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Rino Crivelli – Orizzonte infinito
Quando un ingegnere diventa un artista non può che esserci dietro una magia. E “magia”, “incanto”, “stupore” sono le parole che immediatamente affiorano alla mente davanti alle opere di Rino Crivelli, illustratore (“Speriamo almeno che Alice non dica okay”), pittore e scultore (il “popolo di legno”)
Comunicato stampa
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Diceva de Chirico che il disegno è un’arte magica. Rino Crivelli lo dimostra. Con la sua linea nitida, perfetta (mai un’incertezza, un ripensamento, una correzione. Verrebbe da dire: “Ma come fa?”) crea nelle sue carte, magicamente appunto, un piccolo teatro di figure e di storie.
La sua linea non è mai un gioco formale. E’ un racconto, un apologo, un insegnamento. Con divertito disincanto Crivelli disegna cosa ha capito della vita (lui, a cui la vita non aveva risparmiato le esperienze più drammatiche). La sua ironia confina però col lirismo, con una levità sorridente e volatile, la stessa che anima le tavole e le fiabe del suo Speriamo almeno che Alice non dica okay.
Protagonista appartato dell’astrattismo milanese di fine Novecento, Rino Crivelli è stato pittore e scultore. Ma forse mai come nel disegno ha saputo esprimere quella che chiamava “la sovranità della linea”, la “tendenza della linea a costituirsi come diario ininterrotto”. Ed è un diario, il suo, ancora in gran parte da scoprire.
Come è da scoprire, si intende, l’intero corpus del suo lavoro, che rappresenta un mondo in frammenti e in frantumi, dove la geometria irregolare si trasforma in un atto di accusa contro la ragione, i suoi dogmi, le sue certezze.
L’astrattismo di Crivelli non postula un mondo di armonie, ma esprime la disarmonia delle forme, la loro assurdità, la loro incompatibilità. E la stessa cosa accade nella sua scultura: quella magna pars della sua ultima ricerca, cioè, in cui i segni escono dalle carte e dalle tele per diventare tridimensionali. Portando però nello spazio lo stesso senso di ilare e disperato disordine, la stessa smaliziata consapevolezza che, come diceva Nietzsche citando Platone, “tutto ciò che è umano non merita di essere preso troppo sul serio”. Crivelli elude i materiali tradizionali della scultura e sceglie una materia apparentemente fragile per creare una processione di cose vive in precario equilibrio. Dandoci così una metafora, anche, del nostro squilibrio e della nostra precarietà.
Elena Pontiggia
Rino Crivelli (Milano, 1924-2013) dopo gli studi classici e la laurea in Ingegneria si dedica alla pittura fin dal 1945. Nel 1978 pubblica da Scheiwiller il libro di illustrazioni e storie “Speriamo almeno che Alice non dica okay”. Dagli anni ottanta si concentra sulla scultura. Nascono così sagome ad altezza naturale che chiama il “popolo del legno”. Ha esposto in Italia e all’estero (Milano, Roma, Bruxelles, New York). Riposa - estremo omaggio che Milano gli ha tributato - nel Mausoleo Civico al Cimitero Monumentale.
La sua linea non è mai un gioco formale. E’ un racconto, un apologo, un insegnamento. Con divertito disincanto Crivelli disegna cosa ha capito della vita (lui, a cui la vita non aveva risparmiato le esperienze più drammatiche). La sua ironia confina però col lirismo, con una levità sorridente e volatile, la stessa che anima le tavole e le fiabe del suo Speriamo almeno che Alice non dica okay.
Protagonista appartato dell’astrattismo milanese di fine Novecento, Rino Crivelli è stato pittore e scultore. Ma forse mai come nel disegno ha saputo esprimere quella che chiamava “la sovranità della linea”, la “tendenza della linea a costituirsi come diario ininterrotto”. Ed è un diario, il suo, ancora in gran parte da scoprire.
Come è da scoprire, si intende, l’intero corpus del suo lavoro, che rappresenta un mondo in frammenti e in frantumi, dove la geometria irregolare si trasforma in un atto di accusa contro la ragione, i suoi dogmi, le sue certezze.
L’astrattismo di Crivelli non postula un mondo di armonie, ma esprime la disarmonia delle forme, la loro assurdità, la loro incompatibilità. E la stessa cosa accade nella sua scultura: quella magna pars della sua ultima ricerca, cioè, in cui i segni escono dalle carte e dalle tele per diventare tridimensionali. Portando però nello spazio lo stesso senso di ilare e disperato disordine, la stessa smaliziata consapevolezza che, come diceva Nietzsche citando Platone, “tutto ciò che è umano non merita di essere preso troppo sul serio”. Crivelli elude i materiali tradizionali della scultura e sceglie una materia apparentemente fragile per creare una processione di cose vive in precario equilibrio. Dandoci così una metafora, anche, del nostro squilibrio e della nostra precarietà.
Elena Pontiggia
Rino Crivelli (Milano, 1924-2013) dopo gli studi classici e la laurea in Ingegneria si dedica alla pittura fin dal 1945. Nel 1978 pubblica da Scheiwiller il libro di illustrazioni e storie “Speriamo almeno che Alice non dica okay”. Dagli anni ottanta si concentra sulla scultura. Nascono così sagome ad altezza naturale che chiama il “popolo del legno”. Ha esposto in Italia e all’estero (Milano, Roma, Bruxelles, New York). Riposa - estremo omaggio che Milano gli ha tributato - nel Mausoleo Civico al Cimitero Monumentale.
19
maggio 2016
Rino Crivelli – Orizzonte infinito
Dal 19 maggio al 18 giugno 2016
arte contemporanea
Location
GALLERIA D’ARTE SAN CARLO
Milano, Via Sant'Agnese, 18, (Milano)
Milano, Via Sant'Agnese, 18, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a domenica ore 10,30-12,30 e 15,30-19,30
lunedì 15,30-19,30
chiuso domenica e lunedì mattina
Vernissage
19 Maggio 2016, ore 18,30
Autore
Curatore