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RUGGERI, SARONI, SOFFIANTINO oltre il confine dell’informale
circa sessanta opere dei tre pittori piemontesi a partire dalla metà degli anni Cinquanta
Comunicato stampa
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RUGGERI-SARONI-SOFFIANTINO
Oltre il confine dell’informale
L’idea per la quarantunesima edizione della mostra antologica al Palazzo del Liceo Saracco ad Acqui
Terme nasce dalla volontà di rendere omaggio a tre protagonisti dell’arte italiana, i torinesi Ruggeri,
Saroni, Soffiantino, celebrati già alla fine degli anni Cinquanta da quattro delle più importanti e storiche
gallerie del tempo: La Loggia di Bologna e Il Milione di Milano nel 1958, La Bussola di Torino e
L’Attico di Roma nel 1959.
QUATTRO STORICHE GALLERIE PER
RUGGERI, SARONI E SOFFIANTINO
Adolfo Francesco Carozzi
Il collezionismo d’arte già fiorente in epoca greco-romana, decaduto nel medioevo, rinato nel XIV
secolo e cresciuto nel ‘500 (anche con la nascita di edifici appositamente costruiti per accogliere
collezioni d’arte quali gli Uffizi di Firenze), si è sviluppato nei secoli successivi tanto da costituire, in
seguito a determinate trasformazioni sociali, un vero e proprio mercato dell’arte, cui ha accesso non
solo più la nobiltà ma anche la borghesia. E’ poi nel XX secolo che il collezionare arte, oltre ad
assumere un’importanza nella diffusione della cultura, costituisce nello stesso tempo un vero e proprio
sistema finanziario con il coinvolgimento nell’investimento di capitali non solo più dei privati ma anche
di istituti bancari.
Lo straordinario sviluppo economico del dopoguerra italiano si registra anche nel mercato dell’arte e
un indubbio contributo al volume degli affari e alla promozione delle nuove tendenze artistiche viene
fornito dalle gallerie private.
E’ in questo clima di euforia e di voglia di riscatto, ricco di fermenti e di dibattiti che ha inizio la nostra
storia o meglio quella dei nostri tre artisti in allora definiti ”3 giovani pittori torinesi”.
Sicuramente non casuale è il fatto che quattro delle più importanti gallerie di quel periodo, e siamo sul
finire degli Anni Cinquanta, abbiano pensato e poi realizzato nei propri spazi quattro mostre con lo
stesso titolo “Ruggeri-Saroni-Soffiantino“ ed è altrettanto singolare ed importante che le stesse
agissero in altrettanti grandi realtà culturali della Penisola come Torino, Milano, Bologna e Roma.
Erano gli anni dell’Informale, modo di essere e di sentire comune a moltissimi artisti italiani, se pur con
declinazioni diverse e modi espressivi tipologicamente personali. Era il periodo della pittura gestuale,
materica, segnica, del naturalismo, dello spazialismo, dell’arte nucleare. Era la rivincita dell’emozione
sulla costruzione, della tensione sulla schematizzazione con un linguaggio nuovo, impulsivo che mette
al centro l’espressività del singolo individuo nei confronti del gruppo o delle regole, in una esaltazione
non tanto dell’ “informe” quanto del “non formale”.
Anche il Capoluogo piemontese dove crescono ed operano i nostri giovani allievi dell’ Accademia
Albertina, sebbene con qualche maggiore difficoltà dovuta alla posizione della cultura cittadina
condizionata da una certa diffidenza nei riguardi della novità, dopo l’influenza di Picasso e dei fauve e
dopo la parentesi legata al Movimento Arte Concreta, forse anche sotto l’influenza delle notizie
provenienti da oltreoceano e dall’Europa diventa alla fine degli anni Cinquanta uno dei centri di
promozione dell’Informale internazionale. Indubbio peso hanno avuto le sette edizioni della rassegna
“Pittori d’oggi. Francia-Italia (1951-1961)” e la mostra “Arte nuova. Esposizione internazionale di
pittura e scultura” (organizzata nel 1959 da Michel Tapié con Pistoi al Circolo degli Artisti)
nell’aggiornamento sulla situazione internazionale così come l’attività di alcune gallerie private, mentre
interventi di critici come Arcangeli e Carluccio hanno favorito il deciso imporsi di un naturalismo
molto gestuale e materico.
In questo humus affondano le radici di Ruggeri, Saroni e Soffiantino, che con opere informali si
affacciano alla ribalta espositiva per poi proseguire con percorsi e strade diverse. Anche Roberto
Pasini sottolinea nel suo volume “L’Informale. StatiUuniti-Europa-Italia” che non vanno tralasciati tra gli
esponenti dell’Informale torinese “…Piero Ruggeri, con il suo informale scabro, accentuatamente
espressionista (l’esempio di Spazzapan docet), Sergio Saroni, che ha in de Kooning il principale punto
di riferimento, e Giacomo Soffiantino, dal segno dinamico e incisivo.”Se il loro linguaggio era quindi
quello della pittura, tale è rimasto nella loro produzione artistica, ma con particolari “termini di
organizzazione spaziale, drammatizzazione, equilibri o disequilibri compositivi” (F. Fanelli) per Ruggeri;
con ”la scelta di “una figurazione più analitica e precisa, fino ad arrivare nelle ultime mostre a una
lucida oggettività d’immagine” (F. Poli) per Saroni; con una sorta di recupero figurativo caratterizzato
dalla “singolare acutezza formale riflessa in una tavolozza sobria e in un repertorio di segni castigato
ed essenziale” (L. Borio) per Soffiantino.
La mostra, infatti, se da una parte sottolinea l’adesione all’Informale con la presenza di significative
opere della fine degli Anni Cinquanta, vuole anche porre l’attenzione al complessivo percorso dei tre
artisti al di là dell’etichetta iniziale: il sottotitolo, infatti, “oltre il confine dell’informale” ne costituisce
l’intenzione.
Ma torniamo al ’58, quando la Galleria della Loggia di Bologna e la Galleria Il Milione di Milano, e al
’59, quando la Galleria La Bussola di Torino e la Galleria L’Attico di Roma dedicano loro appunto
quattro mostre dal titolo “Ruggeri, Saroni, Soffiantino”.
A Bologna Francesco Arcangeli, nel proporre i giovani artisti bolognesi vicini all’ultimo naturalismo
coinvolge anche altre significative presenze con ripetute esposizioni in diverse gallerie cittadine (La
Scaletta, Il Cancello), ma è alla Galleria La Loggia che si trovano gli artisti più vicini alla poetica
informale.
La galleria, fondata nel dicembre del 1954 da Maria Orri e Bruno Nanni, svolge nei primi anni un
programma espositivo rivolto verso i maggiori artisti del ‘900 italiano, con mostre personali e collettive
in cui trovano collocazione opere di maestri come Moranti, De Pisis, De Chirico, Campigli, Guidi,
Maccari, Picasso, Gris, Braque, Patisse, Klee, Chagall, ecc. Già in quegli anni era, però, aperta al nuovo
e, con la critica di Francesco Arcangeli, ospita due mostre di Alberto Burri, una nel ’57 e l’altra nel ’59.
Importanti negli anni successivi, in campo internazionale, le mostre di Fautrier del ’58 e del ’59, di
Bissier del ’60, di Mathieu del ’62, di Bacon e Sutherland del ’63 e di Max Ernst del ’64.
Sempre nel primo periodo di attività, che va dal ’54 al ‘66, la Galleria, con l’aiuto di critici come
Arcangeli, Carluccio, Marchiori, Calvesi, Tassi, Valsecchi, ospita personali e collettive sia di artisti della
“generazione di mezzo“ come Afro, Birolli, Cassinari, Morlotti, sia di artisti della ”generazione anni ’20”
come Bendini, Ferrari, Nanni, Pulga, Romiti, Vacchi in ambito bolognese e come, in ambito nazionale,
Raspi, De Gregorio, Ajmone, Sadun, Fasce. In questo vasto programma rientra anche la mostra “3
giovani pittori torinesi. Ruggeri, Saroni, Soffiantino” tenutasi dal 1 al 14 febbraio con la presentazione
in catalogo di Luigi Carluccio.
Con il trasferimento della sede nei nuovi locali di Piazza Santo Stefano, la galleria concentra la propria
attività verso una linea astratta/informale sia internazionale che nazionale, con mostre di Wols,
Fontana, Capogrossi, Korompay, Magnelli, Schneider, Vasarely, Hartung e Tapiés.
Nello stesso tempo l’apertura al nuovo, presente da sempre nello spirito della Galleria, porta, con la
partecipazione critica di Renato Barilli, Gillo Dorfles, Maurizio Fagiolo Dell’Arco, Filiberto Menna,
Cesare Vivaldi, Giovanni Maria Accame, Flavio Caroli e Giorgio Cortenova, a mostre come quelle di
Gilardi, Alviani, Bonalumi, Castellani, Scheggi, Barni, Buscioni, Ruffi, Marotta, Olivieri, alla mostra di
Adami, Baj, Del Pezzo, Schifano e Tadini nel 1967 e ad una delle prime mostre di “arte povera“, con
opere di Boezem e Van Elk nel 1968. L’attività della Galleria continua fino al 1991 proseguendo sulla
linea impostata dal 1966 in avanti.
Milano essendo già allora, nel dopoguerra, il centro di informazione più specifico dell’arte, verso il
quale convergono anche esperienze iniziate altrove, dove nascono e crescono movimenti e
raggruppamenti fondamentali nella storia dell’arte (basti citare Fontana e lo Spazialismo), diventa
conseguentemente anche il centro del mercato dell’arte.
In questo clima di opportunità, l’attività delle gallerie private trova grandi spazi operativi. Il Naviglio da
una parte e il Milione dall’altra diventano le protagoniste indiscusse.
Nel 1930 Pier Maria Bardi si trasferì a Roma e lasciò in eredità a Peppino Ghiringhelli la Galleria di
fronte alla Pinacoteca di Brera. Peppino e il fratello Gino insieme ad Edoardo Persico fondarono Il
Milione.
Gino Ghiringhelli rivalutò i futuristi e Modigliani, importò i primi Matisse, Roualt, Kandinsky e Wolfs.
L’amicizia con Morandi, Sironi e Licini determinò l’affermazione dei valori dell’arte italiana e di quella
generazione documentata in Quadrante, che il Milione pubblicò sotto la direzione di Bontempelli e di
Bardi. Quando le bombe la distrussero, Il Milione venne rifatta in Via Manzoni e, passata la bufera della
guerra, in Via S. Andrea con Il Camino. Infine in Via Bigli, Gino con Peppino dedicato alle Edizioni, con
Livio e Ceroni, dettero vita ad una delle più solide gallerie italiane.
Dopo l’attività nel primo dopoguerra con la Galleria del Camino, superate le incertezze del periodo
bellico, il Milione di Via S. Andrea si inserisce nella promozione dell’arte italiana ed europea: nel 1949
Gino Ghiringhelli propone l’importante esposizione di Picasso (1949), alla quale seguì la memorabile
mostra di Wols, poi le mostre di Morlotti, Birolli, Matta, Klein e Chagall. mentre negli anni ‘50 nasce
l’interesse per i giovani come Romiti e Vacchi, Ajmone e Chighine, Fasce e Brunori, Ruggeri, Carmassi,
Bionda e il giovanissimo Guttuso, che tiene la sua prima personale. Oltre ai “vecchi scultori” come
Martini, Fontana, Marini e Manzù altri si succedono come Mirko, Minguzzi, Negri, Milani, Fabbri.
Nel 1964, alla morte di Gino Ghiringhelli, l’attività della Galleria continua con mostre storiche. Per
citarne alcune: Milani, Feiniger, Chighine, Fasce, il giovane Olivieri e Folon. Negli anni ‘70 vengono
organizzate le prime mostre della Pittura Analitica con Griffa, Olivieri, Pinelli e Verna e le personali di
Dorazio e Turcato, alle quali seguiranno negli anni ‘80 le mostre di Sanfilippo, Carla Accardi, Salvo e
Stefanoni.
La Galleria Il Milione, dopo la storica sede di Via Bigli, ha cambiato sede negli anni ’90, trasferendosi,
dove ad oggi svolge l’attività, in Via Maroncelli, vicino all’Isola e a Brera, quartieri della Milano più tipica.
Singolare peculiarità della Galleria è l’edizione dei Bollettini del Milione, che nascono nel 1932 in
occasione della Seconda mostra autunnale dell’ambiente moderno, che risultano essere tra i primi
cataloghi di mostre di arte moderna di cui ancora oggi si continua la pubblicazione.
Sul bollettino n° 33 di marzo - aprile del 1958 viene presentata con commento di Luigi Carluccio la
mostra che si tiene nei locali della galleria dal 28 marzo al 10 aprile: “Opere recenti di Ruggeri-Saroni-
Soffiantino.
A Torino, oltre alle illuminate edizioni delle rassegne pubbliche e all’attività di altre gallerie private, (si
possono ricordare Il Prisma, La Galatea e la Galleria Notizie), svolge indubbiamente un ruolo
importante l’attività della Galleria La Bussola.
La Galleria viene aperta nel 1946 in via Po, sotto la direzione di Ochetto, Becchis e Filippi e in seguito
del critico Luigi Carluccio, che vi resta dal 1947 al 1955. Il programma verte dapprima su protagonisti
delle avanguardie storiche internazionali come Klee, Kandinsky, Ensor, Braque, Chagall, senza
rinunciare a esporre il lavoro di giovani artisti, come nel caso di Mario Merz, che nel 1954 tiene la sua
prima personale. All’inizio del 1955 viene allestita nei locali della Galleria l’importante collettiva
“Niente di nuovo sotto il sole” curata da Carluccio e definita dallo stesso una “piccola antologia” dove
figurano tra gli altri anche Ruggeri, Saroni e Soffiantino. Nello stesso anno la direzione viene assunta da
Giuseppe Bertasso che inaugura una pratica di collaborazione con gallerie straniere, soprattutto
parigine, finalizzata a esportare a Torino i protagonisti dell’Informale e segnatamente delle mostre di
Masson (1959), Hartung (1959), Mathieu (1962), Dubuffet (1964), insieme a quelle di Wols (1967) o
Matta (1969), per citare artisti di altra nazionalità. Da parte italiana, vengono esposte opere di maestri
assoluti come Burri nel 1957 o Fontana nel 1967, insieme ad artisti più giovani in gran parte vicini alla
Nuova Figurazione. E’ del 1959 la collettiva Ruggeri-Saroni-Soffiantino, che si tiene nei locali della
Galleria dal 3 al 12 febbraio e che riporta in catalogo un puntuale commento del solito Luigi
Carluccio. La Galleria mostra, però, anche un interesse per le sorgenti reazioni alla poetica informale,
cioè per le tendenze razionalistiche, di Otto Piene, Morellet, Le Parc. Un segno di partecipazione
all’attualità è data dalla presenza del Nouveau Rèalisme con Arman e Yves Klein nel 1960. Nei suoi
primi anni di attività, la Galleria ha anche organizzato iniziative parallele alle mostre, come i concerti di
Savinio (1950) o le conferenze di de Chirico (1958). Svolge la sua costante ed illuminata attività fino
alla fine degli anni Novanta.
All’ombra della Quadriennale romana, numerose sono le gallerie private che nei primi anni Cinquanta
promuovono gli artisti della Capitale e non solo. Si possono ricordare tra le altre la Galleria del
Secolo, la Galleria dell’Obelisco, La Tartaruga, La Salita e, naturalmente, la Galleria dell’Attico.
La Galleria L’Attico è stata fondata nel novembre 1957 in Piazza di Spagna, a Roma, da Bruno
Sargentini, allora quarantasettenne, con al fianco il figlio Fabio appena diciottenne. Una delle prime
collettive è proprio dedicata ai tre artisti torinesi: la mostra Ruggeri-Saroni-Soffiantino si tiene nei locali
della galleria dal 21 marzo al 3 aprile del 1959 e il catalogo riporta un articolato commento di Nello
Ponente.
La galleria acquisisce poi, in pochissimi anni, fama internazionale. Nelle sue sale si alternano i più bei
nomi del panorama artistico dell’epoca: Capogrossi, Leoncillo, Fontana, Mafai, Fautrier, Brauner,
Magritte, Matta, Permeke, Canogar.
La differenza generazionale tra padre e figlio comincia ad evidenziarsi presto, proprio nelle divergenti
scelte sugli artisti da promuovere. Bruno, nel 1966, apre la Galleria Senior e si trasferisce in via del
Babuino. Fabio continua, invece, ad esporre a L’Attico di Piazza di Spagna. Prende quindi il via l’era
delle mostre sperimentali, delle personali che hanno fatto storia: Pascali, Kounellis, Pistoletto, Mattiacci.
Nel 1968 Fabio lascia piazza di Spagna e sposta la galleria in un garage di via Beccaria, rivoluzionando
la concezione dello spazio espositivo.
Memorabili al Garage sono le mostre di Jannis Kounellis, Mario Merz, Eliseo Mattiacci, Sol Lewitt, Gino
De Dominicis, Denis Oppenheim, Jean Tinguely. Contemporaneamente Fabio Sargentini organizza dei
veri e propri festival di musica e danza americani che aprono la strada all’affermazione della
performance.
Nel 1972 al Garage di via Beccaria Sargentini affianca un altro spazio in via del Paradiso, con
caratteristiche del tutto diverse: non più tabula rasa bensì soffitti affrescati, porte dorate e pavimenti
marmorei, che suggeriscono un raccordo con la storia dell’arte.
Le innovazioni sono continue: nella mostra “Lavori in corso” il pubblico è invitato a visitare la galleria
durante i lavori di ristrutturazione; “D’IO”, di Gino De Dominicis, fa risuonare una risata omerica nella
galleria vuota. Nel giugno del 1976 Fabio lascia il Garage e intraprende, parallelamente, anche la strada
del teatro sperimentale, mentre dal 1983 riapre l’attività in Via del Paradiso.
Anche recentemente sono state dedicate rassegne ai nostri tre Artisti: una, ad esempio, dalla storica
Galleria del Ponte a Torino, nel 1997, mentre l’anno seguente è la Città di Cherasco a dedicare loro
una mostra incentrata sul periodo iniziale del loro percorso: “Ruggeri-Saroni-Soffiantino. Informali tra
1954 e 1963”.
E’ così che anche il tradizionale appuntamento estivo con l’arte, avvenimento che ormai si ripete da
quarantuno anni ad Acqui Terme, dopo la celebrazione di importantissimi Grandi Maestri (da
Sutherland a Morandi, da Licini a Carrà, da Guttuso a Guidi, da Morlotti a Soffici) quest’anno rende
omaggio a tre indimenticabili protagonisti dell’arte non solo nazionale: Ruggeri, Saroni e Soffiantino
Oltre il confine dell’informale
L’idea per la quarantunesima edizione della mostra antologica al Palazzo del Liceo Saracco ad Acqui
Terme nasce dalla volontà di rendere omaggio a tre protagonisti dell’arte italiana, i torinesi Ruggeri,
Saroni, Soffiantino, celebrati già alla fine degli anni Cinquanta da quattro delle più importanti e storiche
gallerie del tempo: La Loggia di Bologna e Il Milione di Milano nel 1958, La Bussola di Torino e
L’Attico di Roma nel 1959.
QUATTRO STORICHE GALLERIE PER
RUGGERI, SARONI E SOFFIANTINO
Adolfo Francesco Carozzi
Il collezionismo d’arte già fiorente in epoca greco-romana, decaduto nel medioevo, rinato nel XIV
secolo e cresciuto nel ‘500 (anche con la nascita di edifici appositamente costruiti per accogliere
collezioni d’arte quali gli Uffizi di Firenze), si è sviluppato nei secoli successivi tanto da costituire, in
seguito a determinate trasformazioni sociali, un vero e proprio mercato dell’arte, cui ha accesso non
solo più la nobiltà ma anche la borghesia. E’ poi nel XX secolo che il collezionare arte, oltre ad
assumere un’importanza nella diffusione della cultura, costituisce nello stesso tempo un vero e proprio
sistema finanziario con il coinvolgimento nell’investimento di capitali non solo più dei privati ma anche
di istituti bancari.
Lo straordinario sviluppo economico del dopoguerra italiano si registra anche nel mercato dell’arte e
un indubbio contributo al volume degli affari e alla promozione delle nuove tendenze artistiche viene
fornito dalle gallerie private.
E’ in questo clima di euforia e di voglia di riscatto, ricco di fermenti e di dibattiti che ha inizio la nostra
storia o meglio quella dei nostri tre artisti in allora definiti ”3 giovani pittori torinesi”.
Sicuramente non casuale è il fatto che quattro delle più importanti gallerie di quel periodo, e siamo sul
finire degli Anni Cinquanta, abbiano pensato e poi realizzato nei propri spazi quattro mostre con lo
stesso titolo “Ruggeri-Saroni-Soffiantino“ ed è altrettanto singolare ed importante che le stesse
agissero in altrettanti grandi realtà culturali della Penisola come Torino, Milano, Bologna e Roma.
Erano gli anni dell’Informale, modo di essere e di sentire comune a moltissimi artisti italiani, se pur con
declinazioni diverse e modi espressivi tipologicamente personali. Era il periodo della pittura gestuale,
materica, segnica, del naturalismo, dello spazialismo, dell’arte nucleare. Era la rivincita dell’emozione
sulla costruzione, della tensione sulla schematizzazione con un linguaggio nuovo, impulsivo che mette
al centro l’espressività del singolo individuo nei confronti del gruppo o delle regole, in una esaltazione
non tanto dell’ “informe” quanto del “non formale”.
Anche il Capoluogo piemontese dove crescono ed operano i nostri giovani allievi dell’ Accademia
Albertina, sebbene con qualche maggiore difficoltà dovuta alla posizione della cultura cittadina
condizionata da una certa diffidenza nei riguardi della novità, dopo l’influenza di Picasso e dei fauve e
dopo la parentesi legata al Movimento Arte Concreta, forse anche sotto l’influenza delle notizie
provenienti da oltreoceano e dall’Europa diventa alla fine degli anni Cinquanta uno dei centri di
promozione dell’Informale internazionale. Indubbio peso hanno avuto le sette edizioni della rassegna
“Pittori d’oggi. Francia-Italia (1951-1961)” e la mostra “Arte nuova. Esposizione internazionale di
pittura e scultura” (organizzata nel 1959 da Michel Tapié con Pistoi al Circolo degli Artisti)
nell’aggiornamento sulla situazione internazionale così come l’attività di alcune gallerie private, mentre
interventi di critici come Arcangeli e Carluccio hanno favorito il deciso imporsi di un naturalismo
molto gestuale e materico.
In questo humus affondano le radici di Ruggeri, Saroni e Soffiantino, che con opere informali si
affacciano alla ribalta espositiva per poi proseguire con percorsi e strade diverse. Anche Roberto
Pasini sottolinea nel suo volume “L’Informale. StatiUuniti-Europa-Italia” che non vanno tralasciati tra gli
esponenti dell’Informale torinese “…Piero Ruggeri, con il suo informale scabro, accentuatamente
espressionista (l’esempio di Spazzapan docet), Sergio Saroni, che ha in de Kooning il principale punto
di riferimento, e Giacomo Soffiantino, dal segno dinamico e incisivo.”Se il loro linguaggio era quindi
quello della pittura, tale è rimasto nella loro produzione artistica, ma con particolari “termini di
organizzazione spaziale, drammatizzazione, equilibri o disequilibri compositivi” (F. Fanelli) per Ruggeri;
con ”la scelta di “una figurazione più analitica e precisa, fino ad arrivare nelle ultime mostre a una
lucida oggettività d’immagine” (F. Poli) per Saroni; con una sorta di recupero figurativo caratterizzato
dalla “singolare acutezza formale riflessa in una tavolozza sobria e in un repertorio di segni castigato
ed essenziale” (L. Borio) per Soffiantino.
La mostra, infatti, se da una parte sottolinea l’adesione all’Informale con la presenza di significative
opere della fine degli Anni Cinquanta, vuole anche porre l’attenzione al complessivo percorso dei tre
artisti al di là dell’etichetta iniziale: il sottotitolo, infatti, “oltre il confine dell’informale” ne costituisce
l’intenzione.
Ma torniamo al ’58, quando la Galleria della Loggia di Bologna e la Galleria Il Milione di Milano, e al
’59, quando la Galleria La Bussola di Torino e la Galleria L’Attico di Roma dedicano loro appunto
quattro mostre dal titolo “Ruggeri, Saroni, Soffiantino”.
A Bologna Francesco Arcangeli, nel proporre i giovani artisti bolognesi vicini all’ultimo naturalismo
coinvolge anche altre significative presenze con ripetute esposizioni in diverse gallerie cittadine (La
Scaletta, Il Cancello), ma è alla Galleria La Loggia che si trovano gli artisti più vicini alla poetica
informale.
La galleria, fondata nel dicembre del 1954 da Maria Orri e Bruno Nanni, svolge nei primi anni un
programma espositivo rivolto verso i maggiori artisti del ‘900 italiano, con mostre personali e collettive
in cui trovano collocazione opere di maestri come Moranti, De Pisis, De Chirico, Campigli, Guidi,
Maccari, Picasso, Gris, Braque, Patisse, Klee, Chagall, ecc. Già in quegli anni era, però, aperta al nuovo
e, con la critica di Francesco Arcangeli, ospita due mostre di Alberto Burri, una nel ’57 e l’altra nel ’59.
Importanti negli anni successivi, in campo internazionale, le mostre di Fautrier del ’58 e del ’59, di
Bissier del ’60, di Mathieu del ’62, di Bacon e Sutherland del ’63 e di Max Ernst del ’64.
Sempre nel primo periodo di attività, che va dal ’54 al ‘66, la Galleria, con l’aiuto di critici come
Arcangeli, Carluccio, Marchiori, Calvesi, Tassi, Valsecchi, ospita personali e collettive sia di artisti della
“generazione di mezzo“ come Afro, Birolli, Cassinari, Morlotti, sia di artisti della ”generazione anni ’20”
come Bendini, Ferrari, Nanni, Pulga, Romiti, Vacchi in ambito bolognese e come, in ambito nazionale,
Raspi, De Gregorio, Ajmone, Sadun, Fasce. In questo vasto programma rientra anche la mostra “3
giovani pittori torinesi. Ruggeri, Saroni, Soffiantino” tenutasi dal 1 al 14 febbraio con la presentazione
in catalogo di Luigi Carluccio.
Con il trasferimento della sede nei nuovi locali di Piazza Santo Stefano, la galleria concentra la propria
attività verso una linea astratta/informale sia internazionale che nazionale, con mostre di Wols,
Fontana, Capogrossi, Korompay, Magnelli, Schneider, Vasarely, Hartung e Tapiés.
Nello stesso tempo l’apertura al nuovo, presente da sempre nello spirito della Galleria, porta, con la
partecipazione critica di Renato Barilli, Gillo Dorfles, Maurizio Fagiolo Dell’Arco, Filiberto Menna,
Cesare Vivaldi, Giovanni Maria Accame, Flavio Caroli e Giorgio Cortenova, a mostre come quelle di
Gilardi, Alviani, Bonalumi, Castellani, Scheggi, Barni, Buscioni, Ruffi, Marotta, Olivieri, alla mostra di
Adami, Baj, Del Pezzo, Schifano e Tadini nel 1967 e ad una delle prime mostre di “arte povera“, con
opere di Boezem e Van Elk nel 1968. L’attività della Galleria continua fino al 1991 proseguendo sulla
linea impostata dal 1966 in avanti.
Milano essendo già allora, nel dopoguerra, il centro di informazione più specifico dell’arte, verso il
quale convergono anche esperienze iniziate altrove, dove nascono e crescono movimenti e
raggruppamenti fondamentali nella storia dell’arte (basti citare Fontana e lo Spazialismo), diventa
conseguentemente anche il centro del mercato dell’arte.
In questo clima di opportunità, l’attività delle gallerie private trova grandi spazi operativi. Il Naviglio da
una parte e il Milione dall’altra diventano le protagoniste indiscusse.
Nel 1930 Pier Maria Bardi si trasferì a Roma e lasciò in eredità a Peppino Ghiringhelli la Galleria di
fronte alla Pinacoteca di Brera. Peppino e il fratello Gino insieme ad Edoardo Persico fondarono Il
Milione.
Gino Ghiringhelli rivalutò i futuristi e Modigliani, importò i primi Matisse, Roualt, Kandinsky e Wolfs.
L’amicizia con Morandi, Sironi e Licini determinò l’affermazione dei valori dell’arte italiana e di quella
generazione documentata in Quadrante, che il Milione pubblicò sotto la direzione di Bontempelli e di
Bardi. Quando le bombe la distrussero, Il Milione venne rifatta in Via Manzoni e, passata la bufera della
guerra, in Via S. Andrea con Il Camino. Infine in Via Bigli, Gino con Peppino dedicato alle Edizioni, con
Livio e Ceroni, dettero vita ad una delle più solide gallerie italiane.
Dopo l’attività nel primo dopoguerra con la Galleria del Camino, superate le incertezze del periodo
bellico, il Milione di Via S. Andrea si inserisce nella promozione dell’arte italiana ed europea: nel 1949
Gino Ghiringhelli propone l’importante esposizione di Picasso (1949), alla quale seguì la memorabile
mostra di Wols, poi le mostre di Morlotti, Birolli, Matta, Klein e Chagall. mentre negli anni ‘50 nasce
l’interesse per i giovani come Romiti e Vacchi, Ajmone e Chighine, Fasce e Brunori, Ruggeri, Carmassi,
Bionda e il giovanissimo Guttuso, che tiene la sua prima personale. Oltre ai “vecchi scultori” come
Martini, Fontana, Marini e Manzù altri si succedono come Mirko, Minguzzi, Negri, Milani, Fabbri.
Nel 1964, alla morte di Gino Ghiringhelli, l’attività della Galleria continua con mostre storiche. Per
citarne alcune: Milani, Feiniger, Chighine, Fasce, il giovane Olivieri e Folon. Negli anni ‘70 vengono
organizzate le prime mostre della Pittura Analitica con Griffa, Olivieri, Pinelli e Verna e le personali di
Dorazio e Turcato, alle quali seguiranno negli anni ‘80 le mostre di Sanfilippo, Carla Accardi, Salvo e
Stefanoni.
La Galleria Il Milione, dopo la storica sede di Via Bigli, ha cambiato sede negli anni ’90, trasferendosi,
dove ad oggi svolge l’attività, in Via Maroncelli, vicino all’Isola e a Brera, quartieri della Milano più tipica.
Singolare peculiarità della Galleria è l’edizione dei Bollettini del Milione, che nascono nel 1932 in
occasione della Seconda mostra autunnale dell’ambiente moderno, che risultano essere tra i primi
cataloghi di mostre di arte moderna di cui ancora oggi si continua la pubblicazione.
Sul bollettino n° 33 di marzo - aprile del 1958 viene presentata con commento di Luigi Carluccio la
mostra che si tiene nei locali della galleria dal 28 marzo al 10 aprile: “Opere recenti di Ruggeri-Saroni-
Soffiantino.
A Torino, oltre alle illuminate edizioni delle rassegne pubbliche e all’attività di altre gallerie private, (si
possono ricordare Il Prisma, La Galatea e la Galleria Notizie), svolge indubbiamente un ruolo
importante l’attività della Galleria La Bussola.
La Galleria viene aperta nel 1946 in via Po, sotto la direzione di Ochetto, Becchis e Filippi e in seguito
del critico Luigi Carluccio, che vi resta dal 1947 al 1955. Il programma verte dapprima su protagonisti
delle avanguardie storiche internazionali come Klee, Kandinsky, Ensor, Braque, Chagall, senza
rinunciare a esporre il lavoro di giovani artisti, come nel caso di Mario Merz, che nel 1954 tiene la sua
prima personale. All’inizio del 1955 viene allestita nei locali della Galleria l’importante collettiva
“Niente di nuovo sotto il sole” curata da Carluccio e definita dallo stesso una “piccola antologia” dove
figurano tra gli altri anche Ruggeri, Saroni e Soffiantino. Nello stesso anno la direzione viene assunta da
Giuseppe Bertasso che inaugura una pratica di collaborazione con gallerie straniere, soprattutto
parigine, finalizzata a esportare a Torino i protagonisti dell’Informale e segnatamente delle mostre di
Masson (1959), Hartung (1959), Mathieu (1962), Dubuffet (1964), insieme a quelle di Wols (1967) o
Matta (1969), per citare artisti di altra nazionalità. Da parte italiana, vengono esposte opere di maestri
assoluti come Burri nel 1957 o Fontana nel 1967, insieme ad artisti più giovani in gran parte vicini alla
Nuova Figurazione. E’ del 1959 la collettiva Ruggeri-Saroni-Soffiantino, che si tiene nei locali della
Galleria dal 3 al 12 febbraio e che riporta in catalogo un puntuale commento del solito Luigi
Carluccio. La Galleria mostra, però, anche un interesse per le sorgenti reazioni alla poetica informale,
cioè per le tendenze razionalistiche, di Otto Piene, Morellet, Le Parc. Un segno di partecipazione
all’attualità è data dalla presenza del Nouveau Rèalisme con Arman e Yves Klein nel 1960. Nei suoi
primi anni di attività, la Galleria ha anche organizzato iniziative parallele alle mostre, come i concerti di
Savinio (1950) o le conferenze di de Chirico (1958). Svolge la sua costante ed illuminata attività fino
alla fine degli anni Novanta.
All’ombra della Quadriennale romana, numerose sono le gallerie private che nei primi anni Cinquanta
promuovono gli artisti della Capitale e non solo. Si possono ricordare tra le altre la Galleria del
Secolo, la Galleria dell’Obelisco, La Tartaruga, La Salita e, naturalmente, la Galleria dell’Attico.
La Galleria L’Attico è stata fondata nel novembre 1957 in Piazza di Spagna, a Roma, da Bruno
Sargentini, allora quarantasettenne, con al fianco il figlio Fabio appena diciottenne. Una delle prime
collettive è proprio dedicata ai tre artisti torinesi: la mostra Ruggeri-Saroni-Soffiantino si tiene nei locali
della galleria dal 21 marzo al 3 aprile del 1959 e il catalogo riporta un articolato commento di Nello
Ponente.
La galleria acquisisce poi, in pochissimi anni, fama internazionale. Nelle sue sale si alternano i più bei
nomi del panorama artistico dell’epoca: Capogrossi, Leoncillo, Fontana, Mafai, Fautrier, Brauner,
Magritte, Matta, Permeke, Canogar.
La differenza generazionale tra padre e figlio comincia ad evidenziarsi presto, proprio nelle divergenti
scelte sugli artisti da promuovere. Bruno, nel 1966, apre la Galleria Senior e si trasferisce in via del
Babuino. Fabio continua, invece, ad esporre a L’Attico di Piazza di Spagna. Prende quindi il via l’era
delle mostre sperimentali, delle personali che hanno fatto storia: Pascali, Kounellis, Pistoletto, Mattiacci.
Nel 1968 Fabio lascia piazza di Spagna e sposta la galleria in un garage di via Beccaria, rivoluzionando
la concezione dello spazio espositivo.
Memorabili al Garage sono le mostre di Jannis Kounellis, Mario Merz, Eliseo Mattiacci, Sol Lewitt, Gino
De Dominicis, Denis Oppenheim, Jean Tinguely. Contemporaneamente Fabio Sargentini organizza dei
veri e propri festival di musica e danza americani che aprono la strada all’affermazione della
performance.
Nel 1972 al Garage di via Beccaria Sargentini affianca un altro spazio in via del Paradiso, con
caratteristiche del tutto diverse: non più tabula rasa bensì soffitti affrescati, porte dorate e pavimenti
marmorei, che suggeriscono un raccordo con la storia dell’arte.
Le innovazioni sono continue: nella mostra “Lavori in corso” il pubblico è invitato a visitare la galleria
durante i lavori di ristrutturazione; “D’IO”, di Gino De Dominicis, fa risuonare una risata omerica nella
galleria vuota. Nel giugno del 1976 Fabio lascia il Garage e intraprende, parallelamente, anche la strada
del teatro sperimentale, mentre dal 1983 riapre l’attività in Via del Paradiso.
Anche recentemente sono state dedicate rassegne ai nostri tre Artisti: una, ad esempio, dalla storica
Galleria del Ponte a Torino, nel 1997, mentre l’anno seguente è la Città di Cherasco a dedicare loro
una mostra incentrata sul periodo iniziale del loro percorso: “Ruggeri-Saroni-Soffiantino. Informali tra
1954 e 1963”.
E’ così che anche il tradizionale appuntamento estivo con l’arte, avvenimento che ormai si ripete da
quarantuno anni ad Acqui Terme, dopo la celebrazione di importantissimi Grandi Maestri (da
Sutherland a Morandi, da Licini a Carrà, da Guttuso a Guidi, da Morlotti a Soffici) quest’anno rende
omaggio a tre indimenticabili protagonisti dell’arte non solo nazionale: Ruggeri, Saroni e Soffiantino
28
luglio 2012
RUGGERI, SARONI, SOFFIANTINO oltre il confine dell’informale
Dal 28 luglio al 28 agosto 2012
arte contemporanea
Location
PALAZZO LICEO SARACCO
Acqui Terme, Corso Bagni, 1, (Alessandria)
Acqui Terme, Corso Bagni, 1, (Alessandria)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 10 alle 12 e dalle 16,30 alle 19,30.
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