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Roberta Padovani
Personale
Comunicato stampa
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Le opere eteree, impalpabili e delicate di Roberta Padovani, ci fanno continuamente pensare a delle orme, a dei solchi che non hanno né passato né futuro ma solamente presente, come le impronte lasciate in riva al mare, che vengono “cancellate” dalle onde sul bagnasciuga, cancellate solo fisicamente, cancellate per dare spazio alla memoria.
Passaggi, poesia dello trascorrere del tempo, incrostazioni che si aggrappano all’angosciante trascorrere del tempo, lo fermano, cercano di ferire, tagliando lo spazio, lasciando solchi.
Tensione, energia, contrapposizioni tra titoli ed opere, astrazioni così sapienti da raggelare il sangue, impacchettando insieme dimensione interiore ed esteriore, condensando colore, materia e sentimento, magia, terrore, sogno e realtà.
Il mondo di Roberta non va interpretato secondo canoni iconografici, come giustamente annotava lo storico dell’arte Ernst H. Gombrich in “Freud e la psicologia dell’arte” a pag.79:
“…L’analisi di queste discussioni potrebbe, comunque, aiutarci a risolvere un problema che si propone immancabilmente dovunque si tratti del simbolo-intendo il problema della traducibilità.
I difensori dell’accezione più ristretta insistono sempre nell’idea che i segni sono traducibili, mentre non si può esprimere in parole il senso del simbolo. Mi sembra che questa distinzione, così spesso addotta, si fondi su un malinteso in fatto di traduzione, cioè sul tacito presupposto che le parole si possano sempre tradurre, il che non è affatto vero.
Ogni modo di espressione simbolica funziona soltanto entro un complicato sistema di possibili alternative, che fino ad un certo punto si può, forse, interpretare; ma un adeguata traduzione si può dare solo nei casi eccezionali di fortuita coincidenza fra i due sistemi.”
Le superfici fratturate cercano solo di dare spazio alla realtà nascosta che si fa luce nella materia, e l’artista si fa leggera, come una sostanza immaterica, che sorvola, accarezza, che legge il simbolo senza avere la presunzione di trovare un significato. Materiali poveri, crudi, come il legno, la corda, il lino e materiali forti, a loro modo comuni come il nastro adesivo, le puntine o carte, che nella loro vicinanza ci danno, anzi ci regalano la semplicità di osservare sia la profonda materialità delle cose che la loro impalpabile spiritualità.
Passaggi, poesia dello trascorrere del tempo, incrostazioni che si aggrappano all’angosciante trascorrere del tempo, lo fermano, cercano di ferire, tagliando lo spazio, lasciando solchi.
Tensione, energia, contrapposizioni tra titoli ed opere, astrazioni così sapienti da raggelare il sangue, impacchettando insieme dimensione interiore ed esteriore, condensando colore, materia e sentimento, magia, terrore, sogno e realtà.
Il mondo di Roberta non va interpretato secondo canoni iconografici, come giustamente annotava lo storico dell’arte Ernst H. Gombrich in “Freud e la psicologia dell’arte” a pag.79:
“…L’analisi di queste discussioni potrebbe, comunque, aiutarci a risolvere un problema che si propone immancabilmente dovunque si tratti del simbolo-intendo il problema della traducibilità.
I difensori dell’accezione più ristretta insistono sempre nell’idea che i segni sono traducibili, mentre non si può esprimere in parole il senso del simbolo. Mi sembra che questa distinzione, così spesso addotta, si fondi su un malinteso in fatto di traduzione, cioè sul tacito presupposto che le parole si possano sempre tradurre, il che non è affatto vero.
Ogni modo di espressione simbolica funziona soltanto entro un complicato sistema di possibili alternative, che fino ad un certo punto si può, forse, interpretare; ma un adeguata traduzione si può dare solo nei casi eccezionali di fortuita coincidenza fra i due sistemi.”
Le superfici fratturate cercano solo di dare spazio alla realtà nascosta che si fa luce nella materia, e l’artista si fa leggera, come una sostanza immaterica, che sorvola, accarezza, che legge il simbolo senza avere la presunzione di trovare un significato. Materiali poveri, crudi, come il legno, la corda, il lino e materiali forti, a loro modo comuni come il nastro adesivo, le puntine o carte, che nella loro vicinanza ci danno, anzi ci regalano la semplicità di osservare sia la profonda materialità delle cose che la loro impalpabile spiritualità.
01
aprile 2005
Roberta Padovani
Dal primo aprile al 06 maggio 2005
arte contemporanea
Location
ANTICA OSTARIA RUGA RIALTO
Venezia, San Polo, 692, (Venezia)
Venezia, San Polo, 692, (Venezia)
Orario di apertura
11-15 e 18-02
Vernissage
1 Aprile 2005, ore 19
Autore
Curatore