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Roberto Bossaglia – Cahier parisien
Roberto Bossaglia non e certamente un turista e non è un pellegrino. Il suo modo di procedere nelle strade di Parigi e piuttosto quello del flâneur, che percorre la città guidato dalla ricerca di situazioni capaci di suscitare stupore e contemporaneamente sentimento di familiarità, una ricerca che non ha un preciso oggetto, se non la città stessa nei suoi molti modi di essere, nelle sue “apparizioni”.
Comunicato stampa
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In La società dell’incertezza Zygmund Bauman scrive che noi, esseri occidentali, nell'abitare lo spazio, da pellegrini che eravamo, e poi nella modernità flâneur e vagabondi, nella postmodernità siamo divenuti soprattutto turisti: visitatori di luoghi nei quali non possiamo radicarci, costretti dalla contemporaneità a muoverci in modo frammentario in molti diversi spazi geografici ed esistenziali. Queste tre figure - pellegrino, flâneur, turista - si ritrovano nella storia della fotografia.
Possiamo pensare che pellegrini erano, forse, i più antichi fotografi di sconosciute terre lontane, i primi viaggiatori fotografi ottocenteschi che esploravano il mondo per misurarlo, conoscerlo e rappresentarlo. Il Novecento borghese ha poi visto nascere la figura del flâneur, nella accezione indicata autorevolmente da Walter Benjamin: colui il quale vaga nella città moderna, trovandosi estraneo fra estranei, nella folla, godendo della vista della città come esperienza estetica. Il fotografo si muove in libertà e sceglie, a livello conscio oppure inconscio non importa, le cose a cui rivolgere lo sguardo, nel tempo che passa.
Quando, con il maturare del secolo, per la prima volta nella storia degli uomini grandi masse di persone abbandonano per brevi periodi il loro abituale ambiente di vita non per motivi di necessità ma per diletto, il turismo da attività marginale della società diventa centrale. Si definisce cosi un nuovo rapporto con il mondo, che sembra allestito per essere fotografato, o filmato, o ripreso in video, mentre i mass media lavorano a trasformare e a farci percepire come immagine e come scenario qualunque tipo di paesaggio. Roberto Bossaglia non e certamente un turista e non è un pellegrino. Il suo modo di procedere nelle strade di Parigi e piuttosto quello del flâneur, che percorre la città guidato dalla ricerca di situazioni capaci di suscitare stupore e
contemporaneamente sentimento di familiarità, una ricerca che non ha un preciso oggetto, se non la città stessa nei suoi molti modi di essere, nelle sue "apparizioni". In queste trovano posto aspetti della storia e della contemporaneità, arredo urbano, figure umane, cieli, luci, architetture, giardini, piccole scene di vita quotidiana, immagini pubblicitarie, scritte, sculture, ombre, colori. Il cahier di Bossaglia parla di una Parigi che rivela i suoi luoghi: e lontana dall'autore quell'idea di non-luogo che molto a lungo ha attratto i fotografi contemporanei, poiché in queste fotografie non troviamo spazi vuoti e insensati, in attesa di definizione, ma elementi diversi che si combinano a generare, invece, veri luoghi, cioè situazioni strutturate e cariche di stratificazioni che conferiscono identità. Da sempre studioso della luce e dell'ombra, Bossaglia applica qui i due tipici elementi dialettici della fotografia al colore, che di essi si nutre per dotare l'immagine di una maggiore fisicità e gli spazi rappresentati di una più esatta tridimensionalità. Ed e proprio attraverso questi aspetti di fisicità e di tridimensionalità che la città si fa apparizione inaspettata, quasi tangibile proprio perché in qualche modo gia desiderata e immaginata. In fondo, il flâneur trova quello che gia esiste dentro di lui e ha solo bisogno della conferma di una immagine. La fotografia può costituire un punto d'incontro fra ciò che appartiene al nostro mondo interiore e ciò che si trova nel mondo esterno a noi, e divenire un singolare strumento di rivelazione: di spaesamento, anche, pur nella ricerca di ciò che gia ci appartiene, stupore provocato da qualcosa che e accidentale e dall'improvviso apparire degli oggetti del mondo non solo e non tanto davanti agli occhi, ma dentro una realtà altra, che e quella dell'immagine.
Roberta Valtorta
Possiamo pensare che pellegrini erano, forse, i più antichi fotografi di sconosciute terre lontane, i primi viaggiatori fotografi ottocenteschi che esploravano il mondo per misurarlo, conoscerlo e rappresentarlo. Il Novecento borghese ha poi visto nascere la figura del flâneur, nella accezione indicata autorevolmente da Walter Benjamin: colui il quale vaga nella città moderna, trovandosi estraneo fra estranei, nella folla, godendo della vista della città come esperienza estetica. Il fotografo si muove in libertà e sceglie, a livello conscio oppure inconscio non importa, le cose a cui rivolgere lo sguardo, nel tempo che passa.
Quando, con il maturare del secolo, per la prima volta nella storia degli uomini grandi masse di persone abbandonano per brevi periodi il loro abituale ambiente di vita non per motivi di necessità ma per diletto, il turismo da attività marginale della società diventa centrale. Si definisce cosi un nuovo rapporto con il mondo, che sembra allestito per essere fotografato, o filmato, o ripreso in video, mentre i mass media lavorano a trasformare e a farci percepire come immagine e come scenario qualunque tipo di paesaggio. Roberto Bossaglia non e certamente un turista e non è un pellegrino. Il suo modo di procedere nelle strade di Parigi e piuttosto quello del flâneur, che percorre la città guidato dalla ricerca di situazioni capaci di suscitare stupore e
contemporaneamente sentimento di familiarità, una ricerca che non ha un preciso oggetto, se non la città stessa nei suoi molti modi di essere, nelle sue "apparizioni". In queste trovano posto aspetti della storia e della contemporaneità, arredo urbano, figure umane, cieli, luci, architetture, giardini, piccole scene di vita quotidiana, immagini pubblicitarie, scritte, sculture, ombre, colori. Il cahier di Bossaglia parla di una Parigi che rivela i suoi luoghi: e lontana dall'autore quell'idea di non-luogo che molto a lungo ha attratto i fotografi contemporanei, poiché in queste fotografie non troviamo spazi vuoti e insensati, in attesa di definizione, ma elementi diversi che si combinano a generare, invece, veri luoghi, cioè situazioni strutturate e cariche di stratificazioni che conferiscono identità. Da sempre studioso della luce e dell'ombra, Bossaglia applica qui i due tipici elementi dialettici della fotografia al colore, che di essi si nutre per dotare l'immagine di una maggiore fisicità e gli spazi rappresentati di una più esatta tridimensionalità. Ed e proprio attraverso questi aspetti di fisicità e di tridimensionalità che la città si fa apparizione inaspettata, quasi tangibile proprio perché in qualche modo gia desiderata e immaginata. In fondo, il flâneur trova quello che gia esiste dentro di lui e ha solo bisogno della conferma di una immagine. La fotografia può costituire un punto d'incontro fra ciò che appartiene al nostro mondo interiore e ciò che si trova nel mondo esterno a noi, e divenire un singolare strumento di rivelazione: di spaesamento, anche, pur nella ricerca di ciò che gia ci appartiene, stupore provocato da qualcosa che e accidentale e dall'improvviso apparire degli oggetti del mondo non solo e non tanto davanti agli occhi, ma dentro una realtà altra, che e quella dell'immagine.
Roberta Valtorta
08
aprile 2008
Roberto Bossaglia – Cahier parisien
Dall'otto aprile all'otto maggio 2008
arte contemporanea
Location
L’OFFICINA ARTE AL BORGHETTO
Roma, Piazza Della Marina, (Roma)
Roma, Piazza Della Marina, (Roma)
Vernissage
8 Aprile 2008, ore 18
Autore
Curatore