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Rubaldo Merello tra divisionismo e simbolismo. Segantini, Previati, Nomellini, Pellizza
Palazzo Ducale dedica dell’artista ligure un’ampia mostra in cui, tra le duecento opere selezionate, si presentano 65 suoi dipinti e circa 30 suoi disegni, accompagnati dalle principali testimonianze della sua attività plastica
Comunicato stampa
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A oltre quarant’anni dalla Mostra di Rubaldo Merello che, curata nel 1970 da Gianfranco Bruno
e Franco Sborgi, diede avvio alla rilettura dell’opera di uno tra i maggiori pittori liguri del
Novecento, e a quasi trent’anni dall’esposizione che lo stesso Bruno organizzò prima
all’Accademia Ligustica di Genova e poi al Palazzo della Permanente di Milano, Palazzo
Ducale di Genova dedica dell’artista ligure un’ampia mostra in cui, tra le duecento opere
selezionate, si presentano 65 suoi dipinti e circa 30 suoi disegni, accompagnati dalle
principali testimonianze della sua attività plastica.
A contestualizzare la sua produzione artistica contribuiscono una decina di opere di Nomellini,
cinque di Previati (tra cui Tramonto in Liguria, 1912, uno dei suoi capolavori liguri) e altrettante
di Pellizza, oltre a dipinti di Giovanni Segantini, Vittore Grubicy, Emilio Longoni, Angelo
Morbelli, Galileo Chini (tra cui i suggestivi L’ora nostalgica sul Mé-Nam, 1912-1913 e Dove
riposa Segantini, 1916), Guglielmo Lori, Benvenuto Benvenuti, Adriano Baracchini Caputi,
Filiberto Minozzi, Guido Cinotti. Gli artisti liguri sono rappresentati da Giuseppe Sacheri,
Eugenio Olivari, Antonio Discovolo, Domenico Guerello, Giuseppe Cominetti, Cornelio
Geranzani, Alberto Helios Gagliardo e Sexto Canegallo.
La mostra è suddivisa in dodici sezioni: Grubicy e il mito di Segantini; Previati e il paesaggio
ligure; Nomellini a Genova; Il mare di Nomellini; Pellizza da Volpedo. Verso il paesaggio
interiore; Merello. L’ossessione del paesaggio; San Fruttuoso; Le forme dell’acqua; Merello
scultore; Merello e il simbolismo; Oltre Merello.
Una sezione infine è dedicata alla rappresentazione fotografica della riviera del levante ligure,
dalle vedute dei luoghi ritratti da Merello - il monte di Portofino, la baia di San Fruttuoso,
Camogli, Ruta e Santa Margherita - alla costa riscoperta a cavallo tra Otto e Novecento dai
pittori divisionisti italiani. Questo incantato scenario naturalistico compare negli scatti del
fotografo tedesco Alfred Noack, uno dei principali protagonisti della fotografia in Liguria nella
seconda metà dell’Ottocento, che documentò le riviere con la stessa rigorosa nitidezza con cui
ritrasse Genova e i suoi monumenti.
Al fine di ricostruire la complessa e articolata esperienza artistica di Merello e il contesto entro il
quale si formò, la sua ricerca pittorica è messa a confronto con quelle dei principali divisionisti
italiani che l’artista genovese ebbe modo di conoscere alle Promotrici e in altre occasioni
espositive o ebbe l’opportunità di incontrare, come nel caso di Nomellini.
Di quest’ultimo sono presentati alcuni dei capolavori del suo soggiorno genovese, da Mare di
Genova (1891) a La diana del lavoro (1893), da La pesca (1893) a Le lucciole (1898-1899).
Merello, attraverso i buoni auspici del critico Paolo de Gaufridy, entrò in contatto con i fratelli
Vittore e Alberto Grubicy, il quale lo invitò a partecipare nel 1907 a Parigi al Salon des Peintres
Divisionnistes Italiens, dove espose, insieme a un nutrito gruppo di giovani pittori, nella sala che
precedeva quelle dei maestri.
Attraverso la lezione di questi artisti, Merello aderì, nei primi anni del Novecento, all’esperienza
pittorica del divisionismo che sviluppò nelle sue opere - ossessivamente ispirate dal paesaggio
del monte di Portofino e della baia di San Fruttuoso - attraverso un’autonoma e personale
rielaborazione linguistica.
Completamente distaccato dal mondo esterno - nel suo iniziale romitaggio sulla Ruta di
Camogli e poi a San Fruttuoso e a Portofino - il pittore ricavò infatti, dalla ristretta visuale del
microcosmo nel quale si trovò a operare, la necessaria concentrazione per una totale
identificazione esistenziale con il suo percorso artistico. Il paesaggio che insistentemente si
ricompone nelle sue tele - con prospettive e tagli uguali o solo leggermente variati - incarnò, nel
suo progressivo processo di ricerca, la tensione verso la rappresentazione di un paesaggio
interiore.
Autore dei due celebri paesaggi in mostra Tramonto o Il roveto (1900-1902; Galleria d’Arte
Moderna Ricci Oddi, Piacenza) e Nubi di sera sul Curone (1905-1906; Fondazione Cassa di
Risparmio, Alessandria), Pellizza sperimentò un analogo approccio estetico come testimoniato
nel 1903 dalle sue parole: “Se vogliamo lasciare qualche orma dobbiamo scegliere soggetti
eterni. Io mi sono messo risolutamente su questa via … la bella natura che assorbe l’uomo e lo
annienta per campeggiare essa stessa sfolgorando”.
L’esperienza vissuta a San Fruttuoso e Portofino determinò in Merello una progressiva
trasformazione della materia pittorica e della tavolozza cromatica che si caratterizzò sempre più
per l’accentuata predominanza di alcuni colori (rosso, violetto e blu). Nel graduale
allontanamento dalla lezione divisionista, la sua ricerca pittorica confluì nelle suggestioni di un
linguaggio simbolista che trova riscontri puntuali nelle contemporanee esperienze
postimpressioniste e nelle emergenti inquietudini estetiche della cultura fauve, basti pensare a
Pineta o Boscaglia (1918-1920; Museo dell’Accademia Ligustica, Genova) e al quasi allucinato
Paesaggio o Bosco di castagni (1918-1921; collezione privata).
In mostra è pure documentata l’attività plastica di Merello che, pur essendo meno nota, ebbe
una fondamentale importanza all’interno del suo percorso artistico. Le sue ricerche nell’ambito
della scultura iniziarono infatti all’inizio dell’ultimo decennio dell’Ottocento, appena terminata
l’Accademia Ligustica, per poi riprendere intorno al 1914. Proprio in quegli anni Merello disegnò
numerosi monumenti funebri e realizzò la statua del Dolore, originariamente collocata nel
cimitero di Camogli.
Di questa sua ricerca plastica, connotata da una dimensione di arte totale, condivisa pure da
altri scultori liguri del periodo, come Edoardo De Albertis e Eugenio Baroni, sono esposti in
mostra alcuni rari esempi, tra i quali appunto la citata statua Il dolore di oltre 2 metri di altezza e
gli studi preparatori.
Il passaggio da un linguaggio divisionista a motivi simbolisti connotò anche il percorso creativo
di altri artisti attivi in Liguria nel primo ventennio del Novecento. Tra questi un gruppo di pittori
che riscoprirono la riviera ligure nelle sue estreme propaggini a levante e di cui
faceva parte Antonio Discovolo, che nel giugno del 1902, in compagnia dell’amico
Guglielmo Lori, scoprì il fascino della natura selvaggia nei dintorni di Tellaro, dove i
due giovani pittori soggiornarono dipingendo la costa e sperimentando la tecnica
divisionista. L’anno successivo, sempre insieme a Lori, Discovolo raggiunse
Portovenere e Manarola, dove rimase folgorato dal paesaggio incontaminato delle Cinque
Terre.
Altrettanto significative, nell’ambito di un clima di tangenza espressiva con la ricerca di Merello,
appaiono le opere di Domenico Guerello, spesso improntate, come testimoniato dai dipinti in
mostra, da una simile impostazione formale e da una ricerca di soggetti analoghi a quelli da lui
raffigurati a San Fruttuoso.
La mostra, curata da Matteo Fochessati e da Gianni Franzone, conservatori della Wolfsoniana,
è organizzata da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e promossa dal Comune di Genova
e dalla Regione Liguria. L’esposizione si avvale della collaborazione di un comitato scientifico,
composto da Francesca Cagianelli, Maria Flora Giubilei, Dario Matteoni, Eleonora B. Nomellini,
Elisabetta Papone, Caterina Olcese Spingardi, Sergio Rebora, Aurora Scotti, Giulio Sommariva,
Alessandra Tiddia.
Oltre a contare sul prestito di alcune fondamentali opere provenienti da musei e raccolte
pubbliche (tra cui la Galleria d’Arte Moderna, le Raccolte Frugone, il Museo dell’Accademia
Ligustica e la Wolfsoniana di Genova; la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
di Roma; la Galleria d’Arte Moderna Paolo e Adele Giannoni di Novara; la Galleria d’Arte
Moderna Ricci Oddi di Piacenza; “Il Divisionismo”, Pinacoteca della Fondazione C.R. di
Tortona; il Museo del Paesaggio di Verbania; la Fondazione Livorno), il percorso espositivo è
supportato da importanti e, in alcuni casi, inediti prestiti privati.
L’esposizione è accompagnata da un catalogo edito da Sagep che, oltre a documentare le
opere esposte, propone una serie di approfondimenti sul percorso artistico di Merello e sulla
cultura divisionista e simbolista in Italia tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento.
e Franco Sborgi, diede avvio alla rilettura dell’opera di uno tra i maggiori pittori liguri del
Novecento, e a quasi trent’anni dall’esposizione che lo stesso Bruno organizzò prima
all’Accademia Ligustica di Genova e poi al Palazzo della Permanente di Milano, Palazzo
Ducale di Genova dedica dell’artista ligure un’ampia mostra in cui, tra le duecento opere
selezionate, si presentano 65 suoi dipinti e circa 30 suoi disegni, accompagnati dalle
principali testimonianze della sua attività plastica.
A contestualizzare la sua produzione artistica contribuiscono una decina di opere di Nomellini,
cinque di Previati (tra cui Tramonto in Liguria, 1912, uno dei suoi capolavori liguri) e altrettante
di Pellizza, oltre a dipinti di Giovanni Segantini, Vittore Grubicy, Emilio Longoni, Angelo
Morbelli, Galileo Chini (tra cui i suggestivi L’ora nostalgica sul Mé-Nam, 1912-1913 e Dove
riposa Segantini, 1916), Guglielmo Lori, Benvenuto Benvenuti, Adriano Baracchini Caputi,
Filiberto Minozzi, Guido Cinotti. Gli artisti liguri sono rappresentati da Giuseppe Sacheri,
Eugenio Olivari, Antonio Discovolo, Domenico Guerello, Giuseppe Cominetti, Cornelio
Geranzani, Alberto Helios Gagliardo e Sexto Canegallo.
La mostra è suddivisa in dodici sezioni: Grubicy e il mito di Segantini; Previati e il paesaggio
ligure; Nomellini a Genova; Il mare di Nomellini; Pellizza da Volpedo. Verso il paesaggio
interiore; Merello. L’ossessione del paesaggio; San Fruttuoso; Le forme dell’acqua; Merello
scultore; Merello e il simbolismo; Oltre Merello.
Una sezione infine è dedicata alla rappresentazione fotografica della riviera del levante ligure,
dalle vedute dei luoghi ritratti da Merello - il monte di Portofino, la baia di San Fruttuoso,
Camogli, Ruta e Santa Margherita - alla costa riscoperta a cavallo tra Otto e Novecento dai
pittori divisionisti italiani. Questo incantato scenario naturalistico compare negli scatti del
fotografo tedesco Alfred Noack, uno dei principali protagonisti della fotografia in Liguria nella
seconda metà dell’Ottocento, che documentò le riviere con la stessa rigorosa nitidezza con cui
ritrasse Genova e i suoi monumenti.
Al fine di ricostruire la complessa e articolata esperienza artistica di Merello e il contesto entro il
quale si formò, la sua ricerca pittorica è messa a confronto con quelle dei principali divisionisti
italiani che l’artista genovese ebbe modo di conoscere alle Promotrici e in altre occasioni
espositive o ebbe l’opportunità di incontrare, come nel caso di Nomellini.
Di quest’ultimo sono presentati alcuni dei capolavori del suo soggiorno genovese, da Mare di
Genova (1891) a La diana del lavoro (1893), da La pesca (1893) a Le lucciole (1898-1899).
Merello, attraverso i buoni auspici del critico Paolo de Gaufridy, entrò in contatto con i fratelli
Vittore e Alberto Grubicy, il quale lo invitò a partecipare nel 1907 a Parigi al Salon des Peintres
Divisionnistes Italiens, dove espose, insieme a un nutrito gruppo di giovani pittori, nella sala che
precedeva quelle dei maestri.
Attraverso la lezione di questi artisti, Merello aderì, nei primi anni del Novecento, all’esperienza
pittorica del divisionismo che sviluppò nelle sue opere - ossessivamente ispirate dal paesaggio
del monte di Portofino e della baia di San Fruttuoso - attraverso un’autonoma e personale
rielaborazione linguistica.
Completamente distaccato dal mondo esterno - nel suo iniziale romitaggio sulla Ruta di
Camogli e poi a San Fruttuoso e a Portofino - il pittore ricavò infatti, dalla ristretta visuale del
microcosmo nel quale si trovò a operare, la necessaria concentrazione per una totale
identificazione esistenziale con il suo percorso artistico. Il paesaggio che insistentemente si
ricompone nelle sue tele - con prospettive e tagli uguali o solo leggermente variati - incarnò, nel
suo progressivo processo di ricerca, la tensione verso la rappresentazione di un paesaggio
interiore.
Autore dei due celebri paesaggi in mostra Tramonto o Il roveto (1900-1902; Galleria d’Arte
Moderna Ricci Oddi, Piacenza) e Nubi di sera sul Curone (1905-1906; Fondazione Cassa di
Risparmio, Alessandria), Pellizza sperimentò un analogo approccio estetico come testimoniato
nel 1903 dalle sue parole: “Se vogliamo lasciare qualche orma dobbiamo scegliere soggetti
eterni. Io mi sono messo risolutamente su questa via … la bella natura che assorbe l’uomo e lo
annienta per campeggiare essa stessa sfolgorando”.
L’esperienza vissuta a San Fruttuoso e Portofino determinò in Merello una progressiva
trasformazione della materia pittorica e della tavolozza cromatica che si caratterizzò sempre più
per l’accentuata predominanza di alcuni colori (rosso, violetto e blu). Nel graduale
allontanamento dalla lezione divisionista, la sua ricerca pittorica confluì nelle suggestioni di un
linguaggio simbolista che trova riscontri puntuali nelle contemporanee esperienze
postimpressioniste e nelle emergenti inquietudini estetiche della cultura fauve, basti pensare a
Pineta o Boscaglia (1918-1920; Museo dell’Accademia Ligustica, Genova) e al quasi allucinato
Paesaggio o Bosco di castagni (1918-1921; collezione privata).
In mostra è pure documentata l’attività plastica di Merello che, pur essendo meno nota, ebbe
una fondamentale importanza all’interno del suo percorso artistico. Le sue ricerche nell’ambito
della scultura iniziarono infatti all’inizio dell’ultimo decennio dell’Ottocento, appena terminata
l’Accademia Ligustica, per poi riprendere intorno al 1914. Proprio in quegli anni Merello disegnò
numerosi monumenti funebri e realizzò la statua del Dolore, originariamente collocata nel
cimitero di Camogli.
Di questa sua ricerca plastica, connotata da una dimensione di arte totale, condivisa pure da
altri scultori liguri del periodo, come Edoardo De Albertis e Eugenio Baroni, sono esposti in
mostra alcuni rari esempi, tra i quali appunto la citata statua Il dolore di oltre 2 metri di altezza e
gli studi preparatori.
Il passaggio da un linguaggio divisionista a motivi simbolisti connotò anche il percorso creativo
di altri artisti attivi in Liguria nel primo ventennio del Novecento. Tra questi un gruppo di pittori
che riscoprirono la riviera ligure nelle sue estreme propaggini a levante e di cui
faceva parte Antonio Discovolo, che nel giugno del 1902, in compagnia dell’amico
Guglielmo Lori, scoprì il fascino della natura selvaggia nei dintorni di Tellaro, dove i
due giovani pittori soggiornarono dipingendo la costa e sperimentando la tecnica
divisionista. L’anno successivo, sempre insieme a Lori, Discovolo raggiunse
Portovenere e Manarola, dove rimase folgorato dal paesaggio incontaminato delle Cinque
Terre.
Altrettanto significative, nell’ambito di un clima di tangenza espressiva con la ricerca di Merello,
appaiono le opere di Domenico Guerello, spesso improntate, come testimoniato dai dipinti in
mostra, da una simile impostazione formale e da una ricerca di soggetti analoghi a quelli da lui
raffigurati a San Fruttuoso.
La mostra, curata da Matteo Fochessati e da Gianni Franzone, conservatori della Wolfsoniana,
è organizzata da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e promossa dal Comune di Genova
e dalla Regione Liguria. L’esposizione si avvale della collaborazione di un comitato scientifico,
composto da Francesca Cagianelli, Maria Flora Giubilei, Dario Matteoni, Eleonora B. Nomellini,
Elisabetta Papone, Caterina Olcese Spingardi, Sergio Rebora, Aurora Scotti, Giulio Sommariva,
Alessandra Tiddia.
Oltre a contare sul prestito di alcune fondamentali opere provenienti da musei e raccolte
pubbliche (tra cui la Galleria d’Arte Moderna, le Raccolte Frugone, il Museo dell’Accademia
Ligustica e la Wolfsoniana di Genova; la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
di Roma; la Galleria d’Arte Moderna Paolo e Adele Giannoni di Novara; la Galleria d’Arte
Moderna Ricci Oddi di Piacenza; “Il Divisionismo”, Pinacoteca della Fondazione C.R. di
Tortona; il Museo del Paesaggio di Verbania; la Fondazione Livorno), il percorso espositivo è
supportato da importanti e, in alcuni casi, inediti prestiti privati.
L’esposizione è accompagnata da un catalogo edito da Sagep che, oltre a documentare le
opere esposte, propone una serie di approfondimenti sul percorso artistico di Merello e sulla
cultura divisionista e simbolista in Italia tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento.
05
ottobre 2017
Rubaldo Merello tra divisionismo e simbolismo. Segantini, Previati, Nomellini, Pellizza
Dal 05 ottobre 2017 al 14 febbraio 2018
Location
PALAZZO DUCALE
Genova, Piazza Giacomo Matteotti, 9, (Genova)
Genova, Piazza Giacomo Matteotti, 9, (Genova)
Biglietti
intero 10€
ridotto 8€
ridotto speciale 5€
scuole 4€
Orario di apertura
dal martedì al venerdì: dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19,
sabato e domenica: dalle 10 alle 19
Aperture straordinarie
1 novembre, 8 dicembre, 26 dicembre, 1 gennaio, 6 gennaio: dalle 10 alle 19
Autore
Curatore