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Prove di fotografia #3 | Le grand dispositif
Prove di Fotografia #3 | Le grand dispositif è una mostra che vuole tornare alle origini dei ragionamenti attorno alla fotografia. La galleria di Spazio Labo’ si trasformerà in una grande camera obscura con un’installazione che permetterà a tutti di vivere l’esperienza delle immagini fatte d’ombra.
Comunicato stampa
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Prove di fotografia #3 è la terza e ultima di una serie di mostre che si pone l’intento di individuare tematiche ricorrenti nel libro d’artista classico e contemporaneo, mostrando che esiste un diverso modo di guardare alle fotografie, inaugurato a partire dagli anni sessanta da una serie di artisti concettuali.
“Le grand dispositif” è il titolo del nuovo appuntamento proposto per il 2018 da Jan van der Donk e Spazio Labo’ per il ciclo Prove di Fotografia.
Facendo seguito al successo di Prove di Fotografia #1 | "Il libro d'artista come mappa", e di Prove di Fotografia #1 | “Image par images”, che hanno registrato rispettivamente nel 2016 e 2017 oltre 3.000 presenze ciascuna nei soli fine settimana di ARTE FIERA, Prove di Fotografia #3 | Le grand dispositif è una mostra che vuole tornare alle origini dei ragionamenti attorno alla fotografia, sino a quello che è il principio fisico originario che ne ha consentito la nascita stessa. La galleria di Spazio Labo’ si trasformerà infatti in una grande camera obscura, attraverso un’installazione che permetterà ai visitatori di fare in prima persona l’esperienza delle immagini fatte d’ombra.
La mostra è organizzata in occasione di ARTE FIERA.
LE GRAND DISPOSITIF
Luce e buio - giorno e notte - strutturano il ritmo della vita
Quando la luce - in certe condizioni - entra attraverso un foro molto piccolo posto all’interno di uno spazio completamente oscurato, essa proietterà un’immagine invertita e capovolta sulla superficie opposta all’apertura di tale foro. Questa semplice legge del mondo fisico è stata descritta intorno al IV secolo a.C. nelle scritture cinesi ed esistono persino teorie che suggeriscono che il verificarsi di effetti simili a quelli appena descritti per il funzionamento della “camera obscura” furono da ispirazione per le pitture delle caverne nel Paleolitico. Queste immagini, queste proiezioni - che in fondo sono meramente ombre - giocano probabilmente un ruolo ancora più importante nel modo di cui noi abbiamo rappresentato e rappresentiamo il nostro mondo per come è stato conosciuto sino ad adesso.
L’invenzione della fotografia all’inizio del diciannovesimo secondo ha cambiato la “storia e il ruolo di queste immagini fatte di ombre” in un modo drammatico e radicale. All’improvviso è stato possibile “cogliere” e “fissare” queste ombre - prima su vetro, successivamente su carta. L’avvento della fotografia è conciso con una rivoluzione che ha avuto un impatto enorme sulle nostre società, arte e culture. È stato l’inizio dell’epoca della “riproduzione tecnica”, il predecessore della nostra “età digitale”, un’era in cui le immagini giocano un ruolo predominante, un'era in cui siamo finiti a vivere in un “isolamento connesso”.
Diversi teorici francesi hanno sviluppato negli anni settanta una interessante teoria circa ciò che è stato definito “le dispositif”, conosciuta anche come la “apparatus theory”. Questa teoria cerca di comprendere non solo le pre condizioni fisiche - ritrovarsi in una stanza scura con un gruppo di persone - ma anche gli aspetti psico-fisiologici, ideologici e storici dell’atto del guardare film (ovvero, ombre in movimento!). La forma più pura e originale di dispositif è la “camera obscura”. Sarebbe sicuramente affascinante scrivere, o illustrare, la storia del modo in cui questo dispositivo o apparato si è sviluppato nei secoli - dai dipinti nelle caverne, alla camera obscura, la camera lucida, la lanterna magica, il cinema, la televisione, l’olografia sino ad arrivare al modo in cui consumiamo le immagini digitali attraverso i nostri smartphone. La storia e il funzionamento di tutti questi dispositivi è la storia di un processo di continuo cambiamento e parte sempre dalla semplice legge fisica del modo particolare in cui viaggia la luce. Una legge che governa anche il modo in cui vediamo, dal momento che l’occhio umano non è altro che una più complessa declinazione di questa “stanza oscura”.
L’idea che stava dietro le due passate edizioni del ciclo Prove di fotografia, “Il libro d’artista come mappa” del 2016 e “Image par images” del 2017 , era di mostrare che esiste un diverso modo di guardare alle fotografie, un modo che non è basato sull’empatia o sull’identificazione o su qualità documentarie o estetiche. Abbiamo esposto libri d’artista e film sperimentali realizzati da artisti a partire dai primi anni sessanta. Artisti che avevano iniziato a porsi domande diverse circa la qualità dell’immagine fotografica, domande di matrice più intellettuale e concettuale, legate alle nozioni di spazio, tempo, movimento, luce, narrazione.
Uno dei momenti più indimenticabili e magici per un fotografo è quando lui o lei sviluppa in camera oscura la prima immagine o serie di immagini realizzate in precedenza com una macchina fotografica o una cinepresa. Ugualmente emozionante e magica è l’esperienza della camera oscura “naturale”: può capitare che in specifiche circostanze si entri in una stanza e si osservi su uno dei muri la proiezione invertita di una scena della strada dall’altra parte della stanza.
Nella mostra di quest’anno che si intitola “Le grand dispositif”, si vuole riprodurre l’esperienza della “camera oscura naturale”. Lo spettatore fruirà di una installazione, che trasforma la galleria di Spazio Labo’ in una camera oscura, con l’intento di condividere la “ur-esperienza” - l’esperienza originale - di una stanza con “immagini fatte d’ombra”, un’esperienza che si pone alle basi della storia della fotografia.
Jan van der Donk
PROVE DI FOTOGRAFIA
Prove di fotografia è un ciclo di mostre nato dalla collaborazione di Spazio Labo’ con Jan van der Donk, collezionista e mercante di libri d’artista olandese. La serie di tre mostre, inaugurata a gennaio 2016 e con cadenza annuale in concomitanza con Arte Fiera, si pone l’intento di individuare tematiche ricorrenti nel libro d’artista classico e contemporaneo, riflettendo sul ruolo della fotografia al loro interno.
“Le grand dispositif” è il titolo del nuovo appuntamento proposto per il 2018 da Jan van der Donk e Spazio Labo’ per il ciclo Prove di Fotografia.
Facendo seguito al successo di Prove di Fotografia #1 | "Il libro d'artista come mappa", e di Prove di Fotografia #1 | “Image par images”, che hanno registrato rispettivamente nel 2016 e 2017 oltre 3.000 presenze ciascuna nei soli fine settimana di ARTE FIERA, Prove di Fotografia #3 | Le grand dispositif è una mostra che vuole tornare alle origini dei ragionamenti attorno alla fotografia, sino a quello che è il principio fisico originario che ne ha consentito la nascita stessa. La galleria di Spazio Labo’ si trasformerà infatti in una grande camera obscura, attraverso un’installazione che permetterà ai visitatori di fare in prima persona l’esperienza delle immagini fatte d’ombra.
La mostra è organizzata in occasione di ARTE FIERA.
LE GRAND DISPOSITIF
Luce e buio - giorno e notte - strutturano il ritmo della vita
Quando la luce - in certe condizioni - entra attraverso un foro molto piccolo posto all’interno di uno spazio completamente oscurato, essa proietterà un’immagine invertita e capovolta sulla superficie opposta all’apertura di tale foro. Questa semplice legge del mondo fisico è stata descritta intorno al IV secolo a.C. nelle scritture cinesi ed esistono persino teorie che suggeriscono che il verificarsi di effetti simili a quelli appena descritti per il funzionamento della “camera obscura” furono da ispirazione per le pitture delle caverne nel Paleolitico. Queste immagini, queste proiezioni - che in fondo sono meramente ombre - giocano probabilmente un ruolo ancora più importante nel modo di cui noi abbiamo rappresentato e rappresentiamo il nostro mondo per come è stato conosciuto sino ad adesso.
L’invenzione della fotografia all’inizio del diciannovesimo secondo ha cambiato la “storia e il ruolo di queste immagini fatte di ombre” in un modo drammatico e radicale. All’improvviso è stato possibile “cogliere” e “fissare” queste ombre - prima su vetro, successivamente su carta. L’avvento della fotografia è conciso con una rivoluzione che ha avuto un impatto enorme sulle nostre società, arte e culture. È stato l’inizio dell’epoca della “riproduzione tecnica”, il predecessore della nostra “età digitale”, un’era in cui le immagini giocano un ruolo predominante, un'era in cui siamo finiti a vivere in un “isolamento connesso”.
Diversi teorici francesi hanno sviluppato negli anni settanta una interessante teoria circa ciò che è stato definito “le dispositif”, conosciuta anche come la “apparatus theory”. Questa teoria cerca di comprendere non solo le pre condizioni fisiche - ritrovarsi in una stanza scura con un gruppo di persone - ma anche gli aspetti psico-fisiologici, ideologici e storici dell’atto del guardare film (ovvero, ombre in movimento!). La forma più pura e originale di dispositif è la “camera obscura”. Sarebbe sicuramente affascinante scrivere, o illustrare, la storia del modo in cui questo dispositivo o apparato si è sviluppato nei secoli - dai dipinti nelle caverne, alla camera obscura, la camera lucida, la lanterna magica, il cinema, la televisione, l’olografia sino ad arrivare al modo in cui consumiamo le immagini digitali attraverso i nostri smartphone. La storia e il funzionamento di tutti questi dispositivi è la storia di un processo di continuo cambiamento e parte sempre dalla semplice legge fisica del modo particolare in cui viaggia la luce. Una legge che governa anche il modo in cui vediamo, dal momento che l’occhio umano non è altro che una più complessa declinazione di questa “stanza oscura”.
L’idea che stava dietro le due passate edizioni del ciclo Prove di fotografia, “Il libro d’artista come mappa” del 2016 e “Image par images” del 2017 , era di mostrare che esiste un diverso modo di guardare alle fotografie, un modo che non è basato sull’empatia o sull’identificazione o su qualità documentarie o estetiche. Abbiamo esposto libri d’artista e film sperimentali realizzati da artisti a partire dai primi anni sessanta. Artisti che avevano iniziato a porsi domande diverse circa la qualità dell’immagine fotografica, domande di matrice più intellettuale e concettuale, legate alle nozioni di spazio, tempo, movimento, luce, narrazione.
Uno dei momenti più indimenticabili e magici per un fotografo è quando lui o lei sviluppa in camera oscura la prima immagine o serie di immagini realizzate in precedenza com una macchina fotografica o una cinepresa. Ugualmente emozionante e magica è l’esperienza della camera oscura “naturale”: può capitare che in specifiche circostanze si entri in una stanza e si osservi su uno dei muri la proiezione invertita di una scena della strada dall’altra parte della stanza.
Nella mostra di quest’anno che si intitola “Le grand dispositif”, si vuole riprodurre l’esperienza della “camera oscura naturale”. Lo spettatore fruirà di una installazione, che trasforma la galleria di Spazio Labo’ in una camera oscura, con l’intento di condividere la “ur-esperienza” - l’esperienza originale - di una stanza con “immagini fatte d’ombra”, un’esperienza che si pone alle basi della storia della fotografia.
Jan van der Donk
PROVE DI FOTOGRAFIA
Prove di fotografia è un ciclo di mostre nato dalla collaborazione di Spazio Labo’ con Jan van der Donk, collezionista e mercante di libri d’artista olandese. La serie di tre mostre, inaugurata a gennaio 2016 e con cadenza annuale in concomitanza con Arte Fiera, si pone l’intento di individuare tematiche ricorrenti nel libro d’artista classico e contemporaneo, riflettendo sul ruolo della fotografia al loro interno.
02
febbraio 2018
Prove di fotografia #3 | Le grand dispositif
Dal 02 al 15 febbraio 2018
fotografia
Location
SPAZIO LABO’
Bologna, Strada Maggiore, 29, (Bologna)
Bologna, Strada Maggiore, 29, (Bologna)
Orario di apertura
da lunedì a giovedì ore 15-19
Aperture straordinarie:
sabato 3 febbraio 12-24
domenica 4 febbraio 12-18
Vernissage
2 Febbraio 2018, ore 18.30
Autore