astronave atterrata in uno spazio industriale. Si tratta di una camera le cui pareti sono assemblaggi di oggetti tipici di un’abitazione borghese del XX secolo, mobili, chincaglierie, tappeti, dipinti difficilmente identificabili negli autori, lo stesso portale d’ingresso è ricavato da una parete di mobili assemblati. All’interno una poltrona, oggetti sparsi e negli armadi indumenti, orpelli contemporanei, simboli di una presenza umana ma anche riferimenti alla storia dell’arte.
La camera si presenta come una costruzione geometrica, volume che riflette uno spazio mentale, un luogo di raccoglimento, per indur- ci, una volta accolti e comodamente seduti ad esplorare un altrove. L’evocazione ad uno stato nomadico è immediata. D’altronde un pit- tore concentrato sulla pittura in questo scorcio di secolo non è un viandante? Qualcuno perso nella lucida consapevolezza di affrontare una sfida quasi impossibile. Secoli di pittura ci stanno a guardare, Marcovinicio non rinnega i suoi riferimenti ai grandi del passato (Gauguin, Van Gogh, Segantini), attraverso gli oggetti del suo mondo/quotidiano mette in palio una nuova sfida. Reinventa il suo modo di dipingere inserendo un tratto frenetico, elettrico, un segno che vibra, graffiato, che costringe l’osservatore a rincorrere lo sguardo, trat- tenendo la visione di insieme nell’inseguimento del particolare in una corsa che si trasforma in vortice. Costruisce, frammenta e deco- struisce in un puzzle i riferimenti del suo quotidiano, esploso e sviscerato dopo 30 anni di silenziosa disciplina.
Con questa nuova serie di dipinti Marcovinicio si mette a nudo, concedendosi la più ampia libertà di azione di ciò che è il suo unico nutri- mento: la pittura. I dipinti diventano esplosioni tanto da poter essere girati sottosopra, capovolti di 180 gradi, in verticale o in orizzontale. È così che l’urlo di Marcovinicio si realizza all’interno di questa stanza-astronave in una situazione di calma apparente, spazio delimita- to, perimetro definito, luogo apparentemente protetto, tutto ciò ci permette una pausa, la possibilità di farci sognare, di aprirci ad un mondo diverso completamente a soqquadro.
Marcovinicio decide di andare controcorrente, lasciando da parte le tecnologie, internet, la comunicazione veloce, l’immagine rapida, rubata, insomma gli stratagemmi contemporanei, per affidarsi alla pittura ad olio, il mezzo espressivo senza tempo e dichiarare la sua visione di fronte alla perdita del sogno. Troviamo così nei suoi dipinti nuovi elementi: pantaloni, giubbe, coccodrilli, maschere africane, mucche che escono da armadi, tronchi rutilanti, paesaggi con all’interno lavatrici e chitarre e uomini donna o donne uomo, caffettiere, giubbe, cappelli, serpenti, cavalletti per dipingere talvolta rovesciati, cani, lo stesso armadio ripreso dall’alto diventa un contenitore – bara dove un serpente, simbolo del desiderio, mantiene la sua presenza anche oltre la morte. Il desiderio di dipingere come atto estremo di un rapporto erotico, si perpetua oltre il tempo di noi mortali. Il colore dei dipinti è spregiudicato, rosa che si contrappongono ai neri, gial- li con azzurri, verdi ossido con le terre, non potrebbe essere altrimenti, i contrasti sono estremi, quando si decide di esplorare, di abban- donare il conosciuto, i limiti si annullano, così Marcovinicio si libera di ogni pudore si mette in gioco sino a creare degli spazi-oggetto evo- cati dalla esclusiva mancanza di colore, pallottole che vagano verso il vuoto, spari nell’infinito.
Sorprendersi per sorprenderci, in questo mettersi in gioco l’artista si è tolto le protezioni e si pone (ci pone) di fronte ad un nuovo lin- guaggio di cui in questa mostra vediamo solo l’inizio.
L’artista romana si ispira a un breve e intenso racconto scritto nel 1964 dall’americano John Cheever, Il nuotatore, cult letterario anche grazie al film Un uomo a nudo del 1968, da cui parte la ricerca per il suo primo lungometraggio Controfigura (2017), presentato recen- temente al Festival del cinema di Venezia. Durante la preparazione di questo film nascono i due lavori On Making a Circle to Swim Under Water (2015) e The Art of Swimming (2015), che saranno esposti in Fondazione 107.
Il video On Making a Circle to Swim Under Water è uno studio sul volto di un uomo in piedi al centro della scena. In un unico piano sequen- za circolare, attraverso l’uso delle luci di scena che variano ad ogni giro, vediamo mutare i colori e l’atmosfera, sino a trasformare il set in un “casting sbagliato” e quindi come nel racconto, un fallimento o quantomeno una disfunzionalità. Le opere della serie The Art of Swimming si ispirano a uno dei primi manuali per insegnare a nuotare, quello di Monsieur Thevenot del 1696 intitolato appunto L’arte del nuotare. Si tratta di immagini serigrafate su cotone grezzo e montate su sdraio da spiaggia degli anni ’50.
Rä di Martino, ribadisce il suo interesse per la rappresentazione di una realtà sospesa tra la quotidianità oggettiva della vita e la finzione propria dei linguaggi visivi. Un gioco di cui non sempre sono visibili i limiti e che induce una percezione egualmente sensoriale ed emo- tiva, fallimentare e al tempo stesso ricca di pathos.
Lucia Nazzaro, In attesa del Sacro (Il posto opportuno). Opera installativa inedita del 2017. ... Nel disagio di una asserzione
È facile nominar(Lo) mentre il diniego costringe le viscere in anfratti contigui all’abbandono della specie. L’intelletto Lo aveva negato eppure Era: la consapevolezza di un verbo speciale, forse unico per risonanza.
L’attesa si consumava in altro luogo, tra linee parallele congiunte all’infinito. Lui (l’uomo) era lì. Nella linea mediana che lo separava dalla circo(stanza). La sedia che aveva occupato (durante l’attesa) reclamava ancora un ospite ma (lui) era già altrove.
Salvatore Astore, Isolamenti.
Isolamenti è un corpo di opere pittoriche e scultoree recenti a cui Salvatore Astore lavora dal 2015.
Coerentemente con la ricerca artistica iniziata alla fine degli anni Ottanta e proseguita poi per tutti gli anni Novanta, durante i quali Astore produce una serie di monumentali sculture in ferro e acciaio, solcate da profonde suture/cicatrici che attraversano longitudinalmente la superficie liscia e visibili a occhio nudo, questi nuovi esiti visivi cui la scultura esposta negli spazi della Fondazione 107 appartiene, rap- presentano la naturale evoluzione di un discorso sulla forma, sul linguaggio, sull’organicità e sul rapporto fra spazio e opera, da sempre al centro dell’attenzione dell’artista.
RA DI MARTINO
Costituita da una grande vasca in acciaio corten appoggiata su quattro solidi e larghi basamenti, la forma primigenia della Calotta si erge possente ed enigmatica da un letto rilucente di sabbia vulcanica. Evocativa senza essere narrativa, poetica senza essere letteraria, l’ope- ra sprigiona nello spazio un’energia dinamica che innesca proficue connessioni fra il mondo naturale e quello artificiale della creazione artistica. Pur alludendo secondo un processo metonimico all’encefalo e per traslazione di significato al pensiero tout court, alle sue poten- zialità immaginifiche, la forma elegante e lineare dell’opera in relazione con la morbida sabbia nera dalla quale si solleva verso l’alto, rimanda al processo naturale di emersione della terra dall’acqua. Vengono in mente le parole del poeta inglese John Donne “Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso, ogni uomo è una parte del tutto”. In questa serie di nuovi lavori, l’artista contempla il mondo naturale con sguardo solitario, appartato più distaccato, cercando nuove forme di dialogo fra individuo e mondo circostante, fra Uomo e Natura. Potremmo dire che è il Linguaggio come processo che genera senso e quindi mondi, il vero soggetto della ricerca artistica di Astore.
Marcovinicio, Malmaison.
Fondazione 107 presenta Malmaison, mostra personale di Marcovinicio. Si tratta di un nucleo di disegni e dipinti inediti, appositamen- te realizzati dall’artista in un progetto organico nato per lo spazio espositivo di Fondazione 107. Il titolo Malmaison – dal latino mala mansio – richiama una località dell’Ile-de-France nota per essere stata un rifugio di pirati nel IX secolo.
Anche Marcovinicio costruisce uno spazio fisico all’interno di Fondazione 107, lo fa delimitando un territorio che sin dal primo sguardo risulta estraneo al contesto in cui è inserito, un’astronave atterrata in uno spazio industriale. Si tratta di una camera le cui pareti sono assemblaggi di oggetti tipici di un’abitazione borghese del XX secolo, mobili, chincaglierie, tappeti, dipinti difficilmente identificabili negli autori, lo stesso portale d’ingresso è ricavato da una parete di mobili assemblati. All’interno una poltrona, oggetti sparsi e negli armadi indumenti, orpelli contemporanei, simboli di una presenza umana ma anche riferimenti alla storia dell’arte.
La camera si presenta come una costruzione geometrica, volume che riflette uno spazio mentale, un luogo di raccoglimento, per indur- ci, una volta accolti e comodamente seduti ad esplorare un altrove. L’evocazione ad uno stato nomadico è immediata. D’altronde un pit- tore concentrato sulla pittura in questo scorcio di secolo non è un viandante? Qualcuno perso nella lucida consapevolezza di affrontare una sfida quasi impossibile. Secoli di pittura ci stanno a guardare, Marcovinicio non rinnega i suoi riferimenti ai grandi del passato (Gauguin, Van Gogh, Segantini), attraverso gli oggetti del suo mondo/quotidiano mette in palio una nuova sfida. Reinventa il suo modo di dipingere inserendo un tratto frenetico, elettrico, un segno che vibra, graffiato, che costringe l’osservatore a rincorrere lo sguardo, trat- tenendo la visione di insieme nell’inseguimento del particolare in una corsa che si trasforma in vortice. Costruisce, frammenta e deco- struisce in un puzzle i riferimenti del suo quotidiano, esploso e sviscerato dopo 30 anni di silenziosa disciplina.
Con questa nuova serie di dipinti Marcovinicio si mette a nudo, concedendosi la più ampia libertà di azione di ciò che è il suo unico nutri- mento: la pittura. I dipinti diventano esplosioni tanto da poter essere girati sottosopra, capovolti di 180 gradi, in verticale o in orizzontale. È così che l’urlo di Marcovinicio si realizza all’interno di questa stanza-astronave in una situazione di calma apparente, spazio delimita- to, perimetro definito, luogo apparentemente protetto, tutto ciò ci permette una pausa, la possibilità di farci sognare, di aprirci ad un mondo diverso completamente a soqquadro.
Marcovinicio decide di andare controcorrente, lasciando da parte le tecnologie, internet, la comunicazione veloce, l’immagine rapida, rubata, insomma gli stratagemmi contemporanei, per affidarsi alla pittura ad olio, il mezzo espressivo senza tempo e dichiarare la sua visione di fronte alla perdita del sogno. Troviamo così nei suoi dipinti nuovi elementi: pantaloni, giubbe, coccodrilli, maschere africane, mucche che escono da armadi, tronchi rutilanti, paesaggi con all’interno lavatrici e chitarre e uomini donna o donne uomo, caffettiere, giubbe, cappelli, serpenti, cavalletti per dipingere talvolta rovesciati, cani, lo stesso armadio ripreso dall’alto diventa un contenitore – bara dove un serpente, simbolo del desiderio, mantiene la sua presenza anche oltre la morte. Il desiderio di dipingere come atto estremo di un rapporto erotico, si perpetua oltre il tempo di noi mortali. Il colore dei dipinti è spregiudicato, rosa che si contrappongono ai neri, gial- li con azzurri, verdi ossido con le terre, non potrebbe essere altrimenti, i contrasti sono estremi, quando si decide di esplorare, di abban- donare il conosciuto, i limiti si annullano, così Marcovinicio si libera di ogni pudore si mette in gioco sino a creare degli spazi-oggetto evo- cati dalla esclusiva mancanza di colore, pallottole che vagano verso il vuoto, spari nell’infinito.
Sorprendersi per sorprenderci, in questo mettersi in gioco l’artista si è tolto le protezioni e si pone (ci pone) di fronte ad un nuovo lin- guaggio di cui in questa mostra vediamo solo l’inizio.
26
ottobre 2017
Poker d’assi
Dal 26 ottobre al 26 novembre 2017
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE 107
Torino, Via Andrea Sansovino, 234, (Torino)
Torino, Via Andrea Sansovino, 234, (Torino)
Biglietti
intero 8,00 euro
ridotto 5,00 euro
gratis to musei
Orario di apertura
da giovedì a domenica ore 14 - 19
Vernissage
26 Ottobre 2017, h 18 - 21
Autore
Curatore