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Roberta Montaruli – Cose private. Un disegno al giorno
Le Cose Private di Roberta Montaruli sono gli oggetti che punteggiano il suo orizzonte domestico, che abitano i suoi stessi spazi, le sue stanze.
Comunicato stampa
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Le Cose Private di Roberta Montaruli sono gli oggetti che punteggiano il suo orizzonte domestico, che abitano i suoi stessi spazi, le sue stanze. L’artista, che ha nel disegno uno strumento poetico privilegiato per esprimere i propri mondi interiori, affronta il tema delle dinamiche dell’osservazione e della complessità dello sguardo come esito di una disciplina auto-imposta, di un atto volontario e ripetuto con calcolata periodicità nel tempo. Il risultato è una mappatura degli oggetti che abitano la casa in cui vive, osservati e “fermati” con tratto lieve e rapido, china su carta 18 x 12 cm, uno al giorno (lo stesso oggetto può ritornare molte volte, ritratto in momenti anche lontani gli uni dagli altri) per 365 giorni.
Il suo nuovo progetto inedito Cose private. Un disegno al giorno è significativa evoluzione di una sua naturale attitudine all’osservazione come pratica introspettiva, tematica già affrontata in Se fossi più alta, una serie di disegni in cui l’artista, per tre anni, ha rappresentato il paesaggio che si vede dalle finestre della sua casa di Torino. I disegni, realizzati china e acquerello su carta velina e tela, raccontano un paesaggio in cui le geometrie delle case si stagliano sullo sfondo, private dell’elemento umano e naturale. L’insistente ripresa della veduta è funzionale ad un’esigenza specifica, ossia quella di riappropriarsi dell’orizzonte visivo esterno, che, entrato nella routine della quotidianità, era diventato invisibile in quanto pressoché immutabile. Un continuo slittamento tra veduta reale e veduta psicologica, che l’artista percepisce come un inganno e allo stesso tempo come una rivelazione: qual è il rischio dell’abitudine? Una progressiva miopia che sfoca il mondo esterno e quello domestico, specchio di un’altra assuefazione più problematica e nociva, quella del sé.
Non stupisce che l’artista abbia, per molti anni, concentrato la sua attenzione sull’autoritratto e sia giunta, attraverso un costante e riflessivo lavoro di sottrazione, a voler acutamente escludere l’elemento umano per evidenziare il solo contesto, e gli elementi che lo abitano, come proiezione rivelatrice, un'altra forma di autoritratto, filtrato e visto in prospettiva rovesciata. In Se fossi più alta era l’azione stessa del guardare il soggetto rappresentato. In Cose private gli oggetti, non a caso privati, quindi personali, raccontano di un’altra forma di azione: l’elemento umano non compare ma evidentemente ha agito o agirà su di essi, è presente nella sua assenza e ne determina il cambiamenti di posizione, di visuale, di interazione con gli altri oggetti presenti e con la stanza che li contiene.
Nella lettura del progetto nella sua totalità l’osservazione dello spettatore non corrisponde alla presa diretta, quotidiana, ma subisce un ritardo e al contempo gode di una visione d’insieme restituita in un unico momento presente, pur dilatato in un anno solare. Ponendoci dalla stessa prospettiva, osserviamo gli oggetti ritratti: l’atto stesso di guardarli diventa l’opera, il cuore del progetto; lo spazio della stanza evocata diventa luogo psicologico, assoluto poiché sciolto da vincoli. Noi non siamo l’artista ma siamo chiamati a sperimentarne la percezione, e al contempo a leggerne la capacità di rappresentazione di se stessa nella loro silenziosa disposizione, frammentarietà, solitudine. Una lettura che da contemplativa si fa poetica, anche grazie ad una tecnica raffinata e ad un alto controllo del segno, solo apparentemente casuale: lo spettatore è chiamato a superare l’atto del guardare per immergersi in un contesto privato, in questo caso domestico, che non è il suo, ma che potrebbe esserlo, e che comunica ed evoca pensieri, ricordi, sensazioni personali e universali. Un diario di un anno di vita letto per immagini, filtrato, raccontato dagli oggetti stessi, o meglio, dalle singole diverse prospettive e inquadrature casuali che li descrivono e in qualche modo li rianimano, li riportano al giorno in cui sono stati cristallizzati in una visione, come la data dietro ogni cartoncino ricorda.
Pare qui interessante ricordare come Roberta Montaruli alterni spesso la pratica del video a quella del disegno e come, in parallelo a questo progetto, abbia sviluppato un video dal titolo Benvenuti a casa. Il linguaggio del video, più veloce e vivido, viene mutuato nella pratica lenta e poetica del disegno, e i 365 disegni possono essere letti come uno storyboard sequenziale. Anche il suono è evocato, pur ovattato e ipnotico, come spesso emettono gli oggetti di casa, in particolare gli elettrodomestici, qui restituiti nella loro dignità di oggetti privati necessari, prima che funzionali, specchi di quei sentimenti umani che proiettiamo su di loro, talvolta desiderio di possesso, talvolta quieta benevolenza, spesso indifferenza.
Paola Stroppiana
Il suo nuovo progetto inedito Cose private. Un disegno al giorno è significativa evoluzione di una sua naturale attitudine all’osservazione come pratica introspettiva, tematica già affrontata in Se fossi più alta, una serie di disegni in cui l’artista, per tre anni, ha rappresentato il paesaggio che si vede dalle finestre della sua casa di Torino. I disegni, realizzati china e acquerello su carta velina e tela, raccontano un paesaggio in cui le geometrie delle case si stagliano sullo sfondo, private dell’elemento umano e naturale. L’insistente ripresa della veduta è funzionale ad un’esigenza specifica, ossia quella di riappropriarsi dell’orizzonte visivo esterno, che, entrato nella routine della quotidianità, era diventato invisibile in quanto pressoché immutabile. Un continuo slittamento tra veduta reale e veduta psicologica, che l’artista percepisce come un inganno e allo stesso tempo come una rivelazione: qual è il rischio dell’abitudine? Una progressiva miopia che sfoca il mondo esterno e quello domestico, specchio di un’altra assuefazione più problematica e nociva, quella del sé.
Non stupisce che l’artista abbia, per molti anni, concentrato la sua attenzione sull’autoritratto e sia giunta, attraverso un costante e riflessivo lavoro di sottrazione, a voler acutamente escludere l’elemento umano per evidenziare il solo contesto, e gli elementi che lo abitano, come proiezione rivelatrice, un'altra forma di autoritratto, filtrato e visto in prospettiva rovesciata. In Se fossi più alta era l’azione stessa del guardare il soggetto rappresentato. In Cose private gli oggetti, non a caso privati, quindi personali, raccontano di un’altra forma di azione: l’elemento umano non compare ma evidentemente ha agito o agirà su di essi, è presente nella sua assenza e ne determina il cambiamenti di posizione, di visuale, di interazione con gli altri oggetti presenti e con la stanza che li contiene.
Nella lettura del progetto nella sua totalità l’osservazione dello spettatore non corrisponde alla presa diretta, quotidiana, ma subisce un ritardo e al contempo gode di una visione d’insieme restituita in un unico momento presente, pur dilatato in un anno solare. Ponendoci dalla stessa prospettiva, osserviamo gli oggetti ritratti: l’atto stesso di guardarli diventa l’opera, il cuore del progetto; lo spazio della stanza evocata diventa luogo psicologico, assoluto poiché sciolto da vincoli. Noi non siamo l’artista ma siamo chiamati a sperimentarne la percezione, e al contempo a leggerne la capacità di rappresentazione di se stessa nella loro silenziosa disposizione, frammentarietà, solitudine. Una lettura che da contemplativa si fa poetica, anche grazie ad una tecnica raffinata e ad un alto controllo del segno, solo apparentemente casuale: lo spettatore è chiamato a superare l’atto del guardare per immergersi in un contesto privato, in questo caso domestico, che non è il suo, ma che potrebbe esserlo, e che comunica ed evoca pensieri, ricordi, sensazioni personali e universali. Un diario di un anno di vita letto per immagini, filtrato, raccontato dagli oggetti stessi, o meglio, dalle singole diverse prospettive e inquadrature casuali che li descrivono e in qualche modo li rianimano, li riportano al giorno in cui sono stati cristallizzati in una visione, come la data dietro ogni cartoncino ricorda.
Pare qui interessante ricordare come Roberta Montaruli alterni spesso la pratica del video a quella del disegno e come, in parallelo a questo progetto, abbia sviluppato un video dal titolo Benvenuti a casa. Il linguaggio del video, più veloce e vivido, viene mutuato nella pratica lenta e poetica del disegno, e i 365 disegni possono essere letti come uno storyboard sequenziale. Anche il suono è evocato, pur ovattato e ipnotico, come spesso emettono gli oggetti di casa, in particolare gli elettrodomestici, qui restituiti nella loro dignità di oggetti privati necessari, prima che funzionali, specchi di quei sentimenti umani che proiettiamo su di loro, talvolta desiderio di possesso, talvolta quieta benevolenza, spesso indifferenza.
Paola Stroppiana
01
marzo 2018
Roberta Montaruli – Cose private. Un disegno al giorno
Dal primo al 30 marzo 2018
arte contemporanea
Location
PAOLO TONIN ARTE CONTEMPORANEA
Torino, Via San Tommaso, 6, (Torino)
Torino, Via San Tommaso, 6, (Torino)
Orario di apertura
apertura dalle 10,30 alle 13 e dalle 14,30 alle 19 dal lunedì al venerdì, sabato su appuntamento
Vernissage
1 Marzo 2018, ore 19
Autore
Curatore