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Renato Ranaldi – La lotteria cieca del Trìscopo
Renato Ranaldi è funambolo, eroe, pagliaccio, musico, eremita, filosofo, scrittore. E’ un artista che ha praticato nella sua opera la dimensione della contraddizione e la tensione del trovarsi in più posti contemporaneamente, decisamente più fuori che dentro, più sul limite che al centro.
Comunicato stampa
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Renato Ranaldi è funambolo, eroe, pagliaccio, musico, eremita, filosofo, scrittore. E’ un artista che ha praticato nella sua opera la dimensione della contraddizione e la tensione del trovarsi in più posti contemporaneamente, decisamente più fuori che dentro, più sul limite (ai bordi o fuori del quadro) che al centro. Come dice l’artista stesso: “…più mi sono fatto imprigionare, rinchiudere all’interno della concretezza dell’opera, più ho anelato al fuori, cercando di capire quello che l’opera mi tace. L’opera è solo la denuncia dell’opera…l’opera mi consegna dalla sua centralità alla centralità esterna del suo stesso segreto, verso l’esperienza di un vuoto dove, in assenza di segni, prolifero segni…».
Il concetto di “bilico” che pervade tutta l’opera dell’artista, è l’accezione di «uno stato di rischio in cui porre le cose perché catturino la nostra attenzione» e si manifesta nelle installazioni e negli assemblages attraverso l’accentuazione della precarietà dell’equilibrio, la sospensione degli elementi nello spazio, la forma aperta che rompe il confine del quadro e sborda nell’ambiente.
Questa insoddisfazione per la finitezza si è sempre ripercossa anche nella scelta nomade di attraversare i materiali e i media espressivi, contaminando arti visive, musica, scrittura e cinematografia. Per Ranaldi inseguire l’imperfezione apre ancora di più il ventaglio di una potenzialità espressiva in cui giocano insieme il principio dei contrari, il senso dello humor, il drammatico, l’aleatorietà, l’ambiguità tra essere e non essere, le tensioni e gli slittamenti di senso.
Renato Ranaldi nasce nel 1941 a Firenze dove vive e lavora. Inizia il suo percorso artistico con la pittura – fatta di masse spesse di colore a olio – nel 1962 esplicitando quasi da subito una ricerca per gli accostamenti di differenti stilemi linguistici. Attraverso la sperimentazione multiforme di tecniche e materiali, la sua attenzione si rivolge con particolare interesse al disegno, dal quale scaturisce anche tutto il suo operare plastico. Contemporaneamente all’incontro con la pittrice Vera Corti dal quale si approfondisce il suo interesse per la musica e per il disegno infantile, avviene la frequentazione con molti artisti della città tra i quali Eugenio Miccini, Giuseppe Chiari, Ketty La Rocca, Adolfo Natalini, Gianni Pettena, Roberto Barni e Sandro Chia - con i quali condivide l’esperienza del Teatro Musicale Integrale (1967-69). In questi anni Sessanta, nei quali inizia viaggiando in Europa (Inghilterra, Francia) e America, si annovera il suo primo cimentarsi nel campo cinematografico con Senilix del 1968, anno in cui ricade anche la prima mostra personale alla galleria La Zattera di via S. Egidio. Seguendo una via personale, non influenzata dalle tendenze artistiche del momento – Minimalismo, Pop art, arte povera - negli anni Settanta, in cui entra in contatto con gli artisti Fernando Melani, Luciano Fabro e con il critico Bruno Corà, esegue una serie di opere che risentono della pittura e scultura della grande tradizione e della sperimentazione del Novecento. Nel 1979 esegue la prima fusione in bronzo, nel 1988 viene invitato alla XLIII Biennale di Venezia esponendo con una sala monografica opere plastiche. Dagli anni Novanta a oggi, con la produzione incessante del disegno e dell’opera plastica – in cui si assiste al nuovo utilizzo di laminati di zinco, rame, ottone e alla creazione di telai in legno in diverse dimensioni – si afferma con numerose mostre in gallerie private e in musei sia in Italia che all’estero.
La mostra offre una visione d’insieme di molti dei diversi e complessi cicli di lavoro che l’artista ha sviluppato nel corso degli anni, ed è anche l’occasione per la presentazione del suo ultimo libro “Renato Ranaldi. Bilico e Fuoriquadro senza sconti” edito dalla Fondazione Mudima.
Il concetto di “bilico” che pervade tutta l’opera dell’artista, è l’accezione di «uno stato di rischio in cui porre le cose perché catturino la nostra attenzione» e si manifesta nelle installazioni e negli assemblages attraverso l’accentuazione della precarietà dell’equilibrio, la sospensione degli elementi nello spazio, la forma aperta che rompe il confine del quadro e sborda nell’ambiente.
Questa insoddisfazione per la finitezza si è sempre ripercossa anche nella scelta nomade di attraversare i materiali e i media espressivi, contaminando arti visive, musica, scrittura e cinematografia. Per Ranaldi inseguire l’imperfezione apre ancora di più il ventaglio di una potenzialità espressiva in cui giocano insieme il principio dei contrari, il senso dello humor, il drammatico, l’aleatorietà, l’ambiguità tra essere e non essere, le tensioni e gli slittamenti di senso.
Renato Ranaldi nasce nel 1941 a Firenze dove vive e lavora. Inizia il suo percorso artistico con la pittura – fatta di masse spesse di colore a olio – nel 1962 esplicitando quasi da subito una ricerca per gli accostamenti di differenti stilemi linguistici. Attraverso la sperimentazione multiforme di tecniche e materiali, la sua attenzione si rivolge con particolare interesse al disegno, dal quale scaturisce anche tutto il suo operare plastico. Contemporaneamente all’incontro con la pittrice Vera Corti dal quale si approfondisce il suo interesse per la musica e per il disegno infantile, avviene la frequentazione con molti artisti della città tra i quali Eugenio Miccini, Giuseppe Chiari, Ketty La Rocca, Adolfo Natalini, Gianni Pettena, Roberto Barni e Sandro Chia - con i quali condivide l’esperienza del Teatro Musicale Integrale (1967-69). In questi anni Sessanta, nei quali inizia viaggiando in Europa (Inghilterra, Francia) e America, si annovera il suo primo cimentarsi nel campo cinematografico con Senilix del 1968, anno in cui ricade anche la prima mostra personale alla galleria La Zattera di via S. Egidio. Seguendo una via personale, non influenzata dalle tendenze artistiche del momento – Minimalismo, Pop art, arte povera - negli anni Settanta, in cui entra in contatto con gli artisti Fernando Melani, Luciano Fabro e con il critico Bruno Corà, esegue una serie di opere che risentono della pittura e scultura della grande tradizione e della sperimentazione del Novecento. Nel 1979 esegue la prima fusione in bronzo, nel 1988 viene invitato alla XLIII Biennale di Venezia esponendo con una sala monografica opere plastiche. Dagli anni Novanta a oggi, con la produzione incessante del disegno e dell’opera plastica – in cui si assiste al nuovo utilizzo di laminati di zinco, rame, ottone e alla creazione di telai in legno in diverse dimensioni – si afferma con numerose mostre in gallerie private e in musei sia in Italia che all’estero.
La mostra offre una visione d’insieme di molti dei diversi e complessi cicli di lavoro che l’artista ha sviluppato nel corso degli anni, ed è anche l’occasione per la presentazione del suo ultimo libro “Renato Ranaldi. Bilico e Fuoriquadro senza sconti” edito dalla Fondazione Mudima.
12
gennaio 2016
Renato Ranaldi – La lotteria cieca del Trìscopo
Dal 12 gennaio al 05 febbraio 2016
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE MUDIMA
Milano, Via Alessandro Tadino, 26, (Milano)
Milano, Via Alessandro Tadino, 26, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì al venerdì ore 11-13 e 15-19
Vernissage
12 Gennaio 2016, ore 18.30
Autore