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Ridateci la terra, 50 spaventapasseri scendono in piazza
Reduci dall’esposizione a Fabriano, una folta schiera di spaventapasseri, assurti a simbolo di un nuovo auspicato equilibrio tra città e ambiente naturale, scendono in piazza nel cuore di Roma per reclamare la propria terra.
Comunicato stampa
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Quando l’uomo mai distoglieva i piedi da terra e gli occhi dal cielo, quando lo sguardo andava oltre l’orizzonte dove tutto si ricongiunge, quando lo scorrere lento delle ore, dei giorni, delle stagioni segnava il tempo, quando i mondi dell’anima erano in sintonia con i ritmi dell’universo, quando la coscienza dell’appartenenza e della dipendenza governava il quotidiano, loro erano lì, piccola cosa, a difendere il lavoro d’ogni giorno per la sopravvivenza.
Non certo per scongiurare i nubifragi, i terremoti e le catastrofi, ma per tenere lontani gli uccelli.
Quegli stessi uccelli che nell’ambiente naturale, non condizionato dalla presenza umana, propagano il seme dando vita a vegetazioni “spontanee” i cui frutti, a disposizione di tutti, sono la ricchezza della terra.
Ma l’uomo poi, sempre più chino a curare il “proprio” orticello, ha smesso, scacciati gli uccelli, di osservare le stelle, ha innalzato steccati ed ha preso, dimentico dall’antica coscienza e carico della presunzione di chi vuol sentirsi vicino al creatore, a edificare il suo mondo artificiale.
I crocevia dello scambio e dell’incontro sono divenuti rapidamente, nei secoli, tessuti urbani, megalopoli che, sottraendo la terra ai nostri piedi hanno lasciato che gli orizzonti scomparissero dietro le costruzioni.
Lontane dagli ambienti naturali, le città hanno generato luoghi asettici e scandito ritmi incalzanti che, ignorando l’alternarsi del giorno e della notte, del caldo e del freddo, hanno compromesso il rapporto indissolubile tra l’uomo e il suo habitat determinando nel profondo di ogni anima un malessere esistenziale.
La cultura fondata sulla massima specializzazione, insieme alla tendenza esasperata a frammentare, costringono tutto in recinti sempre più piccoli e tra loro privi di comunicazione.
La città e la campagna, l’asfalto e la terra.
Da tempo gli uomini, prigionieri delle proprie case, non coltivano più la terra mentre l’industria, delegata dalla collettività a governare le grandi serre, non si preoccupa più degli uccelli che, non più intimoriti dagli spaventapasseri, sono braccati dai cacciatori.
E gli uccelli con i loro semi si inurbano.
E mentre tra l’asfalto nascono ciuffi verdi di speranza, gli spaventapasseri tornano a reclamare la propria terra.
Giuseppe Salerno
Non certo per scongiurare i nubifragi, i terremoti e le catastrofi, ma per tenere lontani gli uccelli.
Quegli stessi uccelli che nell’ambiente naturale, non condizionato dalla presenza umana, propagano il seme dando vita a vegetazioni “spontanee” i cui frutti, a disposizione di tutti, sono la ricchezza della terra.
Ma l’uomo poi, sempre più chino a curare il “proprio” orticello, ha smesso, scacciati gli uccelli, di osservare le stelle, ha innalzato steccati ed ha preso, dimentico dall’antica coscienza e carico della presunzione di chi vuol sentirsi vicino al creatore, a edificare il suo mondo artificiale.
I crocevia dello scambio e dell’incontro sono divenuti rapidamente, nei secoli, tessuti urbani, megalopoli che, sottraendo la terra ai nostri piedi hanno lasciato che gli orizzonti scomparissero dietro le costruzioni.
Lontane dagli ambienti naturali, le città hanno generato luoghi asettici e scandito ritmi incalzanti che, ignorando l’alternarsi del giorno e della notte, del caldo e del freddo, hanno compromesso il rapporto indissolubile tra l’uomo e il suo habitat determinando nel profondo di ogni anima un malessere esistenziale.
La cultura fondata sulla massima specializzazione, insieme alla tendenza esasperata a frammentare, costringono tutto in recinti sempre più piccoli e tra loro privi di comunicazione.
La città e la campagna, l’asfalto e la terra.
Da tempo gli uomini, prigionieri delle proprie case, non coltivano più la terra mentre l’industria, delegata dalla collettività a governare le grandi serre, non si preoccupa più degli uccelli che, non più intimoriti dagli spaventapasseri, sono braccati dai cacciatori.
E gli uccelli con i loro semi si inurbano.
E mentre tra l’asfalto nascono ciuffi verdi di speranza, gli spaventapasseri tornano a reclamare la propria terra.
Giuseppe Salerno
30
settembre 2011
Ridateci la terra, 50 spaventapasseri scendono in piazza
Dal 30 settembre al 02 ottobre 2011
arte contemporanea
Location
ATELIER DEGLI ARTISTI
Roma, Circonvallazione Gianicolense, 22/a, (Roma)
Roma, Circonvallazione Gianicolense, 22/a, (Roma)
Orario di apertura
dalle 18 di venerdì alle 21 di domenica
Vernissage
30 Settembre 2011, h 18.30
Autore
Curatore