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Rosanna Fioravanti – architettaggini
prima personale della giovane architetto
Comunicato stampa
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“Architettaggini” è il neologismo understatement sotto il quale Rosanna Fioravanti – giovane architetto che insegna Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze – raccoglie e presenta per la sua prima personale romana, presso gli spazi della Cuba d’Oro, un nutrito insieme di tavole, internamente articolato, a sua volta, su serie tematiche omogenee, a descrivere e rappresentare – attraverso segni iconici standardizzati e seriali – un mondo minimale, un microcosmo spaziale e oggettuale chiuso, ordinato per costanti e variazioni, che sembra specularmente rinviare ad un macrocosmo la cui addensata struttura si disloca all’estremità di una sorta di cannocchiale rovesciato.
Si tratta, apparentemente, di misurate “fantasie”, di controllati“scherzi” o “studi” – da intendersi piuttosto nel valore che il termine assume nel linguaggio musicale – quasi “esercizi di stile”, gestiti con raffinata padronanza del linguaggio spaziale: architettura e scenografia, per l’appunto, intersecano i loro statuti in queste tavole.
La rigorosa riduzione di ogni elemento lessicale agli elementi minimi identificativi – propri di un codice grafico-visivo altamente convenzionale – che ne comporta la massima spersonalizzazione mediante la sottrazione, per statuto, di ogni connotazione emotiva, fantastica o espressiva del segno stesso, ne fa per opposto l’input di un discorso in cui si interconnettono, a tesserne i fili della trama e dell’ordito, esprit de géometrie e esprit de finesse, che ne costituiscono, rispettivamente, le costanti e le variazioni.
Le costanti dell’organizzazione strutturale rimandano all’insistita, strenua ripartizione dello spazio bidimensionale in campi speculari, orizzontali e verticali – in partiture seriali, doppie, triple, quadruple, in un reticolo serrato di linee che tracciano, limitano, demarcano e connettono, evidenziano e nascondono, ordinano – in cui si inseriscono le serie di icone afferenti allo spazio tridimensionale.
Le variazioni sono affidate all’inserzione ponderata di una marca cromatica, mono o al più duale – il “seme di colore” – che sottolinea porzioni di segno o stabilisce il centro di gravitazione delle architetture o istituisce la rete di relazioni tra il centro e le periferie e tra le parti e il tutto. Colori densi, compatti, che interagiscono per contrasto con il vuoto cui sono ridotti, per sottrazione, alcuni elementi strutturali. Oppure colori volutamente dissonanti, come il bronzo e l’oro, che evidenziano il rigore compositivo del tutto.
L’articolata combinazione delle costanti e delle variabili, la potenziale dinamica del variegato disporsi degli elementi architettonici conforma uno spazio multiplo, imprevedibile, che nei suoi risultati sembrerebbe rimandare a Escher, se non fosse profondamente diversa la filosofia degli spazi impossibili che li sottende.
Tutti gli elementi architettonici, che sono assunti come elementi linguistici del discorso di Rosanna Fioravanti, sono selezionati all’interno di un universo domestico (sedie, tavoli, poltrone). La loro estrapolazione dal contesto in cui ordinariamente sono collocati e ordinati con una funzione comunicativa certa e riconosciuta e la loro ricontestualizzazione in una situazione altra, che ne modifica i rapporti di ordine e di significato, produce un mondo alterato. E allora quello che abbiamo riportato all’esprit de géometrie, l’ordinato e reiterato disporsi degli elementi nello spazio organizzato secondo criteri di razionalità geometrica, disvela la sua facies inquietante, allude a una sottile angoscia. A ben guardare, oltre l’ordinata pellicola della rappresentazione tecnico-grafica, la percezione che s’avverte in queste scenografiche architetture d’interni domestici è in profondità un senso di chiuso, di concentrazionario - senza uscite.
Che non siano le rarefatte “Portafinestre” o l’esile “Raggio verde” posto ad incipit del percorso delle Architettaggini, sorta di ianua che suggerisce ambigua l’ingresso o la via di fuga.
Anna Cochetti
Roma, ottobre 2004
Si tratta, apparentemente, di misurate “fantasie”, di controllati“scherzi” o “studi” – da intendersi piuttosto nel valore che il termine assume nel linguaggio musicale – quasi “esercizi di stile”, gestiti con raffinata padronanza del linguaggio spaziale: architettura e scenografia, per l’appunto, intersecano i loro statuti in queste tavole.
La rigorosa riduzione di ogni elemento lessicale agli elementi minimi identificativi – propri di un codice grafico-visivo altamente convenzionale – che ne comporta la massima spersonalizzazione mediante la sottrazione, per statuto, di ogni connotazione emotiva, fantastica o espressiva del segno stesso, ne fa per opposto l’input di un discorso in cui si interconnettono, a tesserne i fili della trama e dell’ordito, esprit de géometrie e esprit de finesse, che ne costituiscono, rispettivamente, le costanti e le variazioni.
Le costanti dell’organizzazione strutturale rimandano all’insistita, strenua ripartizione dello spazio bidimensionale in campi speculari, orizzontali e verticali – in partiture seriali, doppie, triple, quadruple, in un reticolo serrato di linee che tracciano, limitano, demarcano e connettono, evidenziano e nascondono, ordinano – in cui si inseriscono le serie di icone afferenti allo spazio tridimensionale.
Le variazioni sono affidate all’inserzione ponderata di una marca cromatica, mono o al più duale – il “seme di colore” – che sottolinea porzioni di segno o stabilisce il centro di gravitazione delle architetture o istituisce la rete di relazioni tra il centro e le periferie e tra le parti e il tutto. Colori densi, compatti, che interagiscono per contrasto con il vuoto cui sono ridotti, per sottrazione, alcuni elementi strutturali. Oppure colori volutamente dissonanti, come il bronzo e l’oro, che evidenziano il rigore compositivo del tutto.
L’articolata combinazione delle costanti e delle variabili, la potenziale dinamica del variegato disporsi degli elementi architettonici conforma uno spazio multiplo, imprevedibile, che nei suoi risultati sembrerebbe rimandare a Escher, se non fosse profondamente diversa la filosofia degli spazi impossibili che li sottende.
Tutti gli elementi architettonici, che sono assunti come elementi linguistici del discorso di Rosanna Fioravanti, sono selezionati all’interno di un universo domestico (sedie, tavoli, poltrone). La loro estrapolazione dal contesto in cui ordinariamente sono collocati e ordinati con una funzione comunicativa certa e riconosciuta e la loro ricontestualizzazione in una situazione altra, che ne modifica i rapporti di ordine e di significato, produce un mondo alterato. E allora quello che abbiamo riportato all’esprit de géometrie, l’ordinato e reiterato disporsi degli elementi nello spazio organizzato secondo criteri di razionalità geometrica, disvela la sua facies inquietante, allude a una sottile angoscia. A ben guardare, oltre l’ordinata pellicola della rappresentazione tecnico-grafica, la percezione che s’avverte in queste scenografiche architetture d’interni domestici è in profondità un senso di chiuso, di concentrazionario - senza uscite.
Che non siano le rarefatte “Portafinestre” o l’esile “Raggio verde” posto ad incipit del percorso delle Architettaggini, sorta di ianua che suggerisce ambigua l’ingresso o la via di fuga.
Anna Cochetti
Roma, ottobre 2004
09
dicembre 2004
Rosanna Fioravanti – architettaggini
Dal 09 al 23 dicembre 2004
architettura
Location
GALLERIA LA CUBA D’ORO
Roma, Via Della Pelliccia, 10, (Roma)
Roma, Via Della Pelliccia, 10, (Roma)
Orario di apertura
mart - sab 17-20
Vernissage
9 Dicembre 2004, ore 18.30
Autore