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Raffaele Capuana – Il rosso è un colore che non conosco
La mostra presenta una trentina di dipinti di diverse dimensioni, dai primi anni ’90 al 2016. Autoritratti, teste e lische di pesce, le opere di Capuana (1947-2019), siciliano, milanese di adozione, testimoniano una continua introspezione interiore da cui sgorga la fascinazione delle sue immagini.
Comunicato stampa
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Continua la ricerca di Maroncelli 12 alla scoperta dei “maestri” dell’Outsider Art italiana. Intenso e carico di meraviglia è stato l’incontro con l’opera di Raffaele Capuana, un artista defilato, misterioso, ancora poco conosciuto perché ha dipinto febbrilmente tutta la sua vita, anche se in isolamento. La mostra “Il rosso è un colore che non conosco” inaugura il 18 maggio e presenta una trentina di dipinti di diverse dimensioni, dai primi anni ’90 al 2016. Siamo onorati di dedicare una personale a questo artista siciliano, milanese di adozione, ringraziando per la collaborazione il collezionista ed ex gallerista Paolo Pocchini e l’Osservatorio Outsider Art, che ha pubblicato un importante testo su di lui a firma di Giorgio Seveso (Osservatorio Outsider Art, n. 20, pag 56).
Capuana nasce nel 1947 a Carlentini, in provincia di Catania, ultimo di tre figli. Il padre dipinge per passione ma la madre decide di lasciare la Sicilia e trasferirsi a Milano per sottrarre i figli dal difficile rapporto con il marito. Raffaele soffre molto per questo allontanamento dal padre al quale rimarrà legatissimo per tutta la vita. Parte forse da qui l’angoscia e quel senso di vuoto che con profonda visionarietà l’artista riesce a tradurre in segni suggestivi su una tavolozza cromatica dai colori pastosi. A Milano Capuana frequenta la scuola fino alla terza media. Ed è durante il servizio militare nel 1967 che comincia a presentare segni di disagio psichico. Nel 1968 comunque inizia a lavorare alle Poste, si sposa e ha due figli. Di giorno lavora e di notte dipinge energeticamente e questa sottrazione di sonno non fa bene al suo stato di salute.
Prima il divorzio, poi una serie di eventi dolorosi colpiscono Capuana: la morte della madre, del secondo figlio Tiziano e del fratello Salvatore che lo ha sempre sostenuto. Attraverso l’arte inizia una riflessione sulla morte e sul disfacimento. Basti pensare alla serie degli Autoritratti (2005), ripetitivi, seriali, allucinati, disegnati in velocità sui foglietti di taccuino. Specchi di una difficoltà a ri-conoscersi.
“Sul tema dell’autoritratto – scrive la storica dell’arte Bianca Tosatti sul testo in catalogo – penso che in molti foglietti di Capuana la mano si sia mossa senza essere guardata, per non interrompere la fissità di un’autocoscienza faticosamente autoriflessiva come un sismografo di processi percettivi più nebulosi e indefinibili”.
Le sue opere testimoniano un insondabile tormento, una continua introspezione interiore da cui sgorga la fascinazione delle sue immagini, una sorta di diario quotidiano “degli impulsi più profondi del suo animo” scrive Seveso. “Ho l’impressione che nel dipingere e nel ridipingere (nelle sue ‘macchie’ insomma) abbia proiettato e fissato dei punti fermi della coscienza, abbia definito delle personalissime tavole d’orientamento, delle coordinate emotive nella tormentosa geografia del suo quotidiano”.
L’abuso di psicofarmaci lo costringe a molteplici ricoveri in ospedale psichiatrico dal 2005 al 2016. E sarà proprio questo, a detta dello stesso artista, il periodo di una sua più intensa e intrigante produzione artistica.
Compare il tema delle teste di pesce. “Sono presentate su fondi pastosi di bellissima materia cromatica in cui si potrebbe sprofondare ed è proprio in questi fondi che si avverte una sapienza pittorica forte” scrive Tosatti. E poi le lische di pesce. Seriali, ripetitive, quasi ossessive, Capuana continua a girare intorno a queste immagini con una tecnica straordinaria e una profonda visionarietà. E così facendo rivela il proprio mondo fantastico e il proprio modo di percepire e trasformare la realtà. L’artista si serve di una libertà di espressione eccezionale per esprimere i simboli di una vita non facile e non felice. Simboli che sembrano interrogare lo spettatore che rimane incantato dalla potenza di quelle emozioni. Capuana muore nel 2019 in Piemonte, dove si era trasferito due anni prima, accudito dalla ex compagna Vanna e dalla loro figlia Silvia, perché non poteva più vivere da solo.
E concludiamo con le parole del noto critico d’arte Osvaldo Patani che per primo lo ha ri-conosciuto: “Bisogna guardarle da vicino queste opere luminose per riconoscere la loro qualità artistica, scoprire le virtù dei colori speciali che sfidano il tempo della pittura e dove c’è grazia inattesa che cancella i giorni tristi…” E ancora “Ciao Raffaele Capuana e sempre avanti con pittura, pittura vera”.
MOSTRE SELEZIONATE
2017 – “Raffaele Capuana. Disegni e guaches”, personale a cura di Paolo Pocchini, sala esposizioni Panizza, Ghiffa, Verbania
2010 – “Raffaele Capuana. Dipinti su carta”, personale a cura di Paolo Pocchini, Donec Capiam Studio, Milano
2006 – “Vite silenti”, Albisola. Collettiva che l’anno successivo viene esposta al Centre Culturel de la Providence di Nizza
Testo in catalogo di Bianca Tosatti.
Capuana nasce nel 1947 a Carlentini, in provincia di Catania, ultimo di tre figli. Il padre dipinge per passione ma la madre decide di lasciare la Sicilia e trasferirsi a Milano per sottrarre i figli dal difficile rapporto con il marito. Raffaele soffre molto per questo allontanamento dal padre al quale rimarrà legatissimo per tutta la vita. Parte forse da qui l’angoscia e quel senso di vuoto che con profonda visionarietà l’artista riesce a tradurre in segni suggestivi su una tavolozza cromatica dai colori pastosi. A Milano Capuana frequenta la scuola fino alla terza media. Ed è durante il servizio militare nel 1967 che comincia a presentare segni di disagio psichico. Nel 1968 comunque inizia a lavorare alle Poste, si sposa e ha due figli. Di giorno lavora e di notte dipinge energeticamente e questa sottrazione di sonno non fa bene al suo stato di salute.
Prima il divorzio, poi una serie di eventi dolorosi colpiscono Capuana: la morte della madre, del secondo figlio Tiziano e del fratello Salvatore che lo ha sempre sostenuto. Attraverso l’arte inizia una riflessione sulla morte e sul disfacimento. Basti pensare alla serie degli Autoritratti (2005), ripetitivi, seriali, allucinati, disegnati in velocità sui foglietti di taccuino. Specchi di una difficoltà a ri-conoscersi.
“Sul tema dell’autoritratto – scrive la storica dell’arte Bianca Tosatti sul testo in catalogo – penso che in molti foglietti di Capuana la mano si sia mossa senza essere guardata, per non interrompere la fissità di un’autocoscienza faticosamente autoriflessiva come un sismografo di processi percettivi più nebulosi e indefinibili”.
Le sue opere testimoniano un insondabile tormento, una continua introspezione interiore da cui sgorga la fascinazione delle sue immagini, una sorta di diario quotidiano “degli impulsi più profondi del suo animo” scrive Seveso. “Ho l’impressione che nel dipingere e nel ridipingere (nelle sue ‘macchie’ insomma) abbia proiettato e fissato dei punti fermi della coscienza, abbia definito delle personalissime tavole d’orientamento, delle coordinate emotive nella tormentosa geografia del suo quotidiano”.
L’abuso di psicofarmaci lo costringe a molteplici ricoveri in ospedale psichiatrico dal 2005 al 2016. E sarà proprio questo, a detta dello stesso artista, il periodo di una sua più intensa e intrigante produzione artistica.
Compare il tema delle teste di pesce. “Sono presentate su fondi pastosi di bellissima materia cromatica in cui si potrebbe sprofondare ed è proprio in questi fondi che si avverte una sapienza pittorica forte” scrive Tosatti. E poi le lische di pesce. Seriali, ripetitive, quasi ossessive, Capuana continua a girare intorno a queste immagini con una tecnica straordinaria e una profonda visionarietà. E così facendo rivela il proprio mondo fantastico e il proprio modo di percepire e trasformare la realtà. L’artista si serve di una libertà di espressione eccezionale per esprimere i simboli di una vita non facile e non felice. Simboli che sembrano interrogare lo spettatore che rimane incantato dalla potenza di quelle emozioni. Capuana muore nel 2019 in Piemonte, dove si era trasferito due anni prima, accudito dalla ex compagna Vanna e dalla loro figlia Silvia, perché non poteva più vivere da solo.
E concludiamo con le parole del noto critico d’arte Osvaldo Patani che per primo lo ha ri-conosciuto: “Bisogna guardarle da vicino queste opere luminose per riconoscere la loro qualità artistica, scoprire le virtù dei colori speciali che sfidano il tempo della pittura e dove c’è grazia inattesa che cancella i giorni tristi…” E ancora “Ciao Raffaele Capuana e sempre avanti con pittura, pittura vera”.
MOSTRE SELEZIONATE
2017 – “Raffaele Capuana. Disegni e guaches”, personale a cura di Paolo Pocchini, sala esposizioni Panizza, Ghiffa, Verbania
2010 – “Raffaele Capuana. Dipinti su carta”, personale a cura di Paolo Pocchini, Donec Capiam Studio, Milano
2006 – “Vite silenti”, Albisola. Collettiva che l’anno successivo viene esposta al Centre Culturel de la Providence di Nizza
Testo in catalogo di Bianca Tosatti.
18
maggio 2023
Raffaele Capuana – Il rosso è un colore che non conosco
Dal 18 maggio al 27 settembre 2023
arte contemporanea
Location
MARONCELLI 12
Milano, Via Pietro Maroncelli, 12, (Milano)
Milano, Via Pietro Maroncelli, 12, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a venerdì ore 15-19
Vernissage
18 Maggio 2023, 18.30-21
Sito web
Autore
Autore testo critico