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Pompeo Forgione – Traversate
In mostra cinquanta opere dell’artista italiano, artista di peso, salutato dalla critica europea come una delle figure innovative dell’arte contemporanea per la capacità di movimentare segni e forme catturati da una pagana sacralità che cosparge gli spazi raccontati attraverso mistiche memorie.
Comunicato stampa
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Ha preso il via, all’interno dello storico “Palazzo Borghese” di Firenze il nuovo progetto, dal titolo “IL MUSEO DEI MUSEI”, un percorso artistico internazionale ideato e diretto dall’illustre Storico dell’Arte di piano internazionale Prof. Carlo Franza. Questa mostra dal titolo “Traversate” è l’ottava del nuovo percorso, imponendosi come evento di singolare importanza culturale in quanto è desiderio del curatore proporre in una città d’arte come Firenze nomi di rilievo dell’arte contemporanea, capaci di dettare e significare gli svolgimenti più intriganti del fare arte nel terzo millennio. L’esposizione curata dall’illustre Storico dell’Arte di fama internazionale, Prof. Carlo Franza, che firma anche il testo in catalogo dal titolo “Traversate”, riunisce cinquanta opere di Pompeo Forgione, artista di peso, salutato dalla critica europea come una delle figure innovative dell’arte contemporanea per la capacità di movimentare segni e forme catturati da una pagana sacralità che cosparge gli spazi raccontati attraverso mistiche memorie.
Per l’occasione Performance “Pellegrinaggio con eco ( a Firenze)”: letture dell’ autrice Liliana Ugolini tratte dal libro omonimo e musiche classiche e improvvisazioni al flauto di Laura Manescalchi.
Scrive Carlo Franza nel testo: “Da sempre, una genealogia di forma, segno ed esplorazione, liberati dal fardello dei loro significati, assegna all'operato di Pompeo Forgione, dopo il rifiuto sia della purezza modernista che dell'impurità postmoderna, una sorta di “the allegorical impulse”, ovvero quell'altra modernità che scava pratiche artistiche su appropriazione, specificità dei luoghi, precarietà, accumulazione, discorsività, ibridizzazione.
Da sempre Forgione insiste su un lungo racconto, su un racconto a puntate, strumento di narrazione allegorica e simbolica, dove strutture, forme e segni ricorrono quasi sempre per allusività, psicologicità, oniricità, della memoria, trasposta, referente e lirica. E se una immagine tutta sua si ritrova, straniata, multipla e primaria, essa vive sempre come forma e storia, di una storia simulata, dove la simulazione corrisponde a un cortocircuito di realtà, ri-duplicato dai segni. Pittore e scultore, certamente, ma accanto alla pittura di simulazione fa vivere anche la “commodity sculpture” ovvero la scultura come merce. E se la pittura di simulazione, attraversata dall'altramodernità, si fa mondo speculare, la commodity sculpture tratta il readymade come un'astrazione. A questo punto, non possiamo non notare e far nostro, volgendolo all'iniziale percorso artistico di Pompeo Forgione, quanto il collega Germano Celant ha scritto di Mimmo Paladino, anch'egli sia beneventano che già docente al Liceo Artistico di Brera di Milano, e cioè essere artista della congiunzione fra arte Povera e Transavanguardia. I lavori degli anni Ottanta del Novecento tutti costruiti all'insegna della Transavanguardia si accalcano anzitutto attorno a quel nomadismo culturale, cui si soffermò ampiamente Achille Bonito Oliva, ma tessono in un' amalgama suggestivo la rifondazione della pittura, sottilmente tesa al principio manieristico della citazione. Mostrare una violenza coloristica e pittorica, estrosa e sensitiva, capace di raccontare itinerari sperimentali e tradizionali, ma anche colti e popolari. E' stato come ridisegnare la realtà in un progetto che sagoma le scelte, dall'iniziale transavanguardia calda a quella più fredda, oltre ogni coinvolgimento politico e utopistico, per saccheggiare mondi del passato, stili vicini e lontani.
Questo spessore della pittura, più interiore che esteriore, caratterizza fortemente l'opera di Forgione in quanto pare così restituire al processo creativo quella peculiarità di intenso erotismo, di passionalità tutta italiana, tale da caratterizzare in questo modo la transavanguardia italiana rispetto a quella internazionale.
Poi negli anni a seguire questo carattere transavanguardista è stato notevolmente superato, perchè Forgione si è portato su dipinti e carte fortemente astratti, ove si sono annidati segni e forme, e dove segni etnici e arcaici, forme primitive e primarie vivono le loro mistiche apparizioni. C'è di più, Pompeo Forgione vive da tempo, come abbiamo in altro tempo scritto, una sua “altramodernità”, nel senso che vivendo, insegnando, e lavorando a Milano - città di crocevia -, qui ha trovato il modo di assorbire e declinare ossessioni e compulsioni. Lascia leggere nelle sue forme, nei suoi totem, nei suoi simboli, nelle sue allegorie, nelle sue immagini astratto-informali, una concezione quasi mistica dell'arte, una sacralità pagana, capace di bilanciarsi tra impulso simbolico (modernismo) e impulso allegorico (postmoderno). Riprende quanto Charles Baudelaire scriveva nel 1883 ne “Il pittore della vita moderna”, e cioè “con modernità intendo l'effimero, il fugace, il contingente, la metà dell'arte di cui l'altra metà è l'eterno e l'immutabile”. Forgione ha chiesto al segno anzitutto l'impossibile dono della purezza primigenia, per poi svelare l'inesausto sondaggio di questo pulsare e battere biologico dei segni che si fanno fenomeno spaziale, riquadro, forma e magica architettura. La sua è stata una traversata distintiva attraverso decenni di sperimentalismi e stili, per approdare a scenari immateriali capaci di offrirci inediti repertori di visione ove si racconta di guerrieri del nostro tempo, di feticci mitologici, del tempo infinito del mondo, di stereotipi sessuali che incalzano i miti della mascolinità e della femminilità, di caccia al tesoro di oggetti riciclati che si riattivano in combine dando loro nuova vita oppure rivelandone l'assurdità, di scenografie, di giochi di identità, di messaggi minimal e frontalità etnografiche. Anche con Pompeo Forgione la storia dell'arte sembra un gigantesco archivio di reificazione delle forme e la metamorfosi degli dei trova una parentela con il museo immaginario”.
Biografia dell'artista
Pompeo Forgione è nato a Benevento nel 1957, si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 1980. Oggi vive a Milano dove è titolare della cattedra di Discipline Plastiche al Liceo Artistico di Brera. Nel 1981 inizia ad esporre a Napoli con una collettiva e poi una personale. Svolge questa attività in modo professionale e con l’urgenza della scoperta a tutto campo specie con forti rapporti tedeschi. Espone in città italiane ed estere ( Roma, Napoli, Triennale Bovisa di Milano, Benevento, Teglio, Monaco di Baviera, Dortmund, Colonia, Berlino, Basilea ecc.) con personali (nel 1986 nella Galleria Thomas di Monaco di Baviera); è presente alla fiera d’arte di Basilea (1986 e 1987) e partecipa a collettive di peso con importanti esponenti dell' arte moderna e contemporanea: Allen, Anzingher, Basquiat, Christian, Disler, Gauerke, Hacher, Hampel, Haring, Ikemura, Jetelova, Kumrow, Macdonald, De Maria, Meyer, Mira, Oroschkoff, Paladino, DePalma, Penck, Salomè, Schwarz, Sevilla, Tatafiore, Wawrin, Zimmer (vedi catalogo IM A 11 Galerie Thomas 1988 ).
Illustri critici hanno scritto del suo lavoro su quotidiani, cataloghi e riviste d’arte tra cui Giorgio Verzotti, Carlo Franza, Michele Buonuomo, Guido Giuffrè, Giuseppe Manigrasso, Lorenza Trucchi, Antonio Petrilli, Elio Grazioli, Von Raineir Wanzelius, Horst Mùller, Diego Palma, F.Fabris,ecc.
Nel testo del catalogo “Bei Thomas” (1986) della galleria Thomas di Monaco di Baviera Giorgio Verzotti scriveva : “… nelle opere su carta o su tela libera, nei disegni o nei collages l’artista esprime forza, delinea con forza sagome precise, risolute e pienamente risolte, che solo con una certa forzatura possono essere assegnate a un significato univoco e pacificato.” Oggi Pompeo Forgione tronca le discussioni sulle intenzioni e i messaggi dell’arte e impone allo spettatore un linguaggio il più possibile formale nel descrivere la fenomenologia “definita dal critico d’arte Carlo Franza “L’Altramodernità”.
Cenni biografici del Curatore
Carlo Franza, nato nel 1949, è uno Storico dell’Arte Moderna e Contemporanea, italiano. Critico d’Arte. E’ vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (Lettere, Filosofia e Sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e Assistente. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore Straordinario di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea, Ordinario di Lingua e Letteratura Italiana. Visiting Professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose Università estere. Docente nel Master Universitario “Management e Valorizzazione dei Beni Culturali” allo IED di Milano. E’ stato indicato dal “Times” fra i dieci Critici d’Arte più importanti d’Europa. Giornalista, critico d’arte dal 1974 a Il Giornale di Indro Montanelli, oggi a Libero fondato da Vittorio Feltri e diretto da Maurizio Belpietro. E’ fondatore e direttore del MIMAC della Fondazione Don Tonino Bello. Ha al suo attivo decine di libri fondamentali e migliaia di pubblicazioni e cataloghi con presentazioni di mostre. Si è interessato dei più importanti artisti del mondo dei quali ne ha curato prestigiosissime mostre. Dal 2001 al 2007 è stato Consulente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Ha vinto per il Giornalismo e la Critica d’Arte, il Premio Città di Alassio nel 1980, il Premio Barocco-Città di Gallipoli nel 1990, il Premio Cortina nel 1994, il Premio Saint Vincent nel 1995, il Premio Bormio nel 1996, il Premio Milano nel 1998, e il Premio delle Arti Premio della Cultura nel 2000 (di cui è presidente di giuria dal 2001) e il Premio Città di Tricase nel 2008.
Per l’occasione Performance “Pellegrinaggio con eco ( a Firenze)”: letture dell’ autrice Liliana Ugolini tratte dal libro omonimo e musiche classiche e improvvisazioni al flauto di Laura Manescalchi.
Scrive Carlo Franza nel testo: “Da sempre, una genealogia di forma, segno ed esplorazione, liberati dal fardello dei loro significati, assegna all'operato di Pompeo Forgione, dopo il rifiuto sia della purezza modernista che dell'impurità postmoderna, una sorta di “the allegorical impulse”, ovvero quell'altra modernità che scava pratiche artistiche su appropriazione, specificità dei luoghi, precarietà, accumulazione, discorsività, ibridizzazione.
Da sempre Forgione insiste su un lungo racconto, su un racconto a puntate, strumento di narrazione allegorica e simbolica, dove strutture, forme e segni ricorrono quasi sempre per allusività, psicologicità, oniricità, della memoria, trasposta, referente e lirica. E se una immagine tutta sua si ritrova, straniata, multipla e primaria, essa vive sempre come forma e storia, di una storia simulata, dove la simulazione corrisponde a un cortocircuito di realtà, ri-duplicato dai segni. Pittore e scultore, certamente, ma accanto alla pittura di simulazione fa vivere anche la “commodity sculpture” ovvero la scultura come merce. E se la pittura di simulazione, attraversata dall'altramodernità, si fa mondo speculare, la commodity sculpture tratta il readymade come un'astrazione. A questo punto, non possiamo non notare e far nostro, volgendolo all'iniziale percorso artistico di Pompeo Forgione, quanto il collega Germano Celant ha scritto di Mimmo Paladino, anch'egli sia beneventano che già docente al Liceo Artistico di Brera di Milano, e cioè essere artista della congiunzione fra arte Povera e Transavanguardia. I lavori degli anni Ottanta del Novecento tutti costruiti all'insegna della Transavanguardia si accalcano anzitutto attorno a quel nomadismo culturale, cui si soffermò ampiamente Achille Bonito Oliva, ma tessono in un' amalgama suggestivo la rifondazione della pittura, sottilmente tesa al principio manieristico della citazione. Mostrare una violenza coloristica e pittorica, estrosa e sensitiva, capace di raccontare itinerari sperimentali e tradizionali, ma anche colti e popolari. E' stato come ridisegnare la realtà in un progetto che sagoma le scelte, dall'iniziale transavanguardia calda a quella più fredda, oltre ogni coinvolgimento politico e utopistico, per saccheggiare mondi del passato, stili vicini e lontani.
Questo spessore della pittura, più interiore che esteriore, caratterizza fortemente l'opera di Forgione in quanto pare così restituire al processo creativo quella peculiarità di intenso erotismo, di passionalità tutta italiana, tale da caratterizzare in questo modo la transavanguardia italiana rispetto a quella internazionale.
Poi negli anni a seguire questo carattere transavanguardista è stato notevolmente superato, perchè Forgione si è portato su dipinti e carte fortemente astratti, ove si sono annidati segni e forme, e dove segni etnici e arcaici, forme primitive e primarie vivono le loro mistiche apparizioni. C'è di più, Pompeo Forgione vive da tempo, come abbiamo in altro tempo scritto, una sua “altramodernità”, nel senso che vivendo, insegnando, e lavorando a Milano - città di crocevia -, qui ha trovato il modo di assorbire e declinare ossessioni e compulsioni. Lascia leggere nelle sue forme, nei suoi totem, nei suoi simboli, nelle sue allegorie, nelle sue immagini astratto-informali, una concezione quasi mistica dell'arte, una sacralità pagana, capace di bilanciarsi tra impulso simbolico (modernismo) e impulso allegorico (postmoderno). Riprende quanto Charles Baudelaire scriveva nel 1883 ne “Il pittore della vita moderna”, e cioè “con modernità intendo l'effimero, il fugace, il contingente, la metà dell'arte di cui l'altra metà è l'eterno e l'immutabile”. Forgione ha chiesto al segno anzitutto l'impossibile dono della purezza primigenia, per poi svelare l'inesausto sondaggio di questo pulsare e battere biologico dei segni che si fanno fenomeno spaziale, riquadro, forma e magica architettura. La sua è stata una traversata distintiva attraverso decenni di sperimentalismi e stili, per approdare a scenari immateriali capaci di offrirci inediti repertori di visione ove si racconta di guerrieri del nostro tempo, di feticci mitologici, del tempo infinito del mondo, di stereotipi sessuali che incalzano i miti della mascolinità e della femminilità, di caccia al tesoro di oggetti riciclati che si riattivano in combine dando loro nuova vita oppure rivelandone l'assurdità, di scenografie, di giochi di identità, di messaggi minimal e frontalità etnografiche. Anche con Pompeo Forgione la storia dell'arte sembra un gigantesco archivio di reificazione delle forme e la metamorfosi degli dei trova una parentela con il museo immaginario”.
Biografia dell'artista
Pompeo Forgione è nato a Benevento nel 1957, si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 1980. Oggi vive a Milano dove è titolare della cattedra di Discipline Plastiche al Liceo Artistico di Brera. Nel 1981 inizia ad esporre a Napoli con una collettiva e poi una personale. Svolge questa attività in modo professionale e con l’urgenza della scoperta a tutto campo specie con forti rapporti tedeschi. Espone in città italiane ed estere ( Roma, Napoli, Triennale Bovisa di Milano, Benevento, Teglio, Monaco di Baviera, Dortmund, Colonia, Berlino, Basilea ecc.) con personali (nel 1986 nella Galleria Thomas di Monaco di Baviera); è presente alla fiera d’arte di Basilea (1986 e 1987) e partecipa a collettive di peso con importanti esponenti dell' arte moderna e contemporanea: Allen, Anzingher, Basquiat, Christian, Disler, Gauerke, Hacher, Hampel, Haring, Ikemura, Jetelova, Kumrow, Macdonald, De Maria, Meyer, Mira, Oroschkoff, Paladino, DePalma, Penck, Salomè, Schwarz, Sevilla, Tatafiore, Wawrin, Zimmer (vedi catalogo IM A 11 Galerie Thomas 1988 ).
Illustri critici hanno scritto del suo lavoro su quotidiani, cataloghi e riviste d’arte tra cui Giorgio Verzotti, Carlo Franza, Michele Buonuomo, Guido Giuffrè, Giuseppe Manigrasso, Lorenza Trucchi, Antonio Petrilli, Elio Grazioli, Von Raineir Wanzelius, Horst Mùller, Diego Palma, F.Fabris,ecc.
Nel testo del catalogo “Bei Thomas” (1986) della galleria Thomas di Monaco di Baviera Giorgio Verzotti scriveva : “… nelle opere su carta o su tela libera, nei disegni o nei collages l’artista esprime forza, delinea con forza sagome precise, risolute e pienamente risolte, che solo con una certa forzatura possono essere assegnate a un significato univoco e pacificato.” Oggi Pompeo Forgione tronca le discussioni sulle intenzioni e i messaggi dell’arte e impone allo spettatore un linguaggio il più possibile formale nel descrivere la fenomenologia “definita dal critico d’arte Carlo Franza “L’Altramodernità”.
Cenni biografici del Curatore
Carlo Franza, nato nel 1949, è uno Storico dell’Arte Moderna e Contemporanea, italiano. Critico d’Arte. E’ vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (Lettere, Filosofia e Sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e Assistente. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore Straordinario di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea, Ordinario di Lingua e Letteratura Italiana. Visiting Professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose Università estere. Docente nel Master Universitario “Management e Valorizzazione dei Beni Culturali” allo IED di Milano. E’ stato indicato dal “Times” fra i dieci Critici d’Arte più importanti d’Europa. Giornalista, critico d’arte dal 1974 a Il Giornale di Indro Montanelli, oggi a Libero fondato da Vittorio Feltri e diretto da Maurizio Belpietro. E’ fondatore e direttore del MIMAC della Fondazione Don Tonino Bello. Ha al suo attivo decine di libri fondamentali e migliaia di pubblicazioni e cataloghi con presentazioni di mostre. Si è interessato dei più importanti artisti del mondo dei quali ne ha curato prestigiosissime mostre. Dal 2001 al 2007 è stato Consulente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Ha vinto per il Giornalismo e la Critica d’Arte, il Premio Città di Alassio nel 1980, il Premio Barocco-Città di Gallipoli nel 1990, il Premio Cortina nel 1994, il Premio Saint Vincent nel 1995, il Premio Bormio nel 1996, il Premio Milano nel 1998, e il Premio delle Arti Premio della Cultura nel 2000 (di cui è presidente di giuria dal 2001) e il Premio Città di Tricase nel 2008.
30
aprile 2011
Pompeo Forgione – Traversate
Dal 30 aprile al 30 settembre 2011
arte contemporanea
Location
PALAZZO BORGHESE
Firenze, Via Ghibellina, 110n, (Firenze)
Firenze, Via Ghibellina, 110n, (Firenze)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato dalle ore 9.00 alle 17.00; la sera ad eventi
Vernissage
30 Aprile 2011, ore 18.00
Autore
Curatore