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Rossella Ramanzini – Libero gioco
Tra struttura e capriccio, tra ordine e divertissement. Rossella Ramanzini sceglie, almeno in apparenza, il mondo del gioco, perchè le assicura la massima libertà: può inventare le imprese più folli, sovvertire la legge di gravità, infrangere le coordinate spazio-temporali. Ma è una libertà che ha le sue leggi, come il gioco ha le sue regole
Comunicato stampa
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Tra struttura e capriccio, tra ordine e divertissement. Rossella Ramanzini sceglie, almeno in apparenza, il mondo del gioco, perchè le assicura la massima libertà: può inventare le imprese più folli, sovvertire la legge di gravità, infrangere le coordinate spazio-temporali. Ma è una libertà che ha le sue leggi, come il gioco ha le sue regole.
C'è un metodo infatti nella stravaganza di Ramanzini, c'è del sistema nelle sue bizzarre composizioni. E' vero: i quadri sono fatti di spazi che fanno emergere altri spazi, come se ci fossero diverse dimensioni all'interno della superficie. E poi tutte le immagini sono segnali-simboli che si intersecano, si sdoppiano, si rovesciano, si moltiplicano tra di loro, senza soluzioni di continuità. Ma non importa che si tratti di “semi” delle carte o di sagome umane stilizzate: gli uni e le altre valgono in quanto pezzi di una macchina figurativa piena di trappole visive e concettuali. L'opera di Ramanzini non vuole certo svelarci sottofondi psichici o avviare discorsi sociali, ma introdurre al “saper vedere”, renderci visibili certi fatti della percezione. Un po' come Matisse nei suoi “Papiers découpés”, autentici frammenti di colore incollati che reinventano il linguaggio della pittura, rendendolo nuovo e vivace, ricco di effetti inaspettati, quasi una metafora, un riflesso astratto della realtà. Solo che si tratta di un Matisse paradossalmente coniugato con il Magritte di “Golconde”, dove degli omini sembrano piovere dal cielo in maniera innaturale: tutti uguali, tutti al loro posto “come i pezzi degli scacchi” o come le decorazioni di una carta da parati, “ripetibile e allungabile all'infinito”.
E' l'estetica del “come se”, quella del tromp-l'oeil per capirci, quella che aggiunge al fascino formale della pittura il fascino spirituale dell'inganno, della mistificazioe dei sensi. In opere come “Coi cavalli ti trastulli” o “Visioni dai pedoni” Ramanzini sembra farsi cacciatrice di relazioni fortuite, di puzzle incomponibili. Così i giochi (perfino i giochi dei titoli) non sono solo punti di arrivo della visione, ma strumenti per districarsi nel labirinto delle apparenze, o ancora più e meglio, per produrre un continuo cambiamento di scena, uno spostamento rispetto al mondo in cui normalmente viviamo. Viaggi, transfert? No, solo enigmi non risolti e rilanciati ai nostri occhi ormai resi ciechi dall'overdose e dalla banalità delle immagini quotidiane.
Luigi Meneghelli
C'è un metodo infatti nella stravaganza di Ramanzini, c'è del sistema nelle sue bizzarre composizioni. E' vero: i quadri sono fatti di spazi che fanno emergere altri spazi, come se ci fossero diverse dimensioni all'interno della superficie. E poi tutte le immagini sono segnali-simboli che si intersecano, si sdoppiano, si rovesciano, si moltiplicano tra di loro, senza soluzioni di continuità. Ma non importa che si tratti di “semi” delle carte o di sagome umane stilizzate: gli uni e le altre valgono in quanto pezzi di una macchina figurativa piena di trappole visive e concettuali. L'opera di Ramanzini non vuole certo svelarci sottofondi psichici o avviare discorsi sociali, ma introdurre al “saper vedere”, renderci visibili certi fatti della percezione. Un po' come Matisse nei suoi “Papiers découpés”, autentici frammenti di colore incollati che reinventano il linguaggio della pittura, rendendolo nuovo e vivace, ricco di effetti inaspettati, quasi una metafora, un riflesso astratto della realtà. Solo che si tratta di un Matisse paradossalmente coniugato con il Magritte di “Golconde”, dove degli omini sembrano piovere dal cielo in maniera innaturale: tutti uguali, tutti al loro posto “come i pezzi degli scacchi” o come le decorazioni di una carta da parati, “ripetibile e allungabile all'infinito”.
E' l'estetica del “come se”, quella del tromp-l'oeil per capirci, quella che aggiunge al fascino formale della pittura il fascino spirituale dell'inganno, della mistificazioe dei sensi. In opere come “Coi cavalli ti trastulli” o “Visioni dai pedoni” Ramanzini sembra farsi cacciatrice di relazioni fortuite, di puzzle incomponibili. Così i giochi (perfino i giochi dei titoli) non sono solo punti di arrivo della visione, ma strumenti per districarsi nel labirinto delle apparenze, o ancora più e meglio, per produrre un continuo cambiamento di scena, uno spostamento rispetto al mondo in cui normalmente viviamo. Viaggi, transfert? No, solo enigmi non risolti e rilanciati ai nostri occhi ormai resi ciechi dall'overdose e dalla banalità delle immagini quotidiane.
Luigi Meneghelli
11
luglio 2011
Rossella Ramanzini – Libero gioco
Dall'undici luglio al 18 settembre 2011
arte contemporanea
Location
I MONACI SOTTO LE STELLE
Brescia, Via San Zeno, 119, (Brescia)
Brescia, Via San Zeno, 119, (Brescia)
Orario di apertura
12-15 19-23
Vernissage
11 Luglio 2011, ore 19,00
Autore