«Uomini, uomini del mio presente, non mi consola l’abitudine a questa mia forzata solitudine. Io non pretendo il mondo intero: vorrei soltanto avere un luogo, un posto più sincero, dove un bel giorno, magari molto presto, io finalmente possa dire: questo è il mio posto. Dove rinasca, non so come e quando, il senso di un sforzo collettivo per ritrovare il mondo...». Assieme a Fabrizio De Andrè, splendidamente celebrato dal recentissimo tributo-live «Faber, amico fragile», Giorgio Gaber è stato senza dubbio uno dei massimi pilastri della scena culturale italiana. E se «Canzone dell’appartenenza», di cui abbiamo appena riportato una minuscola scheggia, rappresenta molto bene la sua visione poetica/politica, risulta comunque difficile cristallizzare in pochi fotogrammi il suo percorso artistico. Un viaggio, non una carriera, tanto lungo quanto giocato su terreni espressivi multipli: dalla televisione al palcoscenico, dall’umorismo all’impegno civile, dalla musica d’autore a una militanza sempre critica e non allineata. Ecco perché il Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” ha scelto di ospitare, dal 10 al 17 dicembre, la mostra-evento «Qualcuno era… Giorgio Gaber» (prodotta dall’Associazione Culturale Giorgio Gaber, dall’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Roma e della Provincia di Rimini con la collaborazione di RAI Teche). Una scelta fatta per ricordare, certo, ma soprattutto per poter ripercorrere, senza toni celebrativi e senza schematismi necessariamente frettolosi, l’intero tragitto del «Signor G.». Da un lato, dunque, la mostra vera e propria, con 20 pannelli che «raccontano» Gaber attraverso immagini, interviste, recensioni, testi di canzoni e di monologhi. Dall’altro, invece, un lungometraggio che sarà proiettato in Sala Grande ( lunedì 15 dicembre alle 20.45) e che sfuma dal bianco-e-nero catodico del 1959 fino agli ultimissimi lavori…