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Renato Mambor / Concetto Pozzati
Tra pop art ad altre sperimentazioni. Dagli anni sessanta fino ad oggi
Comunicato stampa
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Mambor nasce come cartellonista del cinema. Scrive allo stesso tempo sceneggiature tra cui la Dolce Vita (1959) di Federico Fellini. Poi attraverso la frequentazioni di Schifano, Pascali, Angeli, Festa, Lo Savio, Ceroli, Tacchi la sua ricerca artistica diviene personale. Comincia a dipingere le “Sagome di uomini statistici” o altre forme riempite a campiture di colore omogeneo, si serve di segnali stradali, ricalchi fotografici, timbri con omini, rulli da tappezzeria. Questi ricalchi, che vediamo numerosi in mostra, costituiscono il suo modo per individuare le icone della cultura massmediale. Mutua il linguaggio dalla cartellonistica e dalla pubblicità. Utilizza campiture uniche e riduce le immagini al loro contorno. Siamo nel 1964 quando alla Biennale di Venezia trionfa la Pop art americana. Allora Mambor Insieme a Ceroli e a Tacchi decide di compiere un viaggio a New York durante il quale entra in contatto diretto con la cultura americana e quella della pop art. Al ritorno “a tanto chiasso ed eccesso vissuto in America”, per utilizzare le sue parole, reagisce con una progressiva riduzione delle immagini. Realizza “Diario67” a moduli seriali e riscuote un grande successo.
Negli anni Settanta influenzato dall’amicizia di Paola Pitagora il suo interesse va piano piano a focalizzarsi sul teatro e sul corpo. Comincia a lavorare con le “azioni fotografate” tra body art e performance, privilegia ricerche d’ambiente, con strutture come "L’evidenziatore" (1967), strumento meccanico per agganciare oggetti e spostarli nel mondo dell’arte. Nel 1975 fonda il gruppo Trousse per perseguire "un teatro fortemente visivo ma attento alle dinamiche psicodrammatiche".
Torna alla pittura negli anni Novanta e di qui al Duemila si dedica alla riflessione sulla relazione dell’uomo con l’altro da se, con l’esistente, sulla relazione tra arte e realtà. Le prime opere dedicate a questi temi sono “L’Osservatore" e il "Riflettore". Tutte le opere successive, di cui molte sono in mostra, rappresentano sagome di paesaggi, esseri umani senza volto e proseguono la sua riflessione sulla percezione, l’altro e la coscienza.
Pozzati, da sempre, investigatore del linguaggio della pittura. Protagonista nei secondi anni cinquanta della “nouvelle figuration” diviene poi uno dei maggiori rappresentanti della “pop art” italiana. Dagli anni sessanta in poi il suo linguaggio, fatto di continue commistioni, contaminazioni di incroci culturali, di memorie, diviene sempre più individuale e riconoscibile attraverso la pittura “assolutamente irrinunciabile” anche quando percorre la via della sperimentazione e della elaborazione dei materiali più disparati.
Concetto Pozzati nasce a Padova il 1 dicembre del 1935. Nel 1949 si trasferisce a Bologna, dove risiede attualmente e frequenta l’Istituto d’Arte della stessa città. Consegue i diploma nel 1955 a Parigi per perfezionarsi nello studio della pubblicità dell’atèlier di Sepo, con il quale nel 1960 fonda a Bologna la scuola d’Arte pubblicitaria dedicata a suo padre Mario Pozzati. È assistente all’istituto d’Arte di Bologna e dal 1956 al 1967 insegna grafica pubblicitaria. Nel 1962 e nel 1964 realizza alcune scenografie per i teatri stabili. Dal 1967 insegna all’Accademia di Belle Arti di Urbino, che poi dirige sino al 1973. Insegna anche all’Accademia di Firenze e attualmente è titolare di una cattedra di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. Dal 1955 ha partecipato alle principali manifestazioni nazionali e internazionali, ottenendo numerosi premi e riconoscimenti. Dal 1960 scrive su numerose riviste specializzate interessandosi dei problemi di critica e di teoria dell’arte viste da parte del pittore. È stato il promotore e l’organizzatore del convegno internazionale " L’autonomia critica dell’artista ", Palazzo dei Congressi di Bologna, 1979. Ha organizzato e curato personalmente o in collaborazione con altri pittori e critici mostre di arte italiana e straniera in Musei in Italia e all’estero.
Negli anni Settanta influenzato dall’amicizia di Paola Pitagora il suo interesse va piano piano a focalizzarsi sul teatro e sul corpo. Comincia a lavorare con le “azioni fotografate” tra body art e performance, privilegia ricerche d’ambiente, con strutture come "L’evidenziatore" (1967), strumento meccanico per agganciare oggetti e spostarli nel mondo dell’arte. Nel 1975 fonda il gruppo Trousse per perseguire "un teatro fortemente visivo ma attento alle dinamiche psicodrammatiche".
Torna alla pittura negli anni Novanta e di qui al Duemila si dedica alla riflessione sulla relazione dell’uomo con l’altro da se, con l’esistente, sulla relazione tra arte e realtà. Le prime opere dedicate a questi temi sono “L’Osservatore" e il "Riflettore". Tutte le opere successive, di cui molte sono in mostra, rappresentano sagome di paesaggi, esseri umani senza volto e proseguono la sua riflessione sulla percezione, l’altro e la coscienza.
Pozzati, da sempre, investigatore del linguaggio della pittura. Protagonista nei secondi anni cinquanta della “nouvelle figuration” diviene poi uno dei maggiori rappresentanti della “pop art” italiana. Dagli anni sessanta in poi il suo linguaggio, fatto di continue commistioni, contaminazioni di incroci culturali, di memorie, diviene sempre più individuale e riconoscibile attraverso la pittura “assolutamente irrinunciabile” anche quando percorre la via della sperimentazione e della elaborazione dei materiali più disparati.
Concetto Pozzati nasce a Padova il 1 dicembre del 1935. Nel 1949 si trasferisce a Bologna, dove risiede attualmente e frequenta l’Istituto d’Arte della stessa città. Consegue i diploma nel 1955 a Parigi per perfezionarsi nello studio della pubblicità dell’atèlier di Sepo, con il quale nel 1960 fonda a Bologna la scuola d’Arte pubblicitaria dedicata a suo padre Mario Pozzati. È assistente all’istituto d’Arte di Bologna e dal 1956 al 1967 insegna grafica pubblicitaria. Nel 1962 e nel 1964 realizza alcune scenografie per i teatri stabili. Dal 1967 insegna all’Accademia di Belle Arti di Urbino, che poi dirige sino al 1973. Insegna anche all’Accademia di Firenze e attualmente è titolare di una cattedra di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. Dal 1955 ha partecipato alle principali manifestazioni nazionali e internazionali, ottenendo numerosi premi e riconoscimenti. Dal 1960 scrive su numerose riviste specializzate interessandosi dei problemi di critica e di teoria dell’arte viste da parte del pittore. È stato il promotore e l’organizzatore del convegno internazionale " L’autonomia critica dell’artista ", Palazzo dei Congressi di Bologna, 1979. Ha organizzato e curato personalmente o in collaborazione con altri pittori e critici mostre di arte italiana e straniera in Musei in Italia e all’estero.
14
settembre 2006
Renato Mambor / Concetto Pozzati
Dal 14 settembre al 31 ottobre 2006
arte contemporanea
Location
GAM – GALLERIA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Faenza, Via Maestri Del Lavoro, 1, (Ravenna)
Faenza, Via Maestri Del Lavoro, 1, (Ravenna)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì dalle 09.00 alle 18.30. Sabato dalle 9.30 alle 13
Editore
CHRISTIAN MARETTI
Autore