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Rossella Roli – Survivals
Si tratta di sopravvivenze: l’opera di Rossella Roli, impudica, dismette ogni vanità e intraprende un’ascesa verso la vetta della montagna, verso altri spazi temporali, negli inferi della memoria.
Comunicato stampa
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Una struttura di vetro, scientifica, che potrebbe abitare un laboratorio, contenente elementi chimici, acqua che è mare e aria per il cielo, transustanziati. Si rimestano e fondono attraverso un processo alchemico, che muove il fautore dell’azione verso le stelle. Questa l'origine.
Osservo con attenzione: a fianco del marchingegno, una valigia, che racchiude altre porzioni di acqua e aria, contenute in due ampolle, un monocolo, una cartina con tracciato l'itinerario per raggiungere la città di Goring La, un curioso strumento per orientare le mappe. Non c’è spazio per i souvenir: il bagaglio è un kit di sopravvivenza, raccoglie dentro sé il necessaire fantastico per un viaggio reale. Valigie che sono altrettanti ponti verso mondi possibili, posti appena un passo a lato del nostro quotidiano; risplendono di simboli, cariche di richiami organici, cuori e cordoni ombelicali rosso porpora o carminio, sono il sangue venoso colmo di impurità o quello che sgorga come sorgente chiara dalle arterie, segnate da blu femminei, sorrette da trasparenze aeree vetrose, affermando un hic et nunc che brucia qualsiasi tentazione di spiritualità.
Sono un’affermazione eppure un dialogo aperto: enti attivi, pensati nello svolgersi del tempo, immaginati come compagni di viaggio, da toccare, aprire, usare, rompere, manipolare e reinventare. Lo rivelano le numerose parti di ricambio, presenti in molte valigie, studiate con la meticolosa attenzione dell’ingegnere folle, innamorato della bellezza della macchina. Tutti oggetti accostati e ricombinati secondo regole apparentemente imperscrutabili, che funzionano come dispositivi di desiderio, inquietano, agiscono su chi li possiede con la forza del perturbante.
Si tratta di sopravvivenze: l’opera di Rossella Roli, impudica, dismette ogni vanità e intraprende un’ascesa verso la vetta della montagna, verso altri spazi temporali, negli inferi della memoria. Non ci sono oggetti, infatti, slegati dall’azione del ricordare, essi sono naturalmente connotati come macchine del tempo. Materni nel loro proteggerci dall’horror vacui, sono presenze in prima istanza rassicuranti, capaci di ancorarci al reale, talvolta taumaturgiche.
Scavalcando l’idea che l’opera d’arte - in particolare quella che ha a che fare con la scultura - necessiti di un luogo fisico determinato con cui discorrere e infrangendo la regola aurea che la vuole sacra, intoccabile, elemento ieratico quando avvolto in fumi metafisici, o semplicemente cinico, quando più connotato di allure contemporanea, l'assemblaggio di Rossella Roli invece è audace nel rinunciare ad uno status prestabilito, non ha paura di essere dipendente dal fruitore, di farsi cosa d’uso quotidiano.
Eppure, ogni valigia è uno strumento di salvataggio, una dichiarazione di guerra all’oblio.
Non c’è possibilità di rimozione o di stasi, tutto è azione, un corpo di soldato animato da quell’Eros terribile che non ha requie e incessantemente cerca, condannato da un desiderio inappagabile, così come cantato nella “Supplica a mia madre” di Pier Paolo Pasolini:
“Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.”
Osservo con attenzione: a fianco del marchingegno, una valigia, che racchiude altre porzioni di acqua e aria, contenute in due ampolle, un monocolo, una cartina con tracciato l'itinerario per raggiungere la città di Goring La, un curioso strumento per orientare le mappe. Non c’è spazio per i souvenir: il bagaglio è un kit di sopravvivenza, raccoglie dentro sé il necessaire fantastico per un viaggio reale. Valigie che sono altrettanti ponti verso mondi possibili, posti appena un passo a lato del nostro quotidiano; risplendono di simboli, cariche di richiami organici, cuori e cordoni ombelicali rosso porpora o carminio, sono il sangue venoso colmo di impurità o quello che sgorga come sorgente chiara dalle arterie, segnate da blu femminei, sorrette da trasparenze aeree vetrose, affermando un hic et nunc che brucia qualsiasi tentazione di spiritualità.
Sono un’affermazione eppure un dialogo aperto: enti attivi, pensati nello svolgersi del tempo, immaginati come compagni di viaggio, da toccare, aprire, usare, rompere, manipolare e reinventare. Lo rivelano le numerose parti di ricambio, presenti in molte valigie, studiate con la meticolosa attenzione dell’ingegnere folle, innamorato della bellezza della macchina. Tutti oggetti accostati e ricombinati secondo regole apparentemente imperscrutabili, che funzionano come dispositivi di desiderio, inquietano, agiscono su chi li possiede con la forza del perturbante.
Si tratta di sopravvivenze: l’opera di Rossella Roli, impudica, dismette ogni vanità e intraprende un’ascesa verso la vetta della montagna, verso altri spazi temporali, negli inferi della memoria. Non ci sono oggetti, infatti, slegati dall’azione del ricordare, essi sono naturalmente connotati come macchine del tempo. Materni nel loro proteggerci dall’horror vacui, sono presenze in prima istanza rassicuranti, capaci di ancorarci al reale, talvolta taumaturgiche.
Scavalcando l’idea che l’opera d’arte - in particolare quella che ha a che fare con la scultura - necessiti di un luogo fisico determinato con cui discorrere e infrangendo la regola aurea che la vuole sacra, intoccabile, elemento ieratico quando avvolto in fumi metafisici, o semplicemente cinico, quando più connotato di allure contemporanea, l'assemblaggio di Rossella Roli invece è audace nel rinunciare ad uno status prestabilito, non ha paura di essere dipendente dal fruitore, di farsi cosa d’uso quotidiano.
Eppure, ogni valigia è uno strumento di salvataggio, una dichiarazione di guerra all’oblio.
Non c’è possibilità di rimozione o di stasi, tutto è azione, un corpo di soldato animato da quell’Eros terribile che non ha requie e incessantemente cerca, condannato da un desiderio inappagabile, così come cantato nella “Supplica a mia madre” di Pier Paolo Pasolini:
“Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.”
04
novembre 2009
Rossella Roli – Survivals
Dal 04 novembre al 22 dicembre 2009
arte contemporanea
Location
GALLERIA OBRAZ
Milano, Via Lazzaro Palazzi, 8, (Milano)
Milano, Via Lazzaro Palazzi, 8, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 15-19
Vernissage
4 Novembre 2009, ore 19
Autore
Curatore