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Roberta Filippelli – Inni
Sabato 10 ottobre alle ore 19.00 blublauerspazioarte con il format zip mostre lampo, che prevede eventi culturali che si esauriscono in un giorno, inaugura Inni personale di Roberta Filippelli a cura di Manuela Gandini.
Comunicato stampa
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Nel momento di massima entropia e controllo sociale, l’arte ferma il tempo e lo spazio. Il silenzio è improvviso. L’Infosfera (il nostro nuovo habitat) ha saturato ogni area. Immagini, news, fake news, spot, selfie, reality, in transito su Tablet, Smartphone, PC, non lasciano tregua.
“Nel mondo realmente rovesciato il vero è un momento del falso” (Guy Debord).
Roberta Filippelli crea una dimensione di sospensione. E’ coerente con tutto il processo artistico precedente di annegamenti e resurrezioni. E’ in apnea e interrompe il caos, come quando ci si immerge nell’acqua del mare e, di colpo, scompare il brusio della spiaggia. Il vuoto, la vacuità, la purificazione, accompagnano i quadri della serie “Inni” che sono le pagine di uno spartito misterioso del nostro tempo.
C’è un paradosso che rende tutto così intrigante: l’opera è (scritta) per non vedenti ed evoca una musica che non si può sentire. Le otto tele bianche monocrome, al centro delle quali vi sono dei chiodi piantati secondo una precisa geometria, formano frasi a caratteri Braille e ogni carattere è parte di un mantra.
Il mantra è la sillaba sacra che ripetuta in loop produce trasformazioni emotive nell’individuo. E’ un processo accertato da esperimenti scientifici oltre che empirici. Ad ogni suono – dall’OM a SAT NAM a NAM MYOHO RENGE KYO - corrisponde una forma di scrittura Braille differente. Le parole, perlopiù sanscrite, diventano immagini. Definito anche “veicolo del pensiero”, il mantra è un linguaggio mistico, che richiama le energie terrene e cosmiche che giacciono in ogni essere vivente.
Roberta Filippelli utilizza la preghiera come carburante laico dell’arte.
Il mantra crea un campo di forza, modifica lo stato vitale, risucchia l’attenzione all’interno di sé al fine di placare la mente scimmia che si agita senza senso.
L'artista crea lo spazio necessario. Gli ipovedenti toccano e leggono l’opera, mentre gli altri ne colgono la tridimensionalità, la geometria e l’ombra che i chiodi proiettano sulla tela. In quest’epoca di iper-immagini siamo forse diventati ciechi?
Necessitiamo un ritorno all’essenza.
Un ascolto non mediato ma medi(t)ato.
Uno spazio di decontaminazione.
Parafrasando Beethoven, definirei questa nuova serie di opere: “Inni alla Gioia”, in un universo che al contrario si propone grigio e insipiente, sottolineando la pluralità dei suoni. L’opera è per ciascuno un’esperienza diversa. Il mantra crea, in chi lo recita, un terreno metafisico del tutto individuale. Non importa a quale tradizione religiosa o mistica ci si rivolga, poiché ogni uomo, anche se laico, parla una propria lingua spirituale e comportamentale.
Il mantra è la forza dell’Oriente trasportata, lungo le highway americane, dalla Beat Generation con la poesia, la letteratura, le bevute e le cadute. E’ un linguaggio vivo che circola nelle vene dell’Occidente per consentire a chiunque di ricollegarsi a sé e trasformare il veleno in medicina.
Allen Ginsberg – arrestato ed espulso dalla Cecoslovacchia comunista nel 1965 – scrisse in aereo una poesia che venne pubblicata in “Mantra del Re di Maggio”, della quale riporto il seguente frammento:
e io sono il Re di Maggio, naturalmente, essendo di genitori slavi e Ebreo Buddhista
che adora il Sacro Cuore di Cristo il Corpo Azzurro di Krishna la
schiena dritta di Rama
le collane di Chango il Nigeriano e canto Shiva Shiva in una
maniera che ho inventato io
e il Re di Maggio è un onore mitteleuropeo, mio nel XX secolo
nonostante le astronavi e la Macchina del Tempo, perché ho udito
la voce di Blake in una visione
e ripeto quella voce.
Gli “Inni” sono porte aperte o finestre sullo spazio. Mi riportano al silenzio di John Cage che chiunque poteva riempire con un proprio significato.
Roberta Filippelli – partendo dalla quotidianità - propone la coralità, la molteplicità e la diversità delle sillabe sacre come forza di cambiamento, plastica sociale, nuova umanità.
Lo fa senza esotismi, in modo cartesiano.
Manuela Gandini
“Nel mondo realmente rovesciato il vero è un momento del falso” (Guy Debord).
Roberta Filippelli crea una dimensione di sospensione. E’ coerente con tutto il processo artistico precedente di annegamenti e resurrezioni. E’ in apnea e interrompe il caos, come quando ci si immerge nell’acqua del mare e, di colpo, scompare il brusio della spiaggia. Il vuoto, la vacuità, la purificazione, accompagnano i quadri della serie “Inni” che sono le pagine di uno spartito misterioso del nostro tempo.
C’è un paradosso che rende tutto così intrigante: l’opera è (scritta) per non vedenti ed evoca una musica che non si può sentire. Le otto tele bianche monocrome, al centro delle quali vi sono dei chiodi piantati secondo una precisa geometria, formano frasi a caratteri Braille e ogni carattere è parte di un mantra.
Il mantra è la sillaba sacra che ripetuta in loop produce trasformazioni emotive nell’individuo. E’ un processo accertato da esperimenti scientifici oltre che empirici. Ad ogni suono – dall’OM a SAT NAM a NAM MYOHO RENGE KYO - corrisponde una forma di scrittura Braille differente. Le parole, perlopiù sanscrite, diventano immagini. Definito anche “veicolo del pensiero”, il mantra è un linguaggio mistico, che richiama le energie terrene e cosmiche che giacciono in ogni essere vivente.
Roberta Filippelli utilizza la preghiera come carburante laico dell’arte.
Il mantra crea un campo di forza, modifica lo stato vitale, risucchia l’attenzione all’interno di sé al fine di placare la mente scimmia che si agita senza senso.
L'artista crea lo spazio necessario. Gli ipovedenti toccano e leggono l’opera, mentre gli altri ne colgono la tridimensionalità, la geometria e l’ombra che i chiodi proiettano sulla tela. In quest’epoca di iper-immagini siamo forse diventati ciechi?
Necessitiamo un ritorno all’essenza.
Un ascolto non mediato ma medi(t)ato.
Uno spazio di decontaminazione.
Parafrasando Beethoven, definirei questa nuova serie di opere: “Inni alla Gioia”, in un universo che al contrario si propone grigio e insipiente, sottolineando la pluralità dei suoni. L’opera è per ciascuno un’esperienza diversa. Il mantra crea, in chi lo recita, un terreno metafisico del tutto individuale. Non importa a quale tradizione religiosa o mistica ci si rivolga, poiché ogni uomo, anche se laico, parla una propria lingua spirituale e comportamentale.
Il mantra è la forza dell’Oriente trasportata, lungo le highway americane, dalla Beat Generation con la poesia, la letteratura, le bevute e le cadute. E’ un linguaggio vivo che circola nelle vene dell’Occidente per consentire a chiunque di ricollegarsi a sé e trasformare il veleno in medicina.
Allen Ginsberg – arrestato ed espulso dalla Cecoslovacchia comunista nel 1965 – scrisse in aereo una poesia che venne pubblicata in “Mantra del Re di Maggio”, della quale riporto il seguente frammento:
e io sono il Re di Maggio, naturalmente, essendo di genitori slavi e Ebreo Buddhista
che adora il Sacro Cuore di Cristo il Corpo Azzurro di Krishna la
schiena dritta di Rama
le collane di Chango il Nigeriano e canto Shiva Shiva in una
maniera che ho inventato io
e il Re di Maggio è un onore mitteleuropeo, mio nel XX secolo
nonostante le astronavi e la Macchina del Tempo, perché ho udito
la voce di Blake in una visione
e ripeto quella voce.
Gli “Inni” sono porte aperte o finestre sullo spazio. Mi riportano al silenzio di John Cage che chiunque poteva riempire con un proprio significato.
Roberta Filippelli – partendo dalla quotidianità - propone la coralità, la molteplicità e la diversità delle sillabe sacre come forza di cambiamento, plastica sociale, nuova umanità.
Lo fa senza esotismi, in modo cartesiano.
Manuela Gandini
10
ottobre 2020
Roberta Filippelli – Inni
10 ottobre 2020
arte contemporanea
Location
BLUBLAUERSPAZIOARTE
Alghero, Via Rodolfo Morandi, 4, (Sassari)
Alghero, Via Rodolfo Morandi, 4, (Sassari)
Orario di apertura
sabato ore 19-23
Vernissage
10 Ottobre 2020, 19.00
Sito web
Autore
Curatore