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Reality according to Tano Festa
Il nuovo spazio espositivo sarà la vetrina ideale per ammirare una mostra di estrema qualità, grazie a una selezionatissima scelta di opere di Tano Festa
Comunicato stampa
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Proprio questo imminentissimo sabato 29 aprile, a Mantova, alle ore 18,00, sarà inaugurata - presso la Galleria Apollo in corso Umberto – la nuova straordinaria iniziativa di Falcinella Fine Art. Il nuovo spazio espositivo sarà la vetrina ideale per ammirare una mostra di estrema qualità, grazie a una selezionatissima scelta di opere di Tano Festa.
Lorenzo Falcinella propone dunque una creativa esperienza estetica per scoprire uno dei protagonisti del gruppo di artisti conosciuto come Scuola di Piazza del Popolo, un pittore legato alla corrente artistica della Pop Art italiana che ha prodotto opere di mirabile profondità culturale.
Le realizzazioni di Tano Festa saranno il propellente esplosivo ideale per continuare il dialogo sull’arte con tutto il consorzio civile mantovano. Parlare di Tano Festa - come sottolinea Gianfranco Ferlisi - significa infatti ripensare a un momento di transizione nell’arte che si sviluppa a cominciare dai primi anni Cinquanta, in un’Europa che vede fiorire le esperienze parallele dell’Informale e in una America accesa dall’espressionismo astratto. Il punto d’incontro tra queste due direzioni artistiche si realizza con la nascita delle esperienze New Dada e Pop: le opere non vogliono, ora, annullare la realtà quanto recuperarne la sostanza. Così Tano Festa si inserisce, giovanissimo, in quella ristretta pattuglia di punta della pittura italiana ed internazionale che opera nella zona d’intersezione tra tali istanze, in assonanza con le prime tendenze neogeometriche, neodadaiste e novorealiste, volte a superare i punti d’arrivo della pittura informale. E fin da subito Tano percorre la strada della svalutazione della referenza come valore, per allontanare l’eccesso di espressività lirica a favore del prelievo veloce e folgorante, e per immergersi in presa diretta con una realtà in cui si agita un pulsare eterogeneo di emblemi e di stereotipi: le opere non sono più spazio della rappresentazione, bensì immagine in cui si dà senso alla sua sostanza. La reinvenzione del reale presuppone un riesame del linguaggio oggettivo, con una esplicita diffidenza verso l’esuberanza dell’io e i privilegi della soggettività. La strada di Tano Festa portava così verso quelle immagini che Gillo Dorfles definì detriti di oggetti culturali. Nel 1964, in una XXXII Biennale di Venezia che vede il trionfo della pop art, Tano espone due significative versioni della michelangiolesca Creazione dell'uomo. Usa l’immagine fotografica perché più obiettiva, più vicina all’originale. Il reperto fotografico, la sua iterazione, l’accostamento di tecnica fotografica e di pittura a smalto, la suddivisione del quadro in conchiusi pannelli, segnano una svolta. Achille Bonito Oliva, a proposito del lavoro di Festa sugli affreschi vaticani, ha evidenziato la familiarità con l’iconografia di Michelangelo, concludendo che (e come) la storia non sia un impaccio ma piuttosto l’esito di un percorso in grado di animare sempre il dialogo. La conquista bidimensionale dello spazio pittorico diventa dunque strumento di consapevolezza, in un processo di oggettificazione analogo a quello della Pop art americana, cui la ‘scuola di piazza del Popolo’, iniziata nel 1961 da Festa, insieme ad Angeli, la Fioroni e Schifano si può associare. Gli echi della Cappella Sistina parlano di Roma e del tipo di immagine che vi si consuma perché, come diceva l’artista stesso: “un artista pop americano dipinge la Coca Cola allo stesso modo di un italiano che osserva Michelangelo”.
Non è pleonastico infine rammentare che la rassegna si avvale di un prezioso catalogo edito dalla casa editrice il Rio con testi di Gianfranco Ferlisi.
La mostra resterà aperta sino al 15 giugno 2017.
Nota biografica
Tano Festa nasce a Roma il 2 novembre 1938. Si diploma all'istituto d'arte, con la qualifica di maestro d'arte di fotografia. Dopo una giovanile esperienza di vita, di soli sei mesi, a Parigi, decide di stabilirsi definitivamente a Roma, dove lo scenario della periferia urbana, in cui torna a vivere, con l'ippodromo e Cinecittà, diventa un elemento importante del suo immaginario.
È attratto, allora, dalla pittura di Matta, poi di Pollock e di De Kooning. Risale al 1958, quando l’artista ha solo vent’anni, il suo battesimo artistico, con la partecipazione alla mostra di pittura “Premio Cinecittà”, organizzata dalla locale sezione del Partito comunista italiano.
Nel 1960 il pittore abbandona la gestualità espressionista astratta per realizzare i suoi primi monocromi. Già l’anno successivo espone, con Franco Angeli e Giuseppe Uncini, alla galleria La Salita di Roma. E intanto Tano Festa, con Francesco Lo Savio (il fratello), Mario Schifano, Renato Mambor, Sergio Lombardo e Franco Angeli comincia a frequentare il centro della capitale. E, a quel tempo, tra i tavolini del Caffè Rosati, in piazza del Popolo, luogo di ritrovo per intellettuali, scrittori e artisti, alla trattoria di via dell’Oca o alla libreria di Via di Ripetta, poteva capitare di incontrare Giuseppe Ungaretti, Ezra Pound, Tristan Tzara, Alberto Moravia, Pierpaolo Pasolini, Sandro Penna, Cesare Brandi, Giulio Carlo Argan, Giuliano Briganti… Ogni tanto al caffè Rosati compariva anche Carmelo Bene, che si presentava così: «Carmelo Bene, male tutti gli altri». Agli stessi tavolini, dunque, si mettono a sedere questi giovani pittori. È proprio all’interno del caffè Rosati che nasce quella che poi fu chiamata la ≪scuola di Piazza del Popolo≫.
Nel 1961 Tano tiene la sua prima personale alla galleria La Salita e viene selezionato per il premio Lissone.
Tra il 1962 e il 1963 inizia ad assemblare oggetti estrapolati dal loro contesto abituale, come finestre, porte e armadi. Sempre negli stessi anni espone con Baruchello, Baj e Rotella, nella mostra New realists, che riunisce, alla galleria Sidney Janis di New York, i migliori artisti pop: vi espone una Persiana (1962).
Nel 1963 ordina una personale alla Galleria “la Tartaruga”,, in cui propone un’opera intitolata Piazza del Popolo, simbolo del repertorio iconografico capitolino cui era oramai legato. Proprio la Tartaruga, di Plinio De Martiis, che segna l’inizio di una lunga collaborazione, è lo spazio in cui, in quegli stessi anni, espongono Kounellis, Twombly, Rauschenberg, Rothko, Kline…
Nel 1964 è invitato alla XXXII Biennale di Venezia (rassegna alla quale prende parte anche nel 1978, 1980 e 1984). In tale edizione, che vede il trionfo della pop art americana, Tano espone due significative versioni della michelangiolesca Creazione dell'uomo: il gesto di Adamo viene intenzionalmente rallentato perché acquisti una dimensione diversa e nuova, mentre la fotografia e la conquista bidimensionale dello spazio pittorico diventano strumenti consapevoli alla identificazione di un linguaggio differente. In questi lavori l’immagine antica, tratta spesso da una fotografia in bianco e nero di matrice Alinari, è stampata su carta ed incollata su supporto ligneo. Su questa immagine poi l’artista interviene con lo smalto, cancellando alcuni particolari.
L’Aurora di Michelangelo (1524-1527), che si trova, insieme al Crepuscolo, sul sarcofago di Lorenzo de’ Medici, così come l’Adamo, diventano i soggetti michelangioleschi più frequentati, realizzati con la tecnica della proiezione su tela (con proiettore), ricalco a mano e campitura a smalto.
Nel 1970 Tano Festa sposa Emilia Emo Capodilista, e si trasferisce nella casa di famiglia della moglie, a Pernumia, in provincia di Padova. Dalla loro unione nasceranno due figlie, Anita e Almorina.
Dagli inizi degli anni Settanta la pittura di Festa è caratterizzata da una stesura sommaria del colore e da contorni indefiniti. Continua comunque a confrontarsi con i maestri del passato, scegliendo una nuova tecnica, più affidata alla materia pittorica, al gesto, al colore: le figure sono spesso immagini tratte sì dall’arte del passato ma riproposte in modo frammentario, tanto che, in certi casi, perdono quasi del tutto il loro legame con l’opera di provenienza.
Nel 1976 Tano si lega sentimentalmente alla giornalista Antonella Amendola, che gli sarà accanto fino all’ultimo dei suoi giorni. E intanto, dal 1978, riappaiono, nel suo lavoro, immagini michelangiolesche, a partire da quelle della Cappella Sistina. Contemporaneamente compaiono i Coriandoli, la cui tecnica consisteva nell’applicazione gestuale di coriandoli, per l’appunto, su una base preparata ad acrilico, con colori squillanti.
Negli anni Ottanta Festa si chiude in un volontario isolamento, pur continuando a tenere personali e a praticare attività espositiva.
L’artista muore il 9 gennaio del 1988, all’ Ospedale San Giacomo di Roma, all’età di soli quarantanove anni. I funerali si celebrano nella chiesa di Santa Maria del Popolo.
Lorenzo Falcinella propone dunque una creativa esperienza estetica per scoprire uno dei protagonisti del gruppo di artisti conosciuto come Scuola di Piazza del Popolo, un pittore legato alla corrente artistica della Pop Art italiana che ha prodotto opere di mirabile profondità culturale.
Le realizzazioni di Tano Festa saranno il propellente esplosivo ideale per continuare il dialogo sull’arte con tutto il consorzio civile mantovano. Parlare di Tano Festa - come sottolinea Gianfranco Ferlisi - significa infatti ripensare a un momento di transizione nell’arte che si sviluppa a cominciare dai primi anni Cinquanta, in un’Europa che vede fiorire le esperienze parallele dell’Informale e in una America accesa dall’espressionismo astratto. Il punto d’incontro tra queste due direzioni artistiche si realizza con la nascita delle esperienze New Dada e Pop: le opere non vogliono, ora, annullare la realtà quanto recuperarne la sostanza. Così Tano Festa si inserisce, giovanissimo, in quella ristretta pattuglia di punta della pittura italiana ed internazionale che opera nella zona d’intersezione tra tali istanze, in assonanza con le prime tendenze neogeometriche, neodadaiste e novorealiste, volte a superare i punti d’arrivo della pittura informale. E fin da subito Tano percorre la strada della svalutazione della referenza come valore, per allontanare l’eccesso di espressività lirica a favore del prelievo veloce e folgorante, e per immergersi in presa diretta con una realtà in cui si agita un pulsare eterogeneo di emblemi e di stereotipi: le opere non sono più spazio della rappresentazione, bensì immagine in cui si dà senso alla sua sostanza. La reinvenzione del reale presuppone un riesame del linguaggio oggettivo, con una esplicita diffidenza verso l’esuberanza dell’io e i privilegi della soggettività. La strada di Tano Festa portava così verso quelle immagini che Gillo Dorfles definì detriti di oggetti culturali. Nel 1964, in una XXXII Biennale di Venezia che vede il trionfo della pop art, Tano espone due significative versioni della michelangiolesca Creazione dell'uomo. Usa l’immagine fotografica perché più obiettiva, più vicina all’originale. Il reperto fotografico, la sua iterazione, l’accostamento di tecnica fotografica e di pittura a smalto, la suddivisione del quadro in conchiusi pannelli, segnano una svolta. Achille Bonito Oliva, a proposito del lavoro di Festa sugli affreschi vaticani, ha evidenziato la familiarità con l’iconografia di Michelangelo, concludendo che (e come) la storia non sia un impaccio ma piuttosto l’esito di un percorso in grado di animare sempre il dialogo. La conquista bidimensionale dello spazio pittorico diventa dunque strumento di consapevolezza, in un processo di oggettificazione analogo a quello della Pop art americana, cui la ‘scuola di piazza del Popolo’, iniziata nel 1961 da Festa, insieme ad Angeli, la Fioroni e Schifano si può associare. Gli echi della Cappella Sistina parlano di Roma e del tipo di immagine che vi si consuma perché, come diceva l’artista stesso: “un artista pop americano dipinge la Coca Cola allo stesso modo di un italiano che osserva Michelangelo”.
Non è pleonastico infine rammentare che la rassegna si avvale di un prezioso catalogo edito dalla casa editrice il Rio con testi di Gianfranco Ferlisi.
La mostra resterà aperta sino al 15 giugno 2017.
Nota biografica
Tano Festa nasce a Roma il 2 novembre 1938. Si diploma all'istituto d'arte, con la qualifica di maestro d'arte di fotografia. Dopo una giovanile esperienza di vita, di soli sei mesi, a Parigi, decide di stabilirsi definitivamente a Roma, dove lo scenario della periferia urbana, in cui torna a vivere, con l'ippodromo e Cinecittà, diventa un elemento importante del suo immaginario.
È attratto, allora, dalla pittura di Matta, poi di Pollock e di De Kooning. Risale al 1958, quando l’artista ha solo vent’anni, il suo battesimo artistico, con la partecipazione alla mostra di pittura “Premio Cinecittà”, organizzata dalla locale sezione del Partito comunista italiano.
Nel 1960 il pittore abbandona la gestualità espressionista astratta per realizzare i suoi primi monocromi. Già l’anno successivo espone, con Franco Angeli e Giuseppe Uncini, alla galleria La Salita di Roma. E intanto Tano Festa, con Francesco Lo Savio (il fratello), Mario Schifano, Renato Mambor, Sergio Lombardo e Franco Angeli comincia a frequentare il centro della capitale. E, a quel tempo, tra i tavolini del Caffè Rosati, in piazza del Popolo, luogo di ritrovo per intellettuali, scrittori e artisti, alla trattoria di via dell’Oca o alla libreria di Via di Ripetta, poteva capitare di incontrare Giuseppe Ungaretti, Ezra Pound, Tristan Tzara, Alberto Moravia, Pierpaolo Pasolini, Sandro Penna, Cesare Brandi, Giulio Carlo Argan, Giuliano Briganti… Ogni tanto al caffè Rosati compariva anche Carmelo Bene, che si presentava così: «Carmelo Bene, male tutti gli altri». Agli stessi tavolini, dunque, si mettono a sedere questi giovani pittori. È proprio all’interno del caffè Rosati che nasce quella che poi fu chiamata la ≪scuola di Piazza del Popolo≫.
Nel 1961 Tano tiene la sua prima personale alla galleria La Salita e viene selezionato per il premio Lissone.
Tra il 1962 e il 1963 inizia ad assemblare oggetti estrapolati dal loro contesto abituale, come finestre, porte e armadi. Sempre negli stessi anni espone con Baruchello, Baj e Rotella, nella mostra New realists, che riunisce, alla galleria Sidney Janis di New York, i migliori artisti pop: vi espone una Persiana (1962).
Nel 1963 ordina una personale alla Galleria “la Tartaruga”,, in cui propone un’opera intitolata Piazza del Popolo, simbolo del repertorio iconografico capitolino cui era oramai legato. Proprio la Tartaruga, di Plinio De Martiis, che segna l’inizio di una lunga collaborazione, è lo spazio in cui, in quegli stessi anni, espongono Kounellis, Twombly, Rauschenberg, Rothko, Kline…
Nel 1964 è invitato alla XXXII Biennale di Venezia (rassegna alla quale prende parte anche nel 1978, 1980 e 1984). In tale edizione, che vede il trionfo della pop art americana, Tano espone due significative versioni della michelangiolesca Creazione dell'uomo: il gesto di Adamo viene intenzionalmente rallentato perché acquisti una dimensione diversa e nuova, mentre la fotografia e la conquista bidimensionale dello spazio pittorico diventano strumenti consapevoli alla identificazione di un linguaggio differente. In questi lavori l’immagine antica, tratta spesso da una fotografia in bianco e nero di matrice Alinari, è stampata su carta ed incollata su supporto ligneo. Su questa immagine poi l’artista interviene con lo smalto, cancellando alcuni particolari.
L’Aurora di Michelangelo (1524-1527), che si trova, insieme al Crepuscolo, sul sarcofago di Lorenzo de’ Medici, così come l’Adamo, diventano i soggetti michelangioleschi più frequentati, realizzati con la tecnica della proiezione su tela (con proiettore), ricalco a mano e campitura a smalto.
Nel 1970 Tano Festa sposa Emilia Emo Capodilista, e si trasferisce nella casa di famiglia della moglie, a Pernumia, in provincia di Padova. Dalla loro unione nasceranno due figlie, Anita e Almorina.
Dagli inizi degli anni Settanta la pittura di Festa è caratterizzata da una stesura sommaria del colore e da contorni indefiniti. Continua comunque a confrontarsi con i maestri del passato, scegliendo una nuova tecnica, più affidata alla materia pittorica, al gesto, al colore: le figure sono spesso immagini tratte sì dall’arte del passato ma riproposte in modo frammentario, tanto che, in certi casi, perdono quasi del tutto il loro legame con l’opera di provenienza.
Nel 1976 Tano si lega sentimentalmente alla giornalista Antonella Amendola, che gli sarà accanto fino all’ultimo dei suoi giorni. E intanto, dal 1978, riappaiono, nel suo lavoro, immagini michelangiolesche, a partire da quelle della Cappella Sistina. Contemporaneamente compaiono i Coriandoli, la cui tecnica consisteva nell’applicazione gestuale di coriandoli, per l’appunto, su una base preparata ad acrilico, con colori squillanti.
Negli anni Ottanta Festa si chiude in un volontario isolamento, pur continuando a tenere personali e a praticare attività espositiva.
L’artista muore il 9 gennaio del 1988, all’ Ospedale San Giacomo di Roma, all’età di soli quarantanove anni. I funerali si celebrano nella chiesa di Santa Maria del Popolo.
29
aprile 2017
Reality according to Tano Festa
Dal 29 aprile al 15 maggio 2017
arte contemporanea
Location
GALLERIA APOLLO
Mantova, Corso Umberto I, 52, (Mantova)
Mantova, Corso Umberto I, 52, (Mantova)
Vernissage
29 Aprile 2017, ore 18,00
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