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Roberto Antico – Diario del Fiume
E’ come un anziano viaggiatore il grande fiume, per le popolazioni che abitano le sue rive: vede, racconta, riparte e, ritornando, altre cose racconta….]Antico lo fa con ciò che il Po trasporta e regala, padre dolce ma forte, durante i suoi viaggi
Comunicato stampa
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E’ come un anziano viaggiatore il grande fiume, per le popolazioni che abitano le sue rive: vede, racconta, riparte e, ritornando, altre cose racconta.
Spiegare il Po, raccontarne l’essenza a chi, lungo il Po e nelle sue terre non ha mai vissuto, è una di quelle operazioni complesse e difficili che non sempre riescono nel loro intento. E’ come spiegare l’amore a chi non l’ha mai vissuto. E, come nell’amore, ognuno vive la sua esperienza con il fiume a modo suo, legato alla vita, alle persone, ai ricordi che se ne vanno nel vento dell’esistenza come i “piumini” dei pioppi di golena.
Roberto Antico ha cercato un’altra via per raccontare il Po, il suo e quello dei tanti che, quotidianamente ne solcano le acque limacciose e tormentate, o di quelli che lo vivono dalla riva talora ghiaiosa, sabbiosa talaltra.
Antico lo fa con ciò che il Po trasporta e regala, padre dolce ma forte, durante i suoi viaggi: tavole di legno, lacerti di un affresco del tempo, testimoni galleggianti di un viaggio che né si sa da dove abbia inizio e né si sa dove abbia fine.
La consistenza tattile di un prodotto che continua a vivere anche se apparentemente inanimato come il legno, diviene così la base per l’artista veneto, per dare avvio ad una ricerca geometrica, cromatica e materica che, affondando le sue radici proprio nell’elemento ritrovato, esercita il suo sviluppo formale in qualcosa che supera le barriere del tempo e dello spazio, per orientarsi verso una descrizione di ciò che non è visibile agli occhi.
Troppo scontato, troppo palese accostarsi all’arte di Antico con la convinzione di trovarsi di fronte ad una rivisitazione dei principi tautologici e metaforici del Burri della seconda metà degli anni ’50. Altrettanto scontato riferirsi alla poetica dadaista e surrealista dell’objet trouvé. Certamente una “citazione” (mi si passi il termine, del tutto scevro dal suo contenuto reale e quindi lontano dall’anacronismo del “citazionismo”storico in quanto tale), ma niente di più, se non un accostamento al secondo significato (quello metaforico) degli intenti dell’artista legato all’informale ed allo stesso significato intrinseco al legame arte-vita del Dada.
Antico racconta il suo rapporto con il fiume come se l’Eridano stesso si raccontasse, giorno dopo giorno, con annotazioni sulle pagine di un diario liquido in cui si trovassero a galleggiare, come su di un immenso scrapbook ideale, oggetti raccolti qua e là, sinonimi di un istante irripetibile, frammenti di un destino irrinunciabile.
Ma in Roberto Antico il fenomeno temporaneo legato al ritrovamento, quasi un’archeologica scoperta nel terreno di un passato più o meno recente (non lo si saprà mai), si lega indissolubilmente al gesto successivo che, passando per l’ideazione, giunge all’intervento diretto sul materiale e, di conseguenza, ad una sorta di make-up della realtà tangibile.
Ne deriva una lettura paradigmatica della realtà in cui la doppia possibilità di lettura offerta dall’opera d’arte (quella dell’objet trouvé e quella del remake con materiali e colori) si arricchisce di un ulteriore possibile significato: quello offerto dalla geometrica interazione tra forme del legno (vene, nodi, crepe) e quelle guidate dalla mano dell’artista.
In una molteplicità di interpretazioni, quindi, che sfiorano la mente come i pensieri del dormiveglia, Roberto Antico affonda il credo della sua arte in una cultura della ricerca e della restituzione al presente di oggetti strappati all’oblio del passato; cultura che trova in sé stessa gli strumenti per una rilettura dell’errore del passato umano alla luce degli orrori del presente per modificarne gli effetti.
Se l’archeologia è lo studio e la ricerca di oggetti appartenenti a civiltà passate, Antico è l’archeologo delle civiltà di un Po attuale e quanto mai mutevole, che offre, però, al tempo stesso, speranze di miglioramento.
Michele Govoni
Marzo 2010
Spiegare il Po, raccontarne l’essenza a chi, lungo il Po e nelle sue terre non ha mai vissuto, è una di quelle operazioni complesse e difficili che non sempre riescono nel loro intento. E’ come spiegare l’amore a chi non l’ha mai vissuto. E, come nell’amore, ognuno vive la sua esperienza con il fiume a modo suo, legato alla vita, alle persone, ai ricordi che se ne vanno nel vento dell’esistenza come i “piumini” dei pioppi di golena.
Roberto Antico ha cercato un’altra via per raccontare il Po, il suo e quello dei tanti che, quotidianamente ne solcano le acque limacciose e tormentate, o di quelli che lo vivono dalla riva talora ghiaiosa, sabbiosa talaltra.
Antico lo fa con ciò che il Po trasporta e regala, padre dolce ma forte, durante i suoi viaggi: tavole di legno, lacerti di un affresco del tempo, testimoni galleggianti di un viaggio che né si sa da dove abbia inizio e né si sa dove abbia fine.
La consistenza tattile di un prodotto che continua a vivere anche se apparentemente inanimato come il legno, diviene così la base per l’artista veneto, per dare avvio ad una ricerca geometrica, cromatica e materica che, affondando le sue radici proprio nell’elemento ritrovato, esercita il suo sviluppo formale in qualcosa che supera le barriere del tempo e dello spazio, per orientarsi verso una descrizione di ciò che non è visibile agli occhi.
Troppo scontato, troppo palese accostarsi all’arte di Antico con la convinzione di trovarsi di fronte ad una rivisitazione dei principi tautologici e metaforici del Burri della seconda metà degli anni ’50. Altrettanto scontato riferirsi alla poetica dadaista e surrealista dell’objet trouvé. Certamente una “citazione” (mi si passi il termine, del tutto scevro dal suo contenuto reale e quindi lontano dall’anacronismo del “citazionismo”storico in quanto tale), ma niente di più, se non un accostamento al secondo significato (quello metaforico) degli intenti dell’artista legato all’informale ed allo stesso significato intrinseco al legame arte-vita del Dada.
Antico racconta il suo rapporto con il fiume come se l’Eridano stesso si raccontasse, giorno dopo giorno, con annotazioni sulle pagine di un diario liquido in cui si trovassero a galleggiare, come su di un immenso scrapbook ideale, oggetti raccolti qua e là, sinonimi di un istante irripetibile, frammenti di un destino irrinunciabile.
Ma in Roberto Antico il fenomeno temporaneo legato al ritrovamento, quasi un’archeologica scoperta nel terreno di un passato più o meno recente (non lo si saprà mai), si lega indissolubilmente al gesto successivo che, passando per l’ideazione, giunge all’intervento diretto sul materiale e, di conseguenza, ad una sorta di make-up della realtà tangibile.
Ne deriva una lettura paradigmatica della realtà in cui la doppia possibilità di lettura offerta dall’opera d’arte (quella dell’objet trouvé e quella del remake con materiali e colori) si arricchisce di un ulteriore possibile significato: quello offerto dalla geometrica interazione tra forme del legno (vene, nodi, crepe) e quelle guidate dalla mano dell’artista.
In una molteplicità di interpretazioni, quindi, che sfiorano la mente come i pensieri del dormiveglia, Roberto Antico affonda il credo della sua arte in una cultura della ricerca e della restituzione al presente di oggetti strappati all’oblio del passato; cultura che trova in sé stessa gli strumenti per una rilettura dell’errore del passato umano alla luce degli orrori del presente per modificarne gli effetti.
Se l’archeologia è lo studio e la ricerca di oggetti appartenenti a civiltà passate, Antico è l’archeologo delle civiltà di un Po attuale e quanto mai mutevole, che offre, però, al tempo stesso, speranze di miglioramento.
Michele Govoni
Marzo 2010
28
marzo 2010
Roberto Antico – Diario del Fiume
Dal 28 marzo al 30 maggio 2010
arte contemporanea
Location
ROCCA POSSENTE DI STELLATA
Bondeno, (Ferrara)
Bondeno, (Ferrara)
Orario di apertura
sabato dalle 15,00 alle 19,00
domenica e festivi dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 15,00 alle 19,00
Vernissage
28 Marzo 2010, ore 17.00
Autore
Curatore