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Renato Guttuso – La passione della forma
una ventina circa tra disegni e dipinti a olio, attraverso un percorso cronologico che si snoda dagli anni ’40 agli anni ’80 di carattere più politico
Comunicato stampa
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Dopo la permanenza a Ravenna, si sposta a Roma, a Palazzo Giustiniani, sede del Senato della Repubblica, parte della mostra “Renato Guttuso. La passione della forma”, con particolare riguardo alle opere del maestro di carattere politico-sociale. Le opere esposte provengono dalla Fondazione Tito Balestra del Comune di Longiano, dal MAMBO di Bologna, dalla Galleria d’Arte Moderna del Comune di Cesena, dai Musei di stato della Repubblica di San Marino e da collezionisti privati.
Proprio a Roma moriva vent’anni fa Renato Guttuso (Bagheria, 1911) - scomparso il 18 gennaio 1987 - artista, intellettuale, idealista, uomo politico, protagonista del Novecento. Nell’anno di celebrazioni a lui dedicate, la curatrice Silvana Costa e l’Associazione Culturale Il Cerbero, vuole, con questa mostra, ripercorrere la vita e l’impegno artistico-politico di uno dei più grandi interpreti del secolo scorso.
Ed è attraverso questo appuntamento romano che l’associazione completa la celebrazione dell’artista politico. Esponente di punta del dibattito sul “realismo” e sulla funzione sociale dell’arte, Guttuso è stato un punto di riferimento, per un’intera generazione, della ricerca artistica italiana ed internazionale.
Questo elemento è facilmente riconoscibile attraverso la lettura delle opere in mostra all’interno del Palazzo Giustiniani aperta al pubblico dal 12 ottobre al 4 novembre.
A Roma saranno esposte una ventina circa tra disegni e dipinti a olio, attraverso un percorso cronologico che si snoda dagli anni ’40 agli anni ’80 e che si esplicita nella visione di alcune opere dedicate ai soggetti protagonisti di un contesto sociale, come Contadina (1954) o il disegno Pescatori di Sicilia (1949); di scene del quotidiano che l’artista con abile maestria riusciva a rendere con pochi tratti di china: La strada (1945), I calciatori (1965), La spiaggia (1952); infine della serie dedicata alle politica con La resa (1945), Il comizio (1962) e I Funerali di Togliatti (1972).
Lo studio attento delle figurazioni del Picasso post-cubista – di cui diventerà amico intimo fin dal 1945 – lo porta alla realizzazione della Crocifissione del 1940, secondo classificato al Premio Bergamo del 1942, che lo conduce definitivamente verso quell’evoluzione “realista”, attenta alle questioni sociali, alle relazioni con le tradizioni popolari, alle tematiche che scaturiscono da un modo di intendere l’arte come gesto che privilegia il “contenuto”. La sua capacità critica e educativa, già ampiamente riconosciuta nelle opere passate, trapela ulteriormente nei successivi quadri: Il partigiano (1944), Gottmituns (1944) e La Resa (1945), L'occupazione delle terre (1948). Sciolto il “Fronte” nel 1948, nel pieno della crisi che investe il rapporto tra intellettuali e Partito Comunista in seguito alla polemica tra Palmiro Togliatti ed Elio Vittorini, Guttuso cerca di orientare il proprio realismo verso soluzioni che rifuggono dai dettami del “zdanovismo”, del realismo ideologicamente programmato, dell’arte come strumento illustrativo dell’azione politica, per esaltarne una libertà inesauribile, fatta di ricerca delle qualità formali, di esaltazione delle tensioni stilistiche. Sono gli anni di Boogie-woogie (1953) e del bozzetto La Spiaggia (1952) da cui nascerà l’opera Spiaggia del ‘56, de La discussione (1960) e La contadina (1954), Garofani (1957). Nel corso degli anni Sessanta e Settanta, il suo realismo si rinnova, aprendosi verso i “nuovi realismi” che stanno attraversando l’orizzonte delle arti occidentali. Sono questi gli anni dell’Autobiografia (1966), de I Funerali di Togliatti (1972), di Vucciria (1974), del Caffè Greco (1976), cui si accompagnano le serie incalzanti dei nudi, delle nature morte, ed un’inesauribile produzione grafica: Calze rosse guache su carta, 1970/75, Due donne abbracciate, 1986, Donna che si pettina, 1976.
A corollario della mostra la proiezione del lungometraggio “Diario di Guttuso” di Giuseppe Tornatore, un documentario costruito sull’intervista a Guttuso e dedicato al maestro, alla sua Sicilia, la stessa di Tornatore nato a Bagheria come il pittore. Il film, realizzato per la televisione con il contributo della Rai di Palermo, svela l’aspetto più umano del grande artista. Si potrebbe dire che i celebri quadri acquistino un sapore estetico diverso dopo la visione di questo documento video celebrativo della vita del grande artista.
Il nucleo originale di Palazzo Giustiniani fu realizzato alla fine del Cinquecento da Monsignor Francesco Vento. L'immobile fu ceduto il 4 luglio 1590 a Giuseppe Giustiniani, esponente di una delle più ricche e potenti famiglie genovesi. Originari dell'isola di Chio, sulla quale governavano per conto della Repubblica di Genova, i Giustiniani nel 1566 furono costretti ad abbandonare l'isola a causa delle vessazioni turche e si trasferirono a Roma, in via della Dogana, centro finanziario e burocratico della Roma papale. Nel 1590, dunque, i Giustiniani entrarono in possesso del palazzo, che prese poi il loro nome, e negli anni seguenti acquistarono altri edifici ad esso contigui; più che della costruzione di un palazzo vero e proprio, infatti, si deve parlare di un accorpamento di edifici, il quale con il trascorrere degli anni determinò la costituzione di un'insula giustinianea fra le strade a ridosso del Pantheon.
Cenni di biografia.
Oltre ad essere stato un famoso pittore italiano Reanto Guttuso era anche esponente della cultura di area comunista. Figlio di Gioacchino, agrimensore e acquarellista dilettante, e di Giuseppina d'Amico il piccolo Renato manifestò precocemente la sua predisposizione alla pittura.
Il giovane Guttuso, che iniziò appena tredicenne a datare e firmare i propri quadri, abita in una casa vicino alle ville Valguarnera e Palagonia e s'ispira agli scogli dell'Aspra e tra le gite al mare e i primi amori vive tutta la crisi siciliana del dopoguerra. Nel suo espressionismo, non solo, i motivi siciliani come i rigogliosi limoneti, l'ulivo saraceno, il Palinuro, tra mito e solitudine isolana che, inviati nel '31 alla Quadriennale, confluirono in una collettiva di sei pittori siciliani accolti dalla critica – dice Franco Grasso nella citata monografia – come “una rivelazione, un'affermazione siciliana”.
Rifiutato ogni canone accademico, con le figure libere nello spazio o la ricerca del puro senso del colore, Guttuso s'inserisce nel movimento artistico “Corrente”. Per Guttuso la pittura fu una forma di denuncia matura (l'arte “sociale” di Guttuso), un impegno morale e politico. Si trasferisce a Roma, in Via Margutta dove frequenta la cerchia di artisti più significativi del tempo: Mario Mafai, Corrado Cagli, Antonello Trombadori, tenendosi anche in contatto col gruppo milanese di Treccani, Giacomo Manzù, Aligi Sassu. Il dipinto che gli dà la fama, fra mille polemiche da parte anche del clero e del fascio perché sotto il soggetto sacro denunzia gli orrori della guerra, è “Crocifissione”. Di esso Guttuso ha scritto nel suo Diario che è “il simbolo di tutti coloro che subiscono oltraggio, carcere, supplizio per le loro idee” con il quale al Premio Bergamo sigla la sua nuova stagione.
E’ stato possibile realizzare il prolungamento a Roma della mostra di Ravenna anche grazie al contributo della Fondazione Monte dei Paschi di Siena
Proprio a Roma moriva vent’anni fa Renato Guttuso (Bagheria, 1911) - scomparso il 18 gennaio 1987 - artista, intellettuale, idealista, uomo politico, protagonista del Novecento. Nell’anno di celebrazioni a lui dedicate, la curatrice Silvana Costa e l’Associazione Culturale Il Cerbero, vuole, con questa mostra, ripercorrere la vita e l’impegno artistico-politico di uno dei più grandi interpreti del secolo scorso.
Ed è attraverso questo appuntamento romano che l’associazione completa la celebrazione dell’artista politico. Esponente di punta del dibattito sul “realismo” e sulla funzione sociale dell’arte, Guttuso è stato un punto di riferimento, per un’intera generazione, della ricerca artistica italiana ed internazionale.
Questo elemento è facilmente riconoscibile attraverso la lettura delle opere in mostra all’interno del Palazzo Giustiniani aperta al pubblico dal 12 ottobre al 4 novembre.
A Roma saranno esposte una ventina circa tra disegni e dipinti a olio, attraverso un percorso cronologico che si snoda dagli anni ’40 agli anni ’80 e che si esplicita nella visione di alcune opere dedicate ai soggetti protagonisti di un contesto sociale, come Contadina (1954) o il disegno Pescatori di Sicilia (1949); di scene del quotidiano che l’artista con abile maestria riusciva a rendere con pochi tratti di china: La strada (1945), I calciatori (1965), La spiaggia (1952); infine della serie dedicata alle politica con La resa (1945), Il comizio (1962) e I Funerali di Togliatti (1972).
Lo studio attento delle figurazioni del Picasso post-cubista – di cui diventerà amico intimo fin dal 1945 – lo porta alla realizzazione della Crocifissione del 1940, secondo classificato al Premio Bergamo del 1942, che lo conduce definitivamente verso quell’evoluzione “realista”, attenta alle questioni sociali, alle relazioni con le tradizioni popolari, alle tematiche che scaturiscono da un modo di intendere l’arte come gesto che privilegia il “contenuto”. La sua capacità critica e educativa, già ampiamente riconosciuta nelle opere passate, trapela ulteriormente nei successivi quadri: Il partigiano (1944), Gottmituns (1944) e La Resa (1945), L'occupazione delle terre (1948). Sciolto il “Fronte” nel 1948, nel pieno della crisi che investe il rapporto tra intellettuali e Partito Comunista in seguito alla polemica tra Palmiro Togliatti ed Elio Vittorini, Guttuso cerca di orientare il proprio realismo verso soluzioni che rifuggono dai dettami del “zdanovismo”, del realismo ideologicamente programmato, dell’arte come strumento illustrativo dell’azione politica, per esaltarne una libertà inesauribile, fatta di ricerca delle qualità formali, di esaltazione delle tensioni stilistiche. Sono gli anni di Boogie-woogie (1953) e del bozzetto La Spiaggia (1952) da cui nascerà l’opera Spiaggia del ‘56, de La discussione (1960) e La contadina (1954), Garofani (1957). Nel corso degli anni Sessanta e Settanta, il suo realismo si rinnova, aprendosi verso i “nuovi realismi” che stanno attraversando l’orizzonte delle arti occidentali. Sono questi gli anni dell’Autobiografia (1966), de I Funerali di Togliatti (1972), di Vucciria (1974), del Caffè Greco (1976), cui si accompagnano le serie incalzanti dei nudi, delle nature morte, ed un’inesauribile produzione grafica: Calze rosse guache su carta, 1970/75, Due donne abbracciate, 1986, Donna che si pettina, 1976.
A corollario della mostra la proiezione del lungometraggio “Diario di Guttuso” di Giuseppe Tornatore, un documentario costruito sull’intervista a Guttuso e dedicato al maestro, alla sua Sicilia, la stessa di Tornatore nato a Bagheria come il pittore. Il film, realizzato per la televisione con il contributo della Rai di Palermo, svela l’aspetto più umano del grande artista. Si potrebbe dire che i celebri quadri acquistino un sapore estetico diverso dopo la visione di questo documento video celebrativo della vita del grande artista.
Il nucleo originale di Palazzo Giustiniani fu realizzato alla fine del Cinquecento da Monsignor Francesco Vento. L'immobile fu ceduto il 4 luglio 1590 a Giuseppe Giustiniani, esponente di una delle più ricche e potenti famiglie genovesi. Originari dell'isola di Chio, sulla quale governavano per conto della Repubblica di Genova, i Giustiniani nel 1566 furono costretti ad abbandonare l'isola a causa delle vessazioni turche e si trasferirono a Roma, in via della Dogana, centro finanziario e burocratico della Roma papale. Nel 1590, dunque, i Giustiniani entrarono in possesso del palazzo, che prese poi il loro nome, e negli anni seguenti acquistarono altri edifici ad esso contigui; più che della costruzione di un palazzo vero e proprio, infatti, si deve parlare di un accorpamento di edifici, il quale con il trascorrere degli anni determinò la costituzione di un'insula giustinianea fra le strade a ridosso del Pantheon.
Cenni di biografia.
Oltre ad essere stato un famoso pittore italiano Reanto Guttuso era anche esponente della cultura di area comunista. Figlio di Gioacchino, agrimensore e acquarellista dilettante, e di Giuseppina d'Amico il piccolo Renato manifestò precocemente la sua predisposizione alla pittura.
Il giovane Guttuso, che iniziò appena tredicenne a datare e firmare i propri quadri, abita in una casa vicino alle ville Valguarnera e Palagonia e s'ispira agli scogli dell'Aspra e tra le gite al mare e i primi amori vive tutta la crisi siciliana del dopoguerra. Nel suo espressionismo, non solo, i motivi siciliani come i rigogliosi limoneti, l'ulivo saraceno, il Palinuro, tra mito e solitudine isolana che, inviati nel '31 alla Quadriennale, confluirono in una collettiva di sei pittori siciliani accolti dalla critica – dice Franco Grasso nella citata monografia – come “una rivelazione, un'affermazione siciliana”.
Rifiutato ogni canone accademico, con le figure libere nello spazio o la ricerca del puro senso del colore, Guttuso s'inserisce nel movimento artistico “Corrente”. Per Guttuso la pittura fu una forma di denuncia matura (l'arte “sociale” di Guttuso), un impegno morale e politico. Si trasferisce a Roma, in Via Margutta dove frequenta la cerchia di artisti più significativi del tempo: Mario Mafai, Corrado Cagli, Antonello Trombadori, tenendosi anche in contatto col gruppo milanese di Treccani, Giacomo Manzù, Aligi Sassu. Il dipinto che gli dà la fama, fra mille polemiche da parte anche del clero e del fascio perché sotto il soggetto sacro denunzia gli orrori della guerra, è “Crocifissione”. Di esso Guttuso ha scritto nel suo Diario che è “il simbolo di tutti coloro che subiscono oltraggio, carcere, supplizio per le loro idee” con il quale al Premio Bergamo sigla la sua nuova stagione.
E’ stato possibile realizzare il prolungamento a Roma della mostra di Ravenna anche grazie al contributo della Fondazione Monte dei Paschi di Siena
12
ottobre 2007
Renato Guttuso – La passione della forma
Dal 12 ottobre al 04 novembre 2007
arte contemporanea
Location
SENATO DELLA REPUBBLICA – PALAZZO GIUSTINIANI
Roma, Via Della Dogana Vecchia, 29, (Roma)
Roma, Via Della Dogana Vecchia, 29, (Roma)
Orario di apertura
17,00-21,00 nei giorni feriali; 10,00-22,00 il sabato e i giorni festivi
Vernissage
12 Ottobre 2007, ore 17
Ufficio stampa
ALEPH
Autore
Curatore