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Salvator Spagnolo – Fusion
Salvator Spagnolo sceglie gli scarti abbandonati e dismessi della società dei consumi come suoi materiali preferiti, dei quali fa uso non solo per la danza e la coreografia, ma anche nell’ambito del lavoro pittorico e fotografico
Comunicato stampa
Segnala l'evento
a cura di FRANCESCA PIETRACCI
Salvator Spagnolo
danza, coreografia, performance,
pittura, scultura, fotografia
Fusion
Inaugurazione
23 novembre h.19:00
durata mostra
23 nov / 7 dic 2011
orario apertura
lun / sab h.12:00 / 22:00
a cura di FRANCESCA
“La mia ricerca si sviluppa attraverso un complesso percorso espressivo, in cui rientrano i miei studi e le mie esperienze con il movimento e lo spazio, per giungere, in termini plastici, all'uso di differenti materie la cui lavorazione le lega ad una dimensione di densità energetica. La materia che tratto, che ri-conosco,
nasce ed arriva nell’intimità e muove delle corde sottili e profonde. Si tratta di uno scambio da cui nascono nuove prospettive e nuove idee. Questa mia ricerca genera accadimenti materici e pulsazioni di energia che emergono in maniera drammatica da un fondo denso ed oscuro.” (Salvator Spagnolo)
Salvator Spagnolo sceglie gli scarti abbandonati e dismessi della società dei consumi come suoi materiali preferiti, dei quali fa uso non solo per la danza e la coreografia, ma anche nell’ambito del lavoro pittorico e fotografico. Per l’artista, dunque, la creazione consiste nel gioco di percorrere e manipolare la materia e
di esserne a sua volta attraversato e plasmato. Questo lo porta ad aprirsi a diverse possibilità di percezione sensibile, soprattutto quella riguardante la soggettività del Tempo: l’oggetto è in grado di riflettere la dimensione di chi lo elabora e l’atto creativo può generare equilibrio e compensazione, riappropriazione di una dimensione propria (…) Francesca Pietracci
mercoledì 23 novembre dalle ore 19:30 alle ore 20:30
Presentazione di un nuovo progetto di Slavator Spagnolo con interventi di
Waldrudis Hoffmann
Storica dell’arte, restauratrice e fondatrice della “Scuola del vedere”
www.romschuledessehens.com
Rosi Giordano
regista e scenografa, tra i fondatori del “Laboratorio Femmine dell’Ombra” , docente di Scienze dello spazio presso il Liceo Artistico Ripetta di Roma e di tecniche teatrali in corsi CEE e del Ministero del Lavoro; ha partecipato a numerose rassegne e festival (Orestiadi, Sant' Arcangelo dei Teatri, Zattera di Babele, Città
spettacolo, Cust di Urbino, La genie de la Bastille…)
www.rosigiordano.it
Salvator Spagnolo: Fusion
di Francesca Pietracci
«Mercurio, con le ali ai piedi, leggero e aereo, abile e agile e adattabile e disinvolto, stabilisce le relazioni degli dei tra loro e quelle tra gli dei e gli uomini, tra le leggi universali e i casi individuali, tra le forze della
natura e le forme della cultura. Quale miglior patrono potrei scegliere per la mia proposta di letteratura?».
(Italo Calvino)
Le parole di Italo Calvino riferite a Mercurio si addicono a Salvator Spagnolo, al suo lavoro, alla sua disciplina, alla sua ricerca in merito al corpo della danza e al corpo dell’arte. Infatti il carattere e lo stile dell’artista percorrono con coerenza i concetti di sottrazione e di agilità. Le antitesi di leggerezza e pesantezza vengono da lui declinate a proposito di movimento perlustrativo e materia, di flusso energetico
tra inerzia e vitalità: dentro fuori, linearità e poi magma, Kaos vicino a Kronos, gesto, muscolo, materia informe e linea. Fenditura, lama, scheletro, sangue e cielo, petalo di rosa e bitume, gorgo, abisso, superficie piatta e poi il muro. Penetrare e rimbalzare, richiudersi e perlustrare. Diventare sé e diventare altro,
sorridere con gli occhi e piangere con il corpo, danzare, ascoltare, insudiciarsi le mani, misurare lo spazio con i piedi, costruire un guscio, un recinto sacro, un impedimento. Liberarsi.
Attraverso questi percorsi il suo corpo di danzatore diventa un ipercorpo, la sua mente un ipertesto e questi due dispositivi, così anarchici e aleatori, si incontrano e si attraggono impigliati nelle maglie di una rete, di un inganno “costruito ad arte”. Come un cacciatore di frodo che occulta trappole nei boschi, così l’artista predispone esche per se stesso. Prima o poi, sovrappensiero, metterà un piede in fallo e si troverà in gabbia. Senza apparenti vie d’uscita, è costretto a creare, a cercare un corpo altro in grado di interagire con una realtà altra. E’ nel magico luogo della gabbia che disegna spazi corporei e geometrie,
linee di eros e paura. L’energia creativa esplode, l’obiettivo è quello di uscire, di poter comunicare, di poter ancora calpestare la dimensione della quotidianità. Si tratta di questo nostro nuovo millennio al quale Italo
Calvino, nelle Lezioni americane, augurava Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità. Ma dalla molteplicità intesa come sistema di sistemi, ciò che si avverte maggiormente è la contaminazione, nel senso di contagio, di vera propria infezione, intossicazione provocata da tutto quello che non si riesce a metabolizzare correttamente. In altri termini si tratta di uno stato di tossicità che il mondo cerca scrupolosamente di mantenere. A ciascuno vengono somministrate micro dosi di veleno per formare anticorpi e così ci troviamo tutti vaccinati, insensibili al virus.
Questo discorso per dire che Salvator Spagnolo è uno dei pochi che desidera liberarsi dalle scorie tossiche, sia in senso metaforico che in senso letterale. Quasi a livello inconscio, e comunque animato da una vera e propria attrazione, va in cerca di materiali in disuso e di scarto. Il suo radar li avverte, i suoi piedi si fermano
… e ha inizio un gioco di emozioni, suggestioni e misteri. Ciò che precede la sua fase creativa e fattiva è il silenzio, l’ascolto di quella forma, le potenzialità di trasformazione di quella materia. Il suo corpo si fa microbo e penetra le cellule di un organismo solo apparentemente inerte. I suoi piedi scalano montagne, il
suo corpo traccia linee, braccia, mani e gambe fluttuano in quell’improbabile microcosmo, cercando forse amore, gioia, lucidità, paura, dolore, disillusione … Ciò che agli occhi comuni appare come rifiuto, a questo punto, viene non solo riabilitato, ma anche sublimato. Ora inizia per lui un’altra danza, un’altra coreografia,
cioè la realizzazione di un’opera plastica, la creazione di una cosmogonia frutto di un pensiero corporeo, della fascinazione della materia, di un linguaggio capace di evocare l’aura della società contemporanea.
Pensiamo in proposito al celebre testo “The thinking body” di Mabel Todd, un classico dello studio della psicologia umana e dell’effetto dei processi mentali sul movimento, pubblicato a Boston nel 1937. Del resto le esperienze di Salvator negli Stati Uniti di danzatore, coreografo e performer, nei primi anni 90, le
precedenti esperienze italiane e, in generale, la sua formazione e i suoi lavori, sono fortemente connotati dall’elaborazione di una vera e propria tecnica di ascolto del proprio corpo, dell’ambiente e dell’interazione con altri corpi. Salvator Spagnolo in quegli anni frequenta anche la New York Academy of Art e i giovani artisti del Meet district.
Così, come lui danzatore è riuscito a diventare autore di se stesso, le sue opere visive hanno come elemento costitutivo il movimento del suo essere totale, la traccia delle sue perlustrazioni, del suo lavoro di riappropriazione della propria coscienza all’interno delle forme in dissoluzione e in ricomposizione della materia. L’artista varca il confine dell’in e dell’out, dell’interno e dell’esterno, si fa partecipe di un uguale
movimento, di una stessa dimensione, forzando e violando la rigidità delle superfici fisiche e mentali. Il risultato del suo lavoro appare in un primo momento informale e astratto. Come, infatti, nell’arte informale degli anni 50 l'artista metteva in atto un processo di dissoluzione della forma nell'informe, così
Spagnolo si esprime attraverso l’assenza di una forma chiaramente riconoscibile.
Tuttavia, mentre i primi facendo ciò davano voce alle proprie ansie, sondavano le profondità della natura umana, gli istinti distruttivi alla luce delle drammatiche esperienze belliche, Spagnolo, invece, non distrugge la forma, ma recupera la casualità/causalità della materia dei suoi oggetti trovati, delle loro trasformazioni,
della loro vita. Non è spinto da un istinto distruttivo, ma cognitivo. La sua pittura diventa quindi un completamento spazio temporale, un’appropriazione estetica totalizzante, una connotazione di carattere icastico, una ricerca di autenticità che non abbandona propositi mimetici. Per questo motivo man mano compaiono al suo interno animali, alberi, orologi. Immagini che ripopolano quel mondo primordiale nato
dall’azzeramento, dal collasso di una civiltà malata e implosiva. Abbatte il confine che separa l’irrazionale dal razionale, trova una via d’uscita che lo porta ad affermare la propria volontà di esistere in quanto artista.
Ed è questa la casa che lui vuole abitare, costruita attraverso la sua forma d’arte: il corpo inteso sia come luogo del movimento che come strumento di consapevolezza.
Nella danza contemporanea, infatti, anche il suolo diventa un compagno di lavoro (Ursula Stricker) che aiuta a sviluppare la consapevolezza della struttura scheletrica, l’allineamento posturale e il movimento
equilibrato, naturale e fluido. Questo è esattamente ciò che Salvator Spagnolo vuole esprimere con le sue due sculture intitolate Angel e Quello che resta del felino. Si tratta due tensioni muscolari ed energetiche
opposte, verticalità e linearità, espresse attraverso fil di ferro e garza, come scheletri di esseri ai quali rimane l’esclusiva corporeità della propria energia psicomotoria. I muscoli sono scomparsi, ma la loro potenza permane intatta, leggerezza e velocità, seppure l’angelo è ancorato ad un sampietrino e la pantera
ad un legno che evoca il robusto ramo di una pianta secolare. Che sia in atto o in potenza, la loro tensione è massima, spettrale, ineludibile.
Ma dal momento che il tempo lavora su tutti noi e che l’opera tende al movimento del pensiero, Spagnolo ha da poco intrapreso una nuova fase di lavori che attinge forma e forza dalle sue esperienze precedenti. Si tratta di quella che lui stesso definisce Fusion.
L’effetto è quello di assistere alla creazione di Adamo. Le tecniche digitali si sovrappongono a quelle pittoriche per umanizzare la materia e spostare sempre più l’obiettivo sulla fase procedurale. L’esito è quello di un rafforzamento espressivo ed evocativo. Il suo corpo danzante appare emergere dal magma del colore/materia. In merito si potrebbe parlare di metamorfosi, di alchimia, o semplicemente di ciò che nell'opera compiuta è dato di vedere e comprendere della sua costruzione.
(FP)
Salvator Spagnolo
danza, coreografia, performance,
pittura, scultura, fotografia
Fusion
Inaugurazione
23 novembre h.19:00
durata mostra
23 nov / 7 dic 2011
orario apertura
lun / sab h.12:00 / 22:00
a cura di FRANCESCA
“La mia ricerca si sviluppa attraverso un complesso percorso espressivo, in cui rientrano i miei studi e le mie esperienze con il movimento e lo spazio, per giungere, in termini plastici, all'uso di differenti materie la cui lavorazione le lega ad una dimensione di densità energetica. La materia che tratto, che ri-conosco,
nasce ed arriva nell’intimità e muove delle corde sottili e profonde. Si tratta di uno scambio da cui nascono nuove prospettive e nuove idee. Questa mia ricerca genera accadimenti materici e pulsazioni di energia che emergono in maniera drammatica da un fondo denso ed oscuro.” (Salvator Spagnolo)
Salvator Spagnolo sceglie gli scarti abbandonati e dismessi della società dei consumi come suoi materiali preferiti, dei quali fa uso non solo per la danza e la coreografia, ma anche nell’ambito del lavoro pittorico e fotografico. Per l’artista, dunque, la creazione consiste nel gioco di percorrere e manipolare la materia e
di esserne a sua volta attraversato e plasmato. Questo lo porta ad aprirsi a diverse possibilità di percezione sensibile, soprattutto quella riguardante la soggettività del Tempo: l’oggetto è in grado di riflettere la dimensione di chi lo elabora e l’atto creativo può generare equilibrio e compensazione, riappropriazione di una dimensione propria (…) Francesca Pietracci
mercoledì 23 novembre dalle ore 19:30 alle ore 20:30
Presentazione di un nuovo progetto di Slavator Spagnolo con interventi di
Waldrudis Hoffmann
Storica dell’arte, restauratrice e fondatrice della “Scuola del vedere”
www.romschuledessehens.com
Rosi Giordano
regista e scenografa, tra i fondatori del “Laboratorio Femmine dell’Ombra” , docente di Scienze dello spazio presso il Liceo Artistico Ripetta di Roma e di tecniche teatrali in corsi CEE e del Ministero del Lavoro; ha partecipato a numerose rassegne e festival (Orestiadi, Sant' Arcangelo dei Teatri, Zattera di Babele, Città
spettacolo, Cust di Urbino, La genie de la Bastille…)
www.rosigiordano.it
Salvator Spagnolo: Fusion
di Francesca Pietracci
«Mercurio, con le ali ai piedi, leggero e aereo, abile e agile e adattabile e disinvolto, stabilisce le relazioni degli dei tra loro e quelle tra gli dei e gli uomini, tra le leggi universali e i casi individuali, tra le forze della
natura e le forme della cultura. Quale miglior patrono potrei scegliere per la mia proposta di letteratura?».
(Italo Calvino)
Le parole di Italo Calvino riferite a Mercurio si addicono a Salvator Spagnolo, al suo lavoro, alla sua disciplina, alla sua ricerca in merito al corpo della danza e al corpo dell’arte. Infatti il carattere e lo stile dell’artista percorrono con coerenza i concetti di sottrazione e di agilità. Le antitesi di leggerezza e pesantezza vengono da lui declinate a proposito di movimento perlustrativo e materia, di flusso energetico
tra inerzia e vitalità: dentro fuori, linearità e poi magma, Kaos vicino a Kronos, gesto, muscolo, materia informe e linea. Fenditura, lama, scheletro, sangue e cielo, petalo di rosa e bitume, gorgo, abisso, superficie piatta e poi il muro. Penetrare e rimbalzare, richiudersi e perlustrare. Diventare sé e diventare altro,
sorridere con gli occhi e piangere con il corpo, danzare, ascoltare, insudiciarsi le mani, misurare lo spazio con i piedi, costruire un guscio, un recinto sacro, un impedimento. Liberarsi.
Attraverso questi percorsi il suo corpo di danzatore diventa un ipercorpo, la sua mente un ipertesto e questi due dispositivi, così anarchici e aleatori, si incontrano e si attraggono impigliati nelle maglie di una rete, di un inganno “costruito ad arte”. Come un cacciatore di frodo che occulta trappole nei boschi, così l’artista predispone esche per se stesso. Prima o poi, sovrappensiero, metterà un piede in fallo e si troverà in gabbia. Senza apparenti vie d’uscita, è costretto a creare, a cercare un corpo altro in grado di interagire con una realtà altra. E’ nel magico luogo della gabbia che disegna spazi corporei e geometrie,
linee di eros e paura. L’energia creativa esplode, l’obiettivo è quello di uscire, di poter comunicare, di poter ancora calpestare la dimensione della quotidianità. Si tratta di questo nostro nuovo millennio al quale Italo
Calvino, nelle Lezioni americane, augurava Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità. Ma dalla molteplicità intesa come sistema di sistemi, ciò che si avverte maggiormente è la contaminazione, nel senso di contagio, di vera propria infezione, intossicazione provocata da tutto quello che non si riesce a metabolizzare correttamente. In altri termini si tratta di uno stato di tossicità che il mondo cerca scrupolosamente di mantenere. A ciascuno vengono somministrate micro dosi di veleno per formare anticorpi e così ci troviamo tutti vaccinati, insensibili al virus.
Questo discorso per dire che Salvator Spagnolo è uno dei pochi che desidera liberarsi dalle scorie tossiche, sia in senso metaforico che in senso letterale. Quasi a livello inconscio, e comunque animato da una vera e propria attrazione, va in cerca di materiali in disuso e di scarto. Il suo radar li avverte, i suoi piedi si fermano
… e ha inizio un gioco di emozioni, suggestioni e misteri. Ciò che precede la sua fase creativa e fattiva è il silenzio, l’ascolto di quella forma, le potenzialità di trasformazione di quella materia. Il suo corpo si fa microbo e penetra le cellule di un organismo solo apparentemente inerte. I suoi piedi scalano montagne, il
suo corpo traccia linee, braccia, mani e gambe fluttuano in quell’improbabile microcosmo, cercando forse amore, gioia, lucidità, paura, dolore, disillusione … Ciò che agli occhi comuni appare come rifiuto, a questo punto, viene non solo riabilitato, ma anche sublimato. Ora inizia per lui un’altra danza, un’altra coreografia,
cioè la realizzazione di un’opera plastica, la creazione di una cosmogonia frutto di un pensiero corporeo, della fascinazione della materia, di un linguaggio capace di evocare l’aura della società contemporanea.
Pensiamo in proposito al celebre testo “The thinking body” di Mabel Todd, un classico dello studio della psicologia umana e dell’effetto dei processi mentali sul movimento, pubblicato a Boston nel 1937. Del resto le esperienze di Salvator negli Stati Uniti di danzatore, coreografo e performer, nei primi anni 90, le
precedenti esperienze italiane e, in generale, la sua formazione e i suoi lavori, sono fortemente connotati dall’elaborazione di una vera e propria tecnica di ascolto del proprio corpo, dell’ambiente e dell’interazione con altri corpi. Salvator Spagnolo in quegli anni frequenta anche la New York Academy of Art e i giovani artisti del Meet district.
Così, come lui danzatore è riuscito a diventare autore di se stesso, le sue opere visive hanno come elemento costitutivo il movimento del suo essere totale, la traccia delle sue perlustrazioni, del suo lavoro di riappropriazione della propria coscienza all’interno delle forme in dissoluzione e in ricomposizione della materia. L’artista varca il confine dell’in e dell’out, dell’interno e dell’esterno, si fa partecipe di un uguale
movimento, di una stessa dimensione, forzando e violando la rigidità delle superfici fisiche e mentali. Il risultato del suo lavoro appare in un primo momento informale e astratto. Come, infatti, nell’arte informale degli anni 50 l'artista metteva in atto un processo di dissoluzione della forma nell'informe, così
Spagnolo si esprime attraverso l’assenza di una forma chiaramente riconoscibile.
Tuttavia, mentre i primi facendo ciò davano voce alle proprie ansie, sondavano le profondità della natura umana, gli istinti distruttivi alla luce delle drammatiche esperienze belliche, Spagnolo, invece, non distrugge la forma, ma recupera la casualità/causalità della materia dei suoi oggetti trovati, delle loro trasformazioni,
della loro vita. Non è spinto da un istinto distruttivo, ma cognitivo. La sua pittura diventa quindi un completamento spazio temporale, un’appropriazione estetica totalizzante, una connotazione di carattere icastico, una ricerca di autenticità che non abbandona propositi mimetici. Per questo motivo man mano compaiono al suo interno animali, alberi, orologi. Immagini che ripopolano quel mondo primordiale nato
dall’azzeramento, dal collasso di una civiltà malata e implosiva. Abbatte il confine che separa l’irrazionale dal razionale, trova una via d’uscita che lo porta ad affermare la propria volontà di esistere in quanto artista.
Ed è questa la casa che lui vuole abitare, costruita attraverso la sua forma d’arte: il corpo inteso sia come luogo del movimento che come strumento di consapevolezza.
Nella danza contemporanea, infatti, anche il suolo diventa un compagno di lavoro (Ursula Stricker) che aiuta a sviluppare la consapevolezza della struttura scheletrica, l’allineamento posturale e il movimento
equilibrato, naturale e fluido. Questo è esattamente ciò che Salvator Spagnolo vuole esprimere con le sue due sculture intitolate Angel e Quello che resta del felino. Si tratta due tensioni muscolari ed energetiche
opposte, verticalità e linearità, espresse attraverso fil di ferro e garza, come scheletri di esseri ai quali rimane l’esclusiva corporeità della propria energia psicomotoria. I muscoli sono scomparsi, ma la loro potenza permane intatta, leggerezza e velocità, seppure l’angelo è ancorato ad un sampietrino e la pantera
ad un legno che evoca il robusto ramo di una pianta secolare. Che sia in atto o in potenza, la loro tensione è massima, spettrale, ineludibile.
Ma dal momento che il tempo lavora su tutti noi e che l’opera tende al movimento del pensiero, Spagnolo ha da poco intrapreso una nuova fase di lavori che attinge forma e forza dalle sue esperienze precedenti. Si tratta di quella che lui stesso definisce Fusion.
L’effetto è quello di assistere alla creazione di Adamo. Le tecniche digitali si sovrappongono a quelle pittoriche per umanizzare la materia e spostare sempre più l’obiettivo sulla fase procedurale. L’esito è quello di un rafforzamento espressivo ed evocativo. Il suo corpo danzante appare emergere dal magma del colore/materia. In merito si potrebbe parlare di metamorfosi, di alchimia, o semplicemente di ciò che nell'opera compiuta è dato di vedere e comprendere della sua costruzione.
(FP)
23
novembre 2011
Salvator Spagnolo – Fusion
Dal 23 novembre al 07 dicembre 2011
fotografia
arte contemporanea
performance - happening
arte contemporanea
performance - happening
Location
BIBLIOTHE’ CONTEMPORARY ART GALLERY
Roma, Via Celsa, 4/5, (ROMA)
Roma, Via Celsa, 4/5, (ROMA)
Orario di apertura
lun / sab h.12:00 / 22:00
Vernissage
23 Novembre 2011, ore 19
Autore
Curatore