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Ri-specchio
La parola specchio ha le sue origini nel latino Speculum, cha ha a sua volta radice in specere: guardare, osservare.
Comunicato stampa
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RI-SPECCHIO
Lorella Giudici
Le motivazioni di questa mostra sono molteplici, tra le prime si può però dire che essa nasca dalla curiosità di un percorso etimologico.
La parola specchio ha le sue origini nel latino Speculum, cha ha a sua volta radice in specere: guardare, osservare. Ma da specere deriva anche il vocabolo latino speculari (indagare, esaminare), dal quale in italiano prende forma il termine speculare. E’ interessante scoprire che tanto lo specchio quanto la specularità (entrambi, come dicevamo, derivati da specere), che nel pensare comune presuppongono l’idea e la funzione del riverbero, nella loro origine semantica essi non prevedevano affatto questa possibilità. Anzi, se si intendesse proseguire su questa strada e si volesse essere precisi, il verbo riflettere deriva anch’esso dal latino, re-flectere e significa “piegare indietro”, tuttavia, etimologicamente parlando, è tutta un’altra storia. Così, guardare, osservare, indagare e esaminare, ma non rimandare l’immagine speculare del mondo, che è la prima cosa a cui solitamente si pensa quando si ricorda uno specchio o, come usualmente si dice, una superficie riflettente, appunto. Tuttavia, l’arte, che segue una propria semantica e non le vie ufficiali dell’etimo, tutti questi aspetti li ha comunque affrontati, sviscerati, risolti e arricchiti, come dimostrano le opere riunite in questa nutrita rassegna.
Una seconda ragione nasce dal desiderio di confrontarsi con una mostra “a tema”, cioè con un percorso e un obbiettivo stabiliti, entro i cui limiti le opere di quarantaquattro artisti hanno non solo trovato posto ma ne hanno dato un contributo di lettura, approfondendone sia le implicazioni concettuali che l’oggetto in sé (lo specchio). Per affrontare questo complesso argomento sono state allora volutamente selezionate non opere appositamente realizzate, bensì lavori che fanno parte del bagaglio di artisti che da tempo s’impegnano su questi temi o con questa specifica materia.
In definitiva, una mostra che ha, potremmo dire, una doppia anima: una “esterna”, costituita dalla sostanza, e una “interna” rappresentata dai suoi significati (e lo specchio ha un bagaglio iconografico che si perde nella notte dei tempi). Anche se, come vedremo, nelle singole opere i confini non sempre sapranno essere così netti, al contrario capiterà spesso che le due parti confluiscano, si sovrappongano o si fondano.
ri-specchio lo specchio: GUARDARE
Lo specchio è prima di tutto materia, superficie fredda, sostanza lucida e argentata. E’ un oggetto d’uso quotidiano che un tempo si pensava persino dotato di magia, seppure non sempre con significato positivo (i demoni, ad esempio, non si riflettono). E’ innegabile che lo specchio abbia un fascino magnetico, oggi è addirittura divenuto l’icona del tempo, il giudice imparziale e a volte spietato di una realtà che pare vivere a sua volta (ironia della sorte!) di un caleidoscopio di riflessi. Esso è l’emblema di una società che guarda all’esteriorità, alla superficie, a un’immagine peritura e chimerica. Insomma, lo specchio riassume in sé l’assurdità di un dualismo che sembra seguire le leggi della vita: esso è realtà e finzione, verità e illusione, immagine cangiante e volubile di attimi di vita, di corpi, di forme e di spazi mutevoli e complessi. Lo specchio è la materia di cui Mavi Ferrando, Alessio Larocchi, Pierre Poggi, Salvatore Licitra, Shuzo Azuchi Gulliver, Haruka Fujita, John Sultana, Luigi Negro Barquez, Tullio Brunone, Lorenzo Alagio, Flavio Favelli si sono serviti come elemento primario o complementare del loro lavoro, come territorio su cui appuntare, agire o guardar scorrere le immagini della vita, la storia dell’uomo, lo spirito del tempo. I loro sono specchi davanti ai quali occorre pensare, ma soprattutto occorre sostare per porsi delle domande, per minare le certezze, per fomentare il sacro e proficuo beneficio del dubbio.
ri-specchio il riflesso: ESAMINARE
La leggenda narra che Eco s’innamorò perdutamente del bel Narciso, ma a causa della sua condanna (Giunone l’aveva castigata a ripetere le ultime lettere delle parole) non riusciva a dichiarargli il proprio amore. Narciso era però indifferente all’amore, tanto che Nemesi, la dea della vendetta, lo spinse a bere a una sorgente sull’Elicona (il monte delle muse) e quando il giovane vide la propria immagine riflessa nell’acqua se ne innamorò. Narciso si era innamorato di un’illusione, di quell’incantevole riverbero che lo specchio d’acqua gli andava raccontando, di quel se stesso che vedeva speculare nello stagno come una magica apparizione e pertanto irraggiungibile. La storia potrebbe essere anche al femminile (come la bella “Narcisa” dipinta da Clara Brasca) e non cambierebbe di sostanza. In quell’immagine di sé l’esteriorità, le forme, i colori, le linee si moltiplicano in un’eco stereometrica, si ribaltano con una precisione maniacale, quasi una regola matematica: cambiando il verso delle cose il risultato non cambia (sarà vero?). Un attento esame delle forme e dei colori presuppone implicazioni percettive ma anche e soprattutto psicologiche e contenutistiche. Un confronto con se stessi, una conoscenza di sé prima che del mondo o dell’altro, un mettere in discussione la propria identità e la propria coscienza sono indispensabili, ma è altrettanto fondamentale la capacità di guardare il mondo da un’altra angolazione, che è come dire mettersi dall’altra parte, mutare il proprio punto di vista per esaminare la realtà dal lato più nascosto o meno praticato. Ovvero, mettere a nudo se stessi e gli altri, definire i contorni e i contenuti per comprenderne l’essenza, le debolezze e le virtù delle cose. Su questa strada si ritrovano le opere di Piero Addis, Fontas Konsolakis, Danilo Premoli, Paola Sabatti Bassini, Federico Simonelli, Aldo Spinelli, Antonio Sormani, Elisabetta Zanella, Giulio Calegari.
ri-specchio il doppio : OSSERVARE
Lo specchio è il doppio, identico in tutto all’originale, uguale nel minimo dettaglio, nelle pieghe dell’abito, nelle rughe del viso, nel gesto delle mani, nel profilo del volto. Osservare il mondo che sosta o passa sullo specchio è come vederne la copia fotostatica. Eppure resta viva l’impressione di guardare non un clone ma un altro da sé, non un identico ma una copia, un simile, persino un diverso da sé, in un incredibile mix di identità e alterità. A volte queste figure si ritrovano ad essere complementari, ma restano pur sempre opposte, simmetriche, speculari e distanti.
In questo paradossale gioco di rimandi l’io è l’altro e l’altro è l’io. Dal confronto si aprono però due vie: la conoscenza o la paura di sé e dell’altro da sé. Tra queste due possibilità Pirandello ne insinua una terza: il dubbio di capire se quello che io vedo riflesso è quello che veramente sono e se, in seconda battuta, quell’essere riflesso e che io probabilmente conosco per essere già diverso da quello dell’immagine che lo specchio mi rimanda è visto anche dagli altri con gli stessi occhi. Quindi, gli altri mi vedono come mi racconta lo specchio o mi vedono come realmente sono? E io, sono quello che vedo? Gianluigi Antonelli, Dome Bulfaro, Pat De Caro, Alexandra Gredler, Nena & Tomy, Christoph Scheuerecher, Stefano Soddu, Jelena Vasilijev, Simona Spaggiari, Franco Baccan, Armando Tinnirello hanno cercato delle risposte, si sono confrontati sull’alterità e sul doppio, sull’essere e l’apparire, sull’unicità e la complementarietà e ne hanno indagato le infinite sfumature.
ri-specchio lo spirito: INDAGARE
Per qualcuno lo specchio non è quella sfinge immobile e impassibile, quell’essere enigmatico da temere e fuggire, è, al contrario un luogo fantastico e magico, un luogo in cui i sogni divengono realtà e i desideri incantevoli avventure. Ci sono occhi che si posano sulla sua algida e saturnina pelle con lo stupore e la meraviglia di un fanciullo, con la speranza di un’imprevedibile alchimia e con l’ingenua e folle illusione di attraversarne incolumi (come Alice) il gelido strato di vetro. C’è chi, sprezzante del pericolo e immune dagl’incantesimi, ha deciso di andare oltre, di “rompere” quella coriacea membrana per rivelarne il contenuto. Per Giuliana Alberti, Albino De Francesco, Stefania Della Torre, Gianni Gangai, Libera Mazzoleni, Paolo Pessarelli, Stefano Priori, Maria Elena Rizzi, Charaka Simoncelli, Domenico Pievani, ri-specchio è, a proposito, un verbo coniugato in prima persona, è sinonimo di indagine interiore, di perlustrazione intima e personale di sé, della propria mente e del proprio spirito. E’ un “riflettere” ad alta voce sulla propria storia, le proprie idee, senza riserve e senza barriere.
Con grazia o con ironia, con commozione o con amarezza, in modo diretto o con la dolcezza della poesia è un modo come un altro per compiere un’incursione nella parte più profonda dell’essere. Che sia una confessione o uno sfogo, un sussurro o un grido, un canto o una denuncia, è il loro stile di vita, è una scelta, è la loro filosofia.
Lorella Giudici
Le motivazioni di questa mostra sono molteplici, tra le prime si può però dire che essa nasca dalla curiosità di un percorso etimologico.
La parola specchio ha le sue origini nel latino Speculum, cha ha a sua volta radice in specere: guardare, osservare. Ma da specere deriva anche il vocabolo latino speculari (indagare, esaminare), dal quale in italiano prende forma il termine speculare. E’ interessante scoprire che tanto lo specchio quanto la specularità (entrambi, come dicevamo, derivati da specere), che nel pensare comune presuppongono l’idea e la funzione del riverbero, nella loro origine semantica essi non prevedevano affatto questa possibilità. Anzi, se si intendesse proseguire su questa strada e si volesse essere precisi, il verbo riflettere deriva anch’esso dal latino, re-flectere e significa “piegare indietro”, tuttavia, etimologicamente parlando, è tutta un’altra storia. Così, guardare, osservare, indagare e esaminare, ma non rimandare l’immagine speculare del mondo, che è la prima cosa a cui solitamente si pensa quando si ricorda uno specchio o, come usualmente si dice, una superficie riflettente, appunto. Tuttavia, l’arte, che segue una propria semantica e non le vie ufficiali dell’etimo, tutti questi aspetti li ha comunque affrontati, sviscerati, risolti e arricchiti, come dimostrano le opere riunite in questa nutrita rassegna.
Una seconda ragione nasce dal desiderio di confrontarsi con una mostra “a tema”, cioè con un percorso e un obbiettivo stabiliti, entro i cui limiti le opere di quarantaquattro artisti hanno non solo trovato posto ma ne hanno dato un contributo di lettura, approfondendone sia le implicazioni concettuali che l’oggetto in sé (lo specchio). Per affrontare questo complesso argomento sono state allora volutamente selezionate non opere appositamente realizzate, bensì lavori che fanno parte del bagaglio di artisti che da tempo s’impegnano su questi temi o con questa specifica materia.
In definitiva, una mostra che ha, potremmo dire, una doppia anima: una “esterna”, costituita dalla sostanza, e una “interna” rappresentata dai suoi significati (e lo specchio ha un bagaglio iconografico che si perde nella notte dei tempi). Anche se, come vedremo, nelle singole opere i confini non sempre sapranno essere così netti, al contrario capiterà spesso che le due parti confluiscano, si sovrappongano o si fondano.
ri-specchio lo specchio: GUARDARE
Lo specchio è prima di tutto materia, superficie fredda, sostanza lucida e argentata. E’ un oggetto d’uso quotidiano che un tempo si pensava persino dotato di magia, seppure non sempre con significato positivo (i demoni, ad esempio, non si riflettono). E’ innegabile che lo specchio abbia un fascino magnetico, oggi è addirittura divenuto l’icona del tempo, il giudice imparziale e a volte spietato di una realtà che pare vivere a sua volta (ironia della sorte!) di un caleidoscopio di riflessi. Esso è l’emblema di una società che guarda all’esteriorità, alla superficie, a un’immagine peritura e chimerica. Insomma, lo specchio riassume in sé l’assurdità di un dualismo che sembra seguire le leggi della vita: esso è realtà e finzione, verità e illusione, immagine cangiante e volubile di attimi di vita, di corpi, di forme e di spazi mutevoli e complessi. Lo specchio è la materia di cui Mavi Ferrando, Alessio Larocchi, Pierre Poggi, Salvatore Licitra, Shuzo Azuchi Gulliver, Haruka Fujita, John Sultana, Luigi Negro Barquez, Tullio Brunone, Lorenzo Alagio, Flavio Favelli si sono serviti come elemento primario o complementare del loro lavoro, come territorio su cui appuntare, agire o guardar scorrere le immagini della vita, la storia dell’uomo, lo spirito del tempo. I loro sono specchi davanti ai quali occorre pensare, ma soprattutto occorre sostare per porsi delle domande, per minare le certezze, per fomentare il sacro e proficuo beneficio del dubbio.
ri-specchio il riflesso: ESAMINARE
La leggenda narra che Eco s’innamorò perdutamente del bel Narciso, ma a causa della sua condanna (Giunone l’aveva castigata a ripetere le ultime lettere delle parole) non riusciva a dichiarargli il proprio amore. Narciso era però indifferente all’amore, tanto che Nemesi, la dea della vendetta, lo spinse a bere a una sorgente sull’Elicona (il monte delle muse) e quando il giovane vide la propria immagine riflessa nell’acqua se ne innamorò. Narciso si era innamorato di un’illusione, di quell’incantevole riverbero che lo specchio d’acqua gli andava raccontando, di quel se stesso che vedeva speculare nello stagno come una magica apparizione e pertanto irraggiungibile. La storia potrebbe essere anche al femminile (come la bella “Narcisa” dipinta da Clara Brasca) e non cambierebbe di sostanza. In quell’immagine di sé l’esteriorità, le forme, i colori, le linee si moltiplicano in un’eco stereometrica, si ribaltano con una precisione maniacale, quasi una regola matematica: cambiando il verso delle cose il risultato non cambia (sarà vero?). Un attento esame delle forme e dei colori presuppone implicazioni percettive ma anche e soprattutto psicologiche e contenutistiche. Un confronto con se stessi, una conoscenza di sé prima che del mondo o dell’altro, un mettere in discussione la propria identità e la propria coscienza sono indispensabili, ma è altrettanto fondamentale la capacità di guardare il mondo da un’altra angolazione, che è come dire mettersi dall’altra parte, mutare il proprio punto di vista per esaminare la realtà dal lato più nascosto o meno praticato. Ovvero, mettere a nudo se stessi e gli altri, definire i contorni e i contenuti per comprenderne l’essenza, le debolezze e le virtù delle cose. Su questa strada si ritrovano le opere di Piero Addis, Fontas Konsolakis, Danilo Premoli, Paola Sabatti Bassini, Federico Simonelli, Aldo Spinelli, Antonio Sormani, Elisabetta Zanella, Giulio Calegari.
ri-specchio il doppio : OSSERVARE
Lo specchio è il doppio, identico in tutto all’originale, uguale nel minimo dettaglio, nelle pieghe dell’abito, nelle rughe del viso, nel gesto delle mani, nel profilo del volto. Osservare il mondo che sosta o passa sullo specchio è come vederne la copia fotostatica. Eppure resta viva l’impressione di guardare non un clone ma un altro da sé, non un identico ma una copia, un simile, persino un diverso da sé, in un incredibile mix di identità e alterità. A volte queste figure si ritrovano ad essere complementari, ma restano pur sempre opposte, simmetriche, speculari e distanti.
In questo paradossale gioco di rimandi l’io è l’altro e l’altro è l’io. Dal confronto si aprono però due vie: la conoscenza o la paura di sé e dell’altro da sé. Tra queste due possibilità Pirandello ne insinua una terza: il dubbio di capire se quello che io vedo riflesso è quello che veramente sono e se, in seconda battuta, quell’essere riflesso e che io probabilmente conosco per essere già diverso da quello dell’immagine che lo specchio mi rimanda è visto anche dagli altri con gli stessi occhi. Quindi, gli altri mi vedono come mi racconta lo specchio o mi vedono come realmente sono? E io, sono quello che vedo? Gianluigi Antonelli, Dome Bulfaro, Pat De Caro, Alexandra Gredler, Nena & Tomy, Christoph Scheuerecher, Stefano Soddu, Jelena Vasilijev, Simona Spaggiari, Franco Baccan, Armando Tinnirello hanno cercato delle risposte, si sono confrontati sull’alterità e sul doppio, sull’essere e l’apparire, sull’unicità e la complementarietà e ne hanno indagato le infinite sfumature.
ri-specchio lo spirito: INDAGARE
Per qualcuno lo specchio non è quella sfinge immobile e impassibile, quell’essere enigmatico da temere e fuggire, è, al contrario un luogo fantastico e magico, un luogo in cui i sogni divengono realtà e i desideri incantevoli avventure. Ci sono occhi che si posano sulla sua algida e saturnina pelle con lo stupore e la meraviglia di un fanciullo, con la speranza di un’imprevedibile alchimia e con l’ingenua e folle illusione di attraversarne incolumi (come Alice) il gelido strato di vetro. C’è chi, sprezzante del pericolo e immune dagl’incantesimi, ha deciso di andare oltre, di “rompere” quella coriacea membrana per rivelarne il contenuto. Per Giuliana Alberti, Albino De Francesco, Stefania Della Torre, Gianni Gangai, Libera Mazzoleni, Paolo Pessarelli, Stefano Priori, Maria Elena Rizzi, Charaka Simoncelli, Domenico Pievani, ri-specchio è, a proposito, un verbo coniugato in prima persona, è sinonimo di indagine interiore, di perlustrazione intima e personale di sé, della propria mente e del proprio spirito. E’ un “riflettere” ad alta voce sulla propria storia, le proprie idee, senza riserve e senza barriere.
Con grazia o con ironia, con commozione o con amarezza, in modo diretto o con la dolcezza della poesia è un modo come un altro per compiere un’incursione nella parte più profonda dell’essere. Che sia una confessione o uno sfogo, un sussurro o un grido, un canto o una denuncia, è il loro stile di vita, è una scelta, è la loro filosofia.
20
novembre 2003
Ri-specchio
Dal 20 novembre al 20 dicembre 2003
arte contemporanea
Location
DIECI.DUE!
Milano, Via Volvinio, 30, (Milano)
Milano, Via Volvinio, 30, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a venerdì dalle h.15,30 alle 19 e su appuntamento