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Renato Severino – Architetto in quattro continenti
La mostra propone una panoramica sull’opera di Renato Severino che spazia dall’architettura costruita ai progetti, alle ricerche, alle visioni del futuro e si articola in due principali sezioni dedicate ai lavori in quattro Continenti e ai disegni di Meta-Realismo urbano.
Comunicato stampa
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Dal 5 al 30 giugno 2018 l’Accademia delle Arti del Disegno organizza la mostra antologica “Renato Severino. Architetto in quattro continenti”, a cura di Cristina Donati. L’esposizione, visitabile con ingresso gratuito nella Sala delle Esposizioni, in via Ricasoli n.68 (angolo Piazza San Marco), a Firenze, propone una panoramica sull’opera di Renato Severino che spazia dall’architettura costruita, ai progetti, alle ricerche, alle visioni del futuro alle diverse scale e tipologie. La mostra è divisa in due principali sezioni dedicate ai lavori in quattro Continenti e ai disegni di Meta-Realismo urbano. I due ambiti ritraggono Severino come un architetto precursore dei tempi, che ha sfidato il Modernismo oltre i confini del suo tempo cioè, in grado di prevedere quelle che sarebbero state le tendenze e le emergenze ambientali del Terzo Millennio. Il suo originale lavoro, nel quale la tecnologia incontra l’arte, è articolato in mostra attraverso trentotto pannelli, tredici progetti e tredici quadri.
Renato Severino si è laureato nel 1954 alla Facoltà di Architettura di Firenze, formandosi con Adalberto Libera e a soli 28 anni vince il concorso Italsider, che aveva come membri di giuria Ernesto Rogers e Bruno Zevi. Come ricorda Severino, “sebbene fosse la proposta vincente, l’establishment italiano la accolse con scetticismo”, ma nonostante questo il progetto fu poi apprezzato e inserito nella prestigiosa raccolta di Lotus Architectural Annual 1963. Nell’attività professionale ha sempre ricercato una “modernità universale” cioè, senza confini, né geografici né culturali e l’eccezionalità del suo lavoro è determinata proprio dal fatto di aver declinato la cultura del Movimento Moderno con quella di quattro continenti, l’Europa, l’Africa, l’America Latina e gli Stati Uniti. Un approccio considerato fin troppo innovativo nell’Italia di quegli anni. L’interesse di Severino verso la tecnologia sarà un filo conduttore della sua ricerca al fine di perseguire due importanti risultati: l’industrializzazione e la sostenibilità del processo edilizio.
Agisce coerentemente con questo proposito sin dal 1956, al Georgian Institute of Technology di Atlanta, negli Stati Uniti, durante l’esperienza professionale nello studio di Pier Luigi Nervi a Roma, fino all’insegnamento di Tecnologie dell’Architettura alla Columbia University.
L’affermazione professionale arrivò negli anni ‘60 con la COMTEC, lo studio fondato a Roma che raggiunse i 150 dipendenti, ottenendo incarichi a scala urbana in Africa Equatoriale. Dall’esordio con la Colonia Italsider nelle Alpi Piemontesi (1960-63), ai grandi complessi universitari in Ghana (1962-68), alle sedi per la Corporate America a New York degli anni ‘80, l’architettura di Severino è sensibile alle promesse della prima Modernità e alle sfide dell’International Style. Per esempio, se pensiamo ai campus universitari realizzati in Ghana, sebbene siano stati realizzati solo agli inizi degli anni ‘60, sono stati progettati per ridurre al minimo gli impianti meccanici grazie alla ventilazione naturale, alla massa termica e ad altre tecnologie passive.
Dagli anni ‘60 all’inizio del nuovo secolo, la cultura del Novecento attraversa quei cambiamenti epocali che hanno visto la fondazione, le ibridazioni e la crisi del Modernismo storicizzato e Cristina Donati, curatrice della mostra, sottolinea come “Renato Severino aderisce all’ideologia del Movimento Moderno, ma anche alla sua rilettura in chiave post-moderna e alla sua ultima rivalutazione critica imposta dall’emergenza ambientale e dalla ineludibile sostenibilità del Terzo Millennio”. Non sono solo l’arco temporale o la sua intensa evoluzione intellettuale a rendere unico il contributo dell’opera di Severino all’architettura, ma anche il contesto geopolitico e multiculturale con cui si confrontò.
Cristina Acidini, Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno, afferma che grazie all’accostamento di pannelli che documentano strutture costruite e tavole grafiche di soggetti che si spingono nell’utopico e nel fantastico “la mostra presenta con persuasiva evidenza la vastità degli orizzonti progettuali di Severino, del quale colpisce la confidenza con i volumi articolati nello spazio e rapportati all’ambiente”.
Francesco Gurrieri, Presidente della Classe di Architettura dell’Accademia, osserva come, in effetti, “pochi architetti italiani possono esibire una “sfida” all’arte del costruire tanto vasta e tanto espressivamente affascinante per una così estesa geografia come Severino”.
Severino approfondisce il rapporto tra processo industriale e libertà espressiva soprattutto nei progetti americani e in particolare nelle sedi aziendali di New York e nella casa “solare” a Greenwich CT che realizza per la sua famiglia, dove la sostenibilità si trasforma in linguaggio estetico. L’evoluzione e la maturazione di Severino, dal “rigore” delle prime opere alla “fluidità” di forme e volumi dei progetti americani, emergono dai disegni visionari degli anni Novanta e che pubblica nel suo libro dal titolo di “Meta-Realismo in Architettura” (1995). Il Meta-Realismo non è Utopia radicale ma una tendenza che libera l’architettura dai dogmi della cultura del Novecento. A questo proposito, Severino afferma: “Il Movimento Moderno è legato ad un concetto di economia che si sostanzia nelle soluzioni schematiche e bidimensionali delle forme. Nonostante questo, un certo numero di architetti sono riusciti a liberarsi da questo limite e a creare capolavori dalle forme complesse, tri-dimensionali e biomorfe”.
All’inaugurazione interverranno Cristina Acidini, Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno, Domenico Viggiano, Direttore della Sala Mostre, Francesco Gurrieri, Presidente della Classe di Architettura dell’Accademia, Cristina Donati, curatrice della mostra, l’architetto e artista Renato Severino. A corredo della mostra è stato realizzato un catalogo pubblicato da Polistampa, con i testi di Cristina Acidini, Cristina Donati e Francesco Gurrieri.
Renato Severino si è laureato nel 1954 alla Facoltà di Architettura di Firenze, formandosi con Adalberto Libera e a soli 28 anni vince il concorso Italsider, che aveva come membri di giuria Ernesto Rogers e Bruno Zevi. Come ricorda Severino, “sebbene fosse la proposta vincente, l’establishment italiano la accolse con scetticismo”, ma nonostante questo il progetto fu poi apprezzato e inserito nella prestigiosa raccolta di Lotus Architectural Annual 1963. Nell’attività professionale ha sempre ricercato una “modernità universale” cioè, senza confini, né geografici né culturali e l’eccezionalità del suo lavoro è determinata proprio dal fatto di aver declinato la cultura del Movimento Moderno con quella di quattro continenti, l’Europa, l’Africa, l’America Latina e gli Stati Uniti. Un approccio considerato fin troppo innovativo nell’Italia di quegli anni. L’interesse di Severino verso la tecnologia sarà un filo conduttore della sua ricerca al fine di perseguire due importanti risultati: l’industrializzazione e la sostenibilità del processo edilizio.
Agisce coerentemente con questo proposito sin dal 1956, al Georgian Institute of Technology di Atlanta, negli Stati Uniti, durante l’esperienza professionale nello studio di Pier Luigi Nervi a Roma, fino all’insegnamento di Tecnologie dell’Architettura alla Columbia University.
L’affermazione professionale arrivò negli anni ‘60 con la COMTEC, lo studio fondato a Roma che raggiunse i 150 dipendenti, ottenendo incarichi a scala urbana in Africa Equatoriale. Dall’esordio con la Colonia Italsider nelle Alpi Piemontesi (1960-63), ai grandi complessi universitari in Ghana (1962-68), alle sedi per la Corporate America a New York degli anni ‘80, l’architettura di Severino è sensibile alle promesse della prima Modernità e alle sfide dell’International Style. Per esempio, se pensiamo ai campus universitari realizzati in Ghana, sebbene siano stati realizzati solo agli inizi degli anni ‘60, sono stati progettati per ridurre al minimo gli impianti meccanici grazie alla ventilazione naturale, alla massa termica e ad altre tecnologie passive.
Dagli anni ‘60 all’inizio del nuovo secolo, la cultura del Novecento attraversa quei cambiamenti epocali che hanno visto la fondazione, le ibridazioni e la crisi del Modernismo storicizzato e Cristina Donati, curatrice della mostra, sottolinea come “Renato Severino aderisce all’ideologia del Movimento Moderno, ma anche alla sua rilettura in chiave post-moderna e alla sua ultima rivalutazione critica imposta dall’emergenza ambientale e dalla ineludibile sostenibilità del Terzo Millennio”. Non sono solo l’arco temporale o la sua intensa evoluzione intellettuale a rendere unico il contributo dell’opera di Severino all’architettura, ma anche il contesto geopolitico e multiculturale con cui si confrontò.
Cristina Acidini, Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno, afferma che grazie all’accostamento di pannelli che documentano strutture costruite e tavole grafiche di soggetti che si spingono nell’utopico e nel fantastico “la mostra presenta con persuasiva evidenza la vastità degli orizzonti progettuali di Severino, del quale colpisce la confidenza con i volumi articolati nello spazio e rapportati all’ambiente”.
Francesco Gurrieri, Presidente della Classe di Architettura dell’Accademia, osserva come, in effetti, “pochi architetti italiani possono esibire una “sfida” all’arte del costruire tanto vasta e tanto espressivamente affascinante per una così estesa geografia come Severino”.
Severino approfondisce il rapporto tra processo industriale e libertà espressiva soprattutto nei progetti americani e in particolare nelle sedi aziendali di New York e nella casa “solare” a Greenwich CT che realizza per la sua famiglia, dove la sostenibilità si trasforma in linguaggio estetico. L’evoluzione e la maturazione di Severino, dal “rigore” delle prime opere alla “fluidità” di forme e volumi dei progetti americani, emergono dai disegni visionari degli anni Novanta e che pubblica nel suo libro dal titolo di “Meta-Realismo in Architettura” (1995). Il Meta-Realismo non è Utopia radicale ma una tendenza che libera l’architettura dai dogmi della cultura del Novecento. A questo proposito, Severino afferma: “Il Movimento Moderno è legato ad un concetto di economia che si sostanzia nelle soluzioni schematiche e bidimensionali delle forme. Nonostante questo, un certo numero di architetti sono riusciti a liberarsi da questo limite e a creare capolavori dalle forme complesse, tri-dimensionali e biomorfe”.
All’inaugurazione interverranno Cristina Acidini, Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno, Domenico Viggiano, Direttore della Sala Mostre, Francesco Gurrieri, Presidente della Classe di Architettura dell’Accademia, Cristina Donati, curatrice della mostra, l’architetto e artista Renato Severino. A corredo della mostra è stato realizzato un catalogo pubblicato da Polistampa, con i testi di Cristina Acidini, Cristina Donati e Francesco Gurrieri.
05
giugno 2018
Renato Severino – Architetto in quattro continenti
Dal 05 al 30 giugno 2018
architettura
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
ACCADEMIA DELLE ARTI DEL DISEGNO – VIA RICASOLI
Firenze, Via Ricasoli, 68, (Firenze)
Firenze, Via Ricasoli, 68, (Firenze)
Orario di apertura
Da martedì a sabato: ore 10.00-13.00 /17.00-19.00
Domenica: ore 10.00-13.00
Lunedì chiuso.
Vernissage
5 Giugno 2018, ore 17.30
Autore
Curatore