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Riitta Päiväläinen / Ari Saarto
Doppia personale di fotografi finlandesi
Comunicato stampa
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Riitta Päiväläinen
Vestige
Ari Saarto
Topography of fear
L’artista-fotografa Riitta Päiväläinen (1969, Maaninka, Finlandia) dichiara di amare le storie mai scritte, mai entrate nell’ufficialità di un archivio, di essere attratta dagli abiti dismessi, trovati nei mercati delle pulci. In quel vissuto, che non le appartiene, trova lo spazio per tessere biografie alternative, plausibili della loro irrealtà. Lo scenario in cui ambienta le sue installazioni di abiti e accessori è quello della natura sotto zero del Nord, che irrigidisce, su distese di neve, una sequenza di calzoni variopinti, di soprabiti e camicie consunte e strappate dove il vento, filtrato all’interno, simula mobili presenze inesistenti, ma che l’artista percepisce come simulacro di un vissuto che cambia forma con il cambiare delle condizioni meteorologiche, della violenza delle raffiche, ma anche del soggetto che lo ricostruisce. Nel suo racconto per immagini fotografiche (di grandi e medie dimensioni) vengono recuperate modalità del sentire emozionale, a rischio in un epoca di realtà virtuale diffusa e di mutazioni post-human. Il vissuto caldo di un soggetto si erge, negli spazi incontaminati della Natura, a monumento cristallizzato di una storia di cui restano le vestigia, le tracce, labili impronte. L’artista ama la dimensione dell’oblìo in quanto le consente di immaginare storie nate dalla sua mente, fotografate dal suo immaginario, rivissute dal suo sentimento. In una processione di scarpe consunte, ricoperte di gelo e muschio, in una camicia da notte intessuta di odorosi, ma acuminati, aghi di pino, nella marca sbiadita della suola interna di una scarpa, nel tessuto liso di una vecchia poltrona, l’artista intende riproporre i valori esistenziali dell’individuo e della collettività, alla luce di un riscoperto dialogo con la Natura.
Ogni messa-in-scena fotografica del ciclo Topografia di Paura dell’artista Ari Saarto (1961, Kotka, Finlandia) comunica immediatamente all’osservatore un effetto di sinestesia, dove entrano in gioco percezioni visive, uditive, psichiche, mentali, dando l’impressione di una sequenza filmica di un thriller dove il sonoro prepara la tensione per poi interrompersi nel silenzio angosciante della suspense. Indizi di carattere ottico-prospettico, luministico, oggettuale, ambientale, letterario, subliminale, autistico, danno corpo a un’assenza, a una storia che si è appena consumata nel luogo della rappresentazione o che sta per accadere da un istante all’altro. La capacità di esprimere, attraverso processi astratti, sensazioni e suggestioni, tanto intense quanto impalpabili, con il solo uso della fotografia (di grandi dimensioni e minimamente digitalizzata) e della scelta accurata dello scenario, quasi mettesse in opera un set cinematografico, rimanda a quella che potrebbe essere stata la formazione dell’autore, una formazione certamente articolata su diversi piani di attenzione, registrazione, modalità di traduzione in immagine. La dimensione del sotterraneo deserto, con una cancellata di cui si può ancora avvertire lo stridere metallico, l’accendersi della luce di un allarme che potrebbe lacerare il silenzio e ferire l’udito, l’ombra di un muro che oscura una parte del percorso verso l’uscita, lasciando immaginare la trappola in agguato, i graffiti di carattere provocatorio e trasgressivo di bande emarginate, che avvisano di frequentazioni a rischio per il malcapitato in ore notturne e senza scorta, producono in concreto percezioni di vari gradi di inquietudine fino al terrore di un imprevisto, che incombe su un soggetto che non si vede, ma si sente aleggiare nel gioco teso e tagliente delle sciabolate di luce e ombra. La molteplicità degli elementi chiamati in causa, nella formalizzazione di una meta-scena del paesaggio dell’angoscia, informano sulla padronanza linguistica di Ari Saarto_Viana Conti
Vestige
Ari Saarto
Topography of fear
L’artista-fotografa Riitta Päiväläinen (1969, Maaninka, Finlandia) dichiara di amare le storie mai scritte, mai entrate nell’ufficialità di un archivio, di essere attratta dagli abiti dismessi, trovati nei mercati delle pulci. In quel vissuto, che non le appartiene, trova lo spazio per tessere biografie alternative, plausibili della loro irrealtà. Lo scenario in cui ambienta le sue installazioni di abiti e accessori è quello della natura sotto zero del Nord, che irrigidisce, su distese di neve, una sequenza di calzoni variopinti, di soprabiti e camicie consunte e strappate dove il vento, filtrato all’interno, simula mobili presenze inesistenti, ma che l’artista percepisce come simulacro di un vissuto che cambia forma con il cambiare delle condizioni meteorologiche, della violenza delle raffiche, ma anche del soggetto che lo ricostruisce. Nel suo racconto per immagini fotografiche (di grandi e medie dimensioni) vengono recuperate modalità del sentire emozionale, a rischio in un epoca di realtà virtuale diffusa e di mutazioni post-human. Il vissuto caldo di un soggetto si erge, negli spazi incontaminati della Natura, a monumento cristallizzato di una storia di cui restano le vestigia, le tracce, labili impronte. L’artista ama la dimensione dell’oblìo in quanto le consente di immaginare storie nate dalla sua mente, fotografate dal suo immaginario, rivissute dal suo sentimento. In una processione di scarpe consunte, ricoperte di gelo e muschio, in una camicia da notte intessuta di odorosi, ma acuminati, aghi di pino, nella marca sbiadita della suola interna di una scarpa, nel tessuto liso di una vecchia poltrona, l’artista intende riproporre i valori esistenziali dell’individuo e della collettività, alla luce di un riscoperto dialogo con la Natura.
Ogni messa-in-scena fotografica del ciclo Topografia di Paura dell’artista Ari Saarto (1961, Kotka, Finlandia) comunica immediatamente all’osservatore un effetto di sinestesia, dove entrano in gioco percezioni visive, uditive, psichiche, mentali, dando l’impressione di una sequenza filmica di un thriller dove il sonoro prepara la tensione per poi interrompersi nel silenzio angosciante della suspense. Indizi di carattere ottico-prospettico, luministico, oggettuale, ambientale, letterario, subliminale, autistico, danno corpo a un’assenza, a una storia che si è appena consumata nel luogo della rappresentazione o che sta per accadere da un istante all’altro. La capacità di esprimere, attraverso processi astratti, sensazioni e suggestioni, tanto intense quanto impalpabili, con il solo uso della fotografia (di grandi dimensioni e minimamente digitalizzata) e della scelta accurata dello scenario, quasi mettesse in opera un set cinematografico, rimanda a quella che potrebbe essere stata la formazione dell’autore, una formazione certamente articolata su diversi piani di attenzione, registrazione, modalità di traduzione in immagine. La dimensione del sotterraneo deserto, con una cancellata di cui si può ancora avvertire lo stridere metallico, l’accendersi della luce di un allarme che potrebbe lacerare il silenzio e ferire l’udito, l’ombra di un muro che oscura una parte del percorso verso l’uscita, lasciando immaginare la trappola in agguato, i graffiti di carattere provocatorio e trasgressivo di bande emarginate, che avvisano di frequentazioni a rischio per il malcapitato in ore notturne e senza scorta, producono in concreto percezioni di vari gradi di inquietudine fino al terrore di un imprevisto, che incombe su un soggetto che non si vede, ma si sente aleggiare nel gioco teso e tagliente delle sciabolate di luce e ombra. La molteplicità degli elementi chiamati in causa, nella formalizzazione di una meta-scena del paesaggio dell’angoscia, informano sulla padronanza linguistica di Ari Saarto_Viana Conti
28
aprile 2005
Riitta Päiväläinen / Ari Saarto
Dal 28 aprile al 19 maggio 2005
fotografia
Location
SPAZIODELLAVOLTA
Genova, Piazza Cattaneo, 26/3, (Genova)
Genova, Piazza Cattaneo, 26/3, (Genova)
Orario di apertura
dalle 15,30 alle 19
Vernissage
28 Aprile 2005, ore 18.30
Autore