La bipersonale di Roberto Carradori e Sergio Giannini riavvolge il filo del tempo per risalire alle origini di un’amicizia nata tra i due pittori quando erano ancora ragazzi. Un rapporto scandito da esperienze di vita, passioni comuni, anni passati coltivando entrambi un grande amore per la pittura. All’arte Roberto e Sergio sono arrivati percorrendo strade molto diverse: il primo ha scelto di concentrarsi sul racconto della realtà quotidiana, attimi di vita catturati per le strade cittadine, volti di persone amiche o di sconosciuti, storie che il suo sguardo “scopre” e sottrae all’indifferenza della gente rendendole protagoniste; il secondo, invece, si è spinto oltre l’evidenza delle cose, immaginando un mondo in cui il contrasto tra forze opposte – colore e segno – crea un equilibrio inaspettato, un “ordine nuovo” – così Giannini lo definisce – in cui è l’artista a costruire un’armonia tra istinto e logica, tra emozione e pensiero. Due cifre artistiche assai distanti, quindi, a tal punto differenti l’una dall’altra da sembrare del tutto inconciliabili. E pur essendolo per molti aspetti, c’è un filo sottile che le unisce, a partire, ad esempio, dal forte senso del colore che le accomuna entrambe, con tinte vivaci e intrise di luce, passando poi al rispetto di quelle regole compositive che fanno convivere insieme, in maniera armonica, gli elementi formali ed espressivi dell’opera. Certo, sono mondi assai distanti, più “concreto” quello di Roberto, più “astratto” quello di Sergio. Ma in fondo sono gli opposti che si toccano, che si completano, così in pittura come nell’amicizia, così nell’arte come nella vita. E non c’è sfida più grande, più entusiasmante, di quella che riesce a tenere insieme due storie, due vite, due visioni artistiche non malgrado siano diverse ma proprio in forza della loro diversità, del loro essere ciascuno unica e irreplicabile, eppure ciascuna vicina all’altra nel sentimento universale dell’amicizia.