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Quiete Invenzione e Inquietudine. Il Seicento fiorentino intorno a Giovanni da San Giovanni
L’esposizione si sviluppa attorno alla figura di Giovanni Mannozzi detto Giovanni da San Giovanni, uno dei più originali pittori della prima metà del Seicento fiorentino, presentato con il maestro, Matteo Rosselli, e il suo allievo e collaboratore Baldassarre Franceschini detto il Volterrano.
Comunicato stampa
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Il Comune di San Giovanni Valdarno e il Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie presentano, nell’ambito delle iniziative per il SEICENTO IN VALDARNO, a cura del Sistema Museale, la mostra “Quiete, Invenzione e Inquietudine. Il Seicento fiorentino intorno a Giovanni da San Giovanni”. La mostra - realizzata con il sostegno della Regione Toscana, la Provincia di Arezzo e il Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - ideata da Michela Martini, è a cura di Mara Visonà e Silvia Benassai con il contributo di Lorenzo Pesci; fa parte del comitato scientifico Mina Gregori. L’esposizione si sviluppa attorno alla figura di Giovanni Mannozzi detto Giovanni da San Giovanni, uno dei più originali pittori della prima metà del Seicento fiorentino, presentato con il maestro, Matteo Rosselli, e il suo allievo e collaboratore Baldassarre Franceschini detto il Volterrano. Accanto alla linea stilistica rappresentata da Rosselli, Giovanni da San Giovanni e dal Volterrano, sono esposti significativi esempi della corrente furiniana, che influenzò Giovanni da San Giovanni, con opere di Vincenzo Mannozzi e Felice Ficherelli. Le opere in mostra appartengono al Museo della Basilica e a importanti musei e collezioni fiorentine. L’esposizione odierna è da considerarsi una tappa verso la realizzazione di una mostra monografica che la città di San Giovanni intende dedicare al geniale artista, cui dette i natali due secoli dopo Masaccio. Per valorizzare un patrimonio artistico culturale poco noto al pubblico, nell’ambito della mostra odierna, sarà realizzata una sezione dal titolo “La magnifica rappresentanza e la preziosa quiete. Tessuti e ricami per interni” dedicata alla presentazione, di un piccolo ma prezioso nucleo di tessuti d’arredo, provenienti dal Museo del Tessuto di Prato, databili fra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento, principalmente afferenti alla Guardaroba Medicea.
La mostra odierna segue le ultime due dedicate al Rinascimento (Tra terra e tempera. Pittura e scultura attraverso i Maestri del Rinascimento del 2009 e Rinascimento in Valdarno del 2007) e come queste ha l’obiettivo di valorizzare la collezione del Museo, puntando l’attenzione, questa volta, sulle opere del Seicento, meno numerose rispetto a quelle del periodo rinascimentale, ma altrettanto significative dal punto di vista storico-artistico. Oltre a quelle di Giovanni da San Giovanni, fanno parte della collezione del Museo della Basilica, opere di Gregorio Pagani.
Completa la mostra un percorso cittadino sul Seicento con opere di Jacopo Ciacci, Annibale Niccolai, Vincenzo Ferrati, Giulio Parigi, Antonio Puglieschi, allievo di Pier Dandini, Giovanni Camillo Sagrestani e Felice Ficherelli detto il Riposo. Il percorso fa parte dell’ITINERARIO DEL SEICENTO IN VALDARNO che comprende oltre cento opere, conservate nelle chiese e nei musei del territorio, tra cui quelle di Lodovico Cardi detto Il Cigoli, Francesco Curradi, Giovanni Martinelli, Gregorio Pagani, Simone Pignoni e Matteo Rosselli.
L’itinerario e la mostra fanno parte delle iniziative previste per il SEICENTO IN VALDARNO, volte a far conoscere grandi artisti e personalità di questo periodo storico, che qui ebbero i natali: Giovanni Mannozzi per San Giovanni Valdarno, Giovanni Martinelli per Montevarchi e Concino Concini per Terranuova Bracciolini. Fanno parte del programma anche altre due mostre: Giovanni Martinelli pittore di Montevarchi, maestro del Seicento fiorentino a Montevarchi e I Concini tra mecenatismo e avventura a Terranuova Bracciolini. Sempre nell’ambito della manifestazione, oltre ai cataloghi che accompagnano le esposizioni, sono previste la pubblicazione di una guida sull’Itinerario a cura di Liletta Fornasari (Edifir editore) e la prima monografia su Giovanni Martinelli a cura di Luca Canonici (Aska edizioni).
I diversi periodi dell’attività del Mannozzi e la sua evoluzione stilistica sono rappresentati in mostra da alcune opere come la stupenda Decollazione del Battista, dipinta nel 1620 per la Chiesa di San Lorenzo di San Giovanni Valdarno, uno dei quadri simbolo delle novità elaborate dall’artista all’aprirsi del secondo decennio del secolo, riflesso di un naturalismo caravaggesco mediato dalla tradizione fiorentina del disegno. L’opera è presentata insieme allo scenografico affresco staccato l’Aurora con Titone, eseguito per Palazzo Pucci a Firenze, significativo esempio di singolare invenzione e interpretazione moderna e spigliata del mito classico, in continuità stilistica con i coevi affreschi del Salone degli Argenti di Palazzo Pitti. L’affresco, oggi conservato presso il Museo Stefano Bardini, è presentato per la prima volta dopo il restauro. In mostra era previsto anche l’altro episodio sopravvissuto della decorazione di Palazzo Pucci, La Notte, ma le cattive condizioni di conservazione non ne hanno permessa l’esposizione. Sempre dal Museo Bardini proviene l’affresco frammentario con una misteriosa Scena di banchetto, forse da identificare con il celebre episodio del Convito di Antonio e Cleopatra. Questo piccolo affresco, rovinato dall’alluvione del 1966, ignorato dal Baldinucci e quasi dimenticato dalla critica, potrebbe essere collocato, su base stilistica, alla fine degli anni venti. Sempre di Giovanni da San Giovanni Lo Sposalizio della Vergine, una delle due lunette affrescate per la Basilica di San Giovanni, nel 1621, in prossimità della partenza per Roma. Si tratta della prima versione, che fu scalpellinata dal pittore, come racconta il Baldinucci: “a cagione dell’essergli stato negato lo stare al naturale per la testa della Vergine, per eccesso di modestia, da una fanciulla di vago e maestoso aspetto”. Il Mannozzi non soddisfatto del risultato, scalpellò la prima redazione dell’affresco riemersa soltanto al momento dello stacco della lunetta nel 1953. Paradossalmente l’unica a essersi salvata contro la volontà del pittore. L’altra versione e la seconda lunetta con l'Annunciazione sono praticamente illeggibili per il pessimo stato di conservazione, dovuto alla lunga esposizione all’aperto.
Di Matteo Rosselli, di cui si evidenzia non solo il ruolo fondamentale nella formazione di alcuni tra i più interessanti talenti attivi nella prima metà del secolo, ma anche il notevole livello qualitativo caratteristico della sua pittura, è esposta la Santa Dorotea di Cappadocia, proveniente da raccolta privata fiorentina, raffinato esempio di pittura sacra di destinazione privata che il Rosselli licenziò all’aprirsi degli anni trenta del secolo. II Volterrano, invece, è rappresentato dall’affresco Il sacrificio di Isacco e da alcuni dipinti ‘da stanza’ di provenienza medicea: lo Zefiro già nella collezione del principe Don Lorenzo alla Petraia, e due opere già di proprietà del Gran Principe Ferdinando di Cosimo III, l’inquieta allegoria dell’Amore venale e il quieto, neocorreggesco Amore dormente, significativi esempi, questi ultimi, della prima maturità del pittore, il cui stile è ancora strettamente imparentato a quello del Mannozzi, cui rimandano anche l’utilizzo delle particolari tecniche esecutive.
Di particolare interesse, sia qualitativo che iconografico, è infine anche il Giaele e Sisara di Felice Ficherelli: la tela, appartenuta al cardinal Carlo de’Medici, che la dovette acquistare dalla collezione della famiglia Bardi, principale committente del pittore di San Gimignano, rappresenta la vena più sotterraneamente, torbida e inquieta, del Seicento fiorentino, cui appartiene anche la misteriosa Figura allegorica di Vincenzo Mannozzi, artista caro a Don Lorenzo de’Medici, e fedele seguace del Furini.
La mostra odierna segue le ultime due dedicate al Rinascimento (Tra terra e tempera. Pittura e scultura attraverso i Maestri del Rinascimento del 2009 e Rinascimento in Valdarno del 2007) e come queste ha l’obiettivo di valorizzare la collezione del Museo, puntando l’attenzione, questa volta, sulle opere del Seicento, meno numerose rispetto a quelle del periodo rinascimentale, ma altrettanto significative dal punto di vista storico-artistico. Oltre a quelle di Giovanni da San Giovanni, fanno parte della collezione del Museo della Basilica, opere di Gregorio Pagani.
Completa la mostra un percorso cittadino sul Seicento con opere di Jacopo Ciacci, Annibale Niccolai, Vincenzo Ferrati, Giulio Parigi, Antonio Puglieschi, allievo di Pier Dandini, Giovanni Camillo Sagrestani e Felice Ficherelli detto il Riposo. Il percorso fa parte dell’ITINERARIO DEL SEICENTO IN VALDARNO che comprende oltre cento opere, conservate nelle chiese e nei musei del territorio, tra cui quelle di Lodovico Cardi detto Il Cigoli, Francesco Curradi, Giovanni Martinelli, Gregorio Pagani, Simone Pignoni e Matteo Rosselli.
L’itinerario e la mostra fanno parte delle iniziative previste per il SEICENTO IN VALDARNO, volte a far conoscere grandi artisti e personalità di questo periodo storico, che qui ebbero i natali: Giovanni Mannozzi per San Giovanni Valdarno, Giovanni Martinelli per Montevarchi e Concino Concini per Terranuova Bracciolini. Fanno parte del programma anche altre due mostre: Giovanni Martinelli pittore di Montevarchi, maestro del Seicento fiorentino a Montevarchi e I Concini tra mecenatismo e avventura a Terranuova Bracciolini. Sempre nell’ambito della manifestazione, oltre ai cataloghi che accompagnano le esposizioni, sono previste la pubblicazione di una guida sull’Itinerario a cura di Liletta Fornasari (Edifir editore) e la prima monografia su Giovanni Martinelli a cura di Luca Canonici (Aska edizioni).
I diversi periodi dell’attività del Mannozzi e la sua evoluzione stilistica sono rappresentati in mostra da alcune opere come la stupenda Decollazione del Battista, dipinta nel 1620 per la Chiesa di San Lorenzo di San Giovanni Valdarno, uno dei quadri simbolo delle novità elaborate dall’artista all’aprirsi del secondo decennio del secolo, riflesso di un naturalismo caravaggesco mediato dalla tradizione fiorentina del disegno. L’opera è presentata insieme allo scenografico affresco staccato l’Aurora con Titone, eseguito per Palazzo Pucci a Firenze, significativo esempio di singolare invenzione e interpretazione moderna e spigliata del mito classico, in continuità stilistica con i coevi affreschi del Salone degli Argenti di Palazzo Pitti. L’affresco, oggi conservato presso il Museo Stefano Bardini, è presentato per la prima volta dopo il restauro. In mostra era previsto anche l’altro episodio sopravvissuto della decorazione di Palazzo Pucci, La Notte, ma le cattive condizioni di conservazione non ne hanno permessa l’esposizione. Sempre dal Museo Bardini proviene l’affresco frammentario con una misteriosa Scena di banchetto, forse da identificare con il celebre episodio del Convito di Antonio e Cleopatra. Questo piccolo affresco, rovinato dall’alluvione del 1966, ignorato dal Baldinucci e quasi dimenticato dalla critica, potrebbe essere collocato, su base stilistica, alla fine degli anni venti. Sempre di Giovanni da San Giovanni Lo Sposalizio della Vergine, una delle due lunette affrescate per la Basilica di San Giovanni, nel 1621, in prossimità della partenza per Roma. Si tratta della prima versione, che fu scalpellinata dal pittore, come racconta il Baldinucci: “a cagione dell’essergli stato negato lo stare al naturale per la testa della Vergine, per eccesso di modestia, da una fanciulla di vago e maestoso aspetto”. Il Mannozzi non soddisfatto del risultato, scalpellò la prima redazione dell’affresco riemersa soltanto al momento dello stacco della lunetta nel 1953. Paradossalmente l’unica a essersi salvata contro la volontà del pittore. L’altra versione e la seconda lunetta con l'Annunciazione sono praticamente illeggibili per il pessimo stato di conservazione, dovuto alla lunga esposizione all’aperto.
Di Matteo Rosselli, di cui si evidenzia non solo il ruolo fondamentale nella formazione di alcuni tra i più interessanti talenti attivi nella prima metà del secolo, ma anche il notevole livello qualitativo caratteristico della sua pittura, è esposta la Santa Dorotea di Cappadocia, proveniente da raccolta privata fiorentina, raffinato esempio di pittura sacra di destinazione privata che il Rosselli licenziò all’aprirsi degli anni trenta del secolo. II Volterrano, invece, è rappresentato dall’affresco Il sacrificio di Isacco e da alcuni dipinti ‘da stanza’ di provenienza medicea: lo Zefiro già nella collezione del principe Don Lorenzo alla Petraia, e due opere già di proprietà del Gran Principe Ferdinando di Cosimo III, l’inquieta allegoria dell’Amore venale e il quieto, neocorreggesco Amore dormente, significativi esempi, questi ultimi, della prima maturità del pittore, il cui stile è ancora strettamente imparentato a quello del Mannozzi, cui rimandano anche l’utilizzo delle particolari tecniche esecutive.
Di particolare interesse, sia qualitativo che iconografico, è infine anche il Giaele e Sisara di Felice Ficherelli: la tela, appartenuta al cardinal Carlo de’Medici, che la dovette acquistare dalla collezione della famiglia Bardi, principale committente del pittore di San Gimignano, rappresenta la vena più sotterraneamente, torbida e inquieta, del Seicento fiorentino, cui appartiene anche la misteriosa Figura allegorica di Vincenzo Mannozzi, artista caro a Don Lorenzo de’Medici, e fedele seguace del Furini.
05
marzo 2011
Quiete Invenzione e Inquietudine. Il Seicento fiorentino intorno a Giovanni da San Giovanni
Dal 05 marzo al 12 giugno 2011
arte antica
Location
MUSEO DELLA BASILICA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE
San Giovanni Valdarno, Piazza Masaccio, 9, (Arezzo)
San Giovanni Valdarno, Piazza Masaccio, 9, (Arezzo)
Biglietti
intero € 5.00 ridotto € 3,50 scuole 1,00
Orario di apertura
da mercoledì a domenica, ore 10.00/13.00 – 14.30/18.30
lunedì e martedì chiuso
Vernissage
5 Marzo 2011, ore 17
Ufficio stampa
AMBRA NEPI
Autore
Curatore