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Pop Art: la via italiana. Omaggio a Mimmo Rotella
l’occasione per puntualizzare e mettere in discussione la stessa definizione di arte pop in Italia
Comunicato stampa
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Nei primissimi anni Sessanta, con un ponte creativo sospeso tra Stati Uniti d’America, Gran Bretagna ed Italia, è nata un’arte veramente popolare, al passo coi tempi e non a caso chiamata “Pop Art”, con una definizione che per l’Italia merita però molte precisazioni.
La mostra “Pop Art: la via italiana. Omaggio a Mimmo Rotella”, curata da Gabriele Simongini, in programma dal 6 luglio al 15 ottobre 2007 nella prestigiosa sede del Museo Archeologico Nazionale di Chieti, offrirà quindi l’occasione per puntualizzare e mettere in discussione la stessa definizione di arte pop in Italia.
Negli U.S.A., in particolare, la nuova ed esplosiva realtà del consumismo e dei supermarket, le star del cinema, i nuovi materiali dell’industria, le immagini della pubblicità e dei mezzi di comunicazione entrano prepotentemente nella pittura e nella scultura mescolandosi alla cultura di massa. In Italia, invece, una giovane generazione di artisti dà vita ad un’originale alternativa al modello americano della Pop Art e lo trasforma adattandolo all’ambiente urbano italiano e alle radici storiche, alle tradizioni millenarie del nostro paese. Per Tano Festa, ad esempio, le presenze “popular” in Italia non erano, come negli U.S.A., le insegne pubblicitarie, i manifesti o gli oggetti di consumo ma le opere d’arte antica, i cicli di affreschi, i monumenti su cui non può fare a meno di cadere lo sguardo di chi vive e passeggia in una città italiana. E, come nota Sergio Lombardo nella sua testimonianza inedita per la mostra di Chieti, le differenze fra italiani ed americani “erano sui temi, sul formato e soprattutto sulla divulgazione. Gli americani erano attratti dai supermercati, a volte dall'arredamento moderno e di consumo domestico, dagli utensili, dalla letteratura fumettistica o pubblicitaria. Guardavano gli oggetti, le cose, i prodotti. Per noi era più interessante la figura umana quando veniva utilizzata per la fabbricazione industriale della notizia, studiavamo la psicologia scientifica che veniva impiegata al servizio del mercato, o della pubblicità, o della politica. Noi guardavamo i meccanismi industriali della fabbricazione dei nuovi miti, più che dei nuovi prodotti domestici. I formati americani erano colossali, i nostri di solito più modesti. Anche la quantità di opere prodotta dagli americani era immensa, veniva distribuita in tutto il mondo, protetta politicamente. La Pop Art era arte di Stato per l'esportazione. Noi eravamo esclusi dai grandi circuiti commerciali, lavoravamo solo per la ricerca, facevamo solo prototipi. Non avevamo l'urgenza della produzione industriale, che comunque sarebbe stata impossibile dal momento che lo Stato italiano era disinteressato e ci ignorava completamente”.
Attraverso le opere di 24 artisti, tutti connotati da forti personalità non etichettabili, si riesce a cogliere la profonda trasformazione sociale e psicologica di un’Italia in rapido mutamento: il boom economico cambia radicalmente abitudini e gusti, il paesaggio urbano si trasforma e diventa in gran parte artificiale. Ne nasce una nuova iconografia, dura, raffinata e perentoria, filtrata attraverso i mass media, non priva di molte inquietudini e capace spesso di collegare l’astrazione del precedente decennio e la nuova pittura oggettuale alla fenomenologia del quotidiano. Inoltre l’alternativa italiana alla Pop Art è anche caratterizzata da una vocazione fortemente analitica e non di rado critica nei confronti dei mass media, del nascente consumismo, della comunicazione politica e della perdita d’identità individuale, senza trascurare una sorta di profetica sensibilità ecologica ante litteram che preconizza una natura sempre più artificiale e minacciata dal cosiddetto progresso tecnologico ( come è evidente ad esempio nelle opere di Piero Gilardi e Gino Marotta). A rendere infine unica l’esperienza italiana di quegli anni è anche la costante riflessione teorica ed operativa sull’eredità del futurismo e della metafisica.
Vero e proprio pioniere a livello internazionale di questo nuovo realismo urbano è stato senza dubbio con i suoi décollages Mimmo Rotella, a cui in questa occasione si intende rendere omaggio esponendo dieci suoi lavori compresi fra il 1955 e il 1973 ( oltre ai décollages anche un art-typo, un esempio di mec-art e una tela emulsionata). Anche nella fase iniziale dei décollages, avviata fin dal 1954, nonostante un evidente interesse per il magma materico e l’assenza di elementi figurativi riconoscibili, Rotella attinge a piene mani al nuovo repertorio massmediatico saccheggiando il palinsesto iconografico urbano con una strategia neo-dada ma anche anticipatrice della mentalità pop. Lo stesso Rotella ha spiegato bene questa idea di nuovo realismo urbano nel contesto del proprio lavoro: “Il mondo di immagini violentissime che ci circonda (segnaletica stradale, cartelloni, manifesti, semafori, automobili coloratissime, pubblicità) non può non colpire la retina e la fantasia di un pittore, al di fuori di ogni pretesto figurativo in senso tradizionale. Nel mio lavoro io cerco di tener conto delle impressioni e degli chocs che ricevo continuamente”.
La mostra, organizzata dall’Associazione Culturale Trifoglio, in collaborazione con la Regione Abruzzo, la Provincia ed il Comune di Chieti, la Soprintendenza per i Beni Archeologici d’Abruzzo di Chieti, la Fondazione Carichieti, l’Università degli Studi G. D’Annunzio di Chieti, è dedicata ai maggiori protagonisti dell’alternativa italiana alla Pop Art che saranno rappresentati da uno o due lavori ciascuno (molti dei quali di grandi dimensioni), oltre all’omaggio a Mimmo Rotella e ad alcuni disegni pubblicitari di Pino Pascali. Complessivamente saranno esposte 57 opere (provenienti da importanti collezioni private, gallerie o dagli stessi artisti) riprodotte a colori nel catalogo che conterrà i testi del curatore Gabriele Simongini, le preziose testimonianze inedite di alcuni protagonisti di quel fecondo periodo creativo, tra cui quelle di Umberto Bignardi, Giosetta Fioroni, Piero Gilardi, Sergio Lombardo, Renato Mambor, Gino Marotta, Roberto Malquori, Cesare Tacchi, e le schede biografiche di Raffaele Simongini.
La mostra “Pop Art: la via italiana. Omaggio a Mimmo Rotella”, curata da Gabriele Simongini, in programma dal 6 luglio al 15 ottobre 2007 nella prestigiosa sede del Museo Archeologico Nazionale di Chieti, offrirà quindi l’occasione per puntualizzare e mettere in discussione la stessa definizione di arte pop in Italia.
Negli U.S.A., in particolare, la nuova ed esplosiva realtà del consumismo e dei supermarket, le star del cinema, i nuovi materiali dell’industria, le immagini della pubblicità e dei mezzi di comunicazione entrano prepotentemente nella pittura e nella scultura mescolandosi alla cultura di massa. In Italia, invece, una giovane generazione di artisti dà vita ad un’originale alternativa al modello americano della Pop Art e lo trasforma adattandolo all’ambiente urbano italiano e alle radici storiche, alle tradizioni millenarie del nostro paese. Per Tano Festa, ad esempio, le presenze “popular” in Italia non erano, come negli U.S.A., le insegne pubblicitarie, i manifesti o gli oggetti di consumo ma le opere d’arte antica, i cicli di affreschi, i monumenti su cui non può fare a meno di cadere lo sguardo di chi vive e passeggia in una città italiana. E, come nota Sergio Lombardo nella sua testimonianza inedita per la mostra di Chieti, le differenze fra italiani ed americani “erano sui temi, sul formato e soprattutto sulla divulgazione. Gli americani erano attratti dai supermercati, a volte dall'arredamento moderno e di consumo domestico, dagli utensili, dalla letteratura fumettistica o pubblicitaria. Guardavano gli oggetti, le cose, i prodotti. Per noi era più interessante la figura umana quando veniva utilizzata per la fabbricazione industriale della notizia, studiavamo la psicologia scientifica che veniva impiegata al servizio del mercato, o della pubblicità, o della politica. Noi guardavamo i meccanismi industriali della fabbricazione dei nuovi miti, più che dei nuovi prodotti domestici. I formati americani erano colossali, i nostri di solito più modesti. Anche la quantità di opere prodotta dagli americani era immensa, veniva distribuita in tutto il mondo, protetta politicamente. La Pop Art era arte di Stato per l'esportazione. Noi eravamo esclusi dai grandi circuiti commerciali, lavoravamo solo per la ricerca, facevamo solo prototipi. Non avevamo l'urgenza della produzione industriale, che comunque sarebbe stata impossibile dal momento che lo Stato italiano era disinteressato e ci ignorava completamente”.
Attraverso le opere di 24 artisti, tutti connotati da forti personalità non etichettabili, si riesce a cogliere la profonda trasformazione sociale e psicologica di un’Italia in rapido mutamento: il boom economico cambia radicalmente abitudini e gusti, il paesaggio urbano si trasforma e diventa in gran parte artificiale. Ne nasce una nuova iconografia, dura, raffinata e perentoria, filtrata attraverso i mass media, non priva di molte inquietudini e capace spesso di collegare l’astrazione del precedente decennio e la nuova pittura oggettuale alla fenomenologia del quotidiano. Inoltre l’alternativa italiana alla Pop Art è anche caratterizzata da una vocazione fortemente analitica e non di rado critica nei confronti dei mass media, del nascente consumismo, della comunicazione politica e della perdita d’identità individuale, senza trascurare una sorta di profetica sensibilità ecologica ante litteram che preconizza una natura sempre più artificiale e minacciata dal cosiddetto progresso tecnologico ( come è evidente ad esempio nelle opere di Piero Gilardi e Gino Marotta). A rendere infine unica l’esperienza italiana di quegli anni è anche la costante riflessione teorica ed operativa sull’eredità del futurismo e della metafisica.
Vero e proprio pioniere a livello internazionale di questo nuovo realismo urbano è stato senza dubbio con i suoi décollages Mimmo Rotella, a cui in questa occasione si intende rendere omaggio esponendo dieci suoi lavori compresi fra il 1955 e il 1973 ( oltre ai décollages anche un art-typo, un esempio di mec-art e una tela emulsionata). Anche nella fase iniziale dei décollages, avviata fin dal 1954, nonostante un evidente interesse per il magma materico e l’assenza di elementi figurativi riconoscibili, Rotella attinge a piene mani al nuovo repertorio massmediatico saccheggiando il palinsesto iconografico urbano con una strategia neo-dada ma anche anticipatrice della mentalità pop. Lo stesso Rotella ha spiegato bene questa idea di nuovo realismo urbano nel contesto del proprio lavoro: “Il mondo di immagini violentissime che ci circonda (segnaletica stradale, cartelloni, manifesti, semafori, automobili coloratissime, pubblicità) non può non colpire la retina e la fantasia di un pittore, al di fuori di ogni pretesto figurativo in senso tradizionale. Nel mio lavoro io cerco di tener conto delle impressioni e degli chocs che ricevo continuamente”.
La mostra, organizzata dall’Associazione Culturale Trifoglio, in collaborazione con la Regione Abruzzo, la Provincia ed il Comune di Chieti, la Soprintendenza per i Beni Archeologici d’Abruzzo di Chieti, la Fondazione Carichieti, l’Università degli Studi G. D’Annunzio di Chieti, è dedicata ai maggiori protagonisti dell’alternativa italiana alla Pop Art che saranno rappresentati da uno o due lavori ciascuno (molti dei quali di grandi dimensioni), oltre all’omaggio a Mimmo Rotella e ad alcuni disegni pubblicitari di Pino Pascali. Complessivamente saranno esposte 57 opere (provenienti da importanti collezioni private, gallerie o dagli stessi artisti) riprodotte a colori nel catalogo che conterrà i testi del curatore Gabriele Simongini, le preziose testimonianze inedite di alcuni protagonisti di quel fecondo periodo creativo, tra cui quelle di Umberto Bignardi, Giosetta Fioroni, Piero Gilardi, Sergio Lombardo, Renato Mambor, Gino Marotta, Roberto Malquori, Cesare Tacchi, e le schede biografiche di Raffaele Simongini.
06
luglio 2007
Pop Art: la via italiana. Omaggio a Mimmo Rotella
Dal 06 luglio al 15 ottobre 2007
arte contemporanea
Location
MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE D’ABRUZZO – VILLA FRIGERJ
Chieti, Villa Comunale, 1, (Chieti)
Chieti, Villa Comunale, 1, (Chieti)
Biglietti
€ 4,00 (intero) - € 2,00 (ridotto)
Orario di apertura
9-20, chiuso il lunedì
Vernissage
6 Luglio 2007, ore 18
Sito web
www.associazioneculturaletrifoglio.com
Autore
Curatore