Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
S T A N Z E
S T A N Z E
Paola Fonticoli
Opening 7.05.24 h18-21
Dal 8.05.24 fino al 14.06.24 h14-19.30
A cura di Claudia Ponzi
Testo a cura Maria Nadotti
Comunicato stampa
Segnala l'evento
S T A N Z E
Paola Fonticoli
Opening 7.05.24 h18-21
Dal 8.05.24 fino al 14.06.24 h14-19.30
A cura di Claudia Ponzi
TRASPARIRE
Testo a cura Maria Nadotti
Quando un’opera artistica si accasa sul limine dell’impercettibile, le coordinate spaziali cominciano a muoversi e la materia a svariare. Si è accolti in un campo di silenzio e di luce. Ecco perché vorrei invitare chi legge a entrare con me nell’atelier di Paola Fonticoli e a domandarsi in che modo e in quale punto dello spazio si tracci quel limine, all’interno dell’opera e nel suo intorno, e in quell’altrove misterioso in cui la memoria dei sensi – quelli dell’artista e i nostri – lo colloca e incessantemente lo disloca. I lavori più recenti dell’artista – paesaggi mentali e dell’anima fugaci come la materia cartacea di cui sono fatti e indelebili come le scie del tempo vissuto e gli indizi di quello a venire – ti invitano con gentile fermezza ad assumere una postura sensoriale complessa, mai univoca e di sicuro non unidirezionale. Qui, per vedere, devi innanzitutto ascoltare, tastare, scortecciare il già visto, rimemorare, dubitare, interrogare, guardare, girare intorno, riguardare, avvicinarti, allontanarti, cambiare angolo visuale. E, innanzitutto, accettare non la vaghezza ingannevole dell’ombra, ma la sua solidità, il suo esserci casa. Paola Fonticoli disegna contorni netti e permeabili – un paradosso che è proprio l’ombra a consentire, proponendosi come zona mai statica del possibile, allusione al processo incostante del divenire – e lo fa tagliando e unendo, accostando forme e colori come a sottolineare che solo la disparità e la dissonanza mettono in relazione. Le sue “Stanze” di carta rigorosamente contenute in piccole scatole orfane sono microinstallazioni che sembrano avere luogo alla periferia dello sguardo. Chi le osserva è testimone di un’evoluzione che si dà al loro interno, ma che solo l’atmosfera in cui sono immerse può attivare. È un’evoluzione simile a quella di cui si è testimoni quando si osservano a lungo e da vicino i fili d’erba ai bordi di un campo o il farsi e disfarsi di una nuvola in primavera o il movimento della luce tra le foglie di un albero: tutto muove e si muove in un tenace lavorio della materia. Groviglio, attrito, attrazione, fusione, incontro: è da lì che scaturisce – proprio perché senza un obiettivo che lo preceda e lo trascenda – quel tertium che in natura e nell’arte è sempre già dato e che tuttavia è in attesa di essere visto, scoperto, riconosciuto. La carta – materiale cui Fonticoli è approdata per successive spoliazioni, passando dalla leggerezza resistente del legno alla compattezza duttile della creta, dall’inconsistenza della creta diluita in acqua e usata come vernice alla trasparenza del vetro –, oltre a essere significante pienamente assunto di fragilità, permette al silenzio e alla luce di farsi sostanza corporea dell’opera. In questo triadico intreccio agiscono la mano, l’occhio e l’orecchio di un’artista che si fa tramite tra il vuoto racchiuso in ogni perimetro (tela, pagina, scatola o altra superficie delimitata) e il vuoto che lo avvolge, tra il loro reciproco dentro e il loro scambievole fuori, tra il chiuso e l’aperto, il celato e l’esposto, il circoscritto e il diffuso e sui bordi allusivi di un’ombra che dà e toglie spessore allo spazio. C’è, nelle scatole create in questi mesi da Fonticoli, uno studio accurato e sottilmente sensuale di ciò che avviene all’interno di un territorio concluso, scelto e al contempo subito, che è lì a far da barriera, ostacolo e inciampo, ma anche a offrire la protezione e la rassicurazione del limite e a suggerire strategie di coesistenza, convivenza e collaborazione. Alcune minuscole scatole sono veri e propri dispositivi ottici: invitano a guardare attraverso una stratificazione di piani che mette in forse la percezione, la certezza della percezione, e induce a chiedersi se ciò che si vede sia tutto il visibile o se ci sia un oltre, nascosto dietro la mutevolezza e l’opacità dell’apparente. Le carte sovrapposte e incollate tra loro, senza alterarne il colore, lavorando sullo scarto percettivo prodotto dalla loro concrezione, dalla giustapposizione dei ritagli, dalla loro sagomatura, da quei lievi segni che l’artista traccia a pennarello sul recto o sul verso del foglio, generano minuscoli universi fluttuanti e ventosi di cui si stenta ad ammettere la dimensione reale. Come se l’artista avesse usato una lente di rimpicciolimento per dare una misura al respiro. E del respiro le sue “Stanze” hanno il ritmo, la durata, le pause, gli intervalli, il suono attutito, calmo, gentile. L’atto compositivo ha un esito acustico e temporale: il gesto della mano persiste nell’impersistenza. La luce lambisce la carta, la inonda, la nasconde, la sfrangia e vi si infrange. I margini sono diventati centro e il centro è migrato sui margini. Qui si gioca seriamente e la regola è un intatto, rinnovato stupore.
Guardare avvicina.
Paola Fonticoli
Opening 7.05.24 h18-21
Dal 8.05.24 fino al 14.06.24 h14-19.30
A cura di Claudia Ponzi
TRASPARIRE
Testo a cura Maria Nadotti
Quando un’opera artistica si accasa sul limine dell’impercettibile, le coordinate spaziali cominciano a muoversi e la materia a svariare. Si è accolti in un campo di silenzio e di luce. Ecco perché vorrei invitare chi legge a entrare con me nell’atelier di Paola Fonticoli e a domandarsi in che modo e in quale punto dello spazio si tracci quel limine, all’interno dell’opera e nel suo intorno, e in quell’altrove misterioso in cui la memoria dei sensi – quelli dell’artista e i nostri – lo colloca e incessantemente lo disloca. I lavori più recenti dell’artista – paesaggi mentali e dell’anima fugaci come la materia cartacea di cui sono fatti e indelebili come le scie del tempo vissuto e gli indizi di quello a venire – ti invitano con gentile fermezza ad assumere una postura sensoriale complessa, mai univoca e di sicuro non unidirezionale. Qui, per vedere, devi innanzitutto ascoltare, tastare, scortecciare il già visto, rimemorare, dubitare, interrogare, guardare, girare intorno, riguardare, avvicinarti, allontanarti, cambiare angolo visuale. E, innanzitutto, accettare non la vaghezza ingannevole dell’ombra, ma la sua solidità, il suo esserci casa. Paola Fonticoli disegna contorni netti e permeabili – un paradosso che è proprio l’ombra a consentire, proponendosi come zona mai statica del possibile, allusione al processo incostante del divenire – e lo fa tagliando e unendo, accostando forme e colori come a sottolineare che solo la disparità e la dissonanza mettono in relazione. Le sue “Stanze” di carta rigorosamente contenute in piccole scatole orfane sono microinstallazioni che sembrano avere luogo alla periferia dello sguardo. Chi le osserva è testimone di un’evoluzione che si dà al loro interno, ma che solo l’atmosfera in cui sono immerse può attivare. È un’evoluzione simile a quella di cui si è testimoni quando si osservano a lungo e da vicino i fili d’erba ai bordi di un campo o il farsi e disfarsi di una nuvola in primavera o il movimento della luce tra le foglie di un albero: tutto muove e si muove in un tenace lavorio della materia. Groviglio, attrito, attrazione, fusione, incontro: è da lì che scaturisce – proprio perché senza un obiettivo che lo preceda e lo trascenda – quel tertium che in natura e nell’arte è sempre già dato e che tuttavia è in attesa di essere visto, scoperto, riconosciuto. La carta – materiale cui Fonticoli è approdata per successive spoliazioni, passando dalla leggerezza resistente del legno alla compattezza duttile della creta, dall’inconsistenza della creta diluita in acqua e usata come vernice alla trasparenza del vetro –, oltre a essere significante pienamente assunto di fragilità, permette al silenzio e alla luce di farsi sostanza corporea dell’opera. In questo triadico intreccio agiscono la mano, l’occhio e l’orecchio di un’artista che si fa tramite tra il vuoto racchiuso in ogni perimetro (tela, pagina, scatola o altra superficie delimitata) e il vuoto che lo avvolge, tra il loro reciproco dentro e il loro scambievole fuori, tra il chiuso e l’aperto, il celato e l’esposto, il circoscritto e il diffuso e sui bordi allusivi di un’ombra che dà e toglie spessore allo spazio. C’è, nelle scatole create in questi mesi da Fonticoli, uno studio accurato e sottilmente sensuale di ciò che avviene all’interno di un territorio concluso, scelto e al contempo subito, che è lì a far da barriera, ostacolo e inciampo, ma anche a offrire la protezione e la rassicurazione del limite e a suggerire strategie di coesistenza, convivenza e collaborazione. Alcune minuscole scatole sono veri e propri dispositivi ottici: invitano a guardare attraverso una stratificazione di piani che mette in forse la percezione, la certezza della percezione, e induce a chiedersi se ciò che si vede sia tutto il visibile o se ci sia un oltre, nascosto dietro la mutevolezza e l’opacità dell’apparente. Le carte sovrapposte e incollate tra loro, senza alterarne il colore, lavorando sullo scarto percettivo prodotto dalla loro concrezione, dalla giustapposizione dei ritagli, dalla loro sagomatura, da quei lievi segni che l’artista traccia a pennarello sul recto o sul verso del foglio, generano minuscoli universi fluttuanti e ventosi di cui si stenta ad ammettere la dimensione reale. Come se l’artista avesse usato una lente di rimpicciolimento per dare una misura al respiro. E del respiro le sue “Stanze” hanno il ritmo, la durata, le pause, gli intervalli, il suono attutito, calmo, gentile. L’atto compositivo ha un esito acustico e temporale: il gesto della mano persiste nell’impersistenza. La luce lambisce la carta, la inonda, la nasconde, la sfrangia e vi si infrange. I margini sono diventati centro e il centro è migrato sui margini. Qui si gioca seriamente e la regola è un intatto, rinnovato stupore.
Guardare avvicina.
07
maggio 2024
S T A N Z E
Dal 07 maggio al 14 giugno 2024
arte contemporanea
arte moderna
design
arte moderna
design
Location
Finestreria
Milano, Via Ascanio Sforza, 69, (MI)
Milano, Via Ascanio Sforza, 69, (MI)
Orario di apertura
Opening 7.05.24 h18-21
Dal 8.05.24 fino al 14.06.24 h14-19.30
Sito web
Autore
Curatore
Autore testo critico
Progetto grafico