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Ritrovare Ico Parisi
Ico Parisi ha prodotto una mole notevolissima di lavori, operando, secondo la lezione pontiana, in quella dimensione pluridisciplinare, caratteristica della rinascita del progetto italiano dopo il conflitto mondiale. Parisi è dunque architetto, designer, art director, fotografo, regista cinematografico, pittore e artista puro
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Ritrovare Ico Parisi
Villa Reale di Monza
15 gennaio - 19 marzo 2017
Inaugurazione: 15 gennaio 2017, ore 11.30
Triennale Design Museum presenta la mostra Ritrovare Ico Parisi, a cura di
Roberta Lietti e Marco Romanelli, con progetto di allestimento di Marco Romanelli
con Giorgio Bonaguro,
in occasione dei centenario della nascita di Ico Parisi.
La mostra è realizzata in collaborazione con l’Archivio del Design di Ico Parisi.
Con questa mostra continua la ricerca del Triennale Design Museum dedicata ad
approfondire alcuni personaggi che hanno interagito con il territorio allargato di
Monza e Brianza.
La storiografia del progetto italiano procede per discontinuità, indagando
ripetutamente alcuni autori e consentendo viceversa che un cono d’ombra ricopra
altre figure fondamentali. Questo è stato il recente destino di Ico Parisi.
Afferma Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum: “Questa
mostra si inserisce in un percorso tracciato dal museo, che rivendica la continuità
di una ricerca volta a rivalutare i non allineati, i sommersi, i dimenticati, da Gino
Sarfatti a Piero Fornasetti, da Giotto Stoppino a Gherardo Frassa fino, appunto, a
Ico Parisi, personaggio fondamentale del progetto italiano dal dopoguerra in poi”.
Quali, per Parisi, le cause di questo colpevole oblio? Tra esse, al di là di certi
aspetti caratteriali del personaggio, possiamo innanzitutto riconoscere il suo forte
legame con il territorio comasco e brianzolo, meno in certo senso con la città di
Milano, in secondo luogo la decisa presa di posizione culturale che caratterizza
l’ultimo periodo parisiano, dal 1960 alla morte, avvicinandolo ai movimenti artistici
d’avanguardia e staccandolo, in qualche misura, dalla quotidianità del lavoro di
architetto e designer.
Ico Parisi ha prodotto una mole notevolissima di lavori, operando, secondo la
lezione pontiana, in quella dimensione pluridisciplinare, caratteristica della
rinascita del progetto italiano dopo il conflitto mondiale. Parisi è dunque
architetto, designer, art director, fotografo, regista cinematografico, pittore e
artista puro.
Questa mostra, che vuole porsi come una prima riflessione e un primo omaggio al
lavoro di Parisi, ha dovuto pertanto stabilire dei precisi limiti cronologici e
tipologici alla presentazione dei ricchissimi materiali esistenti, quasi tutti
appartenenti all’Archivio del Design di Ico Parisi di Como.
I curatori hanno dunque privilegiato il periodo “classico” del lavoro di Parisi,
ovvero dalla fine della guerra al termine degli anni ‘50, e un’unica tipologia, il
tavolo. Se la prima scelta appare facilmente sostenibile, la seconda è dovuta a una
precisa scelta curatoriale. Ognuno degli straordinari maestri che l’Italia ha avuto la
fortuna di possedere in quel periodo storico, pur essendosi applicato alle più
diverse tipologie secondo l’abusata sentenza rogersiana “dal cucchiaio alla città”,
ha in realtà lasciato un segno più evidente in certi ambiti. Per Parisi si tratta
sostanzialmente di due situazioni: l’imbottito, argomento in qualche misura topico
del momento e toccato da molti con risultati straordinari, e i tavoli.
Ragionare, con la costanza e l’inventiva con cui l’ha fatto Parisi, sulla struttura
trilitica del tavolo, considerandolo una architettura in nuce, è qualcosa che
raramente è dato di vedere.
Il tavolo, nelle svariate accezioni, che vanno dalla vera e propria mensa alla
scrivania, dalla consolle al coffee table e al carrello di servizio, è un argomento
tipologico che accompagna Parisi fin dagli inizi della sua vicenda progettuale e
dove l’architetto comasco dimostra una fantasia progettuale illimitata, fatta di
improvvisi fuochi di artificio e parallelamente di una minuta e attenta ricerca di
varianti formali. Del tavolo Parisi analizza le più diverse soluzioni costruttive,
sperimenta materiali, si fa promotore di ricerche inusitate presso gli artigiani e gli
industriali canturini. Il tavolo è per Parisi un punto focale all’interno della casa.
Ecco quindi che nel Belvedere alla Villa Reale di Monza sono presentati sette
tavoli di Ico Parisi dal 1948 al 1955. Ogni tavolo rappresenta una storia diversa:
storia di progetto, ma anche storia di vita. E, in quest’accezione, a fianco a Ico
compare necessariamente la moglie Luisa, preziosa collaboratrice e stimolatrice di
molte situazioni che trovano compendio nello studio La Ruota, cenacolo
progettuale e culturale inaugurato a Como nel 1947.
L’allestimento, organizzato in “stazioni” contraddistinte mediante gabbie in
tubolare quadro bianco, a ricordare l’innamoramento di Parisi per l’avventura del
razionalismo e dell’astrattismo comasco, cerca di restituire non solo l’importanza
del singolo pezzo, ma anche un frammento di quel contorno progettualmente
curato e controllato che Ico e Luisa Parisi sapevano sapientemente costruire.
Biografia
Domenico Parisi, soprannominato Ico, nasce a Palermo, il 23 settembre 1916 da
genitori siciliani, allora già residenti in Piemonte. Nel 1925 la famiglia Parisi si
trasferisce a Como dove Ico, nel 1936, si diploma perito edile. Svolge quindi un
periodo di apprendistato presso lo studio Terragni. Qui ha l’occasione di
conoscere e frequentare personalità dell’architettura e dell’arte quali Cattaneo,
Lingeri, Radice, Rho, Bontempelli, Bardi, Persico e Sartoris. Appassionato di
cinema e di fotografia, realizza, su richiesta di Giuseppe Terragni, le immagini
fotografiche della Casa del Fascio da pubblicare sul numero 35 della rivista
Quadrante, interamente dedicato all’edificio. Dopo aver partecipato
all’allestimento della “Mostra Coloniale” (Villa Olmo, Como, 1937), Parisi, con gli
amici architetti Fulvio Cappelletti, Giovanni Galfetti e Silvio Longhi, fonda lo
Studio Tecnico Artistico Alta Quota. Di questo periodo, oltre a vari progetti in
gran parte non realizzati, rimangono due documentari, girati insieme a Pino
Costamagna e Giovanni Galfetti e rispettivamente intitolati Como+Como+Como e
Risanamento edilizio della città di Como, quest’ultimo su incarico del Comune di
Como.
All’entrata in guerra dell’Italia, Parisi viene arruolato con il grado di sottotenente
nel IX Battaglione Pontieri, operativo sul fronte russo. Profondamente coinvolto
nell’esperienza bellica, documenta ciò che vede con disegni e soprattutto
attraverso la macchina fotografica. Congedato nel 1943 rientra a Como e riprende
l’attività progettuale, in questo periodo particolarmente indirizzata alla
realizzazione di singoli arredi, di allestimenti espositivi e di architetture d’interni.
Con lui collabora Luisa Aiani, la giovane vedova dell’amico Giovanni Galfetti,
caduto al fronte. Nel 1947 Ico e Luisa si sposano e aprono uno studio di
arredamento che, l’anno successivo, prenderà il nome di La Ruota, luogo di
progettazione ma anche d’arte, di esposizione e di cultura. Nel 1952, su
sollecitazione dell’amico Alberto Sartoris, riceve la laurea in Architettura presso
l’Institut Aetheneum di Losanna.
A partire dai primi anni ‘50 l’attività di Parisi si fa sempre più prolifica. Ico assume,
come base metodologica all’operare, il concetto, già proprio di Carlo Belli e di
Alberto Sartoris, di ‘integrazione delle arti’: solo lo stretto coinvolgimento di
pittori e scultori nel lavoro di progettazione potrà portare a un nuovo modo di
fare architettura. Alcuni esempi di questo metodo sono riscontrabili in casa
Carcano a Maslianico (Como) del 1950, in cui, per la prima volta, vengono coinvolti
artisti quali Mario Radice e Fausto Melotti, e ancora casa Bini a Como, nel 1951, il
Padiglione di Soggiorno realizzato a Milano in occasione della X Triennale del
1954, la “casa di vacanze” per la mostra Colori e Forme nella casa d’oggi,
naturalmente “casa Parisi”, a Como nel 1957, la chiesa di Santa Maria dell’Osa a
Fonteblanda (Grosseto) del 1962/63, il progetto di concorso per il Monumento
alla Resistenza di Cuneo (1962), casa Fontana a Lenno del 1967, casa “Vivere
Insieme” a Montorfano nel 1969.
Disegna arredi, in pezzo unico, realizzati da artigiani brianzoli per committenze
esclusive e, in seguito, per la produzione industriale, con aziende quali Cassina, De
Baggis, MIM. In particolare l’ esperienza con la Figli di Amedeo Cassina, ove si
occuperà anche della progettazione dell’esposizione di Meda e del negozio di
Roma oltre alla realizzazione grafica del primo catalogo aziendale nel 1958, darà
luogo a pezzi capolavoro quali la poltrona 813, comunemente chiamata “a uovo”,
la poltroncina in compensato curvato modello 839, segnalazione al Compasso
d’Oro 1955, la sedia 691, anch’essa segnalata al Compasso d’Oro, e il divano 865.
Anche le arti decorative attirano il suo interesse: nascono così sculture in vetro di
Murano, in gran parte eseguiti da Lino Signoretto, e ceramiche o terraglie,
realizzate da Zanolli e Sebellin di Nove o manualmente dallo stesso Parisi.
La fine degli anni ‘60 segna un preciso punto di svolta nella sua ricerca
progettuale. Con i Contenitoriumani, realizzati in collaborazione con lo scultore
Francesco Somaini e presentati per la prima volta al Salone del Mobile di Milano
nel settembre 1968, Parisi, pur non abbandonando completamente la
progettazione di edifici e di arredi, inizia un nuovo percorso d’indagine volto a
definire un’idea utopico-esistenziale del vivere. Tale ricerca, sviluppata in
collaborazione con un gruppo di artisti, si concretizza, nel 1972-73, nel progetto
Ipotesi per una casa esistenziale, presentato per la prima volta nel 1974 a Parigi. A
esso fa seguito, segnando il culmine della ricerca progettuale ed esistenziale
parisiana, tra il 1974 e il 1976, la Operazione Arcevia, affrontata in modo corale e
interdisciplinare attraverso il coinvolgimento di critici d’arte, artisti, poeti, registi,
musicisti, sociologi, tra cui figuravano Antonioni, Arman, Burri, Ceroli, César,
Crispolti, Restany, Soto, Staccioli, Tilson, uniti in un gruppo di lavoro finalizzato
alla progettazione di una intera comunità. Il lavoro viene presentato nell’ambito
della 76a Biennale di Venezia e successivamente esposto presso la Galleria
Nazionale d’Arte Moderna di Roma (1979). Da tale esperienza socio-urbanistica,
fortemente utopica, derivano le successive ricerche grafiche, definite da Parisi
“tavole di provocazione”: Utopia realizzabile, Apocalisse gentile, Crolli edificanti
oltre alla performance Libertà è uscire dalla scatola e alle installazioni urbane Sigilli
e Torre di Babele. Questi lavori sono tema di innumerevoli mostre collettive e
personali (Biennale di Venezia 1978, In/Arch Roma 1979, Musée d’Ixelles Bruxelles
1980, Palazzo dei Diamanti Ferrara 1981, Istituto Italiano di Cultura Parigi e
Centro Culturale ADP Lille, entrambe nel 1984). Nel 1986, presso il Padiglione
d’Arte Contemporanea di Milano, si tiene la prima mostra antologica dedicata a
Ico Parisi.
Nel 1990 scompare improvvisamente Luisa, compagna di vita e inesauribile fonte
di energia creativa. Ico, benché profondamente scosso, continua la sua attività
progettuale ed espone il suo lavoro in una grande antologica presso la Palazzina
dei Giardini di Modena. Seguono numerose personali sia a Como sia a Modena.
Nel 1992 inaugura a Dalmine l’ultima sua provocazione architettonica, il Bobadilla,
edificio polivalente progettato in collaborazione con Angelo Cassi. Ico Parisi
muore a Como il 19 dicembre 1996.
Ritrovare Ico Parisi
A cura di Roberta Lietti e Marco Romanelli
Progetto di allestimento: Marco Romanelli con Giorgio Bonaguro
Progetto grafico: GBstudio
Villa Reale di Monza
15 gennaio - 19 marzo 2017
Inaugurazione: 15 gennaio 2017, ore 11.30
Orari:
mar-dom 10.00 - 19.00 | ven 10.00 - 22.00
Villa Reale di Monza
15 gennaio - 19 marzo 2017
Inaugurazione: 15 gennaio 2017, ore 11.30
Triennale Design Museum presenta la mostra Ritrovare Ico Parisi, a cura di
Roberta Lietti e Marco Romanelli, con progetto di allestimento di Marco Romanelli
con Giorgio Bonaguro,
in occasione dei centenario della nascita di Ico Parisi.
La mostra è realizzata in collaborazione con l’Archivio del Design di Ico Parisi.
Con questa mostra continua la ricerca del Triennale Design Museum dedicata ad
approfondire alcuni personaggi che hanno interagito con il territorio allargato di
Monza e Brianza.
La storiografia del progetto italiano procede per discontinuità, indagando
ripetutamente alcuni autori e consentendo viceversa che un cono d’ombra ricopra
altre figure fondamentali. Questo è stato il recente destino di Ico Parisi.
Afferma Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum: “Questa
mostra si inserisce in un percorso tracciato dal museo, che rivendica la continuità
di una ricerca volta a rivalutare i non allineati, i sommersi, i dimenticati, da Gino
Sarfatti a Piero Fornasetti, da Giotto Stoppino a Gherardo Frassa fino, appunto, a
Ico Parisi, personaggio fondamentale del progetto italiano dal dopoguerra in poi”.
Quali, per Parisi, le cause di questo colpevole oblio? Tra esse, al di là di certi
aspetti caratteriali del personaggio, possiamo innanzitutto riconoscere il suo forte
legame con il territorio comasco e brianzolo, meno in certo senso con la città di
Milano, in secondo luogo la decisa presa di posizione culturale che caratterizza
l’ultimo periodo parisiano, dal 1960 alla morte, avvicinandolo ai movimenti artistici
d’avanguardia e staccandolo, in qualche misura, dalla quotidianità del lavoro di
architetto e designer.
Ico Parisi ha prodotto una mole notevolissima di lavori, operando, secondo la
lezione pontiana, in quella dimensione pluridisciplinare, caratteristica della
rinascita del progetto italiano dopo il conflitto mondiale. Parisi è dunque
architetto, designer, art director, fotografo, regista cinematografico, pittore e
artista puro.
Questa mostra, che vuole porsi come una prima riflessione e un primo omaggio al
lavoro di Parisi, ha dovuto pertanto stabilire dei precisi limiti cronologici e
tipologici alla presentazione dei ricchissimi materiali esistenti, quasi tutti
appartenenti all’Archivio del Design di Ico Parisi di Como.
I curatori hanno dunque privilegiato il periodo “classico” del lavoro di Parisi,
ovvero dalla fine della guerra al termine degli anni ‘50, e un’unica tipologia, il
tavolo. Se la prima scelta appare facilmente sostenibile, la seconda è dovuta a una
precisa scelta curatoriale. Ognuno degli straordinari maestri che l’Italia ha avuto la
fortuna di possedere in quel periodo storico, pur essendosi applicato alle più
diverse tipologie secondo l’abusata sentenza rogersiana “dal cucchiaio alla città”,
ha in realtà lasciato un segno più evidente in certi ambiti. Per Parisi si tratta
sostanzialmente di due situazioni: l’imbottito, argomento in qualche misura topico
del momento e toccato da molti con risultati straordinari, e i tavoli.
Ragionare, con la costanza e l’inventiva con cui l’ha fatto Parisi, sulla struttura
trilitica del tavolo, considerandolo una architettura in nuce, è qualcosa che
raramente è dato di vedere.
Il tavolo, nelle svariate accezioni, che vanno dalla vera e propria mensa alla
scrivania, dalla consolle al coffee table e al carrello di servizio, è un argomento
tipologico che accompagna Parisi fin dagli inizi della sua vicenda progettuale e
dove l’architetto comasco dimostra una fantasia progettuale illimitata, fatta di
improvvisi fuochi di artificio e parallelamente di una minuta e attenta ricerca di
varianti formali. Del tavolo Parisi analizza le più diverse soluzioni costruttive,
sperimenta materiali, si fa promotore di ricerche inusitate presso gli artigiani e gli
industriali canturini. Il tavolo è per Parisi un punto focale all’interno della casa.
Ecco quindi che nel Belvedere alla Villa Reale di Monza sono presentati sette
tavoli di Ico Parisi dal 1948 al 1955. Ogni tavolo rappresenta una storia diversa:
storia di progetto, ma anche storia di vita. E, in quest’accezione, a fianco a Ico
compare necessariamente la moglie Luisa, preziosa collaboratrice e stimolatrice di
molte situazioni che trovano compendio nello studio La Ruota, cenacolo
progettuale e culturale inaugurato a Como nel 1947.
L’allestimento, organizzato in “stazioni” contraddistinte mediante gabbie in
tubolare quadro bianco, a ricordare l’innamoramento di Parisi per l’avventura del
razionalismo e dell’astrattismo comasco, cerca di restituire non solo l’importanza
del singolo pezzo, ma anche un frammento di quel contorno progettualmente
curato e controllato che Ico e Luisa Parisi sapevano sapientemente costruire.
Biografia
Domenico Parisi, soprannominato Ico, nasce a Palermo, il 23 settembre 1916 da
genitori siciliani, allora già residenti in Piemonte. Nel 1925 la famiglia Parisi si
trasferisce a Como dove Ico, nel 1936, si diploma perito edile. Svolge quindi un
periodo di apprendistato presso lo studio Terragni. Qui ha l’occasione di
conoscere e frequentare personalità dell’architettura e dell’arte quali Cattaneo,
Lingeri, Radice, Rho, Bontempelli, Bardi, Persico e Sartoris. Appassionato di
cinema e di fotografia, realizza, su richiesta di Giuseppe Terragni, le immagini
fotografiche della Casa del Fascio da pubblicare sul numero 35 della rivista
Quadrante, interamente dedicato all’edificio. Dopo aver partecipato
all’allestimento della “Mostra Coloniale” (Villa Olmo, Como, 1937), Parisi, con gli
amici architetti Fulvio Cappelletti, Giovanni Galfetti e Silvio Longhi, fonda lo
Studio Tecnico Artistico Alta Quota. Di questo periodo, oltre a vari progetti in
gran parte non realizzati, rimangono due documentari, girati insieme a Pino
Costamagna e Giovanni Galfetti e rispettivamente intitolati Como+Como+Como e
Risanamento edilizio della città di Como, quest’ultimo su incarico del Comune di
Como.
All’entrata in guerra dell’Italia, Parisi viene arruolato con il grado di sottotenente
nel IX Battaglione Pontieri, operativo sul fronte russo. Profondamente coinvolto
nell’esperienza bellica, documenta ciò che vede con disegni e soprattutto
attraverso la macchina fotografica. Congedato nel 1943 rientra a Como e riprende
l’attività progettuale, in questo periodo particolarmente indirizzata alla
realizzazione di singoli arredi, di allestimenti espositivi e di architetture d’interni.
Con lui collabora Luisa Aiani, la giovane vedova dell’amico Giovanni Galfetti,
caduto al fronte. Nel 1947 Ico e Luisa si sposano e aprono uno studio di
arredamento che, l’anno successivo, prenderà il nome di La Ruota, luogo di
progettazione ma anche d’arte, di esposizione e di cultura. Nel 1952, su
sollecitazione dell’amico Alberto Sartoris, riceve la laurea in Architettura presso
l’Institut Aetheneum di Losanna.
A partire dai primi anni ‘50 l’attività di Parisi si fa sempre più prolifica. Ico assume,
come base metodologica all’operare, il concetto, già proprio di Carlo Belli e di
Alberto Sartoris, di ‘integrazione delle arti’: solo lo stretto coinvolgimento di
pittori e scultori nel lavoro di progettazione potrà portare a un nuovo modo di
fare architettura. Alcuni esempi di questo metodo sono riscontrabili in casa
Carcano a Maslianico (Como) del 1950, in cui, per la prima volta, vengono coinvolti
artisti quali Mario Radice e Fausto Melotti, e ancora casa Bini a Como, nel 1951, il
Padiglione di Soggiorno realizzato a Milano in occasione della X Triennale del
1954, la “casa di vacanze” per la mostra Colori e Forme nella casa d’oggi,
naturalmente “casa Parisi”, a Como nel 1957, la chiesa di Santa Maria dell’Osa a
Fonteblanda (Grosseto) del 1962/63, il progetto di concorso per il Monumento
alla Resistenza di Cuneo (1962), casa Fontana a Lenno del 1967, casa “Vivere
Insieme” a Montorfano nel 1969.
Disegna arredi, in pezzo unico, realizzati da artigiani brianzoli per committenze
esclusive e, in seguito, per la produzione industriale, con aziende quali Cassina, De
Baggis, MIM. In particolare l’ esperienza con la Figli di Amedeo Cassina, ove si
occuperà anche della progettazione dell’esposizione di Meda e del negozio di
Roma oltre alla realizzazione grafica del primo catalogo aziendale nel 1958, darà
luogo a pezzi capolavoro quali la poltrona 813, comunemente chiamata “a uovo”,
la poltroncina in compensato curvato modello 839, segnalazione al Compasso
d’Oro 1955, la sedia 691, anch’essa segnalata al Compasso d’Oro, e il divano 865.
Anche le arti decorative attirano il suo interesse: nascono così sculture in vetro di
Murano, in gran parte eseguiti da Lino Signoretto, e ceramiche o terraglie,
realizzate da Zanolli e Sebellin di Nove o manualmente dallo stesso Parisi.
La fine degli anni ‘60 segna un preciso punto di svolta nella sua ricerca
progettuale. Con i Contenitoriumani, realizzati in collaborazione con lo scultore
Francesco Somaini e presentati per la prima volta al Salone del Mobile di Milano
nel settembre 1968, Parisi, pur non abbandonando completamente la
progettazione di edifici e di arredi, inizia un nuovo percorso d’indagine volto a
definire un’idea utopico-esistenziale del vivere. Tale ricerca, sviluppata in
collaborazione con un gruppo di artisti, si concretizza, nel 1972-73, nel progetto
Ipotesi per una casa esistenziale, presentato per la prima volta nel 1974 a Parigi. A
esso fa seguito, segnando il culmine della ricerca progettuale ed esistenziale
parisiana, tra il 1974 e il 1976, la Operazione Arcevia, affrontata in modo corale e
interdisciplinare attraverso il coinvolgimento di critici d’arte, artisti, poeti, registi,
musicisti, sociologi, tra cui figuravano Antonioni, Arman, Burri, Ceroli, César,
Crispolti, Restany, Soto, Staccioli, Tilson, uniti in un gruppo di lavoro finalizzato
alla progettazione di una intera comunità. Il lavoro viene presentato nell’ambito
della 76a Biennale di Venezia e successivamente esposto presso la Galleria
Nazionale d’Arte Moderna di Roma (1979). Da tale esperienza socio-urbanistica,
fortemente utopica, derivano le successive ricerche grafiche, definite da Parisi
“tavole di provocazione”: Utopia realizzabile, Apocalisse gentile, Crolli edificanti
oltre alla performance Libertà è uscire dalla scatola e alle installazioni urbane Sigilli
e Torre di Babele. Questi lavori sono tema di innumerevoli mostre collettive e
personali (Biennale di Venezia 1978, In/Arch Roma 1979, Musée d’Ixelles Bruxelles
1980, Palazzo dei Diamanti Ferrara 1981, Istituto Italiano di Cultura Parigi e
Centro Culturale ADP Lille, entrambe nel 1984). Nel 1986, presso il Padiglione
d’Arte Contemporanea di Milano, si tiene la prima mostra antologica dedicata a
Ico Parisi.
Nel 1990 scompare improvvisamente Luisa, compagna di vita e inesauribile fonte
di energia creativa. Ico, benché profondamente scosso, continua la sua attività
progettuale ed espone il suo lavoro in una grande antologica presso la Palazzina
dei Giardini di Modena. Seguono numerose personali sia a Como sia a Modena.
Nel 1992 inaugura a Dalmine l’ultima sua provocazione architettonica, il Bobadilla,
edificio polivalente progettato in collaborazione con Angelo Cassi. Ico Parisi
muore a Como il 19 dicembre 1996.
Ritrovare Ico Parisi
A cura di Roberta Lietti e Marco Romanelli
Progetto di allestimento: Marco Romanelli con Giorgio Bonaguro
Progetto grafico: GBstudio
Villa Reale di Monza
15 gennaio - 19 marzo 2017
Inaugurazione: 15 gennaio 2017, ore 11.30
Orari:
mar-dom 10.00 - 19.00 | ven 10.00 - 22.00
15
gennaio 2017
Ritrovare Ico Parisi
Dal 15 gennaio al 19 marzo 2017
architettura
design
fotografia
arte contemporanea
design
fotografia
arte contemporanea
Location
VILLA REALE
Monza, Viale Brianza, 2, (Monza E Brianza)
Monza, Viale Brianza, 2, (Monza E Brianza)
Orario di apertura
mar-dom 10.00 - 19.00 | ven 10.00 - 22.00
La biglietteria chiude un’ora prima
Vernissage
15 Gennaio 2017, ore 11.30
Autore
Curatore