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Roberto Masi – Tra primitivismo e memoria
“Questa è la terra mia Terra Toscana Che emoziona la mente”
Comunicato stampa
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C'è, nel cuore della Toscana, un lungo avvicendarsi di terre segrete e magiche a un tempo. Le prime le incontri, subito dopo aver lasciato Firenze, oltre i paracarri delle strade che conducono a Greve in Chianti, passando per Grassina o il Ferrone: campagne annegate nella bellezza e nel silenzio. Ogni tanto, qualche minuscolo abitato, sorto come per magia a ridosso di soffici oliveti, occhieggia, vigile, come i cipressi che si ergono languidi al di sopra dei suoi stessi tetti, mentre un fiume, con nessuna ambizione di esserlo, in lontananza incoraggia la curiosa attesa di due pescatori.
Può, un pittore degno di fregiarsi di tale titolo, rimanere indifferente a tutto questo? La risposta è scontata, se si pensa al lavoro di Roberto Masi, sensibile cantore di un mondo incontaminato al quale aveva guardato, prima di lui, anche Ottone Rosai, uno dei protagonisti assoluti della pittura del Novecento.
Andando ancora a ritroso nel tempo,fino a quell'arte antica dove certo risiedono le radici espressive ed estetiche di Masi, limpida peraltro risalta quella sua predilezione per i maestri primitivi che ebbero a raggiungere una magnificenza tanto evocativa ed essenziale nella sontuosa eleganza di forme architettoniche e soggetti umani, pensati, talvolta, per integrarsi a meraviglia con la sobria descrizione di un paesaggio evidentemente scenografico.
Questi aristocratici riferimenti costituiscono, da sempre, la maggiore urgenza insita nell'animo di Masi. Come non pensare a Giotto, Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, davanti a un ordine iconografico così sostanziale? La memoria corre alle Storie di Francesco (Assisi,Basilica superiore), alla visione del carro di fuoco sospinto a mezz'aria da una coppia di cavalli, nobili progenitori di quelli oggi dipinti da Masi.
Nella pur grande varietà di esempi da portare, per rimarcare le solide influenze culturali - estese naturalmente a Beato Angelico, Masaccio, Piero della Francesca e Paolo Uccello - che fecondano l'ispirazione di questo valoroso pittore, giova distinguere e sottolineare il raggiungimento di uno stile personale, alle cui fondamenta convergono, insieme ai magisteri appena citati, lasciti memoriali che s'indovinano colmi di struggente partecipazione emotiva, come se il passato remoto della storia dell'arte e quello, invece, più prossimo dell'artista si combinassero in un suggestivo legame fuori dal tempo, dentro uno schema visivo abitato da elementi rarefatti.
In simili scene, ove al solito regna una imperturbabile beatitudine, la pittura continuamente sollecita l'immaginazione dello spettatore: non importa essere nati o aver vissuto in quei luoghi, per conoscerne le fragranze, diverse, portate in dote dalle stagioni; le melodie ovattate che compone la natura; il lento scorrere di ore delle giorno, uguali per gli uomini che si dedicano al lavoro nei campi come per le donne prese da impegni domestici nei vecchi casolari.
Resiste una verità emblematica, ed è quella che Masi ci offre nella sospensione, diresti persino ermetica, di così salvifiche immagini: una verità che rimanda al senso più profondo dell'esistenza, al ritrovamento di valori andati miseramente perduti nella grande bolgia di un quotidiano sempre più frenetico.
Li osservi, allora, questi quadri, e li apprezzi, oltre che per la qualità della pittura, per quel messaggio etico implicitamente in essi contenuto, che riaffiora ogni volta nella tonica consistenza di un impianto cromatico pregiato e indipendente come pochi. Ciò detto, andrebbero ugualmente aggiunti gli altri meriti di un pittore mai attratto dalle illusorie luci della ribalta, accese spesso sul niente e spente, al contrario, quando a balenare improvviso è qualche raro talento...
La storia e i successi di Masi ci consentono questa piccola, conclusiva polemica, mentre continuiamo a godere di un lavoro, il suo, destinato a risplendere fra i pochi meritevoli di encomio negli ultimi decenni.
Può, un pittore degno di fregiarsi di tale titolo, rimanere indifferente a tutto questo? La risposta è scontata, se si pensa al lavoro di Roberto Masi, sensibile cantore di un mondo incontaminato al quale aveva guardato, prima di lui, anche Ottone Rosai, uno dei protagonisti assoluti della pittura del Novecento.
Andando ancora a ritroso nel tempo,fino a quell'arte antica dove certo risiedono le radici espressive ed estetiche di Masi, limpida peraltro risalta quella sua predilezione per i maestri primitivi che ebbero a raggiungere una magnificenza tanto evocativa ed essenziale nella sontuosa eleganza di forme architettoniche e soggetti umani, pensati, talvolta, per integrarsi a meraviglia con la sobria descrizione di un paesaggio evidentemente scenografico.
Questi aristocratici riferimenti costituiscono, da sempre, la maggiore urgenza insita nell'animo di Masi. Come non pensare a Giotto, Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, davanti a un ordine iconografico così sostanziale? La memoria corre alle Storie di Francesco (Assisi,Basilica superiore), alla visione del carro di fuoco sospinto a mezz'aria da una coppia di cavalli, nobili progenitori di quelli oggi dipinti da Masi.
Nella pur grande varietà di esempi da portare, per rimarcare le solide influenze culturali - estese naturalmente a Beato Angelico, Masaccio, Piero della Francesca e Paolo Uccello - che fecondano l'ispirazione di questo valoroso pittore, giova distinguere e sottolineare il raggiungimento di uno stile personale, alle cui fondamenta convergono, insieme ai magisteri appena citati, lasciti memoriali che s'indovinano colmi di struggente partecipazione emotiva, come se il passato remoto della storia dell'arte e quello, invece, più prossimo dell'artista si combinassero in un suggestivo legame fuori dal tempo, dentro uno schema visivo abitato da elementi rarefatti.
In simili scene, ove al solito regna una imperturbabile beatitudine, la pittura continuamente sollecita l'immaginazione dello spettatore: non importa essere nati o aver vissuto in quei luoghi, per conoscerne le fragranze, diverse, portate in dote dalle stagioni; le melodie ovattate che compone la natura; il lento scorrere di ore delle giorno, uguali per gli uomini che si dedicano al lavoro nei campi come per le donne prese da impegni domestici nei vecchi casolari.
Resiste una verità emblematica, ed è quella che Masi ci offre nella sospensione, diresti persino ermetica, di così salvifiche immagini: una verità che rimanda al senso più profondo dell'esistenza, al ritrovamento di valori andati miseramente perduti nella grande bolgia di un quotidiano sempre più frenetico.
Li osservi, allora, questi quadri, e li apprezzi, oltre che per la qualità della pittura, per quel messaggio etico implicitamente in essi contenuto, che riaffiora ogni volta nella tonica consistenza di un impianto cromatico pregiato e indipendente come pochi. Ciò detto, andrebbero ugualmente aggiunti gli altri meriti di un pittore mai attratto dalle illusorie luci della ribalta, accese spesso sul niente e spente, al contrario, quando a balenare improvviso è qualche raro talento...
La storia e i successi di Masi ci consentono questa piccola, conclusiva polemica, mentre continuiamo a godere di un lavoro, il suo, destinato a risplendere fra i pochi meritevoli di encomio negli ultimi decenni.
08
dicembre 2009
Roberto Masi – Tra primitivismo e memoria
Dall'otto dicembre 2009 al 10 gennaio 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA IL GERMOGLIO
Pontedera, Via Francesco Domenico Guerrazzi, 34, (Pisa)
Pontedera, Via Francesco Domenico Guerrazzi, 34, (Pisa)
Orario di apertura
Da martedì a sabato ore 17-20
Vernissage
8 Dicembre 2009, ore 18.00
Autore
Curatore