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Practices For Responsiveness
In Practices For Responsiveness cinque artisti appartenenti a diverse generazioni e contesti geografico-culturali rispondono agli stimoli provenienti dalla realtà esterna attraverso pratiche di ricerca radicate nell’ascolto del proprio paesaggio interiore.
Comunicato stampa
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Galleria Doris Ghetta è lieta di presentare Practices For Responsiveness, una mostra collettiva che esplora la relazione tra l’artista e la realtà in cui agisce, con un’attenzione particolare alla capacità dell’artista di reagire e rispondere alle sollecitazioni della sua contemporaneità. Practices For Responsiveness espone le opere di Michele Bernardi, Viola Bittl, Johannes Bosisio, Leonardo Silaghi, Hugo Vallazza, cinque artisti appartenenti a diverse generazioni e contesti geografico-culturali che di fronte agli stimoli provenienti da una realtà esterna – che si tratti di un mondo fisico e materiale o lo spazio teorico della rappresentazione artistica, rispondono grazie a pratiche di ricerca radicate nell’ascolto del proprio paesaggio interiore.
Tra gli anni Settanta e Novanta si colloca il lavoro di Hugo Vallazza (Ortisei, Italia 1955 – 1997), artista scomparso prematuramente che sviluppa la sua ricerca artistica nel pieno degli anni della crescita economica e della società dei consumi. Di fronte a una visione dell’arte considerata come merce dal mercato e come tale consumata dal pubblico, Vallazza riafferma con forza il ruolo dell’arte come forma di esistenza e resistenza intellettuale, una dimensione lontana quindi dagli eccessi e dai riflettori. Davanti a una modernità in cui ci si trova svuotati e smarriti, i monocromi di Vallazza dichiarano il loro rifiuto a partecipare alle regole del gioco e rivendicano il diritto a essere sommessi e grezzi, e non urlati e patinati. Agiscono come dispositivi opachi: non opere ragionate e ricercate, ma istintive e intuitive. Il lavoro di Vallazza testimonia una visione disincantata del reale, che non cede a una promessa idilliaca di ricongiungimento della società con la natura, né si autocommisera di fronte al distacco creatosi tra l’uomo e lo spazio che abita; al contrario suggerisce nuovi punti di vista che provano a comprendere meglio chi siamo e come abitiamo il nostro spazio.
Diverso è l’atteggiamento di Johannes Bosisio (Bolzano, Italia, 1994) di fronte alla sua contemporaneità, che è di fascino e curiosità. Interessato a comprendere le forme di interazione tra l’uomo e la macchina, Bosisio va alla ricerca di rifiuti metallici di scarto o di pezzi di carrozzeria delle automobili che rielabora e reinterpreta sulla superficie pittorica della tela. Oggetti come l’acciaio o il cromo, infatti, sono materiali dalla texture perfetta, liscia e lucente, che incarnano pienamente la nostra modernità. Il binomio che si crea dall’interazione tra uomo e macchina dà vita ai cyborg, ovvero una versione potenziata dell’essere umano che entra in simbiosi con le propaggini tecnologiche, che come protesi diventano estensioni del suo corpo. Influenzato dai suoni meccanici e ripetuti della musica elettronica e dai romanzi della letteratura distopica, Bosisio indaga temi come il consumismo, la tecnologia e la feticizzazione della macchina attraverso uno stile iperrealista ricco di elementi grafici.
Macchine, uccelli e gelati sono solo alcune delle forme che si ritrovano nel lavoro più recente di Leonardo Silaghi (Satu-Mare, Romania, 1987), una varietà di soggetti molto diversi tra loro che riflettono la volontà dell’artista di muoversi dinamicamente negli aspetti della vita quotidiana. Quello che interessa veramente a Silaghi, tuttavia, è il mondo delle idee che si cela dietro la realtà concreta. I suoi soggetti sono prima di tutto spazi mentali, superfici dietro le quali si stratificano significati, idee e pensieri. In Cross, ad esempio, l’elemento religioso è rappresentato da linee compositive essenziali e riflette sulla dimensione spirituale e contemplativa che l’oggetto porta con sé. Attraverso una pittura performativa, Silaghi considera la pratica artistica come un processo di apprendimento in cui l’artista stesso impara e conosce attraverso e grazie all’atto del dipingere.
L’artista tedesca Viola Bittl (Eichstätt, Germania, 1980) lavora sulle possibilità offerte dalla pittura astratta andando a indagare le relazioni che si instaurano tra la figura e lo sfondo nello spazio pittorico. Interessata in particolare alle idee e al linguaggio formale riduttivo dell’arte moderna così come alla sensualizzazione di forme semplici attraverso la pittura, Bittl sviluppa una ricerca artistica volta a esplorare in profondo il rapporto tra figura e sfondo. Nascono così figure che cambiano in base alle superfici e superfici che mostrano e nascondono allo stesso tempo, in una rete di relazioni che si sviluppano sotterranee. Il risultato consiste in dipinti figura-sfondo in cui le figure, parzialmente assenti, rimangono tuttavia onnipresenti sulla tela. Non raccontano storie, ma nascono da idee o sensazioni e sulla tela diventano atteggiamenti, stati o condizioni.
Se Vallazza e Bosisio si rapportano direttamente o indirettamente con il mondo esterno, mentre Silaghi e Bittl guardano agli strumenti artistici attraverso cui ci rapportiamo al mondo, la ricerca di Michele Bernardi (Bolzano, Italia, 1959) fa un ulteriore passo indietro e guarda all’osservatore e agli strumenti con cui questo vede e pensa il mondo. Lavorando soprattutto il ferro battuto, Bernardi realizza delle installazioni scultoree che attraverso il titolo o la scultura stessa rappresentano delle parole che escono dallo spazio mentale del pensiero per occupare uno spazio tridimensionale. Interessato a comprendere la complessa interazione tra i meccanismi della visione e quelli del pensiero, l’artista ragiona sul primato che tendiamo ad accordare al linguaggio e alle idee a discapito dei nostri occhi. Bernardi porta alla luce ciò che normalmente non è visibile né tangibile, il pensiero, la parola, per riflettere sul modo in cui percepiamo, pensiamo e interpretiamo il mondo.
Practices For Responsiveness inaugurerà presso la Galleria Doris Ghetta a Pontives 8, Ortisei (BZ) con un opening diffuso: giovedì 20 maggio dalle 17 alle 20; venerdì 21 maggio ore 17-20; sabato 22 maggio ore 10-13. La mostra sarà visitabile fino al 23 luglio dal martedì al venerdì dalle 15.00 alle 18.00 o su appuntamento. Si richiede di prenotare la visita a info@galleriaghetta.com o al +39 366 1500 243.
Tra gli anni Settanta e Novanta si colloca il lavoro di Hugo Vallazza (Ortisei, Italia 1955 – 1997), artista scomparso prematuramente che sviluppa la sua ricerca artistica nel pieno degli anni della crescita economica e della società dei consumi. Di fronte a una visione dell’arte considerata come merce dal mercato e come tale consumata dal pubblico, Vallazza riafferma con forza il ruolo dell’arte come forma di esistenza e resistenza intellettuale, una dimensione lontana quindi dagli eccessi e dai riflettori. Davanti a una modernità in cui ci si trova svuotati e smarriti, i monocromi di Vallazza dichiarano il loro rifiuto a partecipare alle regole del gioco e rivendicano il diritto a essere sommessi e grezzi, e non urlati e patinati. Agiscono come dispositivi opachi: non opere ragionate e ricercate, ma istintive e intuitive. Il lavoro di Vallazza testimonia una visione disincantata del reale, che non cede a una promessa idilliaca di ricongiungimento della società con la natura, né si autocommisera di fronte al distacco creatosi tra l’uomo e lo spazio che abita; al contrario suggerisce nuovi punti di vista che provano a comprendere meglio chi siamo e come abitiamo il nostro spazio.
Diverso è l’atteggiamento di Johannes Bosisio (Bolzano, Italia, 1994) di fronte alla sua contemporaneità, che è di fascino e curiosità. Interessato a comprendere le forme di interazione tra l’uomo e la macchina, Bosisio va alla ricerca di rifiuti metallici di scarto o di pezzi di carrozzeria delle automobili che rielabora e reinterpreta sulla superficie pittorica della tela. Oggetti come l’acciaio o il cromo, infatti, sono materiali dalla texture perfetta, liscia e lucente, che incarnano pienamente la nostra modernità. Il binomio che si crea dall’interazione tra uomo e macchina dà vita ai cyborg, ovvero una versione potenziata dell’essere umano che entra in simbiosi con le propaggini tecnologiche, che come protesi diventano estensioni del suo corpo. Influenzato dai suoni meccanici e ripetuti della musica elettronica e dai romanzi della letteratura distopica, Bosisio indaga temi come il consumismo, la tecnologia e la feticizzazione della macchina attraverso uno stile iperrealista ricco di elementi grafici.
Macchine, uccelli e gelati sono solo alcune delle forme che si ritrovano nel lavoro più recente di Leonardo Silaghi (Satu-Mare, Romania, 1987), una varietà di soggetti molto diversi tra loro che riflettono la volontà dell’artista di muoversi dinamicamente negli aspetti della vita quotidiana. Quello che interessa veramente a Silaghi, tuttavia, è il mondo delle idee che si cela dietro la realtà concreta. I suoi soggetti sono prima di tutto spazi mentali, superfici dietro le quali si stratificano significati, idee e pensieri. In Cross, ad esempio, l’elemento religioso è rappresentato da linee compositive essenziali e riflette sulla dimensione spirituale e contemplativa che l’oggetto porta con sé. Attraverso una pittura performativa, Silaghi considera la pratica artistica come un processo di apprendimento in cui l’artista stesso impara e conosce attraverso e grazie all’atto del dipingere.
L’artista tedesca Viola Bittl (Eichstätt, Germania, 1980) lavora sulle possibilità offerte dalla pittura astratta andando a indagare le relazioni che si instaurano tra la figura e lo sfondo nello spazio pittorico. Interessata in particolare alle idee e al linguaggio formale riduttivo dell’arte moderna così come alla sensualizzazione di forme semplici attraverso la pittura, Bittl sviluppa una ricerca artistica volta a esplorare in profondo il rapporto tra figura e sfondo. Nascono così figure che cambiano in base alle superfici e superfici che mostrano e nascondono allo stesso tempo, in una rete di relazioni che si sviluppano sotterranee. Il risultato consiste in dipinti figura-sfondo in cui le figure, parzialmente assenti, rimangono tuttavia onnipresenti sulla tela. Non raccontano storie, ma nascono da idee o sensazioni e sulla tela diventano atteggiamenti, stati o condizioni.
Se Vallazza e Bosisio si rapportano direttamente o indirettamente con il mondo esterno, mentre Silaghi e Bittl guardano agli strumenti artistici attraverso cui ci rapportiamo al mondo, la ricerca di Michele Bernardi (Bolzano, Italia, 1959) fa un ulteriore passo indietro e guarda all’osservatore e agli strumenti con cui questo vede e pensa il mondo. Lavorando soprattutto il ferro battuto, Bernardi realizza delle installazioni scultoree che attraverso il titolo o la scultura stessa rappresentano delle parole che escono dallo spazio mentale del pensiero per occupare uno spazio tridimensionale. Interessato a comprendere la complessa interazione tra i meccanismi della visione e quelli del pensiero, l’artista ragiona sul primato che tendiamo ad accordare al linguaggio e alle idee a discapito dei nostri occhi. Bernardi porta alla luce ciò che normalmente non è visibile né tangibile, il pensiero, la parola, per riflettere sul modo in cui percepiamo, pensiamo e interpretiamo il mondo.
Practices For Responsiveness inaugurerà presso la Galleria Doris Ghetta a Pontives 8, Ortisei (BZ) con un opening diffuso: giovedì 20 maggio dalle 17 alle 20; venerdì 21 maggio ore 17-20; sabato 22 maggio ore 10-13. La mostra sarà visitabile fino al 23 luglio dal martedì al venerdì dalle 15.00 alle 18.00 o su appuntamento. Si richiede di prenotare la visita a info@galleriaghetta.com o al +39 366 1500 243.
20
maggio 2021
Practices For Responsiveness
Dal 20 maggio al 23 luglio 2021
arte contemporanea
Location
Galleria Doris Ghetta
Ortisei, Pontives, 8, (BZ)
Ortisei, Pontives, 8, (BZ)
Orario di apertura
da martedì a venerdi ore 15-18
Vernissage
20 Maggio 2021, Giovedì 20 Maggio, 17 - 20
Venerdì 21 Maggio, 17 - 20
Sabato 22 Maggio, 10 - 13
Autore