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Roaming – If space meant nothing
Roaming si caratterizza sempre in modo peculiare in relazione allo spazio espositivo in cui si trova ad agire.
Peculiare è dunque il caso di Condotto C, infatti, come nel film di Vincenzo Natali Cube, la galleria non presenta vie di fuga, è completamente mappata e mappabile.
Comunicato stampa
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Roaming si caratterizza sempre in modo peculiare in relazione allo spazio espositivo in cui si trova ad agire. Dagli imponenti immobili industriali ai palazzi storici di carattere museale, i progetti di volta in volta si declinano in modo autonomo, andando a valorizzare la natura stessa del luogo in cui ci si inserisce.
Questa considerazione acquista particolare valore nel momento in cui lo spazio presenta delle specificità uniche ed irripetibili. Peculiare è dunque il caso di Condotto C, infatti, come nel film di Vincenzo Natali Cube, la galleria non presenta vie di fuga, è completamente mappata e mappabile.
Una struttura neutra e compatta quasi archetipo dello spazio espositivo contemporaneo.
Da questa suggestione (e condizione) e partendo dall’idea di via di fuga, l’invito ai diversi artisti nasce come una domanda, una sfida e una provocazione verso lo “spazio” come paradigma, linguaggio proprio delle arti visive, e lo “spazio” specifico, Condotto C,.
Infatti, se lo spazio non significasse nulla, come si potrebbe fuggire, come ci si potrebbe nascondere? Come celare all’occhio dello spettatore e soprattutto del fotografo che documenta la mostra il proprio intervento?
Artisti dalla natura profondamente differente ma accomunati dalla stessa tensione analitica e site related rispetto alle condizioni espositive, si confronteranno su questo campo di ricerca, anche in relazione al rapporto tra l’opera, l’oggetto presentato e l’immagine immateriale che poi navigherà, libera, nella rete.
ROAMING, da un’idea di Ermanno Cristini, è una serie di mostre, a cura di Alessandro Castiglioni, che durano solo il tempo dell'inaugurazione: dei flash che sopravvivono nel dito dei fotografi e poi galleggiano nella dimensione indistinta del web. Localizzate in spazi fortemente conformativi e rappresentativi, per la loro presenza fisica e lo spessore della loro storia - immobili industriali dimessi e recuperati-, ma anche per la loro presenza simbolica -sedi istituzionali come il museo-, le mostre si caratterizzano per la rapidità e per le modalità di occupazione degli spazi.Gli artisti cambiano secondo una catena di inviti che mette “sotto scacco” l'idea di un curatore. Nella successione degli inviti rimane un'ombra di indicibilità poiché l'affinità è tra chi invita chi, e un posto più in là si rompe. Si genera così un meccanismo di “caos” e di casualità nell'insieme eterogeneo, tenuto insieme dai singoli, con una sorta di “curatela velata”. In contraddizione con l'ampiezza o con l'aura delle location, le opere mettono in atto una presenza discreta, negli angoli, negli interstizi, per terra, in cima ad una scala, mescolate ad altre opere nel museo, ecc. che le conduce a farsi scoprire piano piano, quasi mostrandosi solo ad uno sguardo secondo, in aperto contrasto con la fugacità e la transitorietà esasperata dell'evento. Ma delle opere e della loro relazione con lo spazio, nella messa in mostra trasformata in evento, resta solo l’immagine del fotografo. E’ in forma di immagine che l’opera si dispone a circolare. E allora qual’è l’opera? Quella dell’artista, del fotografo, l’operazione in sé? Così il fotografo diventa parte integrante del nucleo di artisti e cambia ad ogni iniziativa mettendo in campo visioni diverse: il pubblicitario, il fotografo d’arte, il fotografo di architettura, e dunque diversi modi di percorrere il bordo tra opera e immagine, tra realtà e rappresentazione, tra reale e virtuale. E quando il simulacro, trasformato in sistema di pixel, si proietta e si allestisce nel web? Paradossalmente l'unico elemento di stabilità della messa in mostra avviene in una dimensione puramente virtuale, delocalizzata e globale. Allora cosa cambia nello statuto dell’opera nel momento in cui si trasformano la sua materia, il suo spazio e il suo tempo? Ciò che ROAMING attiva è una fuga di polarità: il piccolo rispetto al grande degli spazi, il vuoto rispetto al pieno del pubblico dell’inaugurazione, il ritardo rispetto all’accelerazione dell’evento, la realtà rispetto alla sua rappresentazione, il fisico rispetto al virtuale. Entro questa fuga la volontà dell’opera si scontra con il suo destino ma forse è l’unico modo per compiersi, rivelando quell’ultrasottile, che oggi più che mai è una necessità dell’opera, ovvero “…ciò che non si coglie propriamente con la vista fisica ma con lo sguardo, con l’attenzione, con la mente (…) l’incavo della carta, tra recto e verso di un foglio sottile” (cfr. Elio Grazioli, Una differenza ultrasottile, in Passeggiata Minima, a cura di Giovanni Ferrario, UTET, 2008) www.ermannocristini.com
ROAMING, da un’idea di Ermanno Cristini, è una serie di mostre, a cura di Alessandro Castiglioni, che durano solo il tempo dell'inaugurazione: dei flash che sopravvivono nel dito dei fotografi e poi galleggiano nella dimensione indistinta del web. Localizzate in spazi fortemente conformativi e rappresentativi, per la loro presenza fisica e lo spessore della loro storia - immobili industriali dimessi e recuperati-, ma anche per la loro presenza simbolica -sedi istituzionali come il museo-, le mostre si caratterizzano per la rapidità e per le modalità di occupazione degli spazi.Gli artisti cambiano secondo una catena di inviti che mette “sotto scacco” l'idea di un curatore. Nella successione degli inviti rimane un'ombra di indicibilità poiché l'affinità è tra chi invita chi, e un posto più in là si rompe. Si genera così un meccanismo di “caos” e di casualità nell'insieme eterogeneo, tenuto insieme dai singoli, con una sorta di “curatela velata”. In contraddizione con l'ampiezza o con l'aura delle location, le opere mettono in atto una presenza discreta, negli angoli, negli interstizi, per terra, in cima ad una scala, mescolate ad altre opere nel museo, ecc. che le conduce a farsi scoprire piano piano, quasi mostrandosi solo ad uno sguardo secondo, in aperto contrasto con la fugacità e la transitorietà esasperata dell'evento. Ma delle opere e della loro relazione con lo spazio, nella messa in mostra trasformata in evento, resta solo l’immagine del fotografo. E’ in forma di immagine che l’opera si dispone a circolare. E allora qual’è l’opera? Quella dell’artista, del fotografo, l’operazione in sé? Così il fotografo diventa parte integrante del nucleo di artisti e cambia ad ogni iniziativa mettendo in campo visioni diverse: il pubblicitario, il fotografo d’arte, il fotografo di architettura, e dunque diversi modi di percorrere il bordo tra opera e immagine, tra realtà e rappresentazione, tra reale e virtuale. E quando il simulacro, trasformato in sistema di pixel, si proietta e si allestisce nel web? Paradossalmente l'unico elemento di stabilità della messa in mostra avviene in una dimensione puramente virtuale, delocalizzata e globale. Allora cosa cambia nello statuto dell’opera nel momento in cui si trasformano la sua materia, il suo spazio e il suo tempo? Ciò che ROAMING attiva è una fuga di polarità: il piccolo rispetto al grande degli spazi, il vuoto rispetto al pieno del pubblico dell’inaugurazione, il ritardo rispetto all’accelerazione dell’evento, la realtà rispetto alla sua rappresentazione, il fisico rispetto al virtuale. Entro questa fuga la volontà dell’opera si scontra con il suo destino ma forse è l’unico modo per compiersi, rivelando quell’ultrasottile, che oggi più che mai è una necessità dell’opera, ovvero “…ciò che non si coglie propriamente con la vista fisica ma con lo sguardo, con l’attenzione, con la mente (…) l’incavo della carta, tra recto e verso di un foglio sottile” (cfr. Elio Grazioli, Una differenza ultrasottile, in Passeggiata Minima, a cura di Giovanni Ferrario, UTET, 2008) www.ermannocristini.com
16
gennaio 2010
Roaming – If space meant nothing
16 gennaio 2010
performance - happening
Location
CONDOTTOC
Roma, Via Filippo Re, 8A, (Roma)
Roma, Via Filippo Re, 8A, (Roma)
Biglietti
libero
Vernissage
16 Gennaio 2010, ore 19.00
Autore
Curatore