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Raffaele Costanzo – Luce Mediterranea
Le tele di Raffaele Costanzo affascinano per coerenza e rigore e rappresenta l’incontro tra il personale e sensibile animo mediterraneo e le temperie artistica della bassa bresciana degli anni Ottanta e Novanta.
Comunicato stampa
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L’opera di Raffaele Costanzo affascina per la sua coerenza e per il suo rigore, strumenti che tra le mani dell’artista hanno saputo forgiare un corpus di opere che copre quarant’anni di attività. All’origine della sua forsennata passione artistica vi è l’incontro tra il personale e sensibile animo mediterraneo e quella temperie artistica della bassa bresciana degli anni Ottanta e Novanta il cui pungolo fu rappresentato, senza ombra di dubbio, dal recentemente scomparso Giuseppe Ferretti.
Tele ineluttabili, per il tramite delle quali si penetra in quella che potremmo accostare alla “notte oscura” di San Giovanni della Croce. «Notte che mi guidasti/amabil più che il mattutino/notte che trasformasti/con dolce alterno ardore/pur nell’Amato dell’Amata». Nell’opera del mistico carmelitano viene descritto, con umiltà e serenità, il cammino da percorrere per giungere alla purificazione dell’anima, alla comunione con Dio. Nelle opere di Costanzo percepiamo una modalità analoga esigente un movimento penetrante che, intervallato da soste, dubbi ma anche acquisizioni di nuove certezze e speranze, consente di approdare a qualcosa che potremmo sbrigativamente definire come salvazione, ma che nell’artista equivale più propriamente ad un traguardo dialettico, sospeso nell’irraggiungibilità del suo luogo, costituente un potere attrattivo e relazionale che desta meraviglia. Ma in questo attraversamento lo spettatore non è lasciato solo: egli è sempre guidato, scortato dalla presenza dell’artista che, in absentia, sorveglia benevolmente il nostro cammino di contemplazione.
Fare l’esperienza del colore: questa la richiesta che avanzano le opere di Raffaele Costanzo. Una domanda che si avvicina a quella di una preghiera: questione di confessione ma anche di condivisione comune. Lungi dal concepire il proprio lavoro come idiotico, Costanzo offre ciò che non è richiesto, un surplus d’emozione. Un’offerta di sensibile generosità che apre l’opera all’esperienza del colore puro. Con questa definizione non vogliamo semplicemente indicare il momento fenomenico ma bensì l’incontro totale, un’esperienza estetica e che mantiene in sé il fil rouge dell’etica. L’esperienza del colore che si vive nelle sue opere (e non dinnanzi, semplicemente di fronte ad esse), nell’attraversamento notturno, è quindi un’esperienza etica che convoca tutti i sensi senza abdicare ad un vago e limitante piacere visivo. Attraversare i solidi neri, gli affascinanti cieli rosacei, i profondi blu notturni, evoca una comunione con la volontà dell’artista, un’indescrivibile apertura al suo universo, il tentativo di cogliere ciò che perdura irriducibile alla comprensione. In ciò risiede il dono della sua pittura, ciò che la apre all’offerta. Vi è una profonda eticità nella sua opera, che convoca una profonda e sincera volontà relazionale. Potremmo qui richiamare la paziente e silente intessitura che fa della corrispondenza la propria lingua comune, il tramite che crea l’occasio, l’evento dell’incontro con l’altro.
L’opera di Raffaele Costanzo è un’incessante interrogazione sull’immemorare involontario, e cioè sulla mémoire involontaire proustiana, come battito da percepire e da tradurre in forme e colori.
Raffaele Costanzo nasce a Lusciano (CE) nel 1954. La passione per la pittura inizia ad emergere già negli anni Settanta per poi esplodere, nel decennio successivo, grazie agli incontri decisivi con gli artisti riuniti intorno al “Cenacolo” di Montichiari e al “Gruppo Picasso” di Carpenedolo. Negli ultimi anni l’artista recupera nei suoi lavori gradazioni aurorali estendendo il sentimento ai due momenti liminali della giornata, in una prospettiva che chiude il cerchio di una ricerca introspettiva e romantica sul rapporto tra l’umano e le silenti forze naturali.
Tele ineluttabili, per il tramite delle quali si penetra in quella che potremmo accostare alla “notte oscura” di San Giovanni della Croce. «Notte che mi guidasti/amabil più che il mattutino/notte che trasformasti/con dolce alterno ardore/pur nell’Amato dell’Amata». Nell’opera del mistico carmelitano viene descritto, con umiltà e serenità, il cammino da percorrere per giungere alla purificazione dell’anima, alla comunione con Dio. Nelle opere di Costanzo percepiamo una modalità analoga esigente un movimento penetrante che, intervallato da soste, dubbi ma anche acquisizioni di nuove certezze e speranze, consente di approdare a qualcosa che potremmo sbrigativamente definire come salvazione, ma che nell’artista equivale più propriamente ad un traguardo dialettico, sospeso nell’irraggiungibilità del suo luogo, costituente un potere attrattivo e relazionale che desta meraviglia. Ma in questo attraversamento lo spettatore non è lasciato solo: egli è sempre guidato, scortato dalla presenza dell’artista che, in absentia, sorveglia benevolmente il nostro cammino di contemplazione.
Fare l’esperienza del colore: questa la richiesta che avanzano le opere di Raffaele Costanzo. Una domanda che si avvicina a quella di una preghiera: questione di confessione ma anche di condivisione comune. Lungi dal concepire il proprio lavoro come idiotico, Costanzo offre ciò che non è richiesto, un surplus d’emozione. Un’offerta di sensibile generosità che apre l’opera all’esperienza del colore puro. Con questa definizione non vogliamo semplicemente indicare il momento fenomenico ma bensì l’incontro totale, un’esperienza estetica e che mantiene in sé il fil rouge dell’etica. L’esperienza del colore che si vive nelle sue opere (e non dinnanzi, semplicemente di fronte ad esse), nell’attraversamento notturno, è quindi un’esperienza etica che convoca tutti i sensi senza abdicare ad un vago e limitante piacere visivo. Attraversare i solidi neri, gli affascinanti cieli rosacei, i profondi blu notturni, evoca una comunione con la volontà dell’artista, un’indescrivibile apertura al suo universo, il tentativo di cogliere ciò che perdura irriducibile alla comprensione. In ciò risiede il dono della sua pittura, ciò che la apre all’offerta. Vi è una profonda eticità nella sua opera, che convoca una profonda e sincera volontà relazionale. Potremmo qui richiamare la paziente e silente intessitura che fa della corrispondenza la propria lingua comune, il tramite che crea l’occasio, l’evento dell’incontro con l’altro.
L’opera di Raffaele Costanzo è un’incessante interrogazione sull’immemorare involontario, e cioè sulla mémoire involontaire proustiana, come battito da percepire e da tradurre in forme e colori.
Raffaele Costanzo nasce a Lusciano (CE) nel 1954. La passione per la pittura inizia ad emergere già negli anni Settanta per poi esplodere, nel decennio successivo, grazie agli incontri decisivi con gli artisti riuniti intorno al “Cenacolo” di Montichiari e al “Gruppo Picasso” di Carpenedolo. Negli ultimi anni l’artista recupera nei suoi lavori gradazioni aurorali estendendo il sentimento ai due momenti liminali della giornata, in una prospettiva che chiude il cerchio di una ricerca introspettiva e romantica sul rapporto tra l’umano e le silenti forze naturali.
08
ottobre 2022
Raffaele Costanzo – Luce Mediterranea
Dall'otto ottobre al 06 novembre 2022
arte contemporanea
Location
MUSEO LECHI
Montichiari, Corso Martiri Della Libertà, 33, (Brescia)
Montichiari, Corso Martiri Della Libertà, 33, (Brescia)
Orario di apertura
mercoledì-sabato 10-13 e 14.30-18
domenica 15-19
Vernissage
8 Ottobre 2022, ore 16
Editore
BAMS
Autore
Curatore
Autore testo critico
Patrocini