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Rafael Canogar – Obbiettivo: la pittura
La mostra si apre con due grandi quadri del 1960 ma è poi soprattutto dedicata alla produzione ultima del maestro
Comunicato stampa
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Luciano Caramel
“Dipingere: un’imperiosa necessità vitale”
Questa mostra di Rafael Canogar a Milano, nelle sale di Arte Borgogna di Gianni Schubert, si aprecon due grandi quadri del 1960, Tronco e Alcantara, informali, forti, matericamente densi, espressionistici, carichi di una drammaticità memore della tradizione della grande pittura spagnola,accompagnati da una serie di altrettanto tese opere coeve su carta, ma è poi soprattutto dedicataalla produzione ultima del maestro. Molto diversa da quei remoti dipinti, che imposero subito Canogar tra gli autori maggiori di quella stagione, nella nativa Spagna, ma anche in Italia, dove ilgiovanissimo pittore (nacque a Toledo nel 1935) ebbe subito grande fortuna, espositiva (con presenze, dal 1956, oltre che in importanti gallerie, alla Biennale di Venezia, ove fu di nuovoinvitato, con sette dipinti, nel 1958, e lo sarà di nuovo nel 1962 e nel 1968) e critica (con scrittitempestivi, tra il 1958 e il 1960, di Apollonio, Boatto, Calvesi, Ponente,Trucchi e soprattutto, ripetutamente, di Crispolti). E diversa anche dai risultati di altre fasi del lungo itinerario di ricercadell’artista. Non documentati in questa esposizione, puntata, come s’è appena detto, suiraggiungimenti più recenti di Canogar, con numerosi lavori di grande importanza, in buona parteinediti, dai finali anni novanta del secolo passato a oggi. Ma da non dimenticare. Per la loro diversità, appunto, ma pure per il fil rouge che, nella differenza, lega “le pitture” dell’artista, comeopportunamente, le ha definite in un recente volume monografico, e in interventi critici precedenti, uno dei suoi principali esegeti, Víctor Nieto Alcade, per il quale, tenendo presente che Canogar, puravendo partecipato “all’avanguardia da molto giovane, non ha cessato di cambiare e arricchire lasua pittura con numerose opzioni”, si potrebbe appunto “parlare, più che di pittura, di pitture”,sottintendendo tuttavia, come il recensore precisa, che l’artista “in ogni tappa introduce un nuovo dialogo con la sua opera anteriore, la arricchisce, la completa e le dà nuovi significati e valoriplastici” (V. Nieto Alcade, Rafael Canogar. El paso de la peintura, Nerea, Donostia-San Sebastián, 2006, p. 11). Sviluppi talora radicali e crudi, come avvenne dal 1964 – subito dopo la fase informaleche in patria lo aveva visto tra i protagonisti della sua generazione con Luis Feito, Manolo Millarese Antonio Saura, con i quali, ed altri compagni di strada, nel 1957 (ma all’informale già eraapprodato nel 1955) fondò il gruppo “El Paso” – quando Canogar reintrodusse la figurazione inmisura sempre più esplicita e impegnata, fino, attorno al 1970, alla pitture e alle opere plastichedall’intonazione iperrealista con scene urbane di sommossa e repressione urbana dagli insistitiaccenti etico-politici (La policía en acción, El castigo, del 1969, con i personaggi in scala reale, come in El arresto II del 1972), tuttavia mai dichiaratamente diretti e circoscritti alla situazione spagnola del tempo, ma, presupponendola, svolti su di un piano universale di riflessione sullaviolenza e la crudeltà, tuttora ahimé valido, ovunque. Di tali cambiamenti è stato sempre ben conscio Canogar, che nel 1996 (la citazione è illuminante, anche per la data, nel pieno del ritorno alla pittura-pittura, che conduce alle opere qui esposte)scrive, in un testo significativamente intitolato Dipingere: un’imperiosa necessità vitale”: “Si èmolto parlato dei miei cambiamenti e certamente il cambiamento c’è stato. Sono cambiato io, comeè cambiato ciò che mi circonda e il mondo. […] Anche la mia pittura cambia, però credo checontinuino, come costante della mia opera, dei segni di identità chiaramente identificabili, come lafedeltà alla volontà radicale dell’informale o la dimensione etica del mio periodo realista” (RafaelCanogar, Pintar: una imperiosa necesidad vital, catalogo della mostra personale, Museo di ArteContemporanea Unión Fenosa, Coruña, maggio-giugno 1996, p.31; cit. in V. Nieto Alcade, op.cit., p. 39; ivi, passim, riproduzioni di opere significative dei vari periodi, dalla formazioneall’informale, alla pittura impegnata, alla nuova astrazione). Da aggiungere, ai “segni di identità chiaramente identificabili” ricordati dall’artista, la sua fedeltà,sempre, alla pittura, ripetutamente ribadita nelle dichiarazioni e, come più importa, nelle opere, enei loro stessi titoli. Sia che si tratti di dipinti iconici o aniconici, categorie del resto pocoappropriate per Canogar. La decantazione dei suoi lavori più esplicitamente figurativi, anche diquelli più engagées, li conduce infatti ad una dimensione assolutamente mai descrittiva. “Realisti”sì lo sono, perché radicati e connessi alla realtà, come d’altronde anche altre sue opere, come quellequi presentate, che solo convenzionalmente possono, per approssimazione, essere chiamate“astratte”, perché radicate e connesse alla realtà delle materie e del fare pittura. Ecco che allora, nelsuo comprendere la continuità nel variare delle esperienze, suona calzante la definizione “itinerarioininterrotto di una poetica frammentata” di Nieto Alcaide (op. cit., p.12), che tuttavia, mi scuso perla sincerità, mi pare insista troppo nel volere “giustificare” i cambiamenti di Canogar. “Excusatio non petita, accusatio manifesta”, come recita un celebre detto in latino…”. In verità, bastano, eavanzano, le opere. Nelle quali, innanzi tutto, sono evidenti gli echi e le relazioni tra il prima e ildopo. In misura più sotterranea, quando le svolta è più brusca. Con maggiore evidenza in altri casi, come tra le opere degli ultimi anni e le loro premesse. Verso l’astrazioneTessuto connettivo di siffatta continuità resta la pittura, sempre obbiettivo primo del fare diCanogar. Oltre le codificazioni di genere, tematiche e stilistiche. E costantemente sul registro di un continuo interrogarsi e sperimentare su cosa sia la pittura, su quali siano i suoi fondamentali, sulversante materico, spaziale e temporale, e quindi compositivo, al di qua dei vincoli di norme statutarie, per natura storiche, non assolute, che valgono epoca per epoca, originate dallaintenzionalità/volontà d’arte (il Kunstwollen di Riegle) delle varie congiunture e quindi dallavisione, concezione del modo nelle differenti epoche storiche, ossia delle Weltanshaungen, dallaloro ricaduta nella creazione, valutazione, fruizione estetica e perciò nel gusto. Concetti postulati evissuti, seppur fuori di rigorose formalizzazioni scientifiche e teoretiche, da Canogar, che nel testo succitato del 1996 (cit., p. 31) si ricollega peraltro a Hume, affermando che “il filosofo scozzesediceva che non possediamo un nucleo inalterabile di personalità, idea che non è altro che ‘un fascio,un cumulo di giudizi differenti che si succedono l’uno all’altro con una rapidità incredibile, e chestanno costantemente in cambiamento e in movimento’ ” . Scendendo a considerazioni più strettamente storico-artistiche, il rifiuto di regole e canoni, da uncanto, e dall’altro la compresenza di memoria e innovazione sono anche, rispettivamente, determinati in Canogar dal rifiuto dell’immobilità atemporale accademica e per converso dalsuperamento della logica militare delle avanguardie storiche, per definizione in perpetuaevoluzione, ma nelle negazione/distruzione del passato. La stessa scelta di una gestualità informalee del sotteso spirito di ribellione, in Canogar e nei suoi compagni, a dispetto della decisione dichiamare il loro gruppo “El Paso”, “Il passo, il valico”, con trasparente riferimento al tedesco “DieBrüke”, “Il Ponte”, non è, per le mutate coordinate temporali, direttamente partecipe dellaprecedente rottura epocale, di intensità e apertura globalmente avanguardistica, o meglio post-avanguardistica, dei Fautrier, Wols, Mathieu e più direttamente Tapies, per quanto concernel’Europa e, oltre Oceano, dell’Action painting dei De Kooning, Pollock, Kline, Motherwell. È però dal 1975, non casualmente in seguito alla caduta definitiva del regime franchista, cheCanogar, liberandosi gradualmente dall’impegno tematico, può iniziare una ricerca analitica sullapittura. Accantona progressivamente gli inserti figurativi, ancora presenti nelle opere di quel primo anno, di passaggio, con i ritmi, la gradualità e gli echi propri, sappiamo, degli sviluppi dell’artista,incamminandosi verso la fusione/identità di pittura e significato che dominerà, con novità tecniche eformali, l’attività recente qui proposta, che in quelle opere ha il suo avvio, non facile einevitabilmente non privo di incertezze. Nasce dapprima, in quel 1975, la sperimentazione in lavoridi grandi dimensioni già significativamente intitolati Pittura, nei quali permangono però elementiplastici figurali analoghi e talora identici a quelli delle opere realistico-politiche immediatamenteprecedenti, col loro rilievo, illusivo nei confronti del referente reale, e una monumentalità anch’essanarrativa, nonché con l’assenza sostanziale di un colore legato alla pittura in quanto tale, ai suoiprocedimenti e alle sue materie. La novità è nell’attenuazione dell’aggetto ambientale, che preludeal prossimo attestarsi sul piano, e nella chiusura del lavoro in un telaio elementare e rigorosamentegeometrico, come le assi che si intersecano ortogonalmente a croce, appunto come nel retro del telaio di un quadro, delimitando quattro spazi altrettanto regolari che in uno di questi esperimentiracchiudono principalmente una sorta di drappi tesi e intrecciati, e in un altro, coevo, ancora deidrappi in due spazi, mentre gli altri due sono in parte vuoti e in parte ospitano frammenti difigurazioni. Analoghe altre Pitture, o Composizioni, o opere Senza titolo, sempre entro il 1975,segnate, anche nella loro pesantezza formale e cromatica, dall’ambiguità del passaggio, tutt’altro che agevole, per la diversità/opposizione del punto di partenza e dell’ipotizzato risultato, altro, non solo nuovo. Al quale l’artista si approssima già nei due anni successivi, risolvendo sulla superficieincontri, trasparenze e sovrapposizioni di pure forme geometriche colorate secondo ritmi interni allapittura. “La cornice e la realtà”Il “passo” è notevole, ma non definitivo. Il pittore, tra i finali anni settanta e gli ottanta, investigacampi nuovi, applicandosi alla ricerca segnica entro campiture geometriche diversamente scandite eanche saggiando le possibilità di una nuova figurazione non narrativa e non mimetica, in sceneurbane e profili di teste, che per Canogar “non erano altro che che strutture o ‘ganci’ doveappendere la pittura”, come l’artista ribadisce, quasi con fastidio, nel testo citato del 1996. Chiarimenti non più necessari per le pitture “astratte” dipinte dal 1992, quando Canogar realizzaopere che sono manifestamente i precedenti diretti degli ultimi risultati. Si affaccia, innanzi tutto, eviene elaborato, il principio di una pittura che non è quadro, che rifiuta la cornice, è un frammento,un frammento-totalità, strappato dalla realtà e quindi irregolare, da sentire come realtà, estranea aqualsiasi allusività ed aura, con un dislocamento non solo fisico, ma mentale e concettuale. Chel’artista teorizza ed esplica nel 1998 nella “lectio” per il suo ingresso nella Real Accademia deBellas Artes de San Fernando a Madrid, Appunti sulla cornice e la realtà, che varrebbe la pena dileggere e commentare nella sua interezza (cfr.: R.Canogar, Apuntes sobre el marco y la realidad,discurso de ingreso en la Real Accademia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid, 31 maggio1998). E che mi ricorda Domande, un testo analogo, per un’analoga occasione, di Eduardo Chillida, letto il 20 marzo 1994 nella medesima sede (E. Chillida, Preguntas, discurso de ingreso en la RealAccademia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid, 20 marzo 1994). Preguntas, domande, cheerano delle risposte, come le risposte di Canogar sono delle domande. Perché, per citare la sculturae Chillida pensando alla pittura e a Canogar, “si può occupare un luogo senza averne misura? Non èil cammino che, dalla libertà, ci conduce alla percezione? Non è tra il non-più e il non-ancora illuogo dove siamo stati collocati? La priorità di un artista non sarà il fatto di essere continuamentedisorientato? Credo che il dialogo puro e nitido che si sviluppa tra la materia e lo spazio, lo stuporedi questo dialogo al limite, sia dovuto in buona misura al fatto che lo spazio è una materia molto rapida, oppure che la materia è uno spazio molto lento. Non sarà il limite una frontiera, non solo fradensità, ma anche fra velocità?”. Il frammento, quindi, la realtà. Tolta dal suo contesto per crearne un altro, entro un dialogodinamico carico di energia che si trasmette al riguardante, divenuto partecipe di siffatta interazione. In atto, viva. “Nella mia opera” – continuo a citare Canogar dal più volte ricordato scritto del 1996,qui direttamente implicato in quanto stiamo esaminando e commentando – “esiste un’azione tanto distruttrice quanto costruttrice, un ricomporre o costruire sopra i resti pre-distrutti. Di nuovo forzecontrapposte, lotta di contrari come motore di creazione, o unione con la realtà medesimadell’uomo, che trascorre tra l’esplicabile e l’inesplicabile. Mi importa dare risposte – a me primache ad altri – alle mie necessità creative. Non posso concepire il mio lavoro senza questo esercizio concettuale, senza questa azione di libertà, che è nello stesso tempo coscienza e conoscenza dellarealtà”. Conoscenza della realtà, quindi, nelle nuove pitture di Canogar, fuori delle convenzioni e deidiaframmi, di cui la cornice, il quadro in cornice sono simbolo concreto. Libertà concettuale, dicoscienza che diviene libertà operativa, nell’assenza di limiti dimensionali, tecnici, materiali. Di quila sorgiva immediatezza di queste opere, che tuttavia si coniuga con la forza e la suggestione delcolore, l’esattezza e il rigore della geometria, della struttura primaria e primitiva, che, fuori dipitagorismi e di numeri d’oro, o di “equilibri dinamici” teosofici, ma anche di minimalismiformalistici, concreta una dimensione e un messaggio simbolici che con la realtà della materia, dellospazio e del tempo si interrelano. In un attivo campo energetico, che nelle ultime pitture, dal 2003,attinge un’inedita assolutezza, che non va a scapito dei valori succitati, ma li definisce, allontanandoli senza perdere il contatto diretto, in un dimensione in cui, nell’equilibrio e nellamisura, diventa protagonista una concezione della vita e della società fondata su di un ordineclassico. Quello dei templi e degli altri edifici greci e romani, di cui ancora restano le testimonianze,anche in Spagna e in Italia, per Canogar da vivere non come reperti, seppur eccellenti, e talorasublimi, del passato, ma come tradizione attiva nel presente, fuori di archeologismi, ma anche distoricismi astratti. Nella realtà della vita e della pittura.
“Dipingere: un’imperiosa necessità vitale”
Questa mostra di Rafael Canogar a Milano, nelle sale di Arte Borgogna di Gianni Schubert, si aprecon due grandi quadri del 1960, Tronco e Alcantara, informali, forti, matericamente densi, espressionistici, carichi di una drammaticità memore della tradizione della grande pittura spagnola,accompagnati da una serie di altrettanto tese opere coeve su carta, ma è poi soprattutto dedicataalla produzione ultima del maestro. Molto diversa da quei remoti dipinti, che imposero subito Canogar tra gli autori maggiori di quella stagione, nella nativa Spagna, ma anche in Italia, dove ilgiovanissimo pittore (nacque a Toledo nel 1935) ebbe subito grande fortuna, espositiva (con presenze, dal 1956, oltre che in importanti gallerie, alla Biennale di Venezia, ove fu di nuovoinvitato, con sette dipinti, nel 1958, e lo sarà di nuovo nel 1962 e nel 1968) e critica (con scrittitempestivi, tra il 1958 e il 1960, di Apollonio, Boatto, Calvesi, Ponente,Trucchi e soprattutto, ripetutamente, di Crispolti). E diversa anche dai risultati di altre fasi del lungo itinerario di ricercadell’artista. Non documentati in questa esposizione, puntata, come s’è appena detto, suiraggiungimenti più recenti di Canogar, con numerosi lavori di grande importanza, in buona parteinediti, dai finali anni novanta del secolo passato a oggi. Ma da non dimenticare. Per la loro diversità, appunto, ma pure per il fil rouge che, nella differenza, lega “le pitture” dell’artista, comeopportunamente, le ha definite in un recente volume monografico, e in interventi critici precedenti, uno dei suoi principali esegeti, Víctor Nieto Alcade, per il quale, tenendo presente che Canogar, puravendo partecipato “all’avanguardia da molto giovane, non ha cessato di cambiare e arricchire lasua pittura con numerose opzioni”, si potrebbe appunto “parlare, più che di pittura, di pitture”,sottintendendo tuttavia, come il recensore precisa, che l’artista “in ogni tappa introduce un nuovo dialogo con la sua opera anteriore, la arricchisce, la completa e le dà nuovi significati e valoriplastici” (V. Nieto Alcade, Rafael Canogar. El paso de la peintura, Nerea, Donostia-San Sebastián, 2006, p. 11). Sviluppi talora radicali e crudi, come avvenne dal 1964 – subito dopo la fase informaleche in patria lo aveva visto tra i protagonisti della sua generazione con Luis Feito, Manolo Millarese Antonio Saura, con i quali, ed altri compagni di strada, nel 1957 (ma all’informale già eraapprodato nel 1955) fondò il gruppo “El Paso” – quando Canogar reintrodusse la figurazione inmisura sempre più esplicita e impegnata, fino, attorno al 1970, alla pitture e alle opere plastichedall’intonazione iperrealista con scene urbane di sommossa e repressione urbana dagli insistitiaccenti etico-politici (La policía en acción, El castigo, del 1969, con i personaggi in scala reale, come in El arresto II del 1972), tuttavia mai dichiaratamente diretti e circoscritti alla situazione spagnola del tempo, ma, presupponendola, svolti su di un piano universale di riflessione sullaviolenza e la crudeltà, tuttora ahimé valido, ovunque. Di tali cambiamenti è stato sempre ben conscio Canogar, che nel 1996 (la citazione è illuminante, anche per la data, nel pieno del ritorno alla pittura-pittura, che conduce alle opere qui esposte)scrive, in un testo significativamente intitolato Dipingere: un’imperiosa necessità vitale”: “Si èmolto parlato dei miei cambiamenti e certamente il cambiamento c’è stato. Sono cambiato io, comeè cambiato ciò che mi circonda e il mondo. […] Anche la mia pittura cambia, però credo checontinuino, come costante della mia opera, dei segni di identità chiaramente identificabili, come lafedeltà alla volontà radicale dell’informale o la dimensione etica del mio periodo realista” (RafaelCanogar, Pintar: una imperiosa necesidad vital, catalogo della mostra personale, Museo di ArteContemporanea Unión Fenosa, Coruña, maggio-giugno 1996, p.31; cit. in V. Nieto Alcade, op.cit., p. 39; ivi, passim, riproduzioni di opere significative dei vari periodi, dalla formazioneall’informale, alla pittura impegnata, alla nuova astrazione). Da aggiungere, ai “segni di identità chiaramente identificabili” ricordati dall’artista, la sua fedeltà,sempre, alla pittura, ripetutamente ribadita nelle dichiarazioni e, come più importa, nelle opere, enei loro stessi titoli. Sia che si tratti di dipinti iconici o aniconici, categorie del resto pocoappropriate per Canogar. La decantazione dei suoi lavori più esplicitamente figurativi, anche diquelli più engagées, li conduce infatti ad una dimensione assolutamente mai descrittiva. “Realisti”sì lo sono, perché radicati e connessi alla realtà, come d’altronde anche altre sue opere, come quellequi presentate, che solo convenzionalmente possono, per approssimazione, essere chiamate“astratte”, perché radicate e connesse alla realtà delle materie e del fare pittura. Ecco che allora, nelsuo comprendere la continuità nel variare delle esperienze, suona calzante la definizione “itinerarioininterrotto di una poetica frammentata” di Nieto Alcaide (op. cit., p.12), che tuttavia, mi scuso perla sincerità, mi pare insista troppo nel volere “giustificare” i cambiamenti di Canogar. “Excusatio non petita, accusatio manifesta”, come recita un celebre detto in latino…”. In verità, bastano, eavanzano, le opere. Nelle quali, innanzi tutto, sono evidenti gli echi e le relazioni tra il prima e ildopo. In misura più sotterranea, quando le svolta è più brusca. Con maggiore evidenza in altri casi, come tra le opere degli ultimi anni e le loro premesse. Verso l’astrazioneTessuto connettivo di siffatta continuità resta la pittura, sempre obbiettivo primo del fare diCanogar. Oltre le codificazioni di genere, tematiche e stilistiche. E costantemente sul registro di un continuo interrogarsi e sperimentare su cosa sia la pittura, su quali siano i suoi fondamentali, sulversante materico, spaziale e temporale, e quindi compositivo, al di qua dei vincoli di norme statutarie, per natura storiche, non assolute, che valgono epoca per epoca, originate dallaintenzionalità/volontà d’arte (il Kunstwollen di Riegle) delle varie congiunture e quindi dallavisione, concezione del modo nelle differenti epoche storiche, ossia delle Weltanshaungen, dallaloro ricaduta nella creazione, valutazione, fruizione estetica e perciò nel gusto. Concetti postulati evissuti, seppur fuori di rigorose formalizzazioni scientifiche e teoretiche, da Canogar, che nel testo succitato del 1996 (cit., p. 31) si ricollega peraltro a Hume, affermando che “il filosofo scozzesediceva che non possediamo un nucleo inalterabile di personalità, idea che non è altro che ‘un fascio,un cumulo di giudizi differenti che si succedono l’uno all’altro con una rapidità incredibile, e chestanno costantemente in cambiamento e in movimento’ ” . Scendendo a considerazioni più strettamente storico-artistiche, il rifiuto di regole e canoni, da uncanto, e dall’altro la compresenza di memoria e innovazione sono anche, rispettivamente, determinati in Canogar dal rifiuto dell’immobilità atemporale accademica e per converso dalsuperamento della logica militare delle avanguardie storiche, per definizione in perpetuaevoluzione, ma nelle negazione/distruzione del passato. La stessa scelta di una gestualità informalee del sotteso spirito di ribellione, in Canogar e nei suoi compagni, a dispetto della decisione dichiamare il loro gruppo “El Paso”, “Il passo, il valico”, con trasparente riferimento al tedesco “DieBrüke”, “Il Ponte”, non è, per le mutate coordinate temporali, direttamente partecipe dellaprecedente rottura epocale, di intensità e apertura globalmente avanguardistica, o meglio post-avanguardistica, dei Fautrier, Wols, Mathieu e più direttamente Tapies, per quanto concernel’Europa e, oltre Oceano, dell’Action painting dei De Kooning, Pollock, Kline, Motherwell. È però dal 1975, non casualmente in seguito alla caduta definitiva del regime franchista, cheCanogar, liberandosi gradualmente dall’impegno tematico, può iniziare una ricerca analitica sullapittura. Accantona progressivamente gli inserti figurativi, ancora presenti nelle opere di quel primo anno, di passaggio, con i ritmi, la gradualità e gli echi propri, sappiamo, degli sviluppi dell’artista,incamminandosi verso la fusione/identità di pittura e significato che dominerà, con novità tecniche eformali, l’attività recente qui proposta, che in quelle opere ha il suo avvio, non facile einevitabilmente non privo di incertezze. Nasce dapprima, in quel 1975, la sperimentazione in lavoridi grandi dimensioni già significativamente intitolati Pittura, nei quali permangono però elementiplastici figurali analoghi e talora identici a quelli delle opere realistico-politiche immediatamenteprecedenti, col loro rilievo, illusivo nei confronti del referente reale, e una monumentalità anch’essanarrativa, nonché con l’assenza sostanziale di un colore legato alla pittura in quanto tale, ai suoiprocedimenti e alle sue materie. La novità è nell’attenuazione dell’aggetto ambientale, che preludeal prossimo attestarsi sul piano, e nella chiusura del lavoro in un telaio elementare e rigorosamentegeometrico, come le assi che si intersecano ortogonalmente a croce, appunto come nel retro del telaio di un quadro, delimitando quattro spazi altrettanto regolari che in uno di questi esperimentiracchiudono principalmente una sorta di drappi tesi e intrecciati, e in un altro, coevo, ancora deidrappi in due spazi, mentre gli altri due sono in parte vuoti e in parte ospitano frammenti difigurazioni. Analoghe altre Pitture, o Composizioni, o opere Senza titolo, sempre entro il 1975,segnate, anche nella loro pesantezza formale e cromatica, dall’ambiguità del passaggio, tutt’altro che agevole, per la diversità/opposizione del punto di partenza e dell’ipotizzato risultato, altro, non solo nuovo. Al quale l’artista si approssima già nei due anni successivi, risolvendo sulla superficieincontri, trasparenze e sovrapposizioni di pure forme geometriche colorate secondo ritmi interni allapittura. “La cornice e la realtà”Il “passo” è notevole, ma non definitivo. Il pittore, tra i finali anni settanta e gli ottanta, investigacampi nuovi, applicandosi alla ricerca segnica entro campiture geometriche diversamente scandite eanche saggiando le possibilità di una nuova figurazione non narrativa e non mimetica, in sceneurbane e profili di teste, che per Canogar “non erano altro che che strutture o ‘ganci’ doveappendere la pittura”, come l’artista ribadisce, quasi con fastidio, nel testo citato del 1996. Chiarimenti non più necessari per le pitture “astratte” dipinte dal 1992, quando Canogar realizzaopere che sono manifestamente i precedenti diretti degli ultimi risultati. Si affaccia, innanzi tutto, eviene elaborato, il principio di una pittura che non è quadro, che rifiuta la cornice, è un frammento,un frammento-totalità, strappato dalla realtà e quindi irregolare, da sentire come realtà, estranea aqualsiasi allusività ed aura, con un dislocamento non solo fisico, ma mentale e concettuale. Chel’artista teorizza ed esplica nel 1998 nella “lectio” per il suo ingresso nella Real Accademia deBellas Artes de San Fernando a Madrid, Appunti sulla cornice e la realtà, che varrebbe la pena dileggere e commentare nella sua interezza (cfr.: R.Canogar, Apuntes sobre el marco y la realidad,discurso de ingreso en la Real Accademia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid, 31 maggio1998). E che mi ricorda Domande, un testo analogo, per un’analoga occasione, di Eduardo Chillida, letto il 20 marzo 1994 nella medesima sede (E. Chillida, Preguntas, discurso de ingreso en la RealAccademia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid, 20 marzo 1994). Preguntas, domande, cheerano delle risposte, come le risposte di Canogar sono delle domande. Perché, per citare la sculturae Chillida pensando alla pittura e a Canogar, “si può occupare un luogo senza averne misura? Non èil cammino che, dalla libertà, ci conduce alla percezione? Non è tra il non-più e il non-ancora illuogo dove siamo stati collocati? La priorità di un artista non sarà il fatto di essere continuamentedisorientato? Credo che il dialogo puro e nitido che si sviluppa tra la materia e lo spazio, lo stuporedi questo dialogo al limite, sia dovuto in buona misura al fatto che lo spazio è una materia molto rapida, oppure che la materia è uno spazio molto lento. Non sarà il limite una frontiera, non solo fradensità, ma anche fra velocità?”. Il frammento, quindi, la realtà. Tolta dal suo contesto per crearne un altro, entro un dialogodinamico carico di energia che si trasmette al riguardante, divenuto partecipe di siffatta interazione. In atto, viva. “Nella mia opera” – continuo a citare Canogar dal più volte ricordato scritto del 1996,qui direttamente implicato in quanto stiamo esaminando e commentando – “esiste un’azione tanto distruttrice quanto costruttrice, un ricomporre o costruire sopra i resti pre-distrutti. Di nuovo forzecontrapposte, lotta di contrari come motore di creazione, o unione con la realtà medesimadell’uomo, che trascorre tra l’esplicabile e l’inesplicabile. Mi importa dare risposte – a me primache ad altri – alle mie necessità creative. Non posso concepire il mio lavoro senza questo esercizio concettuale, senza questa azione di libertà, che è nello stesso tempo coscienza e conoscenza dellarealtà”. Conoscenza della realtà, quindi, nelle nuove pitture di Canogar, fuori delle convenzioni e deidiaframmi, di cui la cornice, il quadro in cornice sono simbolo concreto. Libertà concettuale, dicoscienza che diviene libertà operativa, nell’assenza di limiti dimensionali, tecnici, materiali. Di quila sorgiva immediatezza di queste opere, che tuttavia si coniuga con la forza e la suggestione delcolore, l’esattezza e il rigore della geometria, della struttura primaria e primitiva, che, fuori dipitagorismi e di numeri d’oro, o di “equilibri dinamici” teosofici, ma anche di minimalismiformalistici, concreta una dimensione e un messaggio simbolici che con la realtà della materia, dellospazio e del tempo si interrelano. In un attivo campo energetico, che nelle ultime pitture, dal 2003,attinge un’inedita assolutezza, che non va a scapito dei valori succitati, ma li definisce, allontanandoli senza perdere il contatto diretto, in un dimensione in cui, nell’equilibrio e nellamisura, diventa protagonista una concezione della vita e della società fondata su di un ordineclassico. Quello dei templi e degli altri edifici greci e romani, di cui ancora restano le testimonianze,anche in Spagna e in Italia, per Canogar da vivere non come reperti, seppur eccellenti, e talorasublimi, del passato, ma come tradizione attiva nel presente, fuori di archeologismi, ma anche distoricismi astratti. Nella realtà della vita e della pittura.
30
ottobre 2008
Rafael Canogar – Obbiettivo: la pittura
Dal 30 ottobre 2008 al 31 gennaio 2009
arte contemporanea
Location
GALLERIA ARTE BORGOGNA
Milano, Via Uberto Visconti Di Modrone, 20, (Milano)
Milano, Via Uberto Visconti Di Modrone, 20, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì: 15-19. Sabato e mattine feriali su appuntamento. Chiuso la domenica
Vernissage
30 Ottobre 2008, ore 18
Editore
VERSO L'ARTE
Autore
Curatore