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Rudy Pulcinelli – Resilienze
L’artista presenta un progetto che parla del binomio dialogo/resilienza, per sottolineare il bisogno di reagire con forza e in maniera positiva, per contrastare le incomprensioni, gli attriti e i contrasti sempre più accesi, nell’ormai costituita, società globale.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
“Resilienze”: mostra personale di Rudy Pulcinelli dal 27 marzo al 24 maggio 2019 a Milano.
L’artista toscano realizza, per la Galleria Morotti Arte Contemporanea (Via A. Saffi, 9), un progetto
che parla del binomio dialogo/resilienza, per sottolineare il bisogno di reagire con forza e in
maniera positiva, per contrastare le incomprensioni, gli attriti e i contrasti sempre più accesi,
nell’ormai costituita, società globale. Curata da Jacopo Della Ragione, l’esposizione sarà
inaugurata mercoledì 27 marzo, dalle ore 18.00 alle 22.00.
Porsi di fronte all’opera di un artista significa mettersi in gioco, liberarsi per un istante delle proprie
difese sociali e psicologiche per lasciare che si instauri un rapporto. Un rapporto intimo, profondo e
in buona parte inesplicabile poiché non appartiene al reame della comunicazione verbale.
È un momento di crescita che nasce dalla disponibilità lasciarci condurre oltre i confini della nostra
zona di comfort e sicurezza, ad esplorare punti di vista ed esperienze estranee. Questa
disponibilità altro non è che il primo passo verso il dialogo.
Dialogo che Rudy Pulcinelli porta al centro della sua opera, per ricondurci al significato primigenio
della parola: comunicazione che favorisce la comprensione reciproca e che permette di eliminare,
ridurre, o addirittura prevenire conflitti.
Pulcinelli è figlio di un mondo che si è andato via via restringendo; distanze fra continenti sono
quasi annullate grazie alle moderne tecnologie e le comunicazioni da una parte all’altra del globo
sono semplici e accessibili a chiunque. Ma così come questa facilità di movimento e
comunicazione ci permette di venire in contatto con culture e abitudini completamente differenti
dalle nostre, presenta anche un pericolo di uniformità in cui si perdano le proprie caratteristiche
culturali; ma soprattutto il pericolo che venire in contatto con il diverso porti a chiusure, a rifiutare lo
scambio culturale e umano, a precludere proprio quell’opportunità di crescita che è fondamentale
per l’uomo. Tanto come individuo, quanto come elemento funzionale della società.
Utilizzando grafemi e caratteri dai sette sistemi di scrittura più diffusi al mondo (latino, greco,
cirillico, arabo, ebraico, cinese e giapponese) l’artista torna alle origini del linguaggio; a quel
momento in cui tratti simbolici, intrisi di magia, plasmavano la realtà e cultura dell’umanità. I segni
nelle opere si allontanano dall’uso comune che ne facciamo, la comunicazione scritta, per divenire
elemento vivo e organico che interagisce con la materia e l’ambiente circostante; si arrampicano,
colano, esplodono, germogliano, crescono, uniscono e identificano, muovendosi tanto
indipendentemente, quanto accompagnandosi a forme geometriche, anch’esse primordiali. Il
cerchio, il quadrato e le loro proiezioni tridimensionali, tanto intere quanto parziali, sono di volta in
volta elementi di diversa interazione cosi segni, divenendo interlocutori ostili o accoglienti,
indifferenti o amichevoli in quel dialogo di cui lo spettatore è parte integrante.
I caratteri e le lettere attraversano superfici creando stalattiti e stalagmiti (o sono forse sabbia in
una clessidra a memoria di quanto sia già pesante il ritardo al dialogo); saltano da un blocco ad un
altro sfidando la forza di gravità in un gioco fanciullesco; giacciono su un ripiano quasi dimenticate,
in paziente attesa di essere riscoperte; si uniscono in una superficie apparentemente
bidimensionale a creare spazi e ombre sulla parete, mimando parole sulla pagina ma simili ad
un’illustrazione; appaiono sulla superficie di oggetti quasi come tatuaggi o pitture rituali,
mutandone la natura pur lasciandone la forma inalterata; esili e apparentemente fragili germogli si
incuneano fra blocchi d’acciaio, come un dente di leone si fa spazio fra le crepe del cemento.
I segni di Pulcinelli una cosa sola non fanno: arrendersi. Amano e usano momenti positivi per
ingrandirsi tanto da occupare una via e divenire cortile per i giochi di bambini; caparbiamente
sopportano momenti negativi, apprendendo e adattandosi per crescere nuovamente.
In cinese mandarino il concetto di resilienza è “Fu Yuan Li”, letteralmente tradotto “ritorno alla forza
originale”; imparando da Pulcinelli diamo rilievo ai singoli caratteri e al rapporto che si crea fra loro,
così scopriamo l’importanza che “Fu” ha nella cultura e nel linguaggio cinese. Lungi da essere un
semplice carattere d’uso, rappresenta il 24esimo dei 64 esagrammi del Libro dei Mutamenti, la cui
immagine illustra in maniera semplice e diretta il concetto: quando ormai le linee scure hanno
spinto fuori tutte le chiare, ecco che nuovamente una linea chiara entra nel segno. L’oscurità è
quindi veicolo per la diffusione della luce, così come le differenze (fra i segni che l’artista usa, così
come fra i popoli che quotidianamente li utilizzano) sono veicolo e opportunità di crescita.
Per questo le opere non si lasciano mettere da parte; possono essere cortesi ospiti ad un
amichevole convivio o timidi amici che ascoltano più d’intervenire, ma non tacciono; trovano il
momento opportuno e ideale per entrare nella conversazione e divenire, in maniera positiva e
costruttiva, parte integrante di noi stessi.
Rudy Pulcinelli (Prato, 1970. Vive e lavora Prato e Beijing)
Diplimatosi presso l'Istituto d'Arte P. Petrocchi di Pistoia, nel 1990 si iscrive alla Facoltà di
Architettura presso l’Università degli studi di Firenze. Dagli anni novanta inizia anche un percorso
espositivo internazionale che lo porterà ad esporre in Francia, Stati Uniti, Emirati
Arabi Uniti, Germania, Paesi Bassi, Uruguay, Thailandia, Cina, Marocco, Argentina, Brasile,
Canada, Giappone, India, Turchia, Russia, Spagna e Austria. Le sue opere sono presenti in
numerose collezioni pubbliche: University of Virginia, Charlottesville, Virginia, U.S.A.; Museo di
Arte Contemporanea d’esterno, Luicciana, Prato; Museo Paolo VI Arte Moderna e
Contemporanea, Brescia; Sharjah Art Museum, Sharjah, Emirati Arabi Uniti; Pinacoteca, Università
Cattolica del Sacro Cuore, Milano; Museo Lu.C.C.A Center of Contemporary Art, Lucca; Museo
Arte Contemporanea, Fundaciòn Pablo Atchugarry, Maldonado, Uruguay; Europol Collection, The
European Police Office, Den Haag, The Netherlands, Silpakorn Art Center, Bangkok, Thailandia;
Museo Baimamedo Tibetan Art Center, 798 Art Zone, Beijing, Cina; Centre d'Art Contemporain
Essaouira, Essaouira, Marocco; Museo Provincial de Bellas Artes E. Pettoruti, La Plata, Buenos
Aires, Argentina; Museo Be.Go. Benozzo Gozzoli, Castelfiorentino, Firenze.
L’artista toscano realizza, per la Galleria Morotti Arte Contemporanea (Via A. Saffi, 9), un progetto
che parla del binomio dialogo/resilienza, per sottolineare il bisogno di reagire con forza e in
maniera positiva, per contrastare le incomprensioni, gli attriti e i contrasti sempre più accesi,
nell’ormai costituita, società globale. Curata da Jacopo Della Ragione, l’esposizione sarà
inaugurata mercoledì 27 marzo, dalle ore 18.00 alle 22.00.
Porsi di fronte all’opera di un artista significa mettersi in gioco, liberarsi per un istante delle proprie
difese sociali e psicologiche per lasciare che si instauri un rapporto. Un rapporto intimo, profondo e
in buona parte inesplicabile poiché non appartiene al reame della comunicazione verbale.
È un momento di crescita che nasce dalla disponibilità lasciarci condurre oltre i confini della nostra
zona di comfort e sicurezza, ad esplorare punti di vista ed esperienze estranee. Questa
disponibilità altro non è che il primo passo verso il dialogo.
Dialogo che Rudy Pulcinelli porta al centro della sua opera, per ricondurci al significato primigenio
della parola: comunicazione che favorisce la comprensione reciproca e che permette di eliminare,
ridurre, o addirittura prevenire conflitti.
Pulcinelli è figlio di un mondo che si è andato via via restringendo; distanze fra continenti sono
quasi annullate grazie alle moderne tecnologie e le comunicazioni da una parte all’altra del globo
sono semplici e accessibili a chiunque. Ma così come questa facilità di movimento e
comunicazione ci permette di venire in contatto con culture e abitudini completamente differenti
dalle nostre, presenta anche un pericolo di uniformità in cui si perdano le proprie caratteristiche
culturali; ma soprattutto il pericolo che venire in contatto con il diverso porti a chiusure, a rifiutare lo
scambio culturale e umano, a precludere proprio quell’opportunità di crescita che è fondamentale
per l’uomo. Tanto come individuo, quanto come elemento funzionale della società.
Utilizzando grafemi e caratteri dai sette sistemi di scrittura più diffusi al mondo (latino, greco,
cirillico, arabo, ebraico, cinese e giapponese) l’artista torna alle origini del linguaggio; a quel
momento in cui tratti simbolici, intrisi di magia, plasmavano la realtà e cultura dell’umanità. I segni
nelle opere si allontanano dall’uso comune che ne facciamo, la comunicazione scritta, per divenire
elemento vivo e organico che interagisce con la materia e l’ambiente circostante; si arrampicano,
colano, esplodono, germogliano, crescono, uniscono e identificano, muovendosi tanto
indipendentemente, quanto accompagnandosi a forme geometriche, anch’esse primordiali. Il
cerchio, il quadrato e le loro proiezioni tridimensionali, tanto intere quanto parziali, sono di volta in
volta elementi di diversa interazione cosi segni, divenendo interlocutori ostili o accoglienti,
indifferenti o amichevoli in quel dialogo di cui lo spettatore è parte integrante.
I caratteri e le lettere attraversano superfici creando stalattiti e stalagmiti (o sono forse sabbia in
una clessidra a memoria di quanto sia già pesante il ritardo al dialogo); saltano da un blocco ad un
altro sfidando la forza di gravità in un gioco fanciullesco; giacciono su un ripiano quasi dimenticate,
in paziente attesa di essere riscoperte; si uniscono in una superficie apparentemente
bidimensionale a creare spazi e ombre sulla parete, mimando parole sulla pagina ma simili ad
un’illustrazione; appaiono sulla superficie di oggetti quasi come tatuaggi o pitture rituali,
mutandone la natura pur lasciandone la forma inalterata; esili e apparentemente fragili germogli si
incuneano fra blocchi d’acciaio, come un dente di leone si fa spazio fra le crepe del cemento.
I segni di Pulcinelli una cosa sola non fanno: arrendersi. Amano e usano momenti positivi per
ingrandirsi tanto da occupare una via e divenire cortile per i giochi di bambini; caparbiamente
sopportano momenti negativi, apprendendo e adattandosi per crescere nuovamente.
In cinese mandarino il concetto di resilienza è “Fu Yuan Li”, letteralmente tradotto “ritorno alla forza
originale”; imparando da Pulcinelli diamo rilievo ai singoli caratteri e al rapporto che si crea fra loro,
così scopriamo l’importanza che “Fu” ha nella cultura e nel linguaggio cinese. Lungi da essere un
semplice carattere d’uso, rappresenta il 24esimo dei 64 esagrammi del Libro dei Mutamenti, la cui
immagine illustra in maniera semplice e diretta il concetto: quando ormai le linee scure hanno
spinto fuori tutte le chiare, ecco che nuovamente una linea chiara entra nel segno. L’oscurità è
quindi veicolo per la diffusione della luce, così come le differenze (fra i segni che l’artista usa, così
come fra i popoli che quotidianamente li utilizzano) sono veicolo e opportunità di crescita.
Per questo le opere non si lasciano mettere da parte; possono essere cortesi ospiti ad un
amichevole convivio o timidi amici che ascoltano più d’intervenire, ma non tacciono; trovano il
momento opportuno e ideale per entrare nella conversazione e divenire, in maniera positiva e
costruttiva, parte integrante di noi stessi.
Rudy Pulcinelli (Prato, 1970. Vive e lavora Prato e Beijing)
Diplimatosi presso l'Istituto d'Arte P. Petrocchi di Pistoia, nel 1990 si iscrive alla Facoltà di
Architettura presso l’Università degli studi di Firenze. Dagli anni novanta inizia anche un percorso
espositivo internazionale che lo porterà ad esporre in Francia, Stati Uniti, Emirati
Arabi Uniti, Germania, Paesi Bassi, Uruguay, Thailandia, Cina, Marocco, Argentina, Brasile,
Canada, Giappone, India, Turchia, Russia, Spagna e Austria. Le sue opere sono presenti in
numerose collezioni pubbliche: University of Virginia, Charlottesville, Virginia, U.S.A.; Museo di
Arte Contemporanea d’esterno, Luicciana, Prato; Museo Paolo VI Arte Moderna e
Contemporanea, Brescia; Sharjah Art Museum, Sharjah, Emirati Arabi Uniti; Pinacoteca, Università
Cattolica del Sacro Cuore, Milano; Museo Lu.C.C.A Center of Contemporary Art, Lucca; Museo
Arte Contemporanea, Fundaciòn Pablo Atchugarry, Maldonado, Uruguay; Europol Collection, The
European Police Office, Den Haag, The Netherlands, Silpakorn Art Center, Bangkok, Thailandia;
Museo Baimamedo Tibetan Art Center, 798 Art Zone, Beijing, Cina; Centre d'Art Contemporain
Essaouira, Essaouira, Marocco; Museo Provincial de Bellas Artes E. Pettoruti, La Plata, Buenos
Aires, Argentina; Museo Be.Go. Benozzo Gozzoli, Castelfiorentino, Firenze.
27
marzo 2019
Rudy Pulcinelli – Resilienze
Dal 27 marzo al 24 maggio 2019
arte contemporanea
Location
MOROTTI ARTE CONTEMPORANEA
Milano, Via Aurelio Saffi, 9, (Milano)
Milano, Via Aurelio Saffi, 9, (Milano)
Orario di apertura
mart - ven 15.00 / 19.00 per altri giorni e orari su appuntamento
Vernissage
27 Marzo 2019, h 18
Autore
Curatore