Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Rob Sherwood – Synthetic Symphonies: Where I End And You Begin
Il lavoro di Sherwood riflette sul mezzo digitale in sé. Non accontentandosi di osservare la società attraverso i suoi simulacri, Sherwood scompone la percezione digitale utilizzando un fattore centrale sia per il mondo reale che per quello virtuale: la luce.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La Galleria Federica Schiavo è lieta di presentare la seconda personale dell’artista inglese Rob Sherwood presso i suoi spazi. Per questa occasione saranno esposti per la prima volta nove dipinti ed una serie di stampe che mostrano la costante indagine dell’artista verso la luce, l’influenza dei media digitali e l’equilibrio tra natura e artificio.
In senso spaziale, la griglia stabilisce l’autonomia del reame dell’arte. Appiattita, geometrizzata, ordinata, essa è antinaturale, antimimentica, antireale. Così appare l’arte quando volta le spalle alla natura. (Rosalind Krauss)
Laddove l’arte digitale è stata ossessivamente protesa verso la struttura espansiva delle culture di rete, il lavoro di Sherwood riflette sul mezzo digitale in sé. Tale ricerca produce di conseguenza un’arte che mira a rappresentare letteralmente o metaforicamente la profondità della percezione in un mondo a schermo piatto. Non accontentandosi di osservare la società attraverso il suo appariscente immaginario pop e dei suoi simulacri, Sherwood scompone la percezione digitale utilizzando come denominatore comune un fattore centrale sia per il mondo reale che per quello virtuale: la luce. L’arista si interroga sulla vita della luce, e su come questa cambi attraverso il tempo. Oggi, dice Sherwood: “le impostazioni di contrasto e luminosità sugli schermi dei televisori e dei computer hanno per me un grande significato. Principalmente per il bizzarro duplice senso che questi termini possono assumere. Per ciò che mi riguarda essi rappresentano il contrasto tra luce e ombra, o tra bene e male”. E’ questa abilità della luce artificiale di influenzare emozioni reali che costituisce una parte assai distinguibile della pratica dell’artista.
Ed ancora: con l’avvento di una cultura che ruota attorno alle piattaforme dei social network, gli esseri umani hanno iniziato a naturalizzare consapevolmente la tecnologia. La televisione non rappresenta più un flusso incontrollato d’informazioni, ma le sue immagini possono essere messe in pausa, registrate e riguardate. Analogamente internet offre film, musica, programmi televisivi e radio a discrezione di ogni utente. Lo spazio digitale ibrido dell’era dell’informatizzazione, può essere definito dalla facoltà di arrestare il movimento. A questo particolare concetto sono legate le Screenshot Series di Sherwood, delle serie di fermo-immagini astratti raccolti dai siti che offrono la visione di filmati in streaming. Questo cogliere immagini generate dal casuale malfunzionamento di una tecnologia digitale diventa così una pratica artistica e non una semplice azione passiva di un qualsiasi spettatore che preme play o pause. Allo stesso modo, nei suoi “grid paintings” l’artista sospende il movimento decostruendo la percezione visiva sotto la luce della realtà digitale. Ai contorni, ai colori ed ai segni gestuali sono sovrapposte cellule strutturali di sapore digitale, sospendendo così le tele nell’ambiguità tra costruzione e disintegrazione.
Sherwood è assolutamente consapevole del valore materiale e della qualità dei suoi dipinti, pennelli e tele. Tale abilità artigianale, unita all’uso tradizionale e a volte arcaico della tecnica pittorica conferiscono alle opere un sorprendente contrasto con le suggestioni artificiali dei suoi dipinti. Attraverso l’ultimo baluardo di autonomia dell’avanguardia storica, ovvero la griglia, e ad un uso personale di pittura, film e fotografia, Sherwood coniuga la sua visione soggettiva al documentario sociale. Questa miscela è perfettamente racchiusa nel titolo del suo trittico “Where I end and you Begin” (Dove finisco io e tu cominci)
TESTO ESTRATTO DAL SAGGIO DI GUY ROBERTSON CHE ACCOMPAGNA LA MOSTRA.
Nato a Bristol(UK) nel 1984, Rob Sherwood vive e lavora a Londra. Si è diplomato nel 2008 presso il Chelsea College of Art and Design di Londra.
In senso spaziale, la griglia stabilisce l’autonomia del reame dell’arte. Appiattita, geometrizzata, ordinata, essa è antinaturale, antimimentica, antireale. Così appare l’arte quando volta le spalle alla natura. (Rosalind Krauss)
Laddove l’arte digitale è stata ossessivamente protesa verso la struttura espansiva delle culture di rete, il lavoro di Sherwood riflette sul mezzo digitale in sé. Tale ricerca produce di conseguenza un’arte che mira a rappresentare letteralmente o metaforicamente la profondità della percezione in un mondo a schermo piatto. Non accontentandosi di osservare la società attraverso il suo appariscente immaginario pop e dei suoi simulacri, Sherwood scompone la percezione digitale utilizzando come denominatore comune un fattore centrale sia per il mondo reale che per quello virtuale: la luce. L’arista si interroga sulla vita della luce, e su come questa cambi attraverso il tempo. Oggi, dice Sherwood: “le impostazioni di contrasto e luminosità sugli schermi dei televisori e dei computer hanno per me un grande significato. Principalmente per il bizzarro duplice senso che questi termini possono assumere. Per ciò che mi riguarda essi rappresentano il contrasto tra luce e ombra, o tra bene e male”. E’ questa abilità della luce artificiale di influenzare emozioni reali che costituisce una parte assai distinguibile della pratica dell’artista.
Ed ancora: con l’avvento di una cultura che ruota attorno alle piattaforme dei social network, gli esseri umani hanno iniziato a naturalizzare consapevolmente la tecnologia. La televisione non rappresenta più un flusso incontrollato d’informazioni, ma le sue immagini possono essere messe in pausa, registrate e riguardate. Analogamente internet offre film, musica, programmi televisivi e radio a discrezione di ogni utente. Lo spazio digitale ibrido dell’era dell’informatizzazione, può essere definito dalla facoltà di arrestare il movimento. A questo particolare concetto sono legate le Screenshot Series di Sherwood, delle serie di fermo-immagini astratti raccolti dai siti che offrono la visione di filmati in streaming. Questo cogliere immagini generate dal casuale malfunzionamento di una tecnologia digitale diventa così una pratica artistica e non una semplice azione passiva di un qualsiasi spettatore che preme play o pause. Allo stesso modo, nei suoi “grid paintings” l’artista sospende il movimento decostruendo la percezione visiva sotto la luce della realtà digitale. Ai contorni, ai colori ed ai segni gestuali sono sovrapposte cellule strutturali di sapore digitale, sospendendo così le tele nell’ambiguità tra costruzione e disintegrazione.
Sherwood è assolutamente consapevole del valore materiale e della qualità dei suoi dipinti, pennelli e tele. Tale abilità artigianale, unita all’uso tradizionale e a volte arcaico della tecnica pittorica conferiscono alle opere un sorprendente contrasto con le suggestioni artificiali dei suoi dipinti. Attraverso l’ultimo baluardo di autonomia dell’avanguardia storica, ovvero la griglia, e ad un uso personale di pittura, film e fotografia, Sherwood coniuga la sua visione soggettiva al documentario sociale. Questa miscela è perfettamente racchiusa nel titolo del suo trittico “Where I end and you Begin” (Dove finisco io e tu cominci)
TESTO ESTRATTO DAL SAGGIO DI GUY ROBERTSON CHE ACCOMPAGNA LA MOSTRA.
Nato a Bristol(UK) nel 1984, Rob Sherwood vive e lavora a Londra. Si è diplomato nel 2008 presso il Chelsea College of Art and Design di Londra.
18
marzo 2010
Rob Sherwood – Synthetic Symphonies: Where I End And You Begin
Dal 18 marzo al 22 aprile 2010
arte contemporanea
Location
FEDERICA SCHIAVO GALLERY
Roma, Piazza Di Montevecchio, 16, (Roma)
Roma, Piazza Di Montevecchio, 16, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 12 - 19
Vernissage
18 Marzo 2010, ore 18 - 21
Autore