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RENOIR dalle Collezioni del Musée d’Orsay e dell’Orangerie
Il Musée d’Orsay e il Musée de l’Orangerie, che conservano la collezione più completa al mondo dell’opera di Renoir, hanno accettato di privarsi per quattro mesi di una sessantina di capolavori, per dare vita a una straordinaria rassegna che documenta tutta l’attività di questo grandissimo pittore, testimoniando i momenti più significativi e le svolte che, partendo dagli esordi, hanno portato l’artista a fine carriera a un progressivo allontanamento dall’Impressionismo
Comunicato stampa
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La Città di Torino, la GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e
Contemporanea di Torino e Skira editore
presentano
RENOIR
dalle Collezioni del Musée d’Orsay e dell’Orangerie
GAM - Via Magenta 31, Torino. Dal 23 ottobre 2013 al 23
febbraio 2014
Una splendida mostra dedicata al grande artista francese, con
i capolavori dalle Collezioni del Musée d’Orsay e del Musée de
l’Orangerie di Parigi
Prosegue la collaborazione fortemente voluta dal Sindaco, Piero Fassino, tra Città di
Torino, Musée d’Orsay e Skira editore, che ha avuto inizio nel 2012 con la grande mostra
dedicata a Degas.
Quest’anno la GAM presenta infatti una nuova straordinaria rassegna dedicata a PierreAuguste Renoir (1841-1919), artista tra i protagonisti, con Manet, Monet, Degas,
Pissarro, Sisley, Cézanne, tra gli anni Ottanta dell’Ottocento e il primo ventennio del
Novecento, della grande stagione dell’Impressionismo francese.
Un importante accordo siglato tra la GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e
Contemporanea di Torino - Fondazione Torino Musei, Skira editore e il
Musée d’Orsay di Parigi – con Danilo Eccher, Direttore della GAM, Massimo Vitta
Zelman, Presidente di Skira, e Guy Cogeval, Presidente del Musée d’Orsay e dell’Orangerie
– ha permesso di definire un progetto scientifico di grande valenza, che porta nel capoluogo
piemontese una splendida mostra, davvero unica per la qualità delle opere presentate.
Il Musée d’Orsay e il Musée de l’Orangerie, che conservano la collezione più completa
al mondo dell’opera di Renoir, hanno accettato di privarsi per quattro mesi di una sessantina
di capolavori, per dare vita a una straordinaria rassegna che documenta tutta
l’attività di questo grandissimo pittore, testimoniando i momenti più significativi
e le svolte che, partendo dagli esordi, hanno portato l’artista a fine carriera a un progressivo
allontanamento dall’Impressionismo.
La curatela della mostra è affidata a Sylvie Patry, Conservatore Capo presso il Musée
d’Orsay e grande specialista di Renoir, e a Riccardo Passoni, Vice Direttore della GAM di
Torino.
Skira, in stretta collaborazione con la Fondazione Torino Musei, produce la
rassegna, curandone gli aspetti organizzativi e promozionali e ne pubblica il
catalogo.
La mostra sarà allestita al primo piano della GAM, nella sala dell’Exhibition Area,
all’interno del percorso delle collezioni permanenti, recentemente riallestite secondo quattro nuovi
percorsi tematici.
Anche dal punto di vista dell’allestimento la mostra avrà dunque il respiro, l’agio e la piacevolezza
di una grande rassegna internazionale. Sarà esposta anche un’opera di proprietà
della GAM: il Ritratto del figlio Pierre (1885), acquistato su interessamento di
Lionello Venturi.
Con questa esposizione si vuole percorrere la complessa evoluzione del
percorso artistico di Renoir – attivo per oltre un cinquantennio tanto da produrre oltre
cinquemila dipinti e un numero elevatissimo di disegni e acquerelli –, evidenziando la grande
varietà e qualità della sua tecnica pittorica e i diversi temi affrontati.
Nell’arco della sua vita, Renoir si misura infatti con la sperimentazione della pittura en plein air,
fianco a fianco con l’amico e collega Monet, portando al tempo stesso a compimento opere in
atelier. Dedicandosi anche alla ritrattistica su commissione, è attorniato da una stretta cerchia di
ammiratori e mecenati. A testimonianza del successo già raggiunto in vita, basti pensare al fatto
che per il suo quadro Madame Charpentier con i figli (acquistato dal Metropolitan Museum of
Art di New York nel 1907) venne pagato il prezzo più alto raggiunto in quegli anni da un dipinto.
È amico personale degli impressionisti – come Monet, Cézanne, Pissarro, Berthe Morisot, Sisley
e Caillebotte, con cui discute di pittura e organizza mostre – e incoraggia altri grandi artisti
come Matisse, Bonnard, Maurice Denis. Tuttavia, la fama e il riconoscimento da parte dei suoi
contemporanei gli arrivano solo all’inizio del Novecento.
Oggi è considerato uno dei maggiori maestri a cavallo tra il XIX e il XX secolo.
La mostra torinese si articola in nove sezioni.
L’età della Bohème
Dopo l’ammissione all’Ecole des Beaux-Arts nel 1862, Renoir conosce e frequenta Alfred Sisley,
Frédéric Bazille e Claude Monet, con cui soprattutto condivide sessioni di pittura en plein air a
Fontainebleau o alla Grenouillère nei dintorni di Parigi.
Sono di questo periodo alcuni suoi ritratti di conoscenti e amici: William Sisley (1864), Frédéric
Bazille (1867), Claude Monet (1875), esposti in questa sezione con due opere dello stesso
Bazille, il suo studio (1870) e un ritratto dello stesso Renoir (1867), e uno di Monet, un paesaggio
invernale di Honfleur (1867 circa). Qui anche due dei primi nudi di Renoir, tra i temi più cari
all’artista, Il ragazzo con il gatto (1868) e Femme demi-nue couchée: la rose (1872 circa).
“Nous adorons les femmes de Renoir” (Proust)
Si entra nel cuore della mostra con una galleria di meravigliosi ritratti femminili, dove
davvero risulta difficile scegliere tra Madame Darras (1868 circa), La liseuse (1874-1876),
Giovane donna con veletta (1870 circa), Madame Georges Charpentier (1876-1877),
Femme au jabot blanc (1880), Giovane donna seduta (1909), sino al ritratto di Colonna
Romano (1913). Renoir sceglie le sue protagoniste da ogni estrazione sociale: borghesi, operaie,
ballerine, tutte rivestite da una grazia speciale e da un’impalpabile bellezza che rievocano i modelli
femminili dell’arte settecentesca. Si può dire che Renoir inventi la donna dell’Ottocento, tanto da
far scrivere a Proust: “Des femmes passent dans la rue, […] ce sont des Renoir”.
La “recherche heureuse du côté moderne” (Zola)
Qui troviamo cinque opere dedicate a uno spaccato della società moderna e ai
nuovi divertimenti dei parigini, dai balli alle escursioni in campagna: inarrivabile è La
balançoire (1876) ovvero L’altalena, dove le magnifiche figure della donna, del giardiniere e
della bambina accanto all’altalena si stagliano in un giardino dai colori vivissimi. I tocchi di colore
stesi per piccole macchie rendono l’effetto della luce solare filtrata attraverso le foglie, creando
un’atmosfera di vibrazione cromatica e luminosa, che ne fa una delle massime espressioni della
pittura impressionistica en plein air. Da questo capolavoro, il grande scrittore Emile Zola – che
incontrava Renoir nel salotto di Madame Charpentier, moglie del suo editore – trasse ispirazione
per un brano del romanzo Una pagina d’amore, ambientato in un giardino primaverile. Altro
incantevole ritratto femminile esposto è Alphonsine Fournaise (1879), mentre i celebri Ballo in
campagna e Ballo in città (1883) ritraggono mirabilmente due coppie in momenti spensierati del
loro tempo libero.
“Le métier de paysagiste” (Renoir)
La collezione di opere di paesaggio di Renoir del Musée d’Orsay è
probabilmente la più bella al mondo. Questa sezione ne presenta dieci, che
ripercorrono un esteso arco cronologico, comprendente il viaggio ad Algeri effettuato dall’artista
nel 1881. Relative a questo soggiorno nordafricano troviamo esposte: Campo di banani,
Paesaggio algerino e La moschea, dove Renoir dipinge palme baciate dal sole, giardini privati
e orti dal sapore esotico. Le altre tele rappresentano splendide vedute dove si
percepisce la grande attrazione del maestro per l’acqua, il verde e i giardini,
fonte continua di ispirazione, per la crescita perenne delle piante e quella che definiva la loro
intrinseca “irregolarità”, che considerava sacrosanta rispetto alla natura domata dall’uomo:
Chiatte sulla Senna (1869), Il Pero d’Inghilterra (1870 circa), La Senna ad Argenteuil
(1873), Il sentiero nell’erba alta (1876-1877), La Senna a Champrosay (1876), Il ponte
della ferrovia a Chatou (1881) sino a Paesaggio a Cagnes (1915 circa), dipinto dalla celebre
tenuta “Les Collettes” in Costa Azzurra, dove Renoir si rifugiò alla fine della sua vita per trovare
un clima mite che lo curasse dalla grave patologia reumatoide che lo affliggeva. “L’ambiente
circostante esercita su di lui un’influenza enorme – diceva di Renoir il fratello Edmond – si lascia
trascinare dal soggetto e soprattutto dal luogo in cui si trova.” L’artista stesso diceva di apprezzare
i dipinti “che mi fanno venir voglia di passeggiarci dentro”.
Infanzia
I bambini, spesso i suoi figli o figli di amici, sono molto presenti nell’opera di Renoir.
Queste nove opere esposte fanno a gara con i ritratti femminili nel regalarci
istantanee di volti infantili carichi di poesia: dal bellissimo pastello su carta Ritratto
di ragazza bruna seduta, con le mani incrociate (1879), al dipinto Fernand Halphen
bambino (1880) in un serioso ritratto abbigliato da marinaretto, dalla deliziosa Julie Manet
(1887) a una tenera Maternità (1885), dal Ritratto del figlio Pierre (1885), come si diceva
dalla collezione della GAM, a un altro delicato pastello Portrait de petite fille coiffée d’une
charlotte (1900 circa), al celeberrimo Il clown (Ritratto di Coco) (1909), di cui lo stesso
Claude, il figlio effigiato, ricorderà la tormentata genesi, dalla romantica Ragazza con il cappello
di paglia (1908 circa) alla incantevole Geneviève Bernheim de Villers (1910).
Le Jeunes filles au piano
Il celeberrimo capolavoro Jeunes filles au piano (1892) è stato il primo dipinto di Renoir a
entrare nelle collezioni di un museo francese. Accanto ad esso è esposta un’altra splendida tela:
Yvonne e Christine Lerolle al piano (1897-1898 circa) e due soggetti legati alla musica: il
famoso ritratto di Richard Wagner, ritratto a Palermo nel corso di un memorabile incontro tra
Renoir e il compositore tedesco, e quello di Théodore de Banville (entrambi del 1882).
“Beau comme un tableau de fleurs” (Renoir)
Piccola sezione di opere straordinarie: i bouquet di Renoir sono magistrali nella tecnica
e nei colori, è uno dei temi dove l’artista sperimenta maggiormente. “Quando dipingo fiori –
dichiarava – sperimento audacemente tonalità e valori senza preoccuparmi di rovinare l’intera tela;
non oserei fare lo stesso con una figura.” La varietà di sfumature nei colori è davvero
impressionante: Renoir gioca con la tavolozza, con pennellate morbide e delicate, evocando i
profumi dei fiori che a loro volta rimandano a sensazioni e ricordi.
“Le nu, forme indispensable de l’art” (Renoir)
È una sezione capitale della mostra, con opere fondamentali nella carriera di
Renoir, che aveva sempre manifestato un profondo interesse per l’arte italiana rinascimentale,
ammirando le opere di Raffaello, Tiziano, e il barocco nordico di Rubens, da cui assimila le forme
morbide e languide e un cromatismo pieno, che fanno parte della sua cifra stilistica riguardo al
modo di trattare la figura femminile.
“Guardo un nudo e ci vedo miriadi di piccole tinte. Ho bisogno di scoprire quelle che faranno vivere
e vibrare la carne sulla tela” – affermava il pittore.
In mostra, cinque tele spettacolari, tutte dipinte nell’ultimo periodo della sua
vita, tra il 1906 e il 1917: Femme nue couchée (Gabrielle) (1906), Grand nu (1907),
La toilette (Donna che si pettina) (1907-1908), Nudo di donna visto di spalle (1909),
Odalisque dormant (1915-1917). E una imponente scultura in bronzo, l’unica opera
plastica in mostra, Eau (La Grande Laveuse accroupie) (1917).
L’eredità delle Bagnanti
All’ultimo fondamentale capolavoro di Renoir, Le bagnanti (1918-1919), è dedicata la “chiusura”
della mostra. Il quadro è emblematico delle ricerche effettuate dall’artista alla fine della sua vita.
Qui vi celebra una natura senza tempo, da cui ogni riferimento al contemporaneo è bandito. Le
bagnanti sono da considerarsi il testamento pittorico di Renoir. È in questo
spirito che i suoi tre figli hanno donato il quadro allo Stato francese nel 1923. Le due modelle
sdraiate in primo piano e le tre bagnanti sullo sfondo della composizione hanno posato nel grande
giardino di ulivi a “Les Collettes”, la tenuta del pittore a Cagnes-sur-Mer nel Sud della Francia. Il
paesaggio mediterraneo riporta alla tradizione classica italiana e greca, quando “la Terra era il
paradiso degli dei”. “Ecco quello che voglio dipingere”, diceva Renoir. Questa visione idilliaca è
sottolineata dalla sensualità delle modelle, dala ricchezza dei colori e dala pienezza delle forme.
Queste figure devono anch’esse molto ai nudi di Tiziano e Rubens, tanto ammirati da Renoir.
Fanno trasparire un piacere di dipingere che la malattia e le sofferenze del pittore alla fine della
sua vita non hanno sconfitto.
In mostra sono esposti anche gli strumenti di lavoro dell’artista: tavolozza, scatola
di colori, pennelli, inseparabili attrezzi del grande maestro. Sino all’ultimo aveva
lavorato alle sue Bagnanti, facendosi legare i pennelli alle dita ormai deformate dall’artrite
reumatoide. Renoir muore il 3 dicembre 1919, ucciso da un’infezione polmonare; la sera prima di
morire pronuncia queste parole: “Forse adesso incomincio a capire qualcosa”. Dopo neppure due
mesi muore anche Modigliani, che Renoir riceveva spesso nel suo studio. Il mondo dell’arte perde
così due straordinari interpreti.
Accompagna la mostra una pubblicazione edita da Skira che presenta, oltre alle
riproduzioni delle opere in mostra, diversi contributi critici. In particolare, Sylvie Patry
approfondisce il lungo e complesso percorso stilistico di Renoir. Il contributo di Riccardo
Passoni è invece dedicato alla presenza di Renoir alla Biennale di Venezia del 1910 – dove
vennero esposte trentasette sue opere – e all’influenza che tale partecipazione ebbe su alcuni
grandi artisti italiani come Boccioni, Carrà, Soffici, Morandi e De Chirico, che intorno al 1930 si
lega stilisticamente alla poetica del grande maestro francese. Un altro testo, a cura di Augustin
De Butler, è destinato invece a ripercorrere l’interesse dell’artista per l’arte italiana durante il suo
viaggio nel nostro Paese.
Rappresentare la bellezza, sorprendere con luce e colore, ritrarre la vita della
propria epoca con un delicato realismo, sono elementi chiave della filosofia
pittorica di Renoir, che ne fanno ancora oggi uno dei pittori più amati dal pubblico.
La mostra di Torino vuole essere un omaggio alla sua arte e un’occasione irripetibile per
ripercorrerne la vicenda artistica e umana, e permette di ammirare opere straordinarie, la maggior
parte delle quali mai esposte in Italia.
GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
Via Magenta 31 – Torino
INFO: Centralino tel. 011 4429518 – Segreteria tel. 011 4429595
e-mail gam@fondazionetorinomusei.it - sito www.gamtorino.it
Uffici Stampa:
Skira
Lucia Crespi, tel 02 89415532, 02 89401645, lucia@luciacrespi.it
Fondazione Torino Musei:
Daniela Matteu, Tanja Gentilini, tel 011 4429523, daniela.matteu@fondazionetorinomusei.it,
tanja.gentilini@fondazionetorinomusei.it
Contemporanea di Torino e Skira editore
presentano
RENOIR
dalle Collezioni del Musée d’Orsay e dell’Orangerie
GAM - Via Magenta 31, Torino. Dal 23 ottobre 2013 al 23
febbraio 2014
Una splendida mostra dedicata al grande artista francese, con
i capolavori dalle Collezioni del Musée d’Orsay e del Musée de
l’Orangerie di Parigi
Prosegue la collaborazione fortemente voluta dal Sindaco, Piero Fassino, tra Città di
Torino, Musée d’Orsay e Skira editore, che ha avuto inizio nel 2012 con la grande mostra
dedicata a Degas.
Quest’anno la GAM presenta infatti una nuova straordinaria rassegna dedicata a PierreAuguste Renoir (1841-1919), artista tra i protagonisti, con Manet, Monet, Degas,
Pissarro, Sisley, Cézanne, tra gli anni Ottanta dell’Ottocento e il primo ventennio del
Novecento, della grande stagione dell’Impressionismo francese.
Un importante accordo siglato tra la GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e
Contemporanea di Torino - Fondazione Torino Musei, Skira editore e il
Musée d’Orsay di Parigi – con Danilo Eccher, Direttore della GAM, Massimo Vitta
Zelman, Presidente di Skira, e Guy Cogeval, Presidente del Musée d’Orsay e dell’Orangerie
– ha permesso di definire un progetto scientifico di grande valenza, che porta nel capoluogo
piemontese una splendida mostra, davvero unica per la qualità delle opere presentate.
Il Musée d’Orsay e il Musée de l’Orangerie, che conservano la collezione più completa
al mondo dell’opera di Renoir, hanno accettato di privarsi per quattro mesi di una sessantina
di capolavori, per dare vita a una straordinaria rassegna che documenta tutta
l’attività di questo grandissimo pittore, testimoniando i momenti più significativi
e le svolte che, partendo dagli esordi, hanno portato l’artista a fine carriera a un progressivo
allontanamento dall’Impressionismo.
La curatela della mostra è affidata a Sylvie Patry, Conservatore Capo presso il Musée
d’Orsay e grande specialista di Renoir, e a Riccardo Passoni, Vice Direttore della GAM di
Torino.
Skira, in stretta collaborazione con la Fondazione Torino Musei, produce la
rassegna, curandone gli aspetti organizzativi e promozionali e ne pubblica il
catalogo.
La mostra sarà allestita al primo piano della GAM, nella sala dell’Exhibition Area,
all’interno del percorso delle collezioni permanenti, recentemente riallestite secondo quattro nuovi
percorsi tematici.
Anche dal punto di vista dell’allestimento la mostra avrà dunque il respiro, l’agio e la piacevolezza
di una grande rassegna internazionale. Sarà esposta anche un’opera di proprietà
della GAM: il Ritratto del figlio Pierre (1885), acquistato su interessamento di
Lionello Venturi.
Con questa esposizione si vuole percorrere la complessa evoluzione del
percorso artistico di Renoir – attivo per oltre un cinquantennio tanto da produrre oltre
cinquemila dipinti e un numero elevatissimo di disegni e acquerelli –, evidenziando la grande
varietà e qualità della sua tecnica pittorica e i diversi temi affrontati.
Nell’arco della sua vita, Renoir si misura infatti con la sperimentazione della pittura en plein air,
fianco a fianco con l’amico e collega Monet, portando al tempo stesso a compimento opere in
atelier. Dedicandosi anche alla ritrattistica su commissione, è attorniato da una stretta cerchia di
ammiratori e mecenati. A testimonianza del successo già raggiunto in vita, basti pensare al fatto
che per il suo quadro Madame Charpentier con i figli (acquistato dal Metropolitan Museum of
Art di New York nel 1907) venne pagato il prezzo più alto raggiunto in quegli anni da un dipinto.
È amico personale degli impressionisti – come Monet, Cézanne, Pissarro, Berthe Morisot, Sisley
e Caillebotte, con cui discute di pittura e organizza mostre – e incoraggia altri grandi artisti
come Matisse, Bonnard, Maurice Denis. Tuttavia, la fama e il riconoscimento da parte dei suoi
contemporanei gli arrivano solo all’inizio del Novecento.
Oggi è considerato uno dei maggiori maestri a cavallo tra il XIX e il XX secolo.
La mostra torinese si articola in nove sezioni.
L’età della Bohème
Dopo l’ammissione all’Ecole des Beaux-Arts nel 1862, Renoir conosce e frequenta Alfred Sisley,
Frédéric Bazille e Claude Monet, con cui soprattutto condivide sessioni di pittura en plein air a
Fontainebleau o alla Grenouillère nei dintorni di Parigi.
Sono di questo periodo alcuni suoi ritratti di conoscenti e amici: William Sisley (1864), Frédéric
Bazille (1867), Claude Monet (1875), esposti in questa sezione con due opere dello stesso
Bazille, il suo studio (1870) e un ritratto dello stesso Renoir (1867), e uno di Monet, un paesaggio
invernale di Honfleur (1867 circa). Qui anche due dei primi nudi di Renoir, tra i temi più cari
all’artista, Il ragazzo con il gatto (1868) e Femme demi-nue couchée: la rose (1872 circa).
“Nous adorons les femmes de Renoir” (Proust)
Si entra nel cuore della mostra con una galleria di meravigliosi ritratti femminili, dove
davvero risulta difficile scegliere tra Madame Darras (1868 circa), La liseuse (1874-1876),
Giovane donna con veletta (1870 circa), Madame Georges Charpentier (1876-1877),
Femme au jabot blanc (1880), Giovane donna seduta (1909), sino al ritratto di Colonna
Romano (1913). Renoir sceglie le sue protagoniste da ogni estrazione sociale: borghesi, operaie,
ballerine, tutte rivestite da una grazia speciale e da un’impalpabile bellezza che rievocano i modelli
femminili dell’arte settecentesca. Si può dire che Renoir inventi la donna dell’Ottocento, tanto da
far scrivere a Proust: “Des femmes passent dans la rue, […] ce sont des Renoir”.
La “recherche heureuse du côté moderne” (Zola)
Qui troviamo cinque opere dedicate a uno spaccato della società moderna e ai
nuovi divertimenti dei parigini, dai balli alle escursioni in campagna: inarrivabile è La
balançoire (1876) ovvero L’altalena, dove le magnifiche figure della donna, del giardiniere e
della bambina accanto all’altalena si stagliano in un giardino dai colori vivissimi. I tocchi di colore
stesi per piccole macchie rendono l’effetto della luce solare filtrata attraverso le foglie, creando
un’atmosfera di vibrazione cromatica e luminosa, che ne fa una delle massime espressioni della
pittura impressionistica en plein air. Da questo capolavoro, il grande scrittore Emile Zola – che
incontrava Renoir nel salotto di Madame Charpentier, moglie del suo editore – trasse ispirazione
per un brano del romanzo Una pagina d’amore, ambientato in un giardino primaverile. Altro
incantevole ritratto femminile esposto è Alphonsine Fournaise (1879), mentre i celebri Ballo in
campagna e Ballo in città (1883) ritraggono mirabilmente due coppie in momenti spensierati del
loro tempo libero.
“Le métier de paysagiste” (Renoir)
La collezione di opere di paesaggio di Renoir del Musée d’Orsay è
probabilmente la più bella al mondo. Questa sezione ne presenta dieci, che
ripercorrono un esteso arco cronologico, comprendente il viaggio ad Algeri effettuato dall’artista
nel 1881. Relative a questo soggiorno nordafricano troviamo esposte: Campo di banani,
Paesaggio algerino e La moschea, dove Renoir dipinge palme baciate dal sole, giardini privati
e orti dal sapore esotico. Le altre tele rappresentano splendide vedute dove si
percepisce la grande attrazione del maestro per l’acqua, il verde e i giardini,
fonte continua di ispirazione, per la crescita perenne delle piante e quella che definiva la loro
intrinseca “irregolarità”, che considerava sacrosanta rispetto alla natura domata dall’uomo:
Chiatte sulla Senna (1869), Il Pero d’Inghilterra (1870 circa), La Senna ad Argenteuil
(1873), Il sentiero nell’erba alta (1876-1877), La Senna a Champrosay (1876), Il ponte
della ferrovia a Chatou (1881) sino a Paesaggio a Cagnes (1915 circa), dipinto dalla celebre
tenuta “Les Collettes” in Costa Azzurra, dove Renoir si rifugiò alla fine della sua vita per trovare
un clima mite che lo curasse dalla grave patologia reumatoide che lo affliggeva. “L’ambiente
circostante esercita su di lui un’influenza enorme – diceva di Renoir il fratello Edmond – si lascia
trascinare dal soggetto e soprattutto dal luogo in cui si trova.” L’artista stesso diceva di apprezzare
i dipinti “che mi fanno venir voglia di passeggiarci dentro”.
Infanzia
I bambini, spesso i suoi figli o figli di amici, sono molto presenti nell’opera di Renoir.
Queste nove opere esposte fanno a gara con i ritratti femminili nel regalarci
istantanee di volti infantili carichi di poesia: dal bellissimo pastello su carta Ritratto
di ragazza bruna seduta, con le mani incrociate (1879), al dipinto Fernand Halphen
bambino (1880) in un serioso ritratto abbigliato da marinaretto, dalla deliziosa Julie Manet
(1887) a una tenera Maternità (1885), dal Ritratto del figlio Pierre (1885), come si diceva
dalla collezione della GAM, a un altro delicato pastello Portrait de petite fille coiffée d’une
charlotte (1900 circa), al celeberrimo Il clown (Ritratto di Coco) (1909), di cui lo stesso
Claude, il figlio effigiato, ricorderà la tormentata genesi, dalla romantica Ragazza con il cappello
di paglia (1908 circa) alla incantevole Geneviève Bernheim de Villers (1910).
Le Jeunes filles au piano
Il celeberrimo capolavoro Jeunes filles au piano (1892) è stato il primo dipinto di Renoir a
entrare nelle collezioni di un museo francese. Accanto ad esso è esposta un’altra splendida tela:
Yvonne e Christine Lerolle al piano (1897-1898 circa) e due soggetti legati alla musica: il
famoso ritratto di Richard Wagner, ritratto a Palermo nel corso di un memorabile incontro tra
Renoir e il compositore tedesco, e quello di Théodore de Banville (entrambi del 1882).
“Beau comme un tableau de fleurs” (Renoir)
Piccola sezione di opere straordinarie: i bouquet di Renoir sono magistrali nella tecnica
e nei colori, è uno dei temi dove l’artista sperimenta maggiormente. “Quando dipingo fiori –
dichiarava – sperimento audacemente tonalità e valori senza preoccuparmi di rovinare l’intera tela;
non oserei fare lo stesso con una figura.” La varietà di sfumature nei colori è davvero
impressionante: Renoir gioca con la tavolozza, con pennellate morbide e delicate, evocando i
profumi dei fiori che a loro volta rimandano a sensazioni e ricordi.
“Le nu, forme indispensable de l’art” (Renoir)
È una sezione capitale della mostra, con opere fondamentali nella carriera di
Renoir, che aveva sempre manifestato un profondo interesse per l’arte italiana rinascimentale,
ammirando le opere di Raffaello, Tiziano, e il barocco nordico di Rubens, da cui assimila le forme
morbide e languide e un cromatismo pieno, che fanno parte della sua cifra stilistica riguardo al
modo di trattare la figura femminile.
“Guardo un nudo e ci vedo miriadi di piccole tinte. Ho bisogno di scoprire quelle che faranno vivere
e vibrare la carne sulla tela” – affermava il pittore.
In mostra, cinque tele spettacolari, tutte dipinte nell’ultimo periodo della sua
vita, tra il 1906 e il 1917: Femme nue couchée (Gabrielle) (1906), Grand nu (1907),
La toilette (Donna che si pettina) (1907-1908), Nudo di donna visto di spalle (1909),
Odalisque dormant (1915-1917). E una imponente scultura in bronzo, l’unica opera
plastica in mostra, Eau (La Grande Laveuse accroupie) (1917).
L’eredità delle Bagnanti
All’ultimo fondamentale capolavoro di Renoir, Le bagnanti (1918-1919), è dedicata la “chiusura”
della mostra. Il quadro è emblematico delle ricerche effettuate dall’artista alla fine della sua vita.
Qui vi celebra una natura senza tempo, da cui ogni riferimento al contemporaneo è bandito. Le
bagnanti sono da considerarsi il testamento pittorico di Renoir. È in questo
spirito che i suoi tre figli hanno donato il quadro allo Stato francese nel 1923. Le due modelle
sdraiate in primo piano e le tre bagnanti sullo sfondo della composizione hanno posato nel grande
giardino di ulivi a “Les Collettes”, la tenuta del pittore a Cagnes-sur-Mer nel Sud della Francia. Il
paesaggio mediterraneo riporta alla tradizione classica italiana e greca, quando “la Terra era il
paradiso degli dei”. “Ecco quello che voglio dipingere”, diceva Renoir. Questa visione idilliaca è
sottolineata dalla sensualità delle modelle, dala ricchezza dei colori e dala pienezza delle forme.
Queste figure devono anch’esse molto ai nudi di Tiziano e Rubens, tanto ammirati da Renoir.
Fanno trasparire un piacere di dipingere che la malattia e le sofferenze del pittore alla fine della
sua vita non hanno sconfitto.
In mostra sono esposti anche gli strumenti di lavoro dell’artista: tavolozza, scatola
di colori, pennelli, inseparabili attrezzi del grande maestro. Sino all’ultimo aveva
lavorato alle sue Bagnanti, facendosi legare i pennelli alle dita ormai deformate dall’artrite
reumatoide. Renoir muore il 3 dicembre 1919, ucciso da un’infezione polmonare; la sera prima di
morire pronuncia queste parole: “Forse adesso incomincio a capire qualcosa”. Dopo neppure due
mesi muore anche Modigliani, che Renoir riceveva spesso nel suo studio. Il mondo dell’arte perde
così due straordinari interpreti.
Accompagna la mostra una pubblicazione edita da Skira che presenta, oltre alle
riproduzioni delle opere in mostra, diversi contributi critici. In particolare, Sylvie Patry
approfondisce il lungo e complesso percorso stilistico di Renoir. Il contributo di Riccardo
Passoni è invece dedicato alla presenza di Renoir alla Biennale di Venezia del 1910 – dove
vennero esposte trentasette sue opere – e all’influenza che tale partecipazione ebbe su alcuni
grandi artisti italiani come Boccioni, Carrà, Soffici, Morandi e De Chirico, che intorno al 1930 si
lega stilisticamente alla poetica del grande maestro francese. Un altro testo, a cura di Augustin
De Butler, è destinato invece a ripercorrere l’interesse dell’artista per l’arte italiana durante il suo
viaggio nel nostro Paese.
Rappresentare la bellezza, sorprendere con luce e colore, ritrarre la vita della
propria epoca con un delicato realismo, sono elementi chiave della filosofia
pittorica di Renoir, che ne fanno ancora oggi uno dei pittori più amati dal pubblico.
La mostra di Torino vuole essere un omaggio alla sua arte e un’occasione irripetibile per
ripercorrerne la vicenda artistica e umana, e permette di ammirare opere straordinarie, la maggior
parte delle quali mai esposte in Italia.
GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
Via Magenta 31 – Torino
INFO: Centralino tel. 011 4429518 – Segreteria tel. 011 4429595
e-mail gam@fondazionetorinomusei.it - sito www.gamtorino.it
Uffici Stampa:
Skira
Lucia Crespi, tel 02 89415532, 02 89401645, lucia@luciacrespi.it
Fondazione Torino Musei:
Daniela Matteu, Tanja Gentilini, tel 011 4429523, daniela.matteu@fondazionetorinomusei.it,
tanja.gentilini@fondazionetorinomusei.it
23
ottobre 2013
RENOIR dalle Collezioni del Musée d’Orsay e dell’Orangerie
Dal 23 ottobre 2013 al 23 febbraio 2014
arte moderna
Location
GAM – GALLERIA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Torino, Via Magenta, 31, (Torino)
Torino, Via Magenta, 31, (Torino)
Editore
SKIRA
Autore
Curatore