Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Rosa Barba – Stage Archive
Per la prima volta in istituzioni museali italiane viene proposta una mostra personale di una delle più affermate artiste italiane dell’ultima generazione, Al Mart Rosa Barba mette a al centro del suo lavoro l’archivio come propulsore dell’attività del museo, immaginando un “percorso futuristico” inedito che abbraccia cinema, suono e testo.
Il museo si trasforma così in un palcoscenico (stage) occupato da un’installazione multimediale che prende vita dai documenti futuristi conservati negli archivi del Mart.
Il percorso espositivo continua alla Fondazione Galleria Civica con alcuni film e un’installazione scultorea.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Il Mart, Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto e Fondazione Galleria Civica - Centro di Ricerca sulla contemporaneità di Trento sono liete di annunciare “Rosa Barba. Stage Archive”, la prima mostra personale in istituzioni pubbliche italiane di Rosa Barba.
A cura di Chiara Parisi e Andrea Viliani
Rosa Barba (Agrigento, 1972, vive e lavora a Berlino) è una delle più affermate artiste italiane dell’ultima generazione, il cui lavoro abbraccia cinema, suono e testo.
La mostra “Rosa Barba. Stage Archive” nasce dalla collaborazione fra le due istituzioni trentine e si sviluppa intorno al ruolo di archivio, e a come esso plasma l’identità e l’attività istituzionale del museo contemporaneo. Il punto di partenza è rappresentato da un lavoro in cui Rosa Barba approfondisce i documenti del periodo futurista presso gli Archivi Storici del Mart di Rovereto. Il progetto della duplice mostra consiste nella presentazione in forma di “scultura-teatro astratta” di varie opere futuriste, tra cui sceneggiature e trattamenti cinematografici mai realizzati dell'artista Fortunato Depero (Fondo, 1892 - Rovereto, 1960), i cui originali sono conservati presso il Mart. L’archivio è re-interpretato dall’artista non solo come luogo della conservazione ma anche come fulcro di una temporalità fluida, che confonde fra loro passato, presente e futuro, come motore attivo dell’immaginario, come fonte di nuove narrazioni, come palcoscenico, da cui il titolo della mostra, “Stage Archive”, ovvero “Palcoscenico-Archivio”.
In entrambe le sedi, le singole opere – alcune recenti e altre site specific – comunicheranno l'una con l'altra, o per meglio dire saranno "coreografate" l'una dentro l'altra fino a comporre nel loro insieme un'unitaria installazione filmica e sonora simile a un “balletto meccanico”, sempre di ispirazione futurista, i cui singoli protagonisti vengono presentati simultaneamente su un unico palcoscenico rappresentato dalla mostra.
In linea con la sua pratica artistica Rosa Barba ha immaginato un “percorso futuristico” (futuristic parcours) multimediale che comprende testi, film, oggetti scultorei e suoni. La performance meccanica risultante ha qualcosa di anarchico, ma risulta altresì orchestrata come un concerto, come una band che suona insieme, o un coro unito nell’eseguire lo stesso canto. Un vero archivio futurista che si compone di una serie di espressioni individuali senza tempo coreografate come una colonna sonora (the futuristic archive as dateless individual expressions, choreographed like a musical score), in cui tutte le opere possono innalzare la propria voce insieme alle altre.
Un memoriale dedicato all’avanguardia che prende corpo nel museo provenendo da un tempo passato, ma impregnato di una ricerca di futuro, quale fu appunto all’inizio del XX secolo, l’estetica e la ricerca.
La mostra al Mart
Presso la sede del Mart a Rovereto l’artista interverrà nello spazio centrale del museo, mettendo in relazione fra loro l’area degli archivi al piano seminterrato e le sale espositive ai livelli superiori, attraverso tre interventi, tutti inediti. La presenza di questo spazio vuoto (vacuum) del museo è il luogo dove prendono corpo, assumendo la forma di installazioni. L’intervento valorizza la presenza e l’identità degli archivi quale vero e proprio cervello dell’edificio progettato da Mario Botta, e quindi del museo stesso. Inoltre lo sviluppo della mostra lungo gli scaloni di accesso alle aree espositive, con la loro pronunciata ascensione verticale, dona l’immagine di una stratificazione di livelli, che può anche essere associata a una stratificazione temporale, della storia e della memoria.
L’area di ingresso agli archivi del Mart è trasformata in un palcoscenico (stage) occupato, sul pavimento antistante l’ingresso, da una grande scultura circolare (“Stage Archive”, 2011, opera che da il titolo a tutta la mostra) che riprende la forma del grande lampadario progettato dall’architetto Adalberto Libera per il salone centrale del Palazzo della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol a Trento. All’interno della scultura scorre, come in un vecchio proiettore cinematografico, una lunga pellicola cinematografica che, non essendo impressionata o proiettata, non produce altra immagine o suono, se non il suo stesso movimento a vuoto al’interno del meccanismo, vera e propria macchina celibe in cui la pellicola cinematografica appare come alla ricerca di un’immagine, di un suono, di una storia da raccontare. In questo modo l’artista rintraccia l’essenza dei documenti futuristi, la loro natura utopica e potenziale, la loro disponibilità a generare futuro, l’essere matrice di narrazioni ulteriori, il “non-luogo” e “non-tempo” indefiniti in cui essi si collocano.
Concludono l’intervento la grande opera a muro “Theory in order to shed light” 2011, una scrittura su feltro che riproduce elementi testuali e grafici dei documenti futuristi e delle sceneggiature di Fortunato Depero, e alcuni piccoli interventi segnaletici (“No Titles”, 2011) sul fronte dello scalone d’accesso che, integrandosi con i segnali informativi collocati ai viari piani, suggeriscono la possibilità di un livello ulteriore, di una spazialità e temporalità più fluide e potenziali, proprie appunto della ricerca futurista e deperiana.
Questa temporalità puramente mentale invita il visitatore a una lettura del museo “attraverso il tempo”, confondendo passato, presente e futuro, come accade appunto negli archivi, dove i documenti del passato sono, per gli studiosi, oggetti attivi, proiettivi, attuali, in cui i tempi possono sovrapporsi più liberamente.
All’ingresso del museo è infine in distribuzione una guida alla mostra che, nella serie “Printed Cinema” sviluppata in questi anni dall’artista, permetterà al visitatore di orientarsi nel percorso suggerito dall’artista all’interno dell’architettura del museo, ma anche un altro lavoro in se stesso.
La mostra alla Fondazione Galleria Civica di Trento
Contemporaneamente alla Fondazione Galleria Civica di Trento Rosa Barba trasformerà lo spazio al pianterreno in un analogo percorso in cui le varie opere - film e un’installazione scultorea - interagiranno fra loro.
Nello spazio principale della Fondazione saranno proiettati i primi due film in 35mm nella serie “Hidden Conference: about the discontinuous history of things we see and don't see” (2010-2011): il primo capitolo, girato negli archivi e depositi della Neue Nationale Galerie di Berlino, e il secondo, girato negli archivi dei Musei Capitolini di Roma, e presentato in anteprima mondiale.
Altre opere completano il percorso espositivo insieme ad alcuni interventi inediti: “Private Tableaux” (2010), film in 16mm recentemente esposto alla Tate Modern di Londra, che trae spunto dagli studi condotti negli anni sulle architetture sotterranee; le immagini sgranate del film in 16mm “Let Me See It” (2009) mostrano un paesaggio notturno, una prospettiva aerea di un arcipelago, in cui solo i bagliori delle case sulla terraferma illuminano lo scenario. Due uomini, uno dei quali è cieco, parlano degli oggetti che li circondano, soffermandosi sulla figura del dodecaedro, elemento che diventa cruciale per la regressione dell’uomo, alla ricerca dei suoi ricordi; “Invisible Act” (2010), è un’installazione scultorea, costituita da un’immagine proiettata in 16mm, in cui un oggetto materiale evoca un oggetto immaginifico, composti l’uno nell’altro all’interno di un dialogo fatto di contrasti e combinazioni; “One Way Out” (2009), un proiettore 16mm la cui pellicola viene risucchiata verso l’alto anziché proiettata; accanto a “Optic Ocean” (2011), “Time Machine” (2007) è basata sul distopico romanzo di fantascienza dall’omonimo titolo dell’autore H.G. Wells, scritto nel 1895. Nel romanzo il protagonista viaggia nel futuro, testimoniando così l’annientamento del genere umano. Gli scenari che Rosa Barba propone sono lettere bordeaux disposte su una tela bianca. La mostra è introdotta da “White Curtain” (2011), una nuova opera che sottolinea il carattere cinematografico della mostra aprendo il palcoscenico alla Fondazione. Una singola frase è ritagliata verticalmente su una tenda di feltro bianco e permette d’intravedere cosa è presentato dietro a essa.
Sarà in distribuzione la guida alla mostra che rientra nella serie “Printed Cinema” e che permetterà al visitatore di orientarsi nel percorso suggerito dall’artista all’interno dell’architettura del museo.
A seguito della mostra (disponibile a partire da luglio 2011) verrà pubblicato dalla casa editrice Hatje Cantz Verlag GmbH & Co. KG il primo esteso catalogo monografico dopo 2003 dedicato all’artista. Il libro (tre lingue: italiano/francese/inglese) costituirà una monografia completa con introduzioni di Gabriella Belli, Andrea Viliani e Chiara Parisi e testi critici inediti di Lynne Cooke, Elisabeth Lebovici, Natasa Petresin, Ian White, Francesco Manacorda e Raimundas Malasauskas oltre ad apparati bio-bibliografico.
BIOGRAFIA
Rosa Barba (Agrigento, 1972) è una delle più affermate artiste italiane dell’ultima generazione, il cui lavoro abbraccia cinema, suono e testo. Candidata per il 2010 al Premio Italia Arte Contemporanea del MAXXI e vincitrice del Nam June Paik Award 2010, Barba sta attualmente preparando una mostra personale alla Tate Modern di Londra, che inaugurerà in autunno. Mostre personali le sono già state dedicate da Kunsthalle Düsseldorf e Kunsthalle Fridericianum Kassel, da Kunsthalle Basel, da ARGOS, Bruxelles, da Transmission Gallery, Glasgow, da Baltic Art Center Visby e Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia (entrambe a cura di Lynne Cooke), da Centre International D'Art et du Paysage de l'Ile de Vassiviere e Center of Contemporary Arts, Tel Aviv. L’artista ha inoltre partecipato a prestigiose mostre collettive quali, fra le altre, 53. Biennale di Venezia e la II Triennale di Torino (entrambe a cura di Daniel Birnbaum), l’ultima edizione della Biennale di Liverpool, la I edizione della Biennale di Salonicco, “Italics, Italian Art between Tradition and Revolution, 1968-2008” presso il Museum of Contemporary Art di Chicago e Palazzo Grassi, Venezia (a cura di Francesco Bonami).
A cura di Chiara Parisi e Andrea Viliani
Rosa Barba (Agrigento, 1972, vive e lavora a Berlino) è una delle più affermate artiste italiane dell’ultima generazione, il cui lavoro abbraccia cinema, suono e testo.
La mostra “Rosa Barba. Stage Archive” nasce dalla collaborazione fra le due istituzioni trentine e si sviluppa intorno al ruolo di archivio, e a come esso plasma l’identità e l’attività istituzionale del museo contemporaneo. Il punto di partenza è rappresentato da un lavoro in cui Rosa Barba approfondisce i documenti del periodo futurista presso gli Archivi Storici del Mart di Rovereto. Il progetto della duplice mostra consiste nella presentazione in forma di “scultura-teatro astratta” di varie opere futuriste, tra cui sceneggiature e trattamenti cinematografici mai realizzati dell'artista Fortunato Depero (Fondo, 1892 - Rovereto, 1960), i cui originali sono conservati presso il Mart. L’archivio è re-interpretato dall’artista non solo come luogo della conservazione ma anche come fulcro di una temporalità fluida, che confonde fra loro passato, presente e futuro, come motore attivo dell’immaginario, come fonte di nuove narrazioni, come palcoscenico, da cui il titolo della mostra, “Stage Archive”, ovvero “Palcoscenico-Archivio”.
In entrambe le sedi, le singole opere – alcune recenti e altre site specific – comunicheranno l'una con l'altra, o per meglio dire saranno "coreografate" l'una dentro l'altra fino a comporre nel loro insieme un'unitaria installazione filmica e sonora simile a un “balletto meccanico”, sempre di ispirazione futurista, i cui singoli protagonisti vengono presentati simultaneamente su un unico palcoscenico rappresentato dalla mostra.
In linea con la sua pratica artistica Rosa Barba ha immaginato un “percorso futuristico” (futuristic parcours) multimediale che comprende testi, film, oggetti scultorei e suoni. La performance meccanica risultante ha qualcosa di anarchico, ma risulta altresì orchestrata come un concerto, come una band che suona insieme, o un coro unito nell’eseguire lo stesso canto. Un vero archivio futurista che si compone di una serie di espressioni individuali senza tempo coreografate come una colonna sonora (the futuristic archive as dateless individual expressions, choreographed like a musical score), in cui tutte le opere possono innalzare la propria voce insieme alle altre.
Un memoriale dedicato all’avanguardia che prende corpo nel museo provenendo da un tempo passato, ma impregnato di una ricerca di futuro, quale fu appunto all’inizio del XX secolo, l’estetica e la ricerca.
La mostra al Mart
Presso la sede del Mart a Rovereto l’artista interverrà nello spazio centrale del museo, mettendo in relazione fra loro l’area degli archivi al piano seminterrato e le sale espositive ai livelli superiori, attraverso tre interventi, tutti inediti. La presenza di questo spazio vuoto (vacuum) del museo è il luogo dove prendono corpo, assumendo la forma di installazioni. L’intervento valorizza la presenza e l’identità degli archivi quale vero e proprio cervello dell’edificio progettato da Mario Botta, e quindi del museo stesso. Inoltre lo sviluppo della mostra lungo gli scaloni di accesso alle aree espositive, con la loro pronunciata ascensione verticale, dona l’immagine di una stratificazione di livelli, che può anche essere associata a una stratificazione temporale, della storia e della memoria.
L’area di ingresso agli archivi del Mart è trasformata in un palcoscenico (stage) occupato, sul pavimento antistante l’ingresso, da una grande scultura circolare (“Stage Archive”, 2011, opera che da il titolo a tutta la mostra) che riprende la forma del grande lampadario progettato dall’architetto Adalberto Libera per il salone centrale del Palazzo della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol a Trento. All’interno della scultura scorre, come in un vecchio proiettore cinematografico, una lunga pellicola cinematografica che, non essendo impressionata o proiettata, non produce altra immagine o suono, se non il suo stesso movimento a vuoto al’interno del meccanismo, vera e propria macchina celibe in cui la pellicola cinematografica appare come alla ricerca di un’immagine, di un suono, di una storia da raccontare. In questo modo l’artista rintraccia l’essenza dei documenti futuristi, la loro natura utopica e potenziale, la loro disponibilità a generare futuro, l’essere matrice di narrazioni ulteriori, il “non-luogo” e “non-tempo” indefiniti in cui essi si collocano.
Concludono l’intervento la grande opera a muro “Theory in order to shed light” 2011, una scrittura su feltro che riproduce elementi testuali e grafici dei documenti futuristi e delle sceneggiature di Fortunato Depero, e alcuni piccoli interventi segnaletici (“No Titles”, 2011) sul fronte dello scalone d’accesso che, integrandosi con i segnali informativi collocati ai viari piani, suggeriscono la possibilità di un livello ulteriore, di una spazialità e temporalità più fluide e potenziali, proprie appunto della ricerca futurista e deperiana.
Questa temporalità puramente mentale invita il visitatore a una lettura del museo “attraverso il tempo”, confondendo passato, presente e futuro, come accade appunto negli archivi, dove i documenti del passato sono, per gli studiosi, oggetti attivi, proiettivi, attuali, in cui i tempi possono sovrapporsi più liberamente.
All’ingresso del museo è infine in distribuzione una guida alla mostra che, nella serie “Printed Cinema” sviluppata in questi anni dall’artista, permetterà al visitatore di orientarsi nel percorso suggerito dall’artista all’interno dell’architettura del museo, ma anche un altro lavoro in se stesso.
La mostra alla Fondazione Galleria Civica di Trento
Contemporaneamente alla Fondazione Galleria Civica di Trento Rosa Barba trasformerà lo spazio al pianterreno in un analogo percorso in cui le varie opere - film e un’installazione scultorea - interagiranno fra loro.
Nello spazio principale della Fondazione saranno proiettati i primi due film in 35mm nella serie “Hidden Conference: about the discontinuous history of things we see and don't see” (2010-2011): il primo capitolo, girato negli archivi e depositi della Neue Nationale Galerie di Berlino, e il secondo, girato negli archivi dei Musei Capitolini di Roma, e presentato in anteprima mondiale.
Altre opere completano il percorso espositivo insieme ad alcuni interventi inediti: “Private Tableaux” (2010), film in 16mm recentemente esposto alla Tate Modern di Londra, che trae spunto dagli studi condotti negli anni sulle architetture sotterranee; le immagini sgranate del film in 16mm “Let Me See It” (2009) mostrano un paesaggio notturno, una prospettiva aerea di un arcipelago, in cui solo i bagliori delle case sulla terraferma illuminano lo scenario. Due uomini, uno dei quali è cieco, parlano degli oggetti che li circondano, soffermandosi sulla figura del dodecaedro, elemento che diventa cruciale per la regressione dell’uomo, alla ricerca dei suoi ricordi; “Invisible Act” (2010), è un’installazione scultorea, costituita da un’immagine proiettata in 16mm, in cui un oggetto materiale evoca un oggetto immaginifico, composti l’uno nell’altro all’interno di un dialogo fatto di contrasti e combinazioni; “One Way Out” (2009), un proiettore 16mm la cui pellicola viene risucchiata verso l’alto anziché proiettata; accanto a “Optic Ocean” (2011), “Time Machine” (2007) è basata sul distopico romanzo di fantascienza dall’omonimo titolo dell’autore H.G. Wells, scritto nel 1895. Nel romanzo il protagonista viaggia nel futuro, testimoniando così l’annientamento del genere umano. Gli scenari che Rosa Barba propone sono lettere bordeaux disposte su una tela bianca. La mostra è introdotta da “White Curtain” (2011), una nuova opera che sottolinea il carattere cinematografico della mostra aprendo il palcoscenico alla Fondazione. Una singola frase è ritagliata verticalmente su una tenda di feltro bianco e permette d’intravedere cosa è presentato dietro a essa.
Sarà in distribuzione la guida alla mostra che rientra nella serie “Printed Cinema” e che permetterà al visitatore di orientarsi nel percorso suggerito dall’artista all’interno dell’architettura del museo.
A seguito della mostra (disponibile a partire da luglio 2011) verrà pubblicato dalla casa editrice Hatje Cantz Verlag GmbH & Co. KG il primo esteso catalogo monografico dopo 2003 dedicato all’artista. Il libro (tre lingue: italiano/francese/inglese) costituirà una monografia completa con introduzioni di Gabriella Belli, Andrea Viliani e Chiara Parisi e testi critici inediti di Lynne Cooke, Elisabeth Lebovici, Natasa Petresin, Ian White, Francesco Manacorda e Raimundas Malasauskas oltre ad apparati bio-bibliografico.
BIOGRAFIA
Rosa Barba (Agrigento, 1972) è una delle più affermate artiste italiane dell’ultima generazione, il cui lavoro abbraccia cinema, suono e testo. Candidata per il 2010 al Premio Italia Arte Contemporanea del MAXXI e vincitrice del Nam June Paik Award 2010, Barba sta attualmente preparando una mostra personale alla Tate Modern di Londra, che inaugurerà in autunno. Mostre personali le sono già state dedicate da Kunsthalle Düsseldorf e Kunsthalle Fridericianum Kassel, da Kunsthalle Basel, da ARGOS, Bruxelles, da Transmission Gallery, Glasgow, da Baltic Art Center Visby e Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia (entrambe a cura di Lynne Cooke), da Centre International D'Art et du Paysage de l'Ile de Vassiviere e Center of Contemporary Arts, Tel Aviv. L’artista ha inoltre partecipato a prestigiose mostre collettive quali, fra le altre, 53. Biennale di Venezia e la II Triennale di Torino (entrambe a cura di Daniel Birnbaum), l’ultima edizione della Biennale di Liverpool, la I edizione della Biennale di Salonicco, “Italics, Italian Art between Tradition and Revolution, 1968-2008” presso il Museum of Contemporary Art di Chicago e Palazzo Grassi, Venezia (a cura di Francesco Bonami).
27
maggio 2011
Rosa Barba – Stage Archive
Dal 27 maggio al 28 agosto 2011
arte contemporanea
Location
MART – Museo di Arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto
Rovereto, Corso Angelo Bettini, 43, (Trento)
Rovereto, Corso Angelo Bettini, 43, (Trento)
Biglietti
Intero 11 Euro
Ridotto 7 Euro
Gratuito fino ai 14 anni
Orario di apertura
orari: mar-dom 10.00-18.00 ven 10.00-21.00.
Vernissage
27 Maggio 2011, ore 18.00
Ufficio stampa
ADICORBETTA
Autore
Curatore