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Roberto Fanari – Un mare di nero
Pietrasanta rappresenta un ideale palcoscenico per Roberto Fanari. Dal bronzo al marmo, dalla ceramica alla terracotta, dall’intarsio al mosaico, tutta le filiera creativa trova traduzione in forma in questo territorio dove Michelangelo ha vissuto e lavorato.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
ROBERTO FANARI: UN MARE DI NERO
Pietrasanta, Palazzo Panichi, Piazza del Duomo
15 - 30 giugno 2013
A cura di Alessandro Romanini
A Palazzo Panichi, in Piazza del Duomo, nel cuore del centro storico di Pietrasanta, si
apre sabato 15 giugno la mostra Roberto Fanari: Un Mare di Nero, inserita nel programma
Pietrasanta Contemporanea, promosso dalla Fondazione Centro Arti Visive in
collaborazione con il Comune di Pietrasanta.
La cittadina versiliese nota in tutto il mondo per la sua rete di laboratori dell’artigianato
artistico rappresenta un ideale palcoscenico per l’artista milanese.
Dal bronzo al marmo, dalla ceramica alla terracotta, dall’intarsio al mosaico, tutta le filiera
creativa trova traduzione in forma in questo territorio dove Michelangelo ha vissuto e
lavorato.
La stessa varietà di tecniche e di materiali che Fanari utilizza per tradurre la sua poetica
basata sulla ricombinazione visuale di elementi iconici prelavati e ricomposti dalla storia
dell’arte e dalla visione occidentale.
Un processo creativo che ha coinvolto i migliori artigiani della Penisola per la realizzazione
delle opere in sinergia con l’artista, da Milano a Carrara, da Faenza a Pietrasanta.
Una mostra pensata e progettata appositamente per gli spazi di Palazzo Panichi,
composta da circa 20 opere che strutturano un percorso espositivo scandito dal colore
nero nelle sue varie declinazioni.
Colore nero nelle sue molteplici valenze storiche, simboliche, mitologiche e letterarie, ma
soprattutto percettive, colore che assorbe tutti gli altri colori, che non impedisce la visione
ma costringe a un’intensificazione dello sforzo fruitivo per conquistare una visione
esaustiva, mentre il bianco intenso della luce impedisce paradossalmente la visione.
Implicite ovviamente le molteplici valenze suddette del colore nel percorso delle opere
esposte, dal colore di Saturno, dio implacabile dello scorrere del tempo (onorato a Roma
con i Saturnali che coincidevano con la morte e rinascita del Sole), in Oriente è simbolo di
controllo da parte dello spirito (cintura nera nelle arti marziali..), della nascita vera (nascita
“verginale” a livello della coscienza totale), del più alto grado di coscienza.
Nero come simbolo di fertilità e rinascita e di trasformazione nella tradizione egizia,
chiamato Kem (nei testi delle piramidi si riporta “il nero è un conservatorio di metamorfosi”)
e origine del nome Egitto (Kmt, Kemet, il limo nero lasciato nelle alluvioni dal fiume Nilo
che rendeva fertili i terreni) e dell’alchimia (Al Kemit, perché ogni processo inizia con
l’opera al nero), fino alle propaggini contemporanee simboliche di opposizione, ambiguità
(il noir come genere letterario e cinematografico), nichilismo e anarchia.
Marmo, ceramica, alluminio, bronzo declinano una poetica basata sulla dialettica tra
espressione artistica e materiali, traducendola in forma.
La percezione è intesa nella sua duplice valenza, progettuale da parte dell’artista e di
fruitore da parte dello spettatore, coinvolgendo concetti portanti per il dibattito artistico
contemporaneo, come quelli di realismo e di ruolo dello spettatore stesso.
Il punto di partenza è la riconoscibilità delle fonti, immagini prelevate dal repertorio storicoartistico
“classico” occidentale, in questo caso le incisioni di Carl Wilhelm Kolbe (Berlino
1759-1835), che rappresentano un paesaggio ideale, da cui Fanari trae spunto per
ricreare a sua volta una visione artisticamente mediata della realtà, finalizzata a
determinare una stratificazione di piani percettivi spazio-temporali che inducano lo
spettatore a una partecipazione attiva e interpretativa.
Un ruolo quasi di co-autore quello affidato dall’artista al fruitore, che deve affrancarsi da un
atteggiamento passivo di mera contemplazione a favore di un’attitudine attiva di
strutturazione di un percorso percettivo soggettivo e autonomo.
Un vero e proprio percorso percettivo infatti, viene strutturato dalle opere, che
rappresentano anche un cosciente e armonico abbinamento fra tradizione e innovazione,
fra memoria e tecnologia.
Frutto delle tecnologie più avanzate sono infatti i light box 3D e i pannelli fotografici –
sempre declinati sul colore nero – che rielaborano da una parte le stesse fonti
iconografiche delle opere plastiche – le incisioni di Kolbe – e dall’altra immagini ottenute
da scanner di controllo.
Da una parte tecnologia 3D, che implica un utilizzo delle più avanzate tecnologie di ripresa
fotografica, di stampa e assemblaggio e dall’altra il recupero di tecniche storiche come
quella della stereoscopia, che diviene contestualizzata nella poetica di Fanari, ulteriore
strumento di indagine percettiva.
La traduzione fotografica delle scannerizzazioni è guidata dall’artista in tutte le fasi della
genesi al fine di ottenere vere e proprie astrazioni iconografiche, non riconducibili
immediatamente al referente reale, affrancate quindi da qualsiasi riproduzione mimetica e
funzionali al coinvolgimento attivo dello spettatore.
Pietrasanta, Palazzo Panichi, Piazza del Duomo
15 - 30 giugno 2013
A cura di Alessandro Romanini
A Palazzo Panichi, in Piazza del Duomo, nel cuore del centro storico di Pietrasanta, si
apre sabato 15 giugno la mostra Roberto Fanari: Un Mare di Nero, inserita nel programma
Pietrasanta Contemporanea, promosso dalla Fondazione Centro Arti Visive in
collaborazione con il Comune di Pietrasanta.
La cittadina versiliese nota in tutto il mondo per la sua rete di laboratori dell’artigianato
artistico rappresenta un ideale palcoscenico per l’artista milanese.
Dal bronzo al marmo, dalla ceramica alla terracotta, dall’intarsio al mosaico, tutta le filiera
creativa trova traduzione in forma in questo territorio dove Michelangelo ha vissuto e
lavorato.
La stessa varietà di tecniche e di materiali che Fanari utilizza per tradurre la sua poetica
basata sulla ricombinazione visuale di elementi iconici prelavati e ricomposti dalla storia
dell’arte e dalla visione occidentale.
Un processo creativo che ha coinvolto i migliori artigiani della Penisola per la realizzazione
delle opere in sinergia con l’artista, da Milano a Carrara, da Faenza a Pietrasanta.
Una mostra pensata e progettata appositamente per gli spazi di Palazzo Panichi,
composta da circa 20 opere che strutturano un percorso espositivo scandito dal colore
nero nelle sue varie declinazioni.
Colore nero nelle sue molteplici valenze storiche, simboliche, mitologiche e letterarie, ma
soprattutto percettive, colore che assorbe tutti gli altri colori, che non impedisce la visione
ma costringe a un’intensificazione dello sforzo fruitivo per conquistare una visione
esaustiva, mentre il bianco intenso della luce impedisce paradossalmente la visione.
Implicite ovviamente le molteplici valenze suddette del colore nel percorso delle opere
esposte, dal colore di Saturno, dio implacabile dello scorrere del tempo (onorato a Roma
con i Saturnali che coincidevano con la morte e rinascita del Sole), in Oriente è simbolo di
controllo da parte dello spirito (cintura nera nelle arti marziali..), della nascita vera (nascita
“verginale” a livello della coscienza totale), del più alto grado di coscienza.
Nero come simbolo di fertilità e rinascita e di trasformazione nella tradizione egizia,
chiamato Kem (nei testi delle piramidi si riporta “il nero è un conservatorio di metamorfosi”)
e origine del nome Egitto (Kmt, Kemet, il limo nero lasciato nelle alluvioni dal fiume Nilo
che rendeva fertili i terreni) e dell’alchimia (Al Kemit, perché ogni processo inizia con
l’opera al nero), fino alle propaggini contemporanee simboliche di opposizione, ambiguità
(il noir come genere letterario e cinematografico), nichilismo e anarchia.
Marmo, ceramica, alluminio, bronzo declinano una poetica basata sulla dialettica tra
espressione artistica e materiali, traducendola in forma.
La percezione è intesa nella sua duplice valenza, progettuale da parte dell’artista e di
fruitore da parte dello spettatore, coinvolgendo concetti portanti per il dibattito artistico
contemporaneo, come quelli di realismo e di ruolo dello spettatore stesso.
Il punto di partenza è la riconoscibilità delle fonti, immagini prelevate dal repertorio storicoartistico
“classico” occidentale, in questo caso le incisioni di Carl Wilhelm Kolbe (Berlino
1759-1835), che rappresentano un paesaggio ideale, da cui Fanari trae spunto per
ricreare a sua volta una visione artisticamente mediata della realtà, finalizzata a
determinare una stratificazione di piani percettivi spazio-temporali che inducano lo
spettatore a una partecipazione attiva e interpretativa.
Un ruolo quasi di co-autore quello affidato dall’artista al fruitore, che deve affrancarsi da un
atteggiamento passivo di mera contemplazione a favore di un’attitudine attiva di
strutturazione di un percorso percettivo soggettivo e autonomo.
Un vero e proprio percorso percettivo infatti, viene strutturato dalle opere, che
rappresentano anche un cosciente e armonico abbinamento fra tradizione e innovazione,
fra memoria e tecnologia.
Frutto delle tecnologie più avanzate sono infatti i light box 3D e i pannelli fotografici –
sempre declinati sul colore nero – che rielaborano da una parte le stesse fonti
iconografiche delle opere plastiche – le incisioni di Kolbe – e dall’altra immagini ottenute
da scanner di controllo.
Da una parte tecnologia 3D, che implica un utilizzo delle più avanzate tecnologie di ripresa
fotografica, di stampa e assemblaggio e dall’altra il recupero di tecniche storiche come
quella della stereoscopia, che diviene contestualizzata nella poetica di Fanari, ulteriore
strumento di indagine percettiva.
La traduzione fotografica delle scannerizzazioni è guidata dall’artista in tutte le fasi della
genesi al fine di ottenere vere e proprie astrazioni iconografiche, non riconducibili
immediatamente al referente reale, affrancate quindi da qualsiasi riproduzione mimetica e
funzionali al coinvolgimento attivo dello spettatore.
15
giugno 2013
Roberto Fanari – Un mare di nero
Dal 15 giugno al primo luglio 2013
arte moderna e contemporanea
Location
GALLERIA NUMERO 38
Lucca, Via Del Battistero, 38, (Lucca)
Lucca, Via Del Battistero, 38, (Lucca)
Orario di apertura
da martedì a domenica ore 19-24
Vernissage
15 Giugno 2013, ore 18.00
Autore