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Potere e Splendore. Gli antichi Piceni a Matelica
La mostra, supportata da un ampio apparato didattico ed esplicativo, si propone di far conoscere in particolar modo i risultati delle ultime ricerche sulle necropoli di Matelica a partire dagli eccezionali contesti principeschi della Tomba 182 di Crocifisso e la Tomba 1 di Passo Gabella, che formano la sezione principale dell’esposizione.
Comunicato stampa
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Dal 19 aprile 2008 sino al 31 ottobre si terrà a Matelica, nei suggestivi ambienti di Palazzo Ottoni, la mostra Potere e Splendore. Gli antichi Piceni a Matelica. Un evento di grande rilievo che vede la partecipazione del Comune di Matelica, della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche, della Regione Marche, della Provincia di Macerata, della Comunità Montana Alte Valli del Potenza e dell’Esino e della Fondazione Cassa di Risparmio di Macerata.
La mostra si pone a coronamento di un’attività ultradecennale, portata avanti senza soluzione di continuità dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche, con il sostegno dell’Amministrazione Comunale matelicese e di alcuni soggetti privati. Attività fatta di campagne di scavo, di iniziative volte alla conservazione e alla valorizzazione dell’immenso patrimonio archeologico e dell’apertura, nel 2004, del Museo Civico Archeologico, tappa fondamentale del percorso. Il risultato di questa esperienza è una mole impressionante di materiali archeologici e di dati fondamentali nella conoscenza dell’archeologia italica e pre-romana nazionale tanto che, il loro studio sta cambiando la storia di questo territorio, e non solo di esso, nelle fasi più antiche dell’epoca preromana.
Si tratta di uno dei rarissimi esempi archeologici in cui, relativamente ad alcuni momenti storici, si possiedono testimonianze e resti di tutti gli aspetti della vita delle comunità antiche: quelli funerari, abitativi, rituali e sociali soprattutto in un quadro diacronico completo. Il valore di questo patrimonio trascende i confini territoriali della stessa Matelica per rappresentarla, soprattutto in età pre-romana, come un’area cardine nella comprensione dei processi culturali che legano e/o distinguono l’Adriatico e il Tirreno e da cui emerge, un carattere culturale proprio, specifico ed originale, rispetto ad altre culture contemporanee finora meglio conosciute.
La mostra Potere e Splendore. Gli antichi Piceni a Matelica, supportata da un ampio apparato didattico ed esplicativo, si propone di far conoscere questo fenomeno, presentando in particolar modo i risultati delle ultime ricerche sulle necropoli di Matelica a partire dagli eccezionali contesti principeschi della Tomba 182 di Crocifisso e la Tomba 1 di Passo Gabella, che formano la sezione principale dell’esposizione.
Gli argomenti riguarderanno anche gli antefatti dell’età del ferro e del periodo così detto orientalizzante (fase nella quale si diffondono oggetti e stili di vita provenienti dal vicino oriente), la cui visione permette di ripercorrere le tappe che hanno caratterizzato questo comprensorio tra il IX e il VII secolo a.C. La mostra inoltre amplierà lo sguardo su altri contesti coevi del territorio marchigiano, quali Fabriano e Pitino di San Severino Marche.
La mostra e il suo catalogo si propongono, infine, di far comprendere tutti gli aspetti socio-economici e di cultura materiale di queste antiche comunità dell’alta valle dell’Esino, che dovevano trarre il loro benessere e la loro ricchezza dallo sfruttamento delle ampie risorse agricole e pastorali del territorio, nonché dal controllo delle direttrici viarie transappenniniche dall’Adriatico al Tirreno. Comunità che vedono, generazione per generazione, personaggi emergenti di sesso maschile e femminile, esibire i connotati del ruolo e segni del rango (armi da parata come elmi e spade impreziosite da inserti di avorio e ambra, carri e calessi, oggetti preziosi in oro argento e avorio, nonché sontuosi apparati da mensa) attraverso simboli, rituali e pratiche religiose evolute e articolate, di cui la straordinaria complessità e ricchezza dei corredi funerari ne rappresentano la più alta testimonianza.
Le Tombe principesche
La parte principale dell’esposizione è costituita dagli eccezionali ritrovamenti delle necropoli di Matelica e in particolare di due tombe. La Tomba 182, che dovrebbe collocarsi nell’ ultimo venticinquennio del VII secolo a.C., conservava lo scheletro completo del defunto, con un ricco corredo di armi e ornamenti personali, tra cui una spada in ferro una punta di lancia e relativo puntale in ferro, due anelli digitali in argento, numerose fibule dello stesso metallo, nonché in bronzo e in ferro; armille in argento e in avorio. Deposti accanto a lui due cani, di tipo levrieroidi. In una grande fossa rettangolare laterale era accumulato il resto del corredo, impressionante per quantità e qualità di reperti, e per il vero e proprio sfarzo esibito: quasi duecento ceramiche d’ogni tipologia (grandi e medi contenitori, vasi da simposio e banchetto dei tipi più vari), tra le quali spicca anche una brocchetta globulare d’importazione dauna; tra i bronzi sono presenti due elmi a calotta, uno del tipo “a borchie, l’altro “a doppia cresta”, una coppia di dischi-corazza in bronzo, una squisita olpe “a rotella”, una grande situla “tipo Kurd” e una straordinaria cista decorata a incisione con motivi zoomorfi. Infine diverse lance in ferro, spade e pugnali di varia foggia, pure in ferro, talora impreziosite, queste ultime da manici in materiali compositi, come in avorio, in bronzo ed intarsi d’ambra.
Tutti questi oggetti erano deposti al di sopra o al di sotto di due carri di diverso tipo, ossia un currus da guerra ed un calesse, di cui restano i cerchioni in ferro ed anche l’attrezzatura strutturale.
Coeva a questa sepoltura è la tomba 1 di Passo Gabella, situata in una diversa area di necropoli. Il corredo conservato evidenzia la ricchezza inusuale del complesso. E’ composto da apparati da dispensa, cucina, mensa e simposio. Sono presenti, tra i metalli, spiedi ed alari in ferro, nonché, tra i reperti in bronzo, una grande situla “tipo Kurd”, munita di un coperchio decorato a sbalzo con figure di guerrieri e di quadrupedi fantastici, arricchito da un pomello centrale fuso, con quattro protomi di cavalli con catenelle pendenti dalla bocca, che si ripetono a coppie sulla tesa. Sempre al banchetto ed al bere si riferiscono un grande vaso biconico con decorazione geometrica a sbalzo, un bacile, un’oinochoe e una piccola olpe, una patera baccellata, due ciste, un raffio, una grattugia, nonché un’originalissima coppa tetransata su piede, con coperchio invece a tre anse, impreziosita da elementi argentati, in ambra e in oro ed una coppetta minore.
Per quel che concerne le ceramiche, sono presenti circa duecento vasi di ogni dimensione, forma e funzione: dolii, olle, coppe, anforette e kantharoi di varia forma, in impasto lucidato o dipinto; per questi ultimi reperti, l’orizzonte di riferimento è sempre quello falisco-capenate e visentino, ma in elaborazioni proprie ed originali, tra le quali spicca, oggetto veramente unico e senza confronti, un eccezionale holmos dipinto, arricchito da figure zoomorfe a tutto tondo, amovibili, inserite su perni a cornetto e molte decine di piccoli kyathoi e kantharoi originariamente appesi al bordo superiore; tutti questi accessori si presentavano con esemplari alternati a superficie nera lucida e decorati a zig-zag in bianco e rosso. Sull’holmos poggiava un’olla, munita anch’essa di appliques zoomorfe e vasetti per bere dello stesso tipo, il cui coperchio presenta una presa plastica configurata a quadrupede a doppio corpo, con testa simile a quella delle appliques zoomorfe amovibili. Si trattai di un oggetto con una funzione sia reale che simbolica, di ritualità collettiva, familiare o più probabilmente “di clan” che testimonia l’esistenza di pratiche codificate, legate ad un retroterra ideologico ricco e complesso.
Una descrizione a parte merita l’uovo di struzzo, pezzo veramente unico in quanto il solo di tale classe, nel panorama noto in Italia ed Etruria - ma anche altrove - a presentare figurazioni non seriali ma con scene “narrative”, quasi certamente mitologiche. Dell’oinochoe polimaterica della quale l’uovo costituiva il corpo, resta solo, oltre ad esso, il bocchello in avorio, configurato a testa femminile con braccia e mani che stringono le trecce.
Nella fascia di decorazione centrale sembrano potersi individuare almeno tre “scene” principali, due delle quali potrebbero riferirsi a episodi mitologici. E qui sorge il problema della possibilità o meno di riferire le scene al mito greco, che, a partire dalla fine dell’VIII sec. a.C. e proprio soprattutto nel VII, si diffonde in Italia ed in Etruria, seppure, forse, in versioni non ancora stabilmente codificate.
La mostra si pone a coronamento di un’attività ultradecennale, portata avanti senza soluzione di continuità dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche, con il sostegno dell’Amministrazione Comunale matelicese e di alcuni soggetti privati. Attività fatta di campagne di scavo, di iniziative volte alla conservazione e alla valorizzazione dell’immenso patrimonio archeologico e dell’apertura, nel 2004, del Museo Civico Archeologico, tappa fondamentale del percorso. Il risultato di questa esperienza è una mole impressionante di materiali archeologici e di dati fondamentali nella conoscenza dell’archeologia italica e pre-romana nazionale tanto che, il loro studio sta cambiando la storia di questo territorio, e non solo di esso, nelle fasi più antiche dell’epoca preromana.
Si tratta di uno dei rarissimi esempi archeologici in cui, relativamente ad alcuni momenti storici, si possiedono testimonianze e resti di tutti gli aspetti della vita delle comunità antiche: quelli funerari, abitativi, rituali e sociali soprattutto in un quadro diacronico completo. Il valore di questo patrimonio trascende i confini territoriali della stessa Matelica per rappresentarla, soprattutto in età pre-romana, come un’area cardine nella comprensione dei processi culturali che legano e/o distinguono l’Adriatico e il Tirreno e da cui emerge, un carattere culturale proprio, specifico ed originale, rispetto ad altre culture contemporanee finora meglio conosciute.
La mostra Potere e Splendore. Gli antichi Piceni a Matelica, supportata da un ampio apparato didattico ed esplicativo, si propone di far conoscere questo fenomeno, presentando in particolar modo i risultati delle ultime ricerche sulle necropoli di Matelica a partire dagli eccezionali contesti principeschi della Tomba 182 di Crocifisso e la Tomba 1 di Passo Gabella, che formano la sezione principale dell’esposizione.
Gli argomenti riguarderanno anche gli antefatti dell’età del ferro e del periodo così detto orientalizzante (fase nella quale si diffondono oggetti e stili di vita provenienti dal vicino oriente), la cui visione permette di ripercorrere le tappe che hanno caratterizzato questo comprensorio tra il IX e il VII secolo a.C. La mostra inoltre amplierà lo sguardo su altri contesti coevi del territorio marchigiano, quali Fabriano e Pitino di San Severino Marche.
La mostra e il suo catalogo si propongono, infine, di far comprendere tutti gli aspetti socio-economici e di cultura materiale di queste antiche comunità dell’alta valle dell’Esino, che dovevano trarre il loro benessere e la loro ricchezza dallo sfruttamento delle ampie risorse agricole e pastorali del territorio, nonché dal controllo delle direttrici viarie transappenniniche dall’Adriatico al Tirreno. Comunità che vedono, generazione per generazione, personaggi emergenti di sesso maschile e femminile, esibire i connotati del ruolo e segni del rango (armi da parata come elmi e spade impreziosite da inserti di avorio e ambra, carri e calessi, oggetti preziosi in oro argento e avorio, nonché sontuosi apparati da mensa) attraverso simboli, rituali e pratiche religiose evolute e articolate, di cui la straordinaria complessità e ricchezza dei corredi funerari ne rappresentano la più alta testimonianza.
Le Tombe principesche
La parte principale dell’esposizione è costituita dagli eccezionali ritrovamenti delle necropoli di Matelica e in particolare di due tombe. La Tomba 182, che dovrebbe collocarsi nell’ ultimo venticinquennio del VII secolo a.C., conservava lo scheletro completo del defunto, con un ricco corredo di armi e ornamenti personali, tra cui una spada in ferro una punta di lancia e relativo puntale in ferro, due anelli digitali in argento, numerose fibule dello stesso metallo, nonché in bronzo e in ferro; armille in argento e in avorio. Deposti accanto a lui due cani, di tipo levrieroidi. In una grande fossa rettangolare laterale era accumulato il resto del corredo, impressionante per quantità e qualità di reperti, e per il vero e proprio sfarzo esibito: quasi duecento ceramiche d’ogni tipologia (grandi e medi contenitori, vasi da simposio e banchetto dei tipi più vari), tra le quali spicca anche una brocchetta globulare d’importazione dauna; tra i bronzi sono presenti due elmi a calotta, uno del tipo “a borchie, l’altro “a doppia cresta”, una coppia di dischi-corazza in bronzo, una squisita olpe “a rotella”, una grande situla “tipo Kurd” e una straordinaria cista decorata a incisione con motivi zoomorfi. Infine diverse lance in ferro, spade e pugnali di varia foggia, pure in ferro, talora impreziosite, queste ultime da manici in materiali compositi, come in avorio, in bronzo ed intarsi d’ambra.
Tutti questi oggetti erano deposti al di sopra o al di sotto di due carri di diverso tipo, ossia un currus da guerra ed un calesse, di cui restano i cerchioni in ferro ed anche l’attrezzatura strutturale.
Coeva a questa sepoltura è la tomba 1 di Passo Gabella, situata in una diversa area di necropoli. Il corredo conservato evidenzia la ricchezza inusuale del complesso. E’ composto da apparati da dispensa, cucina, mensa e simposio. Sono presenti, tra i metalli, spiedi ed alari in ferro, nonché, tra i reperti in bronzo, una grande situla “tipo Kurd”, munita di un coperchio decorato a sbalzo con figure di guerrieri e di quadrupedi fantastici, arricchito da un pomello centrale fuso, con quattro protomi di cavalli con catenelle pendenti dalla bocca, che si ripetono a coppie sulla tesa. Sempre al banchetto ed al bere si riferiscono un grande vaso biconico con decorazione geometrica a sbalzo, un bacile, un’oinochoe e una piccola olpe, una patera baccellata, due ciste, un raffio, una grattugia, nonché un’originalissima coppa tetransata su piede, con coperchio invece a tre anse, impreziosita da elementi argentati, in ambra e in oro ed una coppetta minore.
Per quel che concerne le ceramiche, sono presenti circa duecento vasi di ogni dimensione, forma e funzione: dolii, olle, coppe, anforette e kantharoi di varia forma, in impasto lucidato o dipinto; per questi ultimi reperti, l’orizzonte di riferimento è sempre quello falisco-capenate e visentino, ma in elaborazioni proprie ed originali, tra le quali spicca, oggetto veramente unico e senza confronti, un eccezionale holmos dipinto, arricchito da figure zoomorfe a tutto tondo, amovibili, inserite su perni a cornetto e molte decine di piccoli kyathoi e kantharoi originariamente appesi al bordo superiore; tutti questi accessori si presentavano con esemplari alternati a superficie nera lucida e decorati a zig-zag in bianco e rosso. Sull’holmos poggiava un’olla, munita anch’essa di appliques zoomorfe e vasetti per bere dello stesso tipo, il cui coperchio presenta una presa plastica configurata a quadrupede a doppio corpo, con testa simile a quella delle appliques zoomorfe amovibili. Si trattai di un oggetto con una funzione sia reale che simbolica, di ritualità collettiva, familiare o più probabilmente “di clan” che testimonia l’esistenza di pratiche codificate, legate ad un retroterra ideologico ricco e complesso.
Una descrizione a parte merita l’uovo di struzzo, pezzo veramente unico in quanto il solo di tale classe, nel panorama noto in Italia ed Etruria - ma anche altrove - a presentare figurazioni non seriali ma con scene “narrative”, quasi certamente mitologiche. Dell’oinochoe polimaterica della quale l’uovo costituiva il corpo, resta solo, oltre ad esso, il bocchello in avorio, configurato a testa femminile con braccia e mani che stringono le trecce.
Nella fascia di decorazione centrale sembrano potersi individuare almeno tre “scene” principali, due delle quali potrebbero riferirsi a episodi mitologici. E qui sorge il problema della possibilità o meno di riferire le scene al mito greco, che, a partire dalla fine dell’VIII sec. a.C. e proprio soprattutto nel VII, si diffonde in Italia ed in Etruria, seppure, forse, in versioni non ancora stabilmente codificate.
19
aprile 2008
Potere e Splendore. Gli antichi Piceni a Matelica
Dal 19 aprile 2008 all'undici gennaio 2009
archeologia
Location
PINACOTECA COMUNALE – MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO – PALAZZO OTTONI
Matelica, Via San Francesco, (Macerata)
Matelica, Via San Francesco, (Macerata)
Biglietti
Biglietto interno euro 7.00
Ridotto e gruppi euro 5.00
I biglietti danno ad uno sconto presso gli esercizi convenzionati
Orario di apertura
aprile – giugno
da lunedì a venerdì 10.00/13.00 – 15.00/19.00
Sabato, domenica e festivi 10.00 /13.00 - 15.00/20.00
lunedì mattino (non festivi) chiuso
luglio – ottobre
da lunedì a venerdì 10.00/13.00 – 16.00/22.00
Sabato, domenica e festivi 10.00/13.00 – 16.00/22.00
lunedì mattino (non festivi) chiuso
Sito web
www.poteresplendore.it
Editore
L'ERMA DI BRETSCHNEIDER
Ufficio stampa
SPAINI & PARTNERS