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Roma – Tehran: dentro e fuori le gabbie
Nella speranza che a Tehran e in tutto l’Iran si ristabiliscano al più presto le condizioni per il libero svolgimento e la libera partecipazione alla vita sociale, culturale e politica, la galleria Horti Lamiani presenta a Roma una mostra con alcune delle opere che Elizabeth Frolet avrebbe dovuto presentare a Tehran.
Comunicato stampa
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Nella speranza che a Tehran e in tutto l’Iran si ristabiliscano al più presto le condizioni per il libero svolgimento e la libera partecipazione alla vita sociale, culturale e politica, la galleria Horti Lamiani presenta a Roma una mostra con alcune delle opere che Elizabeth Frolet avrebbe dovuto presentare a Tehran.
La mostra alla TARAHANE AZAD Gallery, diretta dall’artista Rozita Sharafjahan, si sarebbe dovuta svolgere lo scorso Giugno, dando seguito ad un progetto di mostre curate da Francesca Pietracci e iniziato nell’Agosto 2008.
La mostra-evento di Roma, in un’unica serata, rappresenta quindi un momento di riflessione e di solidarietà all’interno del mondo dell’arte, in una città che ospita decine e decine di artisti iraniani.
Per la mostra di Tehran Elizabeth Frolet aveva lavorato sul tema della gabbia e del volo in senso strettamente psicologico e introspettivo … ora questa tematica si arricchisce, purtroppo, anche di significati politici e sociali.
E’ su questo argomento che si inseriscono i video di Rozita Sharafjahan, l’opera di Daniele Arzenta e l’intervento di Monica Catta, nella consapevolezza che il mondo dell’arte e della cultura si trova oggi a dover rivendicare le libertà “minime” .
Elizabeth Frolet
“Volières”
di Francesca Pietracci
Quella di Elizabeth Frolet è una pittura dai tratti marcati, dalle cromie violente che man mano approda all’essenzialità e all’eleganza del disegno, della calligrafia, della smaterializzazione, fino ad arrivare alla realizzazione di poemi e di video. L’artista si immerge nelle contraddizioni del mondo naturale e sociale; vive, gode e soffre la condizione umana, con i suoi limiti e con i suoi misteri. Percorre il sentimento della vita unitamente a quello della morte, il suo non senso, la sua poesia, il suo fascino. La condizione di essere donna la porta ad abbracciare comunque la globalità, l’unicum a cui ricondurre ogni azione, ogni permutazione di stato. Fin dagli inizi, le sue opere rappresentano simbolicamente condizioni apparentemente opposte, che si cercano, si rincorrono, si incontrano, si lasciano, si trasformano. Nel suo lavoro di continua ricerca e perlustrazione degli stati d’animo gli elementi mistici si fondono a quelli poetici, la fisicità alla spiritualità, l’arcaico al contemporaneo, la magia alla filosofia, il formale all’informale. Il suo gesto del dipingere sintetizza diverse tradizioni e diverse culture come le zone geografiche nelle quali è vissuta e dalle quali ha appreso, con profondo interesse, il nucleo fondante (Madagascar, Giappone, Francia, Italia, ecc.). Da questa complessità, che lei rappresenta con leggerezza, eleganza e stridore, nasce il suo interesse ad occuparsi degli aspetti primordiali comuni all’esperienza dell’essere umano in ogni tempo e in ogni luogo. Il viaggio terreno degli individui si accavalla a quello celeste, al mistero e al possibile ritorno. Un’anima dalla sostanza corporea emerge dalle sagome di donne e di uomini che lei rappresenta come svuotati dai loro connotati esteriori. Quello che cerca, infatti, è la rappresentazione di un’interiorità pulsante come lava incandescente, materia alchemica, capace di irrompere dal proprio perimetro. E’ in questo senso che, alla fine, anche il più tormentato dei suoi lavori approda alla dimensione del gioco e della felicità, un piano di riconquistata libertà interiore in consonanza con la natura e con l’umanità. Anche nelle opere realizzate per questa mostra, Elizabeth Frolet procede in modo chiaro e consequenziale. Le grandi opere su carta rappresentano la trasformazione di un essere umano in uccello. I suoi arti diventano ali, il suo spirito diventa istinto, le sue capacità si amplificano e gli permettono di viaggiare attraverso le diverse dimensioni. Lo stesso concetto costituisce la struttura portante del primo video “La vie en noir”, ma questa volta le immagini sono accompagnate dalle parole di un poema. Il secondo video “Volières” racconta anch’esso di una metamorfosi, ma il suo linguaggio è differente, lo vorrei definire analogico, nel senso che si tratta della rappresentazione di una grandezza fisica mediante una sua analoga. La grandezza fisica è sempre l’essere umano, nella fattispecie il contorno appena accennato di una testa di donna, un disegno entro il quale compaiono, come prodotti dal suo pensiero, un uccello in gabbia, un corvo, uno stormo di uccelli in volo, una bambina, una donna, un uomo, delle nuvole, degli alberi. Il ritmo incalzante delle immagini, il suono del volo, il cinguettio degli uccelli, la colonna sonora, fanno avvertire un forte senso di transitorietà, di desiderio, di potenzialità in genere. Rappresentano l’annullamento del confine tra vita e rappresentazione, un’apertura laterale dell’arte verso quel bisogno biologico che da sempre ha costituito la causa principale della sua esistenza. E se è vero che quel po’ che conosciamo è ciò che ci circonda, è anche vero che esiste un numero infinito di possibilità di mettere in relazione le cose e gli esseri viventi, i pensieri e i ricordi, le azioni e le fantasie, le paure e i desideri. Strettamente legato a questa idea è il progetto di un grande disegno/installazione che, oltre ad evidenziare il senso generale e le connessioni dei singoli elementi (donna, uomo, corvo, stormo in volo), mostra una ricca raccolta di poesie, provenienti da diversi paesi e culture, sul tema del volo, degli uccelli e in particolare del corvo.
In definitiva il tema centrato da Elizabeth Frolet è quello della conquista intellettuale e spirituale di altre dimensioni, pur sempre connesse a quella reale, da parte dell’essere umano, con un inevitabile riferimento autobiografico che fa slittare il discorso sul versante femminile. Gli elementi simbolici del volo e del corvo, così pregnanti e densi di significato, sono in grado di estendere il discorso a livello universale sia in senso sincronico e naturalistico che in senso diacronico e storico. Per dare l’opportunità di approfondire quest’ultimo aspetto mi sembra doveroso fare un sintetico excursus.
Partirei da Il Codice Sul Volo Degli Uccelli, scritto da Leonardo da Vinci nel 1505, che rappresenta sostanzialmente un trattato su come, partendo dall'osservazione del volo animale, sia possibile realizzare il volo umano, sogno costante dell’essere umano fin dall’antichità (impossibile non pensare allo sfortunato volo di Icaro). Così come l'arte di trarre gli auspici dal volo degli uccelli è fra le più antiche forme di divinazione. Strettamente legato al concetto di volo è anche quello di migrazione: il volo degli uccelli dalle aree di nidificazione ai siti di svernamento e il loro successivo ritorno. Nel XVIII secolo Linneo credeva che in autunno le rondini si immergessero nelle paludi gelate, da dove riaffioravano in primavera in forma di anfibi. Una teoria della trasmutazione delle specie che trova origine addirittura nel pensiero di Aristotele (IV sec. a.C.), forse il primo a riportare considerazioni sulle migrazioni degli uccelli nel suo “Historia animalium”, seguito nei secoli successivi da personalità come Plinio il Vecchio (I sec. d.C.) o come il naturalista francese Buffon (XVII sec.). Il fatto è che da oltre 100 milioni di anni le migrazioni degli uccelli costituiscono uno dei fenomeni più affascinanti e misteriosi del mondo naturale e che esso avviene sempre per poter raggiungere lo stesso obiettivo finale: sopravvivere! In quanto alla simbologia legata al corvo, credo che non ci sia cultura al mondo che lo abbia ignorato. Nell’antica Grecia il corvo è legato alla figura del dio Apollo; nella mitologia ebraica a Noè; nel mondo germanico al dio Lug e a re Artù; nello Zoroastrismo è un animale benefico e puro che dissipa la corruzione; nel culto di Mitra il corvus costituisce il primo grado iniziatico dei suoi misteri solari e così via fino alla sua costante presenza anche nei riti degli Indiani d’America. In ogni caso al corvo è riconosciuta l'abilità di vedere nel futuro e nel passato, oltre il velo della morte. E’un messaggero tra i due mondi e proprio questa sua capacità di viaggiare simboleggia anche il suo potere di guarigione. Anche riguardo alla letteratura gli esempi potrebbero essere innumerevoli: dalle metamorfosi di Ovidio, alle poesie di Edgar Allan Poe, fino ad arrivare al film di Alex Proyas tratto da fumetto di James O’Barr …
Per concludere, sono sicura che le opere di Elizabeth Frolet possano trasmettere allo spettatore tutte queste sensazioni contemporaneamente, in un fantastico mixer postmoderno in cui il primario magico è in grado di contaminare la nostra vita quotidiana.
F.Pietracci. - Roma 5 maggio 2009
La mostra alla TARAHANE AZAD Gallery, diretta dall’artista Rozita Sharafjahan, si sarebbe dovuta svolgere lo scorso Giugno, dando seguito ad un progetto di mostre curate da Francesca Pietracci e iniziato nell’Agosto 2008.
La mostra-evento di Roma, in un’unica serata, rappresenta quindi un momento di riflessione e di solidarietà all’interno del mondo dell’arte, in una città che ospita decine e decine di artisti iraniani.
Per la mostra di Tehran Elizabeth Frolet aveva lavorato sul tema della gabbia e del volo in senso strettamente psicologico e introspettivo … ora questa tematica si arricchisce, purtroppo, anche di significati politici e sociali.
E’ su questo argomento che si inseriscono i video di Rozita Sharafjahan, l’opera di Daniele Arzenta e l’intervento di Monica Catta, nella consapevolezza che il mondo dell’arte e della cultura si trova oggi a dover rivendicare le libertà “minime” .
Elizabeth Frolet
“Volières”
di Francesca Pietracci
Quella di Elizabeth Frolet è una pittura dai tratti marcati, dalle cromie violente che man mano approda all’essenzialità e all’eleganza del disegno, della calligrafia, della smaterializzazione, fino ad arrivare alla realizzazione di poemi e di video. L’artista si immerge nelle contraddizioni del mondo naturale e sociale; vive, gode e soffre la condizione umana, con i suoi limiti e con i suoi misteri. Percorre il sentimento della vita unitamente a quello della morte, il suo non senso, la sua poesia, il suo fascino. La condizione di essere donna la porta ad abbracciare comunque la globalità, l’unicum a cui ricondurre ogni azione, ogni permutazione di stato. Fin dagli inizi, le sue opere rappresentano simbolicamente condizioni apparentemente opposte, che si cercano, si rincorrono, si incontrano, si lasciano, si trasformano. Nel suo lavoro di continua ricerca e perlustrazione degli stati d’animo gli elementi mistici si fondono a quelli poetici, la fisicità alla spiritualità, l’arcaico al contemporaneo, la magia alla filosofia, il formale all’informale. Il suo gesto del dipingere sintetizza diverse tradizioni e diverse culture come le zone geografiche nelle quali è vissuta e dalle quali ha appreso, con profondo interesse, il nucleo fondante (Madagascar, Giappone, Francia, Italia, ecc.). Da questa complessità, che lei rappresenta con leggerezza, eleganza e stridore, nasce il suo interesse ad occuparsi degli aspetti primordiali comuni all’esperienza dell’essere umano in ogni tempo e in ogni luogo. Il viaggio terreno degli individui si accavalla a quello celeste, al mistero e al possibile ritorno. Un’anima dalla sostanza corporea emerge dalle sagome di donne e di uomini che lei rappresenta come svuotati dai loro connotati esteriori. Quello che cerca, infatti, è la rappresentazione di un’interiorità pulsante come lava incandescente, materia alchemica, capace di irrompere dal proprio perimetro. E’ in questo senso che, alla fine, anche il più tormentato dei suoi lavori approda alla dimensione del gioco e della felicità, un piano di riconquistata libertà interiore in consonanza con la natura e con l’umanità. Anche nelle opere realizzate per questa mostra, Elizabeth Frolet procede in modo chiaro e consequenziale. Le grandi opere su carta rappresentano la trasformazione di un essere umano in uccello. I suoi arti diventano ali, il suo spirito diventa istinto, le sue capacità si amplificano e gli permettono di viaggiare attraverso le diverse dimensioni. Lo stesso concetto costituisce la struttura portante del primo video “La vie en noir”, ma questa volta le immagini sono accompagnate dalle parole di un poema. Il secondo video “Volières” racconta anch’esso di una metamorfosi, ma il suo linguaggio è differente, lo vorrei definire analogico, nel senso che si tratta della rappresentazione di una grandezza fisica mediante una sua analoga. La grandezza fisica è sempre l’essere umano, nella fattispecie il contorno appena accennato di una testa di donna, un disegno entro il quale compaiono, come prodotti dal suo pensiero, un uccello in gabbia, un corvo, uno stormo di uccelli in volo, una bambina, una donna, un uomo, delle nuvole, degli alberi. Il ritmo incalzante delle immagini, il suono del volo, il cinguettio degli uccelli, la colonna sonora, fanno avvertire un forte senso di transitorietà, di desiderio, di potenzialità in genere. Rappresentano l’annullamento del confine tra vita e rappresentazione, un’apertura laterale dell’arte verso quel bisogno biologico che da sempre ha costituito la causa principale della sua esistenza. E se è vero che quel po’ che conosciamo è ciò che ci circonda, è anche vero che esiste un numero infinito di possibilità di mettere in relazione le cose e gli esseri viventi, i pensieri e i ricordi, le azioni e le fantasie, le paure e i desideri. Strettamente legato a questa idea è il progetto di un grande disegno/installazione che, oltre ad evidenziare il senso generale e le connessioni dei singoli elementi (donna, uomo, corvo, stormo in volo), mostra una ricca raccolta di poesie, provenienti da diversi paesi e culture, sul tema del volo, degli uccelli e in particolare del corvo.
In definitiva il tema centrato da Elizabeth Frolet è quello della conquista intellettuale e spirituale di altre dimensioni, pur sempre connesse a quella reale, da parte dell’essere umano, con un inevitabile riferimento autobiografico che fa slittare il discorso sul versante femminile. Gli elementi simbolici del volo e del corvo, così pregnanti e densi di significato, sono in grado di estendere il discorso a livello universale sia in senso sincronico e naturalistico che in senso diacronico e storico. Per dare l’opportunità di approfondire quest’ultimo aspetto mi sembra doveroso fare un sintetico excursus.
Partirei da Il Codice Sul Volo Degli Uccelli, scritto da Leonardo da Vinci nel 1505, che rappresenta sostanzialmente un trattato su come, partendo dall'osservazione del volo animale, sia possibile realizzare il volo umano, sogno costante dell’essere umano fin dall’antichità (impossibile non pensare allo sfortunato volo di Icaro). Così come l'arte di trarre gli auspici dal volo degli uccelli è fra le più antiche forme di divinazione. Strettamente legato al concetto di volo è anche quello di migrazione: il volo degli uccelli dalle aree di nidificazione ai siti di svernamento e il loro successivo ritorno. Nel XVIII secolo Linneo credeva che in autunno le rondini si immergessero nelle paludi gelate, da dove riaffioravano in primavera in forma di anfibi. Una teoria della trasmutazione delle specie che trova origine addirittura nel pensiero di Aristotele (IV sec. a.C.), forse il primo a riportare considerazioni sulle migrazioni degli uccelli nel suo “Historia animalium”, seguito nei secoli successivi da personalità come Plinio il Vecchio (I sec. d.C.) o come il naturalista francese Buffon (XVII sec.). Il fatto è che da oltre 100 milioni di anni le migrazioni degli uccelli costituiscono uno dei fenomeni più affascinanti e misteriosi del mondo naturale e che esso avviene sempre per poter raggiungere lo stesso obiettivo finale: sopravvivere! In quanto alla simbologia legata al corvo, credo che non ci sia cultura al mondo che lo abbia ignorato. Nell’antica Grecia il corvo è legato alla figura del dio Apollo; nella mitologia ebraica a Noè; nel mondo germanico al dio Lug e a re Artù; nello Zoroastrismo è un animale benefico e puro che dissipa la corruzione; nel culto di Mitra il corvus costituisce il primo grado iniziatico dei suoi misteri solari e così via fino alla sua costante presenza anche nei riti degli Indiani d’America. In ogni caso al corvo è riconosciuta l'abilità di vedere nel futuro e nel passato, oltre il velo della morte. E’un messaggero tra i due mondi e proprio questa sua capacità di viaggiare simboleggia anche il suo potere di guarigione. Anche riguardo alla letteratura gli esempi potrebbero essere innumerevoli: dalle metamorfosi di Ovidio, alle poesie di Edgar Allan Poe, fino ad arrivare al film di Alex Proyas tratto da fumetto di James O’Barr …
Per concludere, sono sicura che le opere di Elizabeth Frolet possano trasmettere allo spettatore tutte queste sensazioni contemporaneamente, in un fantastico mixer postmoderno in cui il primario magico è in grado di contaminare la nostra vita quotidiana.
F.Pietracci. - Roma 5 maggio 2009
16
settembre 2009
Roma – Tehran: dentro e fuori le gabbie
16 settembre 2009
arte contemporanea
Location
HORTI LAMIANI BETTIVO’
Roma, Via Giovanni Giolitti, 163, (Roma)
Roma, Via Giovanni Giolitti, 163, (Roma)
Vernissage
16 Settembre 2009, dalle ore 18,30 alle ore 21,30
Autore
Curatore