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Roma e l’Antico. Realtà e visione nel ‘700
A cura di Carolina Brook e Valter Curzi, l’evento riunisce opere d’arte e reperti archeologici nell’intento di mettere a fuoco il principale fattore della fama internazionale di Roma nel Settecento: l’Antichità classica, modello di riferimento per le arti, l’erudizione e il gusto, che dalla capitale pontificia si diffuse in tutta Europa.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Dopo il successo della prima grande esposizione di Edward Hopper in Italia, la Fondazione
Roma, presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, riporta
l’attenzione sull’arte antica, con un nuovo straordinario evento dedicato alla riscoperta
dell’antichità nell’Urbe del XVIII secolo.
Promossa dalla Fondazione Roma, la mostra Roma e l’Antico. Realtà e visione nel ‘700 è
organizzata con Arthemisia Group, partner ormai consolidato nella realizzazione di eventi
artistici d’eccellenza, e nasce in collaborazione con i Musei Capitolini, i Musei Vaticani e
l’Accademia Nazionale di San Luca.
La mostra sarà inoltre l’occasione per inaugurare i nuovi spazi espositivi del Museo della
Fondazione Roma in Palazzo Sciarra, dove sarà allestita dal 30 novembre 2010 al 6 marzo
2011.
Con la sede di Palazzo Sciarra che si aggiunge allo spazio museale di Palazzo Cipolla, su via
del Corso, la Fondazione Roma incrementerà ulteriormente le proposte espositive, offrendo al
pubblico eventi culturali diversificati e di grande qualità, con una programmazione ricca di
mostre di arte antica, moderna e contemporanea.
Afferma il Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele: “La Città eterna è il principale
oggetto di interesse della Fondazione Roma. Da essa si parte per confrontarci col mondo che
ci circonda. Così, dopo la mostra sul ‘400, cui si sono succeduti gli sguardi al mondo orientale
con Hiroshige e all’America con Hopper, torniamo a Roma e alle arti che vi fiorirono nel ‘700.
Secolo delle grandi scoperte archeologiche, nel ‘700 il fascino dell’antico coinvolge infatti artisti,
letterati, studiosi e collezionisti internazionali e il richiamo suscitato dai reperti archeologici
dell’Urbe – autentici o riprodotti – genera una vera e propria moda. La mostra racconta dunque
di Roma quale modello culturale universale, con le sue meraviglie, i suoi monumenti e i suoi
primi musei. Grazie a questa mostra alcuni capolavori fuoriusciti dall’Italia nel Settecento, per
arricchire le collezioni delle antichità più prestigiose dell’epoca, rientrano per la prima volta
dall’estero, per offrire al visitatore l’opportunità di osservare l’entità dei modelli figurativi classici,
permettendogli di rivivere il fascino di una città che nel XVIII secolo, grazie alla ricchezza del
suo patrimonio artistico e monumentale, assunse un primato indiscusso nel contesto europeo.”
LA MOSTRA
A cura di Carolina Brook e Valter Curzi, l’evento riunisce opere d’arte e reperti archeologici
nell’intento di mettere a fuoco il principale fattore della fama internazionale di Roma nel
Settecento: l’Antichità classica, modello di riferimento per le arti, l’erudizione e il gusto, che
dalla capitale pontificia si diffuse in tutta Europa.
A tal fine è stato selezionato un nucleo straordinario di 140 opere, tra sculture, dipinti e
raffinati oggetti d’arte decorativa, per il quale sono state chiamate a raccolta importanti
istituzioni museali italiane e straniere: tra cui, oltre ai maggiori Musei romani, le Gallerie
nazionali di Parma, Torino e Firenze, il Museo canoviano di Possagno, il Museo del Prado, il
Palazzo Reale e il Museo Archeologico di Madrid, il Louvre, il Victoria & Albert Museum di
Londra, il Museo Acheologico di Dresda, l’Hermitage di San Pietroburgo e le Accademie reali di
Londra e Madrid.
Capolavori antichi e opere moderne sono posti a confronto nell’idea di restituire al visitatore la
competizione che animò le Arti nella Roma del Settecento. Di particolare suggestione risultano
le sculture antiche presenti in mostra, quali l’Apollo Citaredo e l’Erma di Pericle dai Musei
Vaticani, la Flora e l’Eros Capitolini, la Musa e la Testa di Serapide dal Prado, l’Athena
Lemnia dal Kunstsammlungen di Dresda e la Minerva d’Orsay, eccezionalmente prestata dal
Louvre, raffinato esempio di restauro con integrazioni settecentesche.
La fortuna dell’Antico nel Settecento è altresì documentata dai più importanti artisti del tempo
che nell’Antico hanno trovato un motivo privilegiato d’ispirazione: Antonio Canova, con le
sculture Venere e Adone - dal Museo e Gipsoteca di Possagno - e Amore Alato noto come
Amorino Yussupov dall’Hermitage di San Pietroburgo; Jacques Louis David, con l’esemplare
nudo accademico di Ettore, realizzato a Roma e ora conservato nel Musée Fabre di
Montpellier; Anton Raphael Mengs, con il Parnaso dell’Hermitage e il notissimo “falso antico”
Giove bacia Ganimede della Galleria di Palazzo Barberini; e ancora, Giovanni Battista
Piranesi, presentato in un’inedita veste di mercante di antichità, a cui rinvia il monumentale
Vaso, sempre dall’Hermitage, acquistato dall’Imperatrice di Russia Caterina II, da ammirare
accanto ai raffinati manufatti Volpato e Wedgwood, tanto ricercati dai viaggiatori del tempo.
Esposte anche opere di Carlo Albacini, Pompeo Batoni, Louis Clérisseau, Benigne Gagneraux,
Jean Antoine Houdon, Angelica Kauffmann, Vincenzo Pacetti, Giovanni Paolo Panini, Giacomo
Quarenghi, Hubert Robert, Cristoforo Unterperger, Luigi Valadier, Gaspar Van Wittel, Anton
Von Maron.
Novità assoluta della mostra è inoltre la suggestiva ricostruzione virtuale dei perduti interni della
Domus Aurea, ideata da Stefano Borghini e Raffaele Carlani.
Negli anni compresi tra il 1758 e il 1769, grazie a papa Clemente XIII, si svolsero i primi scavi
sistematici nella fastosa residenza di Nerone, già meta di incursioni nel Rinascimento, ma
sterrata per la prima volta solo nel XVIII secolo, quando si mostrò a pieno nel lusso dei suoi
ornamenti. Sulla base dei disegni e delle incisioni acquerellate tratte all’epoca dalle antiche
decorazioni, la moderna tecnologia virtuale consente oggi di assistere allo stesso spettacolo
che si presentò ai visitatori del Settecento. Il pubblico della mostra potrà così immergersi in uno
scenario affascinante di affreschi, stucchi e mosaici ed entrare pienamente nella seducente
atmosfera della riscoperta dell’Antico.
IL PERCORSO IN SETTE SEZIONI
Con un percorso articolato in sette sezioni, l’esposizione racconta il fascino della Roma
settecentesca e il suo straordinario carattere cosmopolita: città ricca di monumenti e di rovine
maestose e il cui interesse nel corso del Settecento è incrementato dell’attività di scavo, con
sempre più frequenti e significativi ritrovamenti di antichità. Roma luogo della formazione
accademica, modello per l’intera Europa, ma anche sede del mercato antiquario, in cui si
muovono mercanti e studiosi, collezionisti e amatori, artisti e dilettanti, aristocratici e teste
coronate.
Alle dimore nobiliari, in cui l’Antico rivive nelle ricche collezioni di statue e nella decorazione
degli interni, rinnovati spesso secondo un gusto antiquario, si aggiunge il richiamo di nuovi
musei, dove l’immersione nell’Antico risulta totalizzante, garantendo ai numerosi viaggiatori
dell’epoca una delle esperienze più esaltanti nel corso del Grand Tour.
I SEZIONE Il gran teatro delle rovine e il fascino della statuaria antica
La mostra si apre con una selezione di vedute di Roma antica, unita a un insieme di “capricci”
che nell’assemblaggio fantasioso dei monumenti della classicità romana, diedero fama a un
genere particolarmente apprezzato dai collezionisti di tutta Europa. Vi compaiono i nomi di
alcuni dei più celebri pittori dell’epoca: da Gaspar van Wittel a Giovanni Paolo Panini, da
Clérisseau a Hubert Robert. Insieme ai dipinti, una serie di copie settecentesche di celebri
sculture antiche, quali la Flora Farnese, il Laocoonte o il Vaso Borghese, introduce il visitatore
nella passione del sec. XVIII per le antichità, attraverso un itinerario che unisce al gran teatro
delle rovine, le testimonianze figurative di un passato evocato e rimpianto.
II SEZIONE La “resurrezione” dell’Antico: scavare e conservare
La grande stagione degli scavi romani del Settecento, che ha determinato l’origine della
disciplina archeologica, è rievocata attraverso alcuni dei più importanti cantieri e rinvenimenti di
pitture e sculture.
All’entità del patrimonio emerso corrisponde la necessità di luoghi espositivi, quali Villa Albani
e i Musei Capitolini e Vaticani, di cui la sezione racconta la nascita attraverso dipinti, disegni,
incisioni e sculture.
Fra le opere di maggior rilievo sono presenti la Flora e l’Eros Capitolini, la prima rinvenuta a
Tivoli nel 1744 e il secondo proveniente dall’importante collezione di Ippolito d’Este, l’Erma di
Pericle dei Musei Vaticani, a cui Vincenzo Monti dedicò un celebre sonetto, e la preziosa serie
di incisioni acquerellate (conservate alla British School at Rome e all’Accademia Reale San
Fernando di Madrid) che riproducono le coloratissime decorazioni parietali, ormai perdute, della
Domus di Villa Negroni e della Domus Aurea. Gli interni di quest’ultima sono da ammirare
nel video con la ricostruzione virtuale della lussuosa dimora.
III SEZIONE Restaurare, reinventare, falsificare e vendere l’Antico
Molte delle statue antiche romane, esposte nei musei di tutto il mondo, sono il risultato di
radicali interventi di restauro settecenteschi. Nella Roma dell’epoca, infatti, il restauro dei
reperti veniva affidato a celebri scultori che integravano e non di rado reinventavano i soggetti
delle statue. Per esempio, la fortuna dell’iconografia di Apollo è documentata nella sezione
attraverso varie sculture, come la Statua di Pothos restaurata come Apollo Citaredo, dei Musei
Vaticani, e manufatti di diversa destinazione e funzione, fra i quali il celebre Vaso con Apollo e
le Muse di Wedgwood, del Victoria & Albert Museum.
Caro ai collezionisti dell’epoca anche il soggetto di Minerva, qui rappresentato dalla
straordinaria Minerva d’Orsay del Louvre, risultato dell’assemblaggio di parti di restauro in
marmo bianco con un rarissimo reperto antico in onice dorato. Quest’ultima e le sculture del II
secolo d.C. provenienti dai musei del Prado (Testa di Serapide, Busto di Ercole, Musa) e di
Dresda (Busto di Marco Aurelio e Athena Lemnia) rendono noto, per altro, il fenomeno della
dispersione delle collezioni gentilizie romane e della conseguente diaspora delle opere
all’estero. Capolavori che, in occasione della mostra, rientrano eccezionalmente in Italia a oltre
due secoli di distanza.
Interessante anche il fenomeno delle falsificazioni, sempre più diffuso con il proliferare dei
ritrovamenti e il sempre maggiore interesse per l’arte classica. Da non perdere in tal senso
l’affresco staccato con Giove bacia Ganimede di Palazzo Barberini, considerato addirittura dal
Winckelmann come "il più bel dipinto dell'antichità" e realizzato invece da Mengs.
IV SEZIONE La fabbrica dell’Antico: le botteghe di Bartolomeo Cavaceppi e Giovanni
Battista Piranesi
Nella Roma del Settecento si ritrovano i collezionisti di antichità di tutta Europa. Agenti delle
case regnanti, intermediari di diverse nazionalità, si rivolgono a botteghe specializzate nel
restauro e nella vendita di manufatti antichi.
La sezione documenta l’attività di due delle più celebri botteghe romane: quelle di Bartolomeo
Cavaceppi e Giovanni Battista Piranesi, di cui si indaga per la prima volta l’attività mercantile. Di
quest’ultimo, noto soprattutto come incisore, viene esposto un vaso monumentale proveniente
dall'Hermitage. Di Cavaceppi la sezione presenta invece un nucleo poco conosciuto di
terracotte, tratte da celebri opere antiche, che illustrano la ricchezza di modelli, pronti ad essere
replicati nella sua bottega.
V SEZIONE Formarsi sull’Antico: il magistero delle Accademie
La quinta sezione illustra la formazione artistica e il diffondersi del modello didattico romano,
grazie al riconoscimento europeo del primato dell’Antico. Si trova qui riunita una preziosa
selezione di gessi tratti da note statue antiche e donati dal pittore Mengs all’Accademia Reale
San Fernando di Madrid, con finalità didattiche, e soprattutto la famosa Accademia maschile
detta Ettore realizzata nel 1778 da David (Musée Fabre, Montpellier), che documenta lo studio
del nudo maschile a Roma, imprescindibile nell’esercitazione accademica del tempo.
VI SEZIONE Abitare l’Antico: il gusto e la decorazione degli interni
La sezione intende rievocare come il culto dell’Antico abbia interessato il gusto del tempo, al
punto da condizionare la produzione di manufatti destinati all’arredo e agli oggetti di uso
quotidiano.
Si trova qui il magnifico Dessert realizzato da Luigi Valadier nel 1778 e acquistato in seguito
da Carlo IV di Spagna. Un oggetto, tanto raro quanto prezioso: un centrotavola, di grandi
dimensioni (3 metri di lunghezza) in marmi antichi e pietre dure, decorato con riproduzioni di
edifici classici, che il celebre scultore e orafo romano inventò per una clientela con disponibilità
economiche eccezionali.
Nella sezione inoltre vengono esposti altri raffinati manufatti, di Meissen, di Sèvres, di Doccia,
Volpato, oltre che progetti inediti della bottega di Valadier, destinati all’addobbo della tavola,
così come all’arredo degli ambienti.
VII SEZIONE Gli artisti nella sfida con l’Antico
L’ultima sezione della mostra raccoglie una selezione di dipinti e sculture dei più celebri artisti
che guardarono all’Antico per trarne ispirazione.
Dipinti di Pompeo Batoni, Angelica Kauffmann, Domenico Corvi, e Anton Von Maron si
accompagnano alle sculture di Houdon, Hewetson e Collino.
Chiude la mostra, con i due capolavori Venere e Adone, dalla Gipsoteca di Possagno, e Amore
Alato, dall’Hermitage, colui che veniva significativamente ricordato all’epoca come il più grande
“emolo di Fidia”: Antonio Canova.
Comitato scientifico
Emmanuele Francesco Maria Emanuele (Fondazione Roma); Carolina Brook (Università di
Pisa); Angela Cipriani (Roma, Accademia Naz. di San Luca); Valter Curzi (Università di Roma
‘La Sapienza’); Michela di Macco (Università di Roma ‘La Sapienza’); Anna Lo Bianco (Roma,
Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini); Antonio Paolucci (Città del Vaticano,
Musei Vaticani) Claudio Parise Presicce (Roma, Musei Capitolini); Orietta Rossi Pinelli
(Università di Roma ‘La Sapienza’) Giandomenico Spinola (Città del Vaticano, Musei Vaticani)
Ranieri Varese (Università di Ferrara)
Roma, presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, riporta
l’attenzione sull’arte antica, con un nuovo straordinario evento dedicato alla riscoperta
dell’antichità nell’Urbe del XVIII secolo.
Promossa dalla Fondazione Roma, la mostra Roma e l’Antico. Realtà e visione nel ‘700 è
organizzata con Arthemisia Group, partner ormai consolidato nella realizzazione di eventi
artistici d’eccellenza, e nasce in collaborazione con i Musei Capitolini, i Musei Vaticani e
l’Accademia Nazionale di San Luca.
La mostra sarà inoltre l’occasione per inaugurare i nuovi spazi espositivi del Museo della
Fondazione Roma in Palazzo Sciarra, dove sarà allestita dal 30 novembre 2010 al 6 marzo
2011.
Con la sede di Palazzo Sciarra che si aggiunge allo spazio museale di Palazzo Cipolla, su via
del Corso, la Fondazione Roma incrementerà ulteriormente le proposte espositive, offrendo al
pubblico eventi culturali diversificati e di grande qualità, con una programmazione ricca di
mostre di arte antica, moderna e contemporanea.
Afferma il Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele: “La Città eterna è il principale
oggetto di interesse della Fondazione Roma. Da essa si parte per confrontarci col mondo che
ci circonda. Così, dopo la mostra sul ‘400, cui si sono succeduti gli sguardi al mondo orientale
con Hiroshige e all’America con Hopper, torniamo a Roma e alle arti che vi fiorirono nel ‘700.
Secolo delle grandi scoperte archeologiche, nel ‘700 il fascino dell’antico coinvolge infatti artisti,
letterati, studiosi e collezionisti internazionali e il richiamo suscitato dai reperti archeologici
dell’Urbe – autentici o riprodotti – genera una vera e propria moda. La mostra racconta dunque
di Roma quale modello culturale universale, con le sue meraviglie, i suoi monumenti e i suoi
primi musei. Grazie a questa mostra alcuni capolavori fuoriusciti dall’Italia nel Settecento, per
arricchire le collezioni delle antichità più prestigiose dell’epoca, rientrano per la prima volta
dall’estero, per offrire al visitatore l’opportunità di osservare l’entità dei modelli figurativi classici,
permettendogli di rivivere il fascino di una città che nel XVIII secolo, grazie alla ricchezza del
suo patrimonio artistico e monumentale, assunse un primato indiscusso nel contesto europeo.”
LA MOSTRA
A cura di Carolina Brook e Valter Curzi, l’evento riunisce opere d’arte e reperti archeologici
nell’intento di mettere a fuoco il principale fattore della fama internazionale di Roma nel
Settecento: l’Antichità classica, modello di riferimento per le arti, l’erudizione e il gusto, che
dalla capitale pontificia si diffuse in tutta Europa.
A tal fine è stato selezionato un nucleo straordinario di 140 opere, tra sculture, dipinti e
raffinati oggetti d’arte decorativa, per il quale sono state chiamate a raccolta importanti
istituzioni museali italiane e straniere: tra cui, oltre ai maggiori Musei romani, le Gallerie
nazionali di Parma, Torino e Firenze, il Museo canoviano di Possagno, il Museo del Prado, il
Palazzo Reale e il Museo Archeologico di Madrid, il Louvre, il Victoria & Albert Museum di
Londra, il Museo Acheologico di Dresda, l’Hermitage di San Pietroburgo e le Accademie reali di
Londra e Madrid.
Capolavori antichi e opere moderne sono posti a confronto nell’idea di restituire al visitatore la
competizione che animò le Arti nella Roma del Settecento. Di particolare suggestione risultano
le sculture antiche presenti in mostra, quali l’Apollo Citaredo e l’Erma di Pericle dai Musei
Vaticani, la Flora e l’Eros Capitolini, la Musa e la Testa di Serapide dal Prado, l’Athena
Lemnia dal Kunstsammlungen di Dresda e la Minerva d’Orsay, eccezionalmente prestata dal
Louvre, raffinato esempio di restauro con integrazioni settecentesche.
La fortuna dell’Antico nel Settecento è altresì documentata dai più importanti artisti del tempo
che nell’Antico hanno trovato un motivo privilegiato d’ispirazione: Antonio Canova, con le
sculture Venere e Adone - dal Museo e Gipsoteca di Possagno - e Amore Alato noto come
Amorino Yussupov dall’Hermitage di San Pietroburgo; Jacques Louis David, con l’esemplare
nudo accademico di Ettore, realizzato a Roma e ora conservato nel Musée Fabre di
Montpellier; Anton Raphael Mengs, con il Parnaso dell’Hermitage e il notissimo “falso antico”
Giove bacia Ganimede della Galleria di Palazzo Barberini; e ancora, Giovanni Battista
Piranesi, presentato in un’inedita veste di mercante di antichità, a cui rinvia il monumentale
Vaso, sempre dall’Hermitage, acquistato dall’Imperatrice di Russia Caterina II, da ammirare
accanto ai raffinati manufatti Volpato e Wedgwood, tanto ricercati dai viaggiatori del tempo.
Esposte anche opere di Carlo Albacini, Pompeo Batoni, Louis Clérisseau, Benigne Gagneraux,
Jean Antoine Houdon, Angelica Kauffmann, Vincenzo Pacetti, Giovanni Paolo Panini, Giacomo
Quarenghi, Hubert Robert, Cristoforo Unterperger, Luigi Valadier, Gaspar Van Wittel, Anton
Von Maron.
Novità assoluta della mostra è inoltre la suggestiva ricostruzione virtuale dei perduti interni della
Domus Aurea, ideata da Stefano Borghini e Raffaele Carlani.
Negli anni compresi tra il 1758 e il 1769, grazie a papa Clemente XIII, si svolsero i primi scavi
sistematici nella fastosa residenza di Nerone, già meta di incursioni nel Rinascimento, ma
sterrata per la prima volta solo nel XVIII secolo, quando si mostrò a pieno nel lusso dei suoi
ornamenti. Sulla base dei disegni e delle incisioni acquerellate tratte all’epoca dalle antiche
decorazioni, la moderna tecnologia virtuale consente oggi di assistere allo stesso spettacolo
che si presentò ai visitatori del Settecento. Il pubblico della mostra potrà così immergersi in uno
scenario affascinante di affreschi, stucchi e mosaici ed entrare pienamente nella seducente
atmosfera della riscoperta dell’Antico.
IL PERCORSO IN SETTE SEZIONI
Con un percorso articolato in sette sezioni, l’esposizione racconta il fascino della Roma
settecentesca e il suo straordinario carattere cosmopolita: città ricca di monumenti e di rovine
maestose e il cui interesse nel corso del Settecento è incrementato dell’attività di scavo, con
sempre più frequenti e significativi ritrovamenti di antichità. Roma luogo della formazione
accademica, modello per l’intera Europa, ma anche sede del mercato antiquario, in cui si
muovono mercanti e studiosi, collezionisti e amatori, artisti e dilettanti, aristocratici e teste
coronate.
Alle dimore nobiliari, in cui l’Antico rivive nelle ricche collezioni di statue e nella decorazione
degli interni, rinnovati spesso secondo un gusto antiquario, si aggiunge il richiamo di nuovi
musei, dove l’immersione nell’Antico risulta totalizzante, garantendo ai numerosi viaggiatori
dell’epoca una delle esperienze più esaltanti nel corso del Grand Tour.
I SEZIONE Il gran teatro delle rovine e il fascino della statuaria antica
La mostra si apre con una selezione di vedute di Roma antica, unita a un insieme di “capricci”
che nell’assemblaggio fantasioso dei monumenti della classicità romana, diedero fama a un
genere particolarmente apprezzato dai collezionisti di tutta Europa. Vi compaiono i nomi di
alcuni dei più celebri pittori dell’epoca: da Gaspar van Wittel a Giovanni Paolo Panini, da
Clérisseau a Hubert Robert. Insieme ai dipinti, una serie di copie settecentesche di celebri
sculture antiche, quali la Flora Farnese, il Laocoonte o il Vaso Borghese, introduce il visitatore
nella passione del sec. XVIII per le antichità, attraverso un itinerario che unisce al gran teatro
delle rovine, le testimonianze figurative di un passato evocato e rimpianto.
II SEZIONE La “resurrezione” dell’Antico: scavare e conservare
La grande stagione degli scavi romani del Settecento, che ha determinato l’origine della
disciplina archeologica, è rievocata attraverso alcuni dei più importanti cantieri e rinvenimenti di
pitture e sculture.
All’entità del patrimonio emerso corrisponde la necessità di luoghi espositivi, quali Villa Albani
e i Musei Capitolini e Vaticani, di cui la sezione racconta la nascita attraverso dipinti, disegni,
incisioni e sculture.
Fra le opere di maggior rilievo sono presenti la Flora e l’Eros Capitolini, la prima rinvenuta a
Tivoli nel 1744 e il secondo proveniente dall’importante collezione di Ippolito d’Este, l’Erma di
Pericle dei Musei Vaticani, a cui Vincenzo Monti dedicò un celebre sonetto, e la preziosa serie
di incisioni acquerellate (conservate alla British School at Rome e all’Accademia Reale San
Fernando di Madrid) che riproducono le coloratissime decorazioni parietali, ormai perdute, della
Domus di Villa Negroni e della Domus Aurea. Gli interni di quest’ultima sono da ammirare
nel video con la ricostruzione virtuale della lussuosa dimora.
III SEZIONE Restaurare, reinventare, falsificare e vendere l’Antico
Molte delle statue antiche romane, esposte nei musei di tutto il mondo, sono il risultato di
radicali interventi di restauro settecenteschi. Nella Roma dell’epoca, infatti, il restauro dei
reperti veniva affidato a celebri scultori che integravano e non di rado reinventavano i soggetti
delle statue. Per esempio, la fortuna dell’iconografia di Apollo è documentata nella sezione
attraverso varie sculture, come la Statua di Pothos restaurata come Apollo Citaredo, dei Musei
Vaticani, e manufatti di diversa destinazione e funzione, fra i quali il celebre Vaso con Apollo e
le Muse di Wedgwood, del Victoria & Albert Museum.
Caro ai collezionisti dell’epoca anche il soggetto di Minerva, qui rappresentato dalla
straordinaria Minerva d’Orsay del Louvre, risultato dell’assemblaggio di parti di restauro in
marmo bianco con un rarissimo reperto antico in onice dorato. Quest’ultima e le sculture del II
secolo d.C. provenienti dai musei del Prado (Testa di Serapide, Busto di Ercole, Musa) e di
Dresda (Busto di Marco Aurelio e Athena Lemnia) rendono noto, per altro, il fenomeno della
dispersione delle collezioni gentilizie romane e della conseguente diaspora delle opere
all’estero. Capolavori che, in occasione della mostra, rientrano eccezionalmente in Italia a oltre
due secoli di distanza.
Interessante anche il fenomeno delle falsificazioni, sempre più diffuso con il proliferare dei
ritrovamenti e il sempre maggiore interesse per l’arte classica. Da non perdere in tal senso
l’affresco staccato con Giove bacia Ganimede di Palazzo Barberini, considerato addirittura dal
Winckelmann come "il più bel dipinto dell'antichità" e realizzato invece da Mengs.
IV SEZIONE La fabbrica dell’Antico: le botteghe di Bartolomeo Cavaceppi e Giovanni
Battista Piranesi
Nella Roma del Settecento si ritrovano i collezionisti di antichità di tutta Europa. Agenti delle
case regnanti, intermediari di diverse nazionalità, si rivolgono a botteghe specializzate nel
restauro e nella vendita di manufatti antichi.
La sezione documenta l’attività di due delle più celebri botteghe romane: quelle di Bartolomeo
Cavaceppi e Giovanni Battista Piranesi, di cui si indaga per la prima volta l’attività mercantile. Di
quest’ultimo, noto soprattutto come incisore, viene esposto un vaso monumentale proveniente
dall'Hermitage. Di Cavaceppi la sezione presenta invece un nucleo poco conosciuto di
terracotte, tratte da celebri opere antiche, che illustrano la ricchezza di modelli, pronti ad essere
replicati nella sua bottega.
V SEZIONE Formarsi sull’Antico: il magistero delle Accademie
La quinta sezione illustra la formazione artistica e il diffondersi del modello didattico romano,
grazie al riconoscimento europeo del primato dell’Antico. Si trova qui riunita una preziosa
selezione di gessi tratti da note statue antiche e donati dal pittore Mengs all’Accademia Reale
San Fernando di Madrid, con finalità didattiche, e soprattutto la famosa Accademia maschile
detta Ettore realizzata nel 1778 da David (Musée Fabre, Montpellier), che documenta lo studio
del nudo maschile a Roma, imprescindibile nell’esercitazione accademica del tempo.
VI SEZIONE Abitare l’Antico: il gusto e la decorazione degli interni
La sezione intende rievocare come il culto dell’Antico abbia interessato il gusto del tempo, al
punto da condizionare la produzione di manufatti destinati all’arredo e agli oggetti di uso
quotidiano.
Si trova qui il magnifico Dessert realizzato da Luigi Valadier nel 1778 e acquistato in seguito
da Carlo IV di Spagna. Un oggetto, tanto raro quanto prezioso: un centrotavola, di grandi
dimensioni (3 metri di lunghezza) in marmi antichi e pietre dure, decorato con riproduzioni di
edifici classici, che il celebre scultore e orafo romano inventò per una clientela con disponibilità
economiche eccezionali.
Nella sezione inoltre vengono esposti altri raffinati manufatti, di Meissen, di Sèvres, di Doccia,
Volpato, oltre che progetti inediti della bottega di Valadier, destinati all’addobbo della tavola,
così come all’arredo degli ambienti.
VII SEZIONE Gli artisti nella sfida con l’Antico
L’ultima sezione della mostra raccoglie una selezione di dipinti e sculture dei più celebri artisti
che guardarono all’Antico per trarne ispirazione.
Dipinti di Pompeo Batoni, Angelica Kauffmann, Domenico Corvi, e Anton Von Maron si
accompagnano alle sculture di Houdon, Hewetson e Collino.
Chiude la mostra, con i due capolavori Venere e Adone, dalla Gipsoteca di Possagno, e Amore
Alato, dall’Hermitage, colui che veniva significativamente ricordato all’epoca come il più grande
“emolo di Fidia”: Antonio Canova.
Comitato scientifico
Emmanuele Francesco Maria Emanuele (Fondazione Roma); Carolina Brook (Università di
Pisa); Angela Cipriani (Roma, Accademia Naz. di San Luca); Valter Curzi (Università di Roma
‘La Sapienza’); Michela di Macco (Università di Roma ‘La Sapienza’); Anna Lo Bianco (Roma,
Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini); Antonio Paolucci (Città del Vaticano,
Musei Vaticani) Claudio Parise Presicce (Roma, Musei Capitolini); Orietta Rossi Pinelli
(Università di Roma ‘La Sapienza’) Giandomenico Spinola (Città del Vaticano, Musei Vaticani)
Ranieri Varese (Università di Ferrara)
29
novembre 2010
Roma e l’Antico. Realtà e visione nel ‘700
Dal 29 novembre 2010 all'otto maggio 2011
archeologia
arte antica
arte antica
Location
MUSEO FONDAZIONE ROMA – PALAZZO SCIARRA COLONNA
Roma, Via Marco Minghetti, 22, (Roma)
Roma, Via Marco Minghetti, 22, (Roma)
Biglietti
Intero € 10,00
Ridotto € 8,00
Scuole € 4,50 Biglietto integrato
Palazzo Sciarra più Palazzo Cipolla
Intero € 14,00
Ridotto € 12,00 Diritto di prevendita
Singoli e gruppi € 1,50 Scuole € 1,00
Orario di apertura
da Martedì a Domenica ore 10-20
La biglietteria chiude alle ore 19.00. Aperture straordinarie
8 dicembre ore 10.00 - 20.00
25 dicembre ore 15.00 - 20.00
26 dicembre ore 10.00 - 20.00
31 dicembre ore 10.00 - 16.00
1 gennaio ore 15.00 - 20.00 6 gennaio ore 10.00 - 20.00
Vernissage
29 Novembre 2010, ore 18.00 (su invito)
Editore
SKIRA
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