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Raffaela Naldi Rossano – You complete me
mostra personale di Raffaela Naldi Rossano, in conversazione con Attilia Fattori Franchini
Comunicato stampa
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Il Museo Apparente, nell'ambito della nuova programmazione focalizzata su artisti campani, è lieto di annunciare la presentazione della mostra personale di Raffaela Naldi Rossano qui in conversazione con Attilia Fattori Franchini:
AFF: La mostra You Complete Me al Museo Apparente prende il titolo dal testo di Paul Chan, 2010, The Unthinkable Community. Paul Chan scrive: “Community, then, is what happens when we complete ourselves. Through purpose, members of the collective come together and merge with the work they have agreed to accomplish as one. And the more the collective realizes what it has set out to do, the more its members internalize the work as a greater living embodiment of themselves.” Mi vuoi spiegare questa relazione?
RNR: Sono sempre stata una persona estremamente sensibile al contatto con l’altro ma come diceva Sartre, “inizi ad esistere quando ti specchi negli occhi altrui”. Immagino qualsiasi lavoro creativo come un lavoro relazionale, tutto ciò che diamo al mondo ne è parte e contiene il potenziale continuo di trasformazione in una nuova forma tramite l’azione e lo sguardo altrui. Chiunque ha bisogno di raccontare chi è e di identificarsi in un gruppo. Per la mostra al Museo Apparente, ho deciso di assemblare oggetti che condividono il destino di essere stati abbandonati nello stesso luogo. Questi oggetti raggruppati costituiscono una nuova forma d’essere, e diventano una sorta di comunità.
Cosa pensi Attilia, ritieni che questo approccio sia utopico, “unthinkable” e irrealizzabile ? Immagino che valga sempre la pena sognare comunque, no?
AFF: Ritengo che le utopie, come tutte le idee, contengano la forza del cambiamento anche se irrealizzabili. Spingere le nostre energie verso “unthinkable” progetti e soluzioni ci da’ la possibilità di andare oltre forme e sistemi che già conosciamo e sperimentare. In più credo particolarmente alle capacità catartica e curative di immaginare nuove forme di collettività.
RNR: Com’è la tua comunità immaginaria ? Nascosta in una casetta in giardino come la mia?
AFF: In un certo senso trovo che il lavoro da curatrice porti sempre con se’ una spinta micro-comunitaria. Ogni mostra o progetto ha, per un tempo limitato, una forza aggregante. Il mio sogno e’ un giardino di cactus, dove si possano originare conversazioni filosofiche, artistiche, politiche, biologia, diversita’ e resistenza.
AFF: Gli oggetti abbandonati e ritrovati nella tua mostra, diventano gruppo e creano nuove relazioni con lo spazio. La traccia audio, una meditazione guidata ispirata alla Gestalt, accompagna i visitatori alla scoperta di nuove relazioni. Vuoi parlarmi di questo elemento e perché hai scelto la voce di tua mamma?
RNR: Diciamo che sono interessata al fatto che la voce della madre è solitamente il primo suono che si sente alla nascita. Inoltre mia madre ha un suono di voce molto squillante, un elemento di contrasto, con la natura ipnotica e calmante delle fantasie guidate.
AFF: In occasione della mostra, sei intervenuta in qualche modo sugli oggetti, trasformandoli? Assemblaggio, intervento scultoreo, presentazione?
RNN: Ho cercato di ricreare un ambiente fra un interno di una lavatrice bloccata nel tempo e un magazzino per giocattoli. La resina mi ha dato la possibilità di lavorare sulla trasparenza, mentre i colori scelti, rosa e blu, ricordano l’arredamento delle stanze da letto per bambini. E’ il senso di un allagamento, una moltitudine di relazioni, simile a quando si ritorna a casa dopo aver incontrato molte persone ma si rimane soli. Mi sa che tu la conosci bene questa sensazione dato che il tuo lavoro ti porta a viaggiare in continuazione, come fai a non perderti nella moltitudine di incontri?
AFF: Tengo molto stretto il mio tempo solitario. Da sempre sono stata interessata a sperimentare luoghi e contesti diversi, culture, idiomi. Il mio lavoro di curatrice mi porta ad essere in costante movimento, ricerca, a volte sopraffatta dalla quantità di persone e contesti nuovi. Il mio antidoto e’ prendermi tanto tempo per me. Amo stare da sola, mi aiuta a trovare un centro e vivere secondo i miei ritmi (molto più lenti di quelli contemporanei)
AFF: La religione afro-brasiliana Candomblé, riconosce la profonda influenza che gli oggetti possono avere sulla vita delle persone e su ciò che le circonda, esplorando la possibilità umana di creare oggetti in grado di trasmettere un senso di libertà ponendo in evidenza la capacità tipica del corpo migrante di trasmettere la propria cultura in Paesi diversi da quello di origine, divenendo al contempo fruitore delle culture con cui viene a contatto. Gli oggetti persi e ritrovati, mantengono tracce della propria cultura di origine? Come rispondono al contesto del Museo Apparente?
RNR: Wao. Mi piacerebbe tanto saperlo, io spero che dopo tanto migrare abbiano trovato la loro terra. Questi oggetti sono stati abbandonati in un hotel, luogo d’incontro di culture, depositati in pacchi e contenuti in piccole buste. Una volta trovati perdono le loro caratteristiche d’origine, culturali e sociali cosi’ da abbatterne i confini. Potrei pensare all’idea di demolire le pareti all’interno di un condominio e mischiare le relazioni tra persone e cose in maniera diversa. Perchè non dovresti bussare al tuo vicino di casa per farti una chiacchiera, invece di chiamare il tuo amico su Skype? Ho sempre pensato a come fosse assurdo non rendersi conto di quante cose potrebbero essere più spontanee se solo abbattessimo le nostre piccole celle d’isolamento. Il Museo Apparente è così una casa ideale in cui non ci sono divisioni tra una stanza e l’altra. La cultura d’origine è un po’ come un amante eterno che vuole esser a te legato per sempre ma il cui amore deve essere tenuto a distanza per essere accettato.
Si ringraziano:
Il Royal Group per i lost&found, l'Hotel Flora per I vassoi, Valeria D'Antonio e Sara Lupoli per esser diventate le perfette bambine della casetta perduta, Corrado Folinea per la scoperta marina condivisa, Delia Gonzalez e Renato Grieco per aver aggiunto i loro suoni alla voce di mia madre, Lisa Rossano per farmi attingere all'archeologia domestica della casa, Mario Mastropaolo per essere stato il mio terapeuta.
Raffaela Naldi Rossano: Napoli, 1990, è un’artista e ricercatrice napoletana. Vive e lavora fra Napoli e Londra, dove si è laureata con merito alla Goldsmiths, University of London, con una ricerca sulla identità post-storica e sulla trasmissione generazionale intitolata “Say Hallo Back to a Phantomatic Present: Perform Heritage and Inhabit History”. Laureata in psicologia, la sua pratica artistica si basa su un background psicanalitico, sociale e umanistico. Il suo lavoro tenta di affrontare diversi temi come l’identità, le relazioni umane e la cultura sociale, attraverso un ventaglio di media che vanno dall’installazione al video, dalla scrittura e la fotografia, al fine di creare e ricreare significati, individualmente e collettivamente. Raffaela è co-fondatrice e direttrice di Residency 80121. Mostre recenti includono: Exile Summer Camp Manifesta 5x5x5, Palermo, 2018 Elusive Archeologies, Biquini Wax, Mexico City, 2017.
AFF: La mostra You Complete Me al Museo Apparente prende il titolo dal testo di Paul Chan, 2010, The Unthinkable Community. Paul Chan scrive: “Community, then, is what happens when we complete ourselves. Through purpose, members of the collective come together and merge with the work they have agreed to accomplish as one. And the more the collective realizes what it has set out to do, the more its members internalize the work as a greater living embodiment of themselves.” Mi vuoi spiegare questa relazione?
RNR: Sono sempre stata una persona estremamente sensibile al contatto con l’altro ma come diceva Sartre, “inizi ad esistere quando ti specchi negli occhi altrui”. Immagino qualsiasi lavoro creativo come un lavoro relazionale, tutto ciò che diamo al mondo ne è parte e contiene il potenziale continuo di trasformazione in una nuova forma tramite l’azione e lo sguardo altrui. Chiunque ha bisogno di raccontare chi è e di identificarsi in un gruppo. Per la mostra al Museo Apparente, ho deciso di assemblare oggetti che condividono il destino di essere stati abbandonati nello stesso luogo. Questi oggetti raggruppati costituiscono una nuova forma d’essere, e diventano una sorta di comunità.
Cosa pensi Attilia, ritieni che questo approccio sia utopico, “unthinkable” e irrealizzabile ? Immagino che valga sempre la pena sognare comunque, no?
AFF: Ritengo che le utopie, come tutte le idee, contengano la forza del cambiamento anche se irrealizzabili. Spingere le nostre energie verso “unthinkable” progetti e soluzioni ci da’ la possibilità di andare oltre forme e sistemi che già conosciamo e sperimentare. In più credo particolarmente alle capacità catartica e curative di immaginare nuove forme di collettività.
RNR: Com’è la tua comunità immaginaria ? Nascosta in una casetta in giardino come la mia?
AFF: In un certo senso trovo che il lavoro da curatrice porti sempre con se’ una spinta micro-comunitaria. Ogni mostra o progetto ha, per un tempo limitato, una forza aggregante. Il mio sogno e’ un giardino di cactus, dove si possano originare conversazioni filosofiche, artistiche, politiche, biologia, diversita’ e resistenza.
AFF: Gli oggetti abbandonati e ritrovati nella tua mostra, diventano gruppo e creano nuove relazioni con lo spazio. La traccia audio, una meditazione guidata ispirata alla Gestalt, accompagna i visitatori alla scoperta di nuove relazioni. Vuoi parlarmi di questo elemento e perché hai scelto la voce di tua mamma?
RNR: Diciamo che sono interessata al fatto che la voce della madre è solitamente il primo suono che si sente alla nascita. Inoltre mia madre ha un suono di voce molto squillante, un elemento di contrasto, con la natura ipnotica e calmante delle fantasie guidate.
AFF: In occasione della mostra, sei intervenuta in qualche modo sugli oggetti, trasformandoli? Assemblaggio, intervento scultoreo, presentazione?
RNN: Ho cercato di ricreare un ambiente fra un interno di una lavatrice bloccata nel tempo e un magazzino per giocattoli. La resina mi ha dato la possibilità di lavorare sulla trasparenza, mentre i colori scelti, rosa e blu, ricordano l’arredamento delle stanze da letto per bambini. E’ il senso di un allagamento, una moltitudine di relazioni, simile a quando si ritorna a casa dopo aver incontrato molte persone ma si rimane soli. Mi sa che tu la conosci bene questa sensazione dato che il tuo lavoro ti porta a viaggiare in continuazione, come fai a non perderti nella moltitudine di incontri?
AFF: Tengo molto stretto il mio tempo solitario. Da sempre sono stata interessata a sperimentare luoghi e contesti diversi, culture, idiomi. Il mio lavoro di curatrice mi porta ad essere in costante movimento, ricerca, a volte sopraffatta dalla quantità di persone e contesti nuovi. Il mio antidoto e’ prendermi tanto tempo per me. Amo stare da sola, mi aiuta a trovare un centro e vivere secondo i miei ritmi (molto più lenti di quelli contemporanei)
AFF: La religione afro-brasiliana Candomblé, riconosce la profonda influenza che gli oggetti possono avere sulla vita delle persone e su ciò che le circonda, esplorando la possibilità umana di creare oggetti in grado di trasmettere un senso di libertà ponendo in evidenza la capacità tipica del corpo migrante di trasmettere la propria cultura in Paesi diversi da quello di origine, divenendo al contempo fruitore delle culture con cui viene a contatto. Gli oggetti persi e ritrovati, mantengono tracce della propria cultura di origine? Come rispondono al contesto del Museo Apparente?
RNR: Wao. Mi piacerebbe tanto saperlo, io spero che dopo tanto migrare abbiano trovato la loro terra. Questi oggetti sono stati abbandonati in un hotel, luogo d’incontro di culture, depositati in pacchi e contenuti in piccole buste. Una volta trovati perdono le loro caratteristiche d’origine, culturali e sociali cosi’ da abbatterne i confini. Potrei pensare all’idea di demolire le pareti all’interno di un condominio e mischiare le relazioni tra persone e cose in maniera diversa. Perchè non dovresti bussare al tuo vicino di casa per farti una chiacchiera, invece di chiamare il tuo amico su Skype? Ho sempre pensato a come fosse assurdo non rendersi conto di quante cose potrebbero essere più spontanee se solo abbattessimo le nostre piccole celle d’isolamento. Il Museo Apparente è così una casa ideale in cui non ci sono divisioni tra una stanza e l’altra. La cultura d’origine è un po’ come un amante eterno che vuole esser a te legato per sempre ma il cui amore deve essere tenuto a distanza per essere accettato.
Si ringraziano:
Il Royal Group per i lost&found, l'Hotel Flora per I vassoi, Valeria D'Antonio e Sara Lupoli per esser diventate le perfette bambine della casetta perduta, Corrado Folinea per la scoperta marina condivisa, Delia Gonzalez e Renato Grieco per aver aggiunto i loro suoni alla voce di mia madre, Lisa Rossano per farmi attingere all'archeologia domestica della casa, Mario Mastropaolo per essere stato il mio terapeuta.
Raffaela Naldi Rossano: Napoli, 1990, è un’artista e ricercatrice napoletana. Vive e lavora fra Napoli e Londra, dove si è laureata con merito alla Goldsmiths, University of London, con una ricerca sulla identità post-storica e sulla trasmissione generazionale intitolata “Say Hallo Back to a Phantomatic Present: Perform Heritage and Inhabit History”. Laureata in psicologia, la sua pratica artistica si basa su un background psicanalitico, sociale e umanistico. Il suo lavoro tenta di affrontare diversi temi come l’identità, le relazioni umane e la cultura sociale, attraverso un ventaglio di media che vanno dall’installazione al video, dalla scrittura e la fotografia, al fine di creare e ricreare significati, individualmente e collettivamente. Raffaela è co-fondatrice e direttrice di Residency 80121. Mostre recenti includono: Exile Summer Camp Manifesta 5x5x5, Palermo, 2018 Elusive Archeologies, Biquini Wax, Mexico City, 2017.
28
giugno 2018
Raffaela Naldi Rossano – You complete me
Dal 28 giugno al 20 settembre 2018
arte contemporanea
Location
MUSEO APPARENTE
Napoli, Vico Santa Maria Apparente, 17, (Napoli)
Napoli, Vico Santa Maria Apparente, 17, (Napoli)
Orario di apertura
previo appuntamento
Vernissage
28 Giugno 2018, ore 21:00
Autore