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Realismi Paralleli II
Tra jazz, scomposizioni futuriste ed atmosfere fiabesche, la mostra presenta le opere di otto artisti che rileggendo la figurazione moderna e contemporanea, ci propongono nuovi possibili orizzonti del realismo, cogliendolo da quella dimensione a metà strada tra la realtà vissuta e quella sognata.
Comunicato stampa
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La mostra propone la seconda sessione dell’esposizione tematica Realismi Paralleli, con una selezione di artisti che seguono la via comune di percorrere la realtà contemporanea mediante un linguaggio che sia espressione personale di stile e contenuti; un insieme di realismi o, più propriamente, di “realtà parallele”, di “continenti diversi” divisi da mari ed oceani, distanti tra loro per tecnica, stile e poetica, ma al contempo uniti da quelle stesse acque che lambiscono le rive di ciascuno, ovvero quella realtà fenomenica dalla quale traggono spunto e vitalità per generare e rigenerarsi in nuove forme ed espressioni.
Come per la prima tranche di novembre, si parla di una realtà decisamente sfaccettata, interpretata, di realismi tratti dalle trame dell’esperienza che, attraverso paesaggi, soggetti e personaggi a metà strada tra realtà e immaginazione, come delle ideali finestre ci permettono di affacciarci sugli orizzonti di questi piccoli ed al contempo estesi continenti, facendoci vivere attraverso ognuno di essi un viaggio diverso: a volte inconsueto, ironico e dirompente, altre volte sospeso tra le pieghe della memoria e l’odore caldo della terra, altre ancora facendoci assaporare il gusto della fiaba e del sogno scivolando, in alcuni casi, verso una scomposizione della figura evocata da sensazioni ed emozioni.
Frammenti di una realtà vissuta, sognata, immaginata, e ridisegnata, riproposta, interpretata dalle diverse identità degli otto artisti: principiando dalle opere dal taglio illustrativo che compongono l’elegante universo di Silvana Alasia, che ci propone immagini permeate d’intimità sospesa e suggestiva entro le quali l’identità del soggetto (sia esso una natura morta, un paesaggio o un personaggio) viene accennata dai particolari, dalle atmosfere, dal taglio dell’opera: un’identità esistente ma al tempo stesso negata, in un gioco di contrasti che dà vita ad un susseguirsi di rimandi culturali e possibili interpretazioni. Il rapporto con l’identità è un tema affrontato, seppur in modalità differente da Claudia Giordano e Chiristian Evallini: proseguendo infatti nell’immaginario “pop” della giovane pittrice Claudia Giordano, si può scorgere il difficile tentativo di riappropriarsi di un’identità celata dietro l’attuale cultura mass-mediatica, per mezzo di un lavoro di estrapolazione dei soggetti dal mondo della comunicazione di massa e successivamente rielaborati, ridipinti, ed in qualche modo riscoperti, “liberati” da tutte queste sovrastrutture ed imposizioni moderne mettendo in atto l’intervento pittorico che ne conclude l’operazione: una sorta di gesto apotropaico, di esorcismo, di catarsi, di purificazione che forse, solo mediante il guardarsi attraverso l’azione artistica è possibile compiere; in Christian Evallini invece l’occhio si sposta nell’universo della musica jazz, con dipinti dal taglio decisamente “street style” realizzati su bancali che ritraggono musicisti di fama internazionale come Chet Baker e John Coltrane accanto a musicisti italiani emergenti, quasi a suggerire che tra di essi non vi sia altro di diverso se non una differenza generazionale, che tra l’identità di chi è affermato e di chi lotta per affermarsi ciò che è costante in entrambi sia la passione per la musica, una condizione che con un respiro più ampio trova eco negli altri settori dell’arte e della ricerca artistica. E dalle figure “tagliate” dalle fessure delle assi che compongono i bancali di Evallini, giungiamo alle scomposizioni di reminiscenza futurista di Tina Saletnich, opere nelle quali accesi cromatismi giocano con la fiaba e la suggestione, con la realtà e la magia, con le linee che formano le geometrie di un mondo composto da una realtà sfaccettata, di una realtà il cui volto è generato da “mille volti” tra i quali l’identità si svela attraverso le superfici policrome dell’immaginazione, definendosi in un immaginario reale ed allo stesso tempo sfuggente; così come “sfuggenti” ed al tempo stesso dirompenti si rivelano i soggetti delle opere di Franco Valenti, con i suoi angoli di strada, i rifiuti abbandonati e le sue cataste di sedie che si deformano emergendo violenti da lattiginosi sfondi in un’espressiva danza di ricordi e di oblio, di ciò che viene dimenticato o gettato via, per riaffiorare e riproporsi con la forza di quel che trascina con sé l’odore del passato e della memoria. Una memoria che fa parte del vissuto, di ciò che si è stati e che forse ora non si vuole più riconoscere, una parte anch’essa della nostra stessa identità, un’identità ben radicata e definita nei paesaggi di Franco Maruotti, dall’impronta decisamente più classica ma proprio per questo carica di quel sapore antico che riconosce il suo profondo legame con la terra e le origini, una consapevolezza dalla quale erompe, visibilmente dipinto sulle opere in forma di lineare stratificazione color porpora, un “riverbero di terra” proiettato sul blu del cielo, quasi a ricordare, incidendola nel punto più alto in cui il nostro sguardo si può posare, quell’origine antica da cui proviene l’identità di ognuno di noi. Un’identità ritrovata e riproposta dalle figure scultoree di Mirella Gerosa, raffinate ed espressive, che recuperando il gusto arcaico del passato, si identificano ridisegnando i sentieri delle loro forme in un perpetuo fiabesco presente. Ed è proprio nella dimensione del sogno e della fiaba che concludiamo il nostro percorso in questi suggestivi mondi paralleli, immergendoci nel raffinato immaginario delle opere di Gianluigi Serravalli, entro le quali mondi immaginari riflettono i molteplici volti del mondo reale ridisegnandolo con ironia e poesia. Rafforzandosi con la pastosità della pittura, l’eleganza del segno e del personalissimo stile, i mondi surreali e favolosi di Serravalli pulsano di vita, di magia, trasportandoci, con la lirica seduzione delle loro atmosfere e dei loro abitanti, in quella dimensione romantica ed affascinante dove i desideri di ognuno possono trovare quella libertà di immaginarsi, di disegnarsi, di dipingersi senza timore, poiché si trova in un luogo lontano dai giudizi, dalle imposizioni e dalle regole del mondo.
Davide Corsetti
Come per la prima tranche di novembre, si parla di una realtà decisamente sfaccettata, interpretata, di realismi tratti dalle trame dell’esperienza che, attraverso paesaggi, soggetti e personaggi a metà strada tra realtà e immaginazione, come delle ideali finestre ci permettono di affacciarci sugli orizzonti di questi piccoli ed al contempo estesi continenti, facendoci vivere attraverso ognuno di essi un viaggio diverso: a volte inconsueto, ironico e dirompente, altre volte sospeso tra le pieghe della memoria e l’odore caldo della terra, altre ancora facendoci assaporare il gusto della fiaba e del sogno scivolando, in alcuni casi, verso una scomposizione della figura evocata da sensazioni ed emozioni.
Frammenti di una realtà vissuta, sognata, immaginata, e ridisegnata, riproposta, interpretata dalle diverse identità degli otto artisti: principiando dalle opere dal taglio illustrativo che compongono l’elegante universo di Silvana Alasia, che ci propone immagini permeate d’intimità sospesa e suggestiva entro le quali l’identità del soggetto (sia esso una natura morta, un paesaggio o un personaggio) viene accennata dai particolari, dalle atmosfere, dal taglio dell’opera: un’identità esistente ma al tempo stesso negata, in un gioco di contrasti che dà vita ad un susseguirsi di rimandi culturali e possibili interpretazioni. Il rapporto con l’identità è un tema affrontato, seppur in modalità differente da Claudia Giordano e Chiristian Evallini: proseguendo infatti nell’immaginario “pop” della giovane pittrice Claudia Giordano, si può scorgere il difficile tentativo di riappropriarsi di un’identità celata dietro l’attuale cultura mass-mediatica, per mezzo di un lavoro di estrapolazione dei soggetti dal mondo della comunicazione di massa e successivamente rielaborati, ridipinti, ed in qualche modo riscoperti, “liberati” da tutte queste sovrastrutture ed imposizioni moderne mettendo in atto l’intervento pittorico che ne conclude l’operazione: una sorta di gesto apotropaico, di esorcismo, di catarsi, di purificazione che forse, solo mediante il guardarsi attraverso l’azione artistica è possibile compiere; in Christian Evallini invece l’occhio si sposta nell’universo della musica jazz, con dipinti dal taglio decisamente “street style” realizzati su bancali che ritraggono musicisti di fama internazionale come Chet Baker e John Coltrane accanto a musicisti italiani emergenti, quasi a suggerire che tra di essi non vi sia altro di diverso se non una differenza generazionale, che tra l’identità di chi è affermato e di chi lotta per affermarsi ciò che è costante in entrambi sia la passione per la musica, una condizione che con un respiro più ampio trova eco negli altri settori dell’arte e della ricerca artistica. E dalle figure “tagliate” dalle fessure delle assi che compongono i bancali di Evallini, giungiamo alle scomposizioni di reminiscenza futurista di Tina Saletnich, opere nelle quali accesi cromatismi giocano con la fiaba e la suggestione, con la realtà e la magia, con le linee che formano le geometrie di un mondo composto da una realtà sfaccettata, di una realtà il cui volto è generato da “mille volti” tra i quali l’identità si svela attraverso le superfici policrome dell’immaginazione, definendosi in un immaginario reale ed allo stesso tempo sfuggente; così come “sfuggenti” ed al tempo stesso dirompenti si rivelano i soggetti delle opere di Franco Valenti, con i suoi angoli di strada, i rifiuti abbandonati e le sue cataste di sedie che si deformano emergendo violenti da lattiginosi sfondi in un’espressiva danza di ricordi e di oblio, di ciò che viene dimenticato o gettato via, per riaffiorare e riproporsi con la forza di quel che trascina con sé l’odore del passato e della memoria. Una memoria che fa parte del vissuto, di ciò che si è stati e che forse ora non si vuole più riconoscere, una parte anch’essa della nostra stessa identità, un’identità ben radicata e definita nei paesaggi di Franco Maruotti, dall’impronta decisamente più classica ma proprio per questo carica di quel sapore antico che riconosce il suo profondo legame con la terra e le origini, una consapevolezza dalla quale erompe, visibilmente dipinto sulle opere in forma di lineare stratificazione color porpora, un “riverbero di terra” proiettato sul blu del cielo, quasi a ricordare, incidendola nel punto più alto in cui il nostro sguardo si può posare, quell’origine antica da cui proviene l’identità di ognuno di noi. Un’identità ritrovata e riproposta dalle figure scultoree di Mirella Gerosa, raffinate ed espressive, che recuperando il gusto arcaico del passato, si identificano ridisegnando i sentieri delle loro forme in un perpetuo fiabesco presente. Ed è proprio nella dimensione del sogno e della fiaba che concludiamo il nostro percorso in questi suggestivi mondi paralleli, immergendoci nel raffinato immaginario delle opere di Gianluigi Serravalli, entro le quali mondi immaginari riflettono i molteplici volti del mondo reale ridisegnandolo con ironia e poesia. Rafforzandosi con la pastosità della pittura, l’eleganza del segno e del personalissimo stile, i mondi surreali e favolosi di Serravalli pulsano di vita, di magia, trasportandoci, con la lirica seduzione delle loro atmosfere e dei loro abitanti, in quella dimensione romantica ed affascinante dove i desideri di ognuno possono trovare quella libertà di immaginarsi, di disegnarsi, di dipingersi senza timore, poiché si trova in un luogo lontano dai giudizi, dalle imposizioni e dalle regole del mondo.
Davide Corsetti
27
gennaio 2010
Realismi Paralleli II
Dal 27 gennaio al 07 febbraio 2010
arte contemporanea
Location
ZAMENHOF
Milano, Via Ludovico Lazzaro Zamenhof, 11, (Milano)
Milano, Via Ludovico Lazzaro Zamenhof, 11, (Milano)
Orario di apertura
da mercoledì a domenica ore 15-19
Vernissage
27 Gennaio 2010, ore 18.30
Autore
Curatore