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Roberto Di Bianco – Es un soplo
9 lavori di grandi dimensioni realizzati con tecnica mista: acrilici, smalti, gessi, resine, persino stralci di tessuto o di altri materiali sia su tela, che su supporti che vanno dal legno a velluto, coperte e tappeti
Comunicato stampa
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Si inaugura giovedì 13 marzo 2008 alle 19:00 “ES UN SOPLO”, la nuova personale di ROBERTO DI BIANCO. La mostra è visitabile, presso “SABINALBANO Modart Gallery” – WILLY SANTANGELO (vico Vasto a Chiaja n. 52/53, NAPOLI. Info: 081/421716), sino al 3 aprile tutti i giorni, eccetto il lunedì mattina e i festivi, dalle 10:00 alle 13:30 e dalle 16:30 fino alle 20:00.
Il corpus allestivo che Di Bianco propone per quest’esposizione presso la gallery di Sabina Albano si compone di 9 lavori di grandi dimensioni (da un minimo di 100x140 a un massimo di 160x190), realizzati con tecnica mista: acrilici, smalti, gessi, resine, persino stralci di tessuto o di altri materiali sia su tela, che su supporti che vanno dal legno a velluto, coperte e tappeti. Oltre a ciò, in mostra anche 5 lavori su carta di più piccole proporzioni (da un minimo di 35x50 a un massimo di 70x100).
L’originalità dell’artista napoletano sta proprio nella tecnica pittorica e nel suo stile che, pur non scevro da evidenti influenze, si emancipa ben presto da esse maturando una personale e autentica sintassi dell’immagine. Di Bianco, infatti, nel suo iter artistico disegna una parabola che non si esaurisce nella normale diacronia di un graduale passaggio da un lessico più chiaramente figurativo a uno più incline all’astrazione, ma che affianca e combina le due modalità espressive in un’equilibrata commistione di segni pittorici astratti, parole, frasi, sembianti umani e altri elementi figurativi. Alla stessa maniera, miscela i più classici oli su tela con supporti originali e tecniche miste che chiamano in causa i materiali e i linguaggi più svariati, non lesinando neppure una tonalità dell’ampio ventaglio cromatico. Non è un caso, difatti, che i dipinti di Di Bianco abbraccino colori saturi e non, primari e secondari, caldi ma pure freddi, tinte e nuance acide, metalliche, così come sfumature più morbide o vivide. Tutto ciò in fondo è frutto del bagaglio di Di Bianco che, prima di approdare a un proprio idioma artistico, che tiene conto della lezione dei grandi maestri dell’Espressionismo tedesco e americano, Basquiat e Schnabel, per citarne solo un paio, ha rivolto la sua attenzione anche al Rinascimento, al Realismo e all’Impressionismo.
Dunque, suggestioni e influssi delle scuole e delle correnti artistiche fatti propri e rielaborati in maniera inedita dal creativo partenopeo. A cominciare dal ricorso a scritte, parole ed estratti in inglese arcaico, estrapolati essenzialmente dall’opera shakespeariana, e ultimamente pure in spagnolo. Vocaboli e sintagmi che si frangono sulla tela, a volte assorbiti da essa, altre volte quasi pronti a fuoriuscirne; veri e propri input per chi guarda, per sollecitarne la reazione emotiva e la decodifica in maniera del tutto libera e non precostituita. È il dato interiore e soggettivo che dall’anima dell’artista giunge alla realtà senza alcuna mediazione, sovrastruttura o inutili fronzoli e orpelli. Un’arte diretta, di forte impatto, che si sottrae quasi sempre all’illusione del volume e della prospettiva, per concentrasi sull’essenzialità di linee spezzate, colori forti, segni duri e talvolta più spigolosi.
Una sorta di graffiti, figli di quella concept art e della street art, sempre più seguite e nobilitate, che si alternano e si fondono con sagome umane, legando il dato figurativo e quello astratto, così come il bianco e il nero (in una visione quasi ‘manichea’ del colore), le tonalità fredde e quelle calde, la tela dipinta e il materiale (legno, ad esempio) vivo e consunto, lasciato nudo e della sua tinta naturale all’interno dell’opera. Spesso le pennellate sembrano voler ‘oltraggiare’ la superficie su cui si abbattono virulente e potenti; altre volte l’accarezzano e sfumano, o addirittura sfociano in ‘sbavature’ intenzionali. Di sicuro la sensualità, la passione, la forza, la pura energia e il ‘caos per nulla calmo’ sono alcune delle cifre più interessanti della pittura di Di Bianco.
ROBERTO DI BIANCO è nato nel dicembre del ’65 a Napoli, dove tuttora vive e lavora. Dopo essersi formato al Liceo Artistico, ha frequentato i corsi estivi della “School of Art of San Francisco”, dove è entrato in contatto con la scuola contemporanea americana, tanto da ritornare negli USA più volte, specie a New York e in Florida, accostandosi a realtà sociali e culturali, oltre che a fermenti artistici di grande rilevanza per la sua crescita come pittore. La prima personale è del 2007 al TRIP, subito dopo una performance di live painting al Lanificio 25 nello stesso anno. Sempre del 2007 è la sua partecipazione a una collettiva al Museo Nazionale di Arte Contemporanea d’Isernia e a un’altra esposizione di Arte Contemporanea al Tarì. Il 2008 l’ha visto a Bologna ad Arte Fiera e in una Collettiva a Roma dal titolo “Cartefatti”.
Il corpus allestivo che Di Bianco propone per quest’esposizione presso la gallery di Sabina Albano si compone di 9 lavori di grandi dimensioni (da un minimo di 100x140 a un massimo di 160x190), realizzati con tecnica mista: acrilici, smalti, gessi, resine, persino stralci di tessuto o di altri materiali sia su tela, che su supporti che vanno dal legno a velluto, coperte e tappeti. Oltre a ciò, in mostra anche 5 lavori su carta di più piccole proporzioni (da un minimo di 35x50 a un massimo di 70x100).
L’originalità dell’artista napoletano sta proprio nella tecnica pittorica e nel suo stile che, pur non scevro da evidenti influenze, si emancipa ben presto da esse maturando una personale e autentica sintassi dell’immagine. Di Bianco, infatti, nel suo iter artistico disegna una parabola che non si esaurisce nella normale diacronia di un graduale passaggio da un lessico più chiaramente figurativo a uno più incline all’astrazione, ma che affianca e combina le due modalità espressive in un’equilibrata commistione di segni pittorici astratti, parole, frasi, sembianti umani e altri elementi figurativi. Alla stessa maniera, miscela i più classici oli su tela con supporti originali e tecniche miste che chiamano in causa i materiali e i linguaggi più svariati, non lesinando neppure una tonalità dell’ampio ventaglio cromatico. Non è un caso, difatti, che i dipinti di Di Bianco abbraccino colori saturi e non, primari e secondari, caldi ma pure freddi, tinte e nuance acide, metalliche, così come sfumature più morbide o vivide. Tutto ciò in fondo è frutto del bagaglio di Di Bianco che, prima di approdare a un proprio idioma artistico, che tiene conto della lezione dei grandi maestri dell’Espressionismo tedesco e americano, Basquiat e Schnabel, per citarne solo un paio, ha rivolto la sua attenzione anche al Rinascimento, al Realismo e all’Impressionismo.
Dunque, suggestioni e influssi delle scuole e delle correnti artistiche fatti propri e rielaborati in maniera inedita dal creativo partenopeo. A cominciare dal ricorso a scritte, parole ed estratti in inglese arcaico, estrapolati essenzialmente dall’opera shakespeariana, e ultimamente pure in spagnolo. Vocaboli e sintagmi che si frangono sulla tela, a volte assorbiti da essa, altre volte quasi pronti a fuoriuscirne; veri e propri input per chi guarda, per sollecitarne la reazione emotiva e la decodifica in maniera del tutto libera e non precostituita. È il dato interiore e soggettivo che dall’anima dell’artista giunge alla realtà senza alcuna mediazione, sovrastruttura o inutili fronzoli e orpelli. Un’arte diretta, di forte impatto, che si sottrae quasi sempre all’illusione del volume e della prospettiva, per concentrasi sull’essenzialità di linee spezzate, colori forti, segni duri e talvolta più spigolosi.
Una sorta di graffiti, figli di quella concept art e della street art, sempre più seguite e nobilitate, che si alternano e si fondono con sagome umane, legando il dato figurativo e quello astratto, così come il bianco e il nero (in una visione quasi ‘manichea’ del colore), le tonalità fredde e quelle calde, la tela dipinta e il materiale (legno, ad esempio) vivo e consunto, lasciato nudo e della sua tinta naturale all’interno dell’opera. Spesso le pennellate sembrano voler ‘oltraggiare’ la superficie su cui si abbattono virulente e potenti; altre volte l’accarezzano e sfumano, o addirittura sfociano in ‘sbavature’ intenzionali. Di sicuro la sensualità, la passione, la forza, la pura energia e il ‘caos per nulla calmo’ sono alcune delle cifre più interessanti della pittura di Di Bianco.
ROBERTO DI BIANCO è nato nel dicembre del ’65 a Napoli, dove tuttora vive e lavora. Dopo essersi formato al Liceo Artistico, ha frequentato i corsi estivi della “School of Art of San Francisco”, dove è entrato in contatto con la scuola contemporanea americana, tanto da ritornare negli USA più volte, specie a New York e in Florida, accostandosi a realtà sociali e culturali, oltre che a fermenti artistici di grande rilevanza per la sua crescita come pittore. La prima personale è del 2007 al TRIP, subito dopo una performance di live painting al Lanificio 25 nello stesso anno. Sempre del 2007 è la sua partecipazione a una collettiva al Museo Nazionale di Arte Contemporanea d’Isernia e a un’altra esposizione di Arte Contemporanea al Tarì. Il 2008 l’ha visto a Bologna ad Arte Fiera e in una Collettiva a Roma dal titolo “Cartefatti”.
13
marzo 2008
Roberto Di Bianco – Es un soplo
Dal 13 marzo al 03 aprile 2008
arte contemporanea
Location
SABINALBANO MODART GALLERY – WILLY SANTANGELO
Napoli, Vico Del Vasto A Chiaia, 52/53, (Napoli)
Napoli, Vico Del Vasto A Chiaia, 52/53, (Napoli)
Orario di apertura
tutti i giorni, eccetto il lunedì mattina e i festivi, dalle 10:00 alle 13:30 e dalle 16:30 fino alle 20:00
Vernissage
13 Marzo 2008, ore 19.00
Autore