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Psicogeografie
Un evento situazionista riassuntivo di una ricerca che ha visto nel tempo gli artisti “occupare e contaminare” con la loro presenza e le loro azioni differenti luoghi per instaurare con il pubblico scambi biunivoci ed emotivi e tracciare così una “psicogeografia” delle emozioni e delle reazioni.
Comunicato stampa
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Si inaugura venerdì 9 settembre 2016, alle ore 19, presso gli spazi espositivi di Villa Orsini di Scorzè (via Roma, 53; vedi scheda evento allegata), PSICOGEOGRAFIE, doppia personale degli artisti Rodolfo La Porta e Valerio Vivian, a cura del critico d’arte Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 25 settembre 2016, è realizzata da Segnoperenne in collaborazione con il Comune di Scorzè e con il Circolo Culturale Scorzè; l’appuntamento espositivo costituisce il quinto capitolo di un progetto culturale declinato in sei distinti episodi (titolo: Società Alternate | Verso nuove società dell’arte, ideato e curato da Gaetano Salerno), ispirato alla filosofia della decrescita e incentrato sulla ricerca e analisi dei fenomeni artistici e sociologici della contemporaneità.
Dopo e.t.w.a.s. (aprile 2015, ricerca sull’arte del riciclo), Lumìna Sòlis (maggio 2015, ricerca sull’arte della luce), Axial Ages (novembre 2015, ricerca sull’arte dell’assenza) Archeografie (aprile 2016, ricerca sull’arte della scrittura e del segno), il quinto dei sei appuntamenti previsti dal progetto espositivo sviluppa un percorso di ricerca incentrato sull’arte delle situazioni emotive, l’analisi cioè della reazione del pubblico nei confronti (e all’interno) di un contesto culturale unitario e organizzato, retto da un controllato gioco di eventi attraverso il quale strutturare una progressiva rilettura dello spazio artistico e delle potenzialità espressive in esso presenti, rievocate e risvegliate dall’atto artistico stesso e dalle derivanti (e variabili) esperienze comportamentali collettive.
Un evento situazionista (vicino al metodo di lavoro induttivo condotto dai due artisti) documentativo e riassuntivo di una lunga ricerca che ha visto nel tempo La Porta e Vivian “occupare e contaminare” con la loro presenza e le loro azioni artistiche differenti luoghi allo scopo di instaurare con il pubblico di galleria e non (e, di conseguenza, non sempre consapevolmente preparato allo sviluppo di un rapporto empatico con l’oggetto artistico) scambi biunivoci ed emotivi, tracciando così una psicogeografia delle emozioni e delle reazioni individuali e collettive nei confronti delle suggestioni e delle riflessioni sulle molteplici incongruenze della società contemporanea, sul ruolo dell’arte e dell’artista in relazione alle peculiarità della realtà odierna, sul valore del messaggio artistico e sulla sua valenza espressiva.
Psicogeografie riprenderà concettualmente il percorso tracciato dagli artisti, proseguendo la mappatura di luoghi nel tempo segnati da produzioni pittoriche, fotografiche, assemblative, installative, performative, per presentare al pubblico una sintetica e ragionata selezione critica di lavori da loro realizzati nell’arco di trent’anni, sia singolarmente sia sinergicamente, orientando le rispettive ricerche e i rispettivi codici indagativi (rimasti comunque ben distinguibili e leggibili) verso un punto comune, unitario e sommativo, codificato da un sovralinguaggio comune.
Le tre stanze del piano terra di Villa Orsini evidenzieranno, nella lettura studiata per la mostra, un percorso logico-critico che muove, attraverso i lavori esposti, dalla società all’individuo, dalla moltitudine all’uno, segnando un progressivo mutamento dalle suggestioni di una visione comune e condivisa (l’ambiente unitario situazionista) a una visione propria dell’artista nei confronti di quella stessa società alla quale guarda e dalla quale è guardato (costantemente e ossessivamente) e alla quale si rivolge nel tentativo di prenderne coscienza, comprenderne gli enigmi e - se possibile - contribuire con il proprio lavoro artistico a un’appagante semplificazione riassuntiva, omogeneizzando il processo creativo verso un punto estremo, un momento organizzato, di reale compartecipazione del pensiero.
Spiega così Gaetano Salerno, curatore dell’evento, la mostra Psicogeografie:
“Le prime due stanze rievocheranno i luoghi delle sinergie universali, la trasposizione cioè del raggio di azione artistica ai potenziali interventi en dehors, oltre il luogo ortodosso espositivo, sulla linea di confine tra società artistica e società civile, esponendo non semplicemente l’oggetto quanto la rimembranza psicogeografica di un dato emotivo già esperito ma fortunatamente replicabile.
Dapprima con "Pubbli(città)", progetto-azione di copertura di muri cittadini attraverso un’affiche (un “oggetto tipografico”, ri-prodotto in serie e utilizzato fin dal 1991 per molteplici interventi artistici) d’immagini simboliche (sgranate dall’iperbolico close-up che ne rende complessa la definizione) ripetute ossessivamente, verrà riscritto e ricodificato il luogo attraverso la sovrapposizione del nulla al nulla (il manifesto non pubblicizza infatti nulla, negando con la sua invasiva ed evidente presenza la propria natura comunicativa) per riconsiderare il principio di autoreferenzialità dell’arte (nascondere per svelare, nascondere per rivelare, nascondere per inventare).
Poi con "Dannazione!", grande collage (stampa a plotter del 2004) di elementi simbolici e metaforici sovrapposti e intrappolati da un’anomala fissità e immobilità della composizione, verrà sottolineata ed enunciata la complessità di giungere a una (auto)comprensione del messaggio artistico stesso (depotenziato dalla sua stessa cripticità), nonostante la (celata e discreta) presenza degli artisti-soldati, anch’essi fermi e immobili, divenuti silenti e iconiche metonimie o allegorie in attesa di una risoluzione comunicativa sempre procrastinata dalla perdurante non-azione che scandisce blandamente il fiacco trascorrere del tempo, coinvolgendoci in un processo lento e costante di assuefazione all’apatia dei processi di comprensione (non presente in mostra ma significativa e paradigmatica del pensiero dei due artisti, a tal proposito, l’azione performativa STANCHI D’ARTE).
Si riconduce così la valenza dell’accadimento artistico allo squarcio da esso prodotto nella realtà sociale quotidiana (il velo dietro al quale l’artista si nasconde per osservare) la sopravvivenza (e giustificazione) dei lavori d’arte sempre e soltanto in rapporto ad un (fuori)contesto impropriamente determinato (una strada, un muro, un giardino, un non-luogo) e semanticamente rimodificato, a una partecipazione (fisica e mentale, seppur inconsapevole e probabilmente involontaria) di un pubblico casuale, di una relazione diagonale sviluppata dal bisogno condiviso di comprendere e di farsi comprendere, entrambi percorsi conoscitivi fusi nell’ermetica epifania di un linguaggio non verbale, segnico e grafico, retaggio del pensiero lettrista al quale l’azione intellettuale integrale dei due artisti sembra talvolta essere in parte riconducibile.
La terza stanza svelerà invece l’enigma della visione.
Una condivisa "storia dell’occhio" che evidenzia cioè il percorso di definizione, di percezione spaziale e di acquisizione spaziale (primariamente intellettuale) dei due artisti, le personali mappature dello spazio circostante - dal micro al macro - che rivelano l’incedere indagativo delle due rispettive ricerche: la clausura intimista di Valerio Vivian, espressa da un occhio percipiente (il soggetto del guardare), citazionista della propria storia, della propria esperienza individuale, della propria geografia domestica, della propria esperienza esistenziale come immagine archetipica di tutte le (potenziali) storie esistenziali, consapevole dell’esistenza di una partitura comune, un canovaccio lineare, riconducibile a ciascun’umanità, nel quale riconoscersi, specchiarsi e nel quale inserire le proprie azioni e rileggerle in relazione a quelle altrui, dialoga con la visione grandangolare di Rodolfo La Porta, aperta a luoghi e sentori dell’anima che si concretizzano (e si ritrovano, si amplificano) nei luoghi visitati e osservati nel viaggio della vita, serbati da una memoria fotografica che ne modifica, nel disegno e nel colore, dapprima i contorni, i toni, i contesti e rivede, nell’oggetto percepito (quello che l’artista definisce “l’oggetto, dopo”) i confini di realtà-finzione, sfumati dalla vaghezza poetica del ricordo che decontestualizza e ricontestualizza i dettagli minori ridefinendone l’essenzialità nella strutturazione di un processo compositivo unitario.
Per il primo la realtà è filtrata e modificata dal sentimento, per il secondo invece è “nuda e cruda” e solo così si lascia afferrare e ritrarre”.
Rodolfo La Porta nasce a Venezia nel 1953; vive e lavora a Mira. Laureato in Architettura presso lo IUAV di Venezia ha svolto l’attività d’insegnante. Il suo percorso creativo inizia nell’ambito dell’arredamento e del design, collaborando anche all’allestimento di alcune mostre per la Biennale di Venezia. Il percorso artistico di Rodolfo La Porta è all’insegna di un continuo sviluppo e apertura nei territori della pittura, della fotografia, della scultura, delle installazioni, degli interventi architettonici e mischia arte astratta, sociale, concettuale, minimalista. Dagli anni Ottanta approda alla ricerca artistica pura esponendo in spazi pubblici e privati in Italia e all’estero.
Valerio Vivian nasce a Mira (Ve) nel 1953; vive e lavora a Mira. Laureato in Lettere (indirizzo artistico) presso l’Università di Ca’ Foscari di Venezia è docente di Storia dell’Arte presso gli Istituti di Istruzione Superiore. Da sempre alterna l’attività di artista a quella di studioso attraverso seminari, scritti di critica d’arte nonché didattica e, dalla fine degli anni Settanta, espone regolarmente in personali e collettive. Le sue opere, guidate da un continuo gioco dialettico, con apparente eclettismo, alternano e talora mescolano pittura e fotografia, installazione e disegno, attento soprattutto al vedere e alla visione, pertanto le sue tematiche preferite sono diventate l’occhio, il volto, la figura umana e lo spazio.
Rodolfo La Porta e Valerio Vivian saranno presenti a Villa Orsini in occasione della presentazione critica della mostra Psicogeografie di venerdì 9 settembre 2016 (inizio ore 19), introdotti dal critico d’arte Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 25 settembre 2016, è realizzata da Segnoperenne in collaborazione con il Comune di Scorzè e con il Circolo Culturale Scorzè; l’appuntamento espositivo costituisce il quinto capitolo di un progetto culturale declinato in sei distinti episodi (titolo: Società Alternate | Verso nuove società dell’arte, ideato e curato da Gaetano Salerno), ispirato alla filosofia della decrescita e incentrato sulla ricerca e analisi dei fenomeni artistici e sociologici della contemporaneità.
Dopo e.t.w.a.s. (aprile 2015, ricerca sull’arte del riciclo), Lumìna Sòlis (maggio 2015, ricerca sull’arte della luce), Axial Ages (novembre 2015, ricerca sull’arte dell’assenza) Archeografie (aprile 2016, ricerca sull’arte della scrittura e del segno), il quinto dei sei appuntamenti previsti dal progetto espositivo sviluppa un percorso di ricerca incentrato sull’arte delle situazioni emotive, l’analisi cioè della reazione del pubblico nei confronti (e all’interno) di un contesto culturale unitario e organizzato, retto da un controllato gioco di eventi attraverso il quale strutturare una progressiva rilettura dello spazio artistico e delle potenzialità espressive in esso presenti, rievocate e risvegliate dall’atto artistico stesso e dalle derivanti (e variabili) esperienze comportamentali collettive.
Un evento situazionista (vicino al metodo di lavoro induttivo condotto dai due artisti) documentativo e riassuntivo di una lunga ricerca che ha visto nel tempo La Porta e Vivian “occupare e contaminare” con la loro presenza e le loro azioni artistiche differenti luoghi allo scopo di instaurare con il pubblico di galleria e non (e, di conseguenza, non sempre consapevolmente preparato allo sviluppo di un rapporto empatico con l’oggetto artistico) scambi biunivoci ed emotivi, tracciando così una psicogeografia delle emozioni e delle reazioni individuali e collettive nei confronti delle suggestioni e delle riflessioni sulle molteplici incongruenze della società contemporanea, sul ruolo dell’arte e dell’artista in relazione alle peculiarità della realtà odierna, sul valore del messaggio artistico e sulla sua valenza espressiva.
Psicogeografie riprenderà concettualmente il percorso tracciato dagli artisti, proseguendo la mappatura di luoghi nel tempo segnati da produzioni pittoriche, fotografiche, assemblative, installative, performative, per presentare al pubblico una sintetica e ragionata selezione critica di lavori da loro realizzati nell’arco di trent’anni, sia singolarmente sia sinergicamente, orientando le rispettive ricerche e i rispettivi codici indagativi (rimasti comunque ben distinguibili e leggibili) verso un punto comune, unitario e sommativo, codificato da un sovralinguaggio comune.
Le tre stanze del piano terra di Villa Orsini evidenzieranno, nella lettura studiata per la mostra, un percorso logico-critico che muove, attraverso i lavori esposti, dalla società all’individuo, dalla moltitudine all’uno, segnando un progressivo mutamento dalle suggestioni di una visione comune e condivisa (l’ambiente unitario situazionista) a una visione propria dell’artista nei confronti di quella stessa società alla quale guarda e dalla quale è guardato (costantemente e ossessivamente) e alla quale si rivolge nel tentativo di prenderne coscienza, comprenderne gli enigmi e - se possibile - contribuire con il proprio lavoro artistico a un’appagante semplificazione riassuntiva, omogeneizzando il processo creativo verso un punto estremo, un momento organizzato, di reale compartecipazione del pensiero.
Spiega così Gaetano Salerno, curatore dell’evento, la mostra Psicogeografie:
“Le prime due stanze rievocheranno i luoghi delle sinergie universali, la trasposizione cioè del raggio di azione artistica ai potenziali interventi en dehors, oltre il luogo ortodosso espositivo, sulla linea di confine tra società artistica e società civile, esponendo non semplicemente l’oggetto quanto la rimembranza psicogeografica di un dato emotivo già esperito ma fortunatamente replicabile.
Dapprima con "Pubbli(città)", progetto-azione di copertura di muri cittadini attraverso un’affiche (un “oggetto tipografico”, ri-prodotto in serie e utilizzato fin dal 1991 per molteplici interventi artistici) d’immagini simboliche (sgranate dall’iperbolico close-up che ne rende complessa la definizione) ripetute ossessivamente, verrà riscritto e ricodificato il luogo attraverso la sovrapposizione del nulla al nulla (il manifesto non pubblicizza infatti nulla, negando con la sua invasiva ed evidente presenza la propria natura comunicativa) per riconsiderare il principio di autoreferenzialità dell’arte (nascondere per svelare, nascondere per rivelare, nascondere per inventare).
Poi con "Dannazione!", grande collage (stampa a plotter del 2004) di elementi simbolici e metaforici sovrapposti e intrappolati da un’anomala fissità e immobilità della composizione, verrà sottolineata ed enunciata la complessità di giungere a una (auto)comprensione del messaggio artistico stesso (depotenziato dalla sua stessa cripticità), nonostante la (celata e discreta) presenza degli artisti-soldati, anch’essi fermi e immobili, divenuti silenti e iconiche metonimie o allegorie in attesa di una risoluzione comunicativa sempre procrastinata dalla perdurante non-azione che scandisce blandamente il fiacco trascorrere del tempo, coinvolgendoci in un processo lento e costante di assuefazione all’apatia dei processi di comprensione (non presente in mostra ma significativa e paradigmatica del pensiero dei due artisti, a tal proposito, l’azione performativa STANCHI D’ARTE).
Si riconduce così la valenza dell’accadimento artistico allo squarcio da esso prodotto nella realtà sociale quotidiana (il velo dietro al quale l’artista si nasconde per osservare) la sopravvivenza (e giustificazione) dei lavori d’arte sempre e soltanto in rapporto ad un (fuori)contesto impropriamente determinato (una strada, un muro, un giardino, un non-luogo) e semanticamente rimodificato, a una partecipazione (fisica e mentale, seppur inconsapevole e probabilmente involontaria) di un pubblico casuale, di una relazione diagonale sviluppata dal bisogno condiviso di comprendere e di farsi comprendere, entrambi percorsi conoscitivi fusi nell’ermetica epifania di un linguaggio non verbale, segnico e grafico, retaggio del pensiero lettrista al quale l’azione intellettuale integrale dei due artisti sembra talvolta essere in parte riconducibile.
La terza stanza svelerà invece l’enigma della visione.
Una condivisa "storia dell’occhio" che evidenzia cioè il percorso di definizione, di percezione spaziale e di acquisizione spaziale (primariamente intellettuale) dei due artisti, le personali mappature dello spazio circostante - dal micro al macro - che rivelano l’incedere indagativo delle due rispettive ricerche: la clausura intimista di Valerio Vivian, espressa da un occhio percipiente (il soggetto del guardare), citazionista della propria storia, della propria esperienza individuale, della propria geografia domestica, della propria esperienza esistenziale come immagine archetipica di tutte le (potenziali) storie esistenziali, consapevole dell’esistenza di una partitura comune, un canovaccio lineare, riconducibile a ciascun’umanità, nel quale riconoscersi, specchiarsi e nel quale inserire le proprie azioni e rileggerle in relazione a quelle altrui, dialoga con la visione grandangolare di Rodolfo La Porta, aperta a luoghi e sentori dell’anima che si concretizzano (e si ritrovano, si amplificano) nei luoghi visitati e osservati nel viaggio della vita, serbati da una memoria fotografica che ne modifica, nel disegno e nel colore, dapprima i contorni, i toni, i contesti e rivede, nell’oggetto percepito (quello che l’artista definisce “l’oggetto, dopo”) i confini di realtà-finzione, sfumati dalla vaghezza poetica del ricordo che decontestualizza e ricontestualizza i dettagli minori ridefinendone l’essenzialità nella strutturazione di un processo compositivo unitario.
Per il primo la realtà è filtrata e modificata dal sentimento, per il secondo invece è “nuda e cruda” e solo così si lascia afferrare e ritrarre”.
Rodolfo La Porta nasce a Venezia nel 1953; vive e lavora a Mira. Laureato in Architettura presso lo IUAV di Venezia ha svolto l’attività d’insegnante. Il suo percorso creativo inizia nell’ambito dell’arredamento e del design, collaborando anche all’allestimento di alcune mostre per la Biennale di Venezia. Il percorso artistico di Rodolfo La Porta è all’insegna di un continuo sviluppo e apertura nei territori della pittura, della fotografia, della scultura, delle installazioni, degli interventi architettonici e mischia arte astratta, sociale, concettuale, minimalista. Dagli anni Ottanta approda alla ricerca artistica pura esponendo in spazi pubblici e privati in Italia e all’estero.
Valerio Vivian nasce a Mira (Ve) nel 1953; vive e lavora a Mira. Laureato in Lettere (indirizzo artistico) presso l’Università di Ca’ Foscari di Venezia è docente di Storia dell’Arte presso gli Istituti di Istruzione Superiore. Da sempre alterna l’attività di artista a quella di studioso attraverso seminari, scritti di critica d’arte nonché didattica e, dalla fine degli anni Settanta, espone regolarmente in personali e collettive. Le sue opere, guidate da un continuo gioco dialettico, con apparente eclettismo, alternano e talora mescolano pittura e fotografia, installazione e disegno, attento soprattutto al vedere e alla visione, pertanto le sue tematiche preferite sono diventate l’occhio, il volto, la figura umana e lo spazio.
Rodolfo La Porta e Valerio Vivian saranno presenti a Villa Orsini in occasione della presentazione critica della mostra Psicogeografie di venerdì 9 settembre 2016 (inizio ore 19), introdotti dal critico d’arte Gaetano Salerno.
09
settembre 2016
Psicogeografie
Dal 09 al 25 settembre 2016
arte contemporanea
Location
VILLA ORSINI
Scorzè, Via Roma, 53, (Venezia)
Scorzè, Via Roma, 53, (Venezia)
Orario di apertura
mercoledì venerdì sabato 16.30 - 19.30
domenica 10.30 - 12.30 e 16.30 - 19.30
Vernissage
9 Settembre 2016, ore 19
Autore
Curatore