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Salvatore Canigiula – Anime fragili
personale
Comunicato stampa
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ANIME FRAGILI
Dare una definizione su cos’è la scultura moderna è alquanto arduo, dal momento in cui parlare di questa arte in senso tradizionale e specifico, dal dopoguerra in poi, non ha più senso essendo cambiato lo statuto estetico e artistico che la connotava in precedenza.
Negli anni settanta la riflessione critica e storica sull’argomento ha posto la scultura su un piano di radicale discussione, e da allora il risultato è quello che di fronte a un oggetto non si è più certi se si tratta di un’opera d’arte, di un arredo o di qualcosa appartenente al mondo reale. Lungi dalle distinzioni elaborate da Heidegger, di tale slittamento semantico si può ritenere responsabile Duchamp con il suo readymade.
E’ con l’inizio della modernità che si assiste a metodologie e criteri di analisi del nuovo differenti rispetto a quelli del passato che rivendicano distanza formale e autonomia, caratterizzanti anche la situazione contemporanea, quale conseguenza delle esperienze che i post-minimalisti avevano avviato promuovendo un modello alternativo che affrontava i prodotti delle varie arti con uno spirito di apertura e di confronto che contribuirà all’apporto teorico delle tante riflessioni sul tema.
I risvolti inediti nella scultura, così come in altri ambiti artistici, hanno permesso oggi di modificare i principi base di unicità, originalità, totale coscienza del processo di creazione e di espressione, ampliando il campo della scultura grazie alla pratica individuale dell’artista e del mezzo che egli utilizza.
I lavori di Salvatore Canigiula rientrano in questa logica “allargata” che si appropria della teoria filosofica post-strutturalista di lacaniana memoria che evita la fissità della forma nel suo manifestarsi, dando vita a un movimento continuo di chiusura e apertura, a un gioco erotico di incastri, sovrapposizioni, vicinanze, complicità, pulsazioni e slittamenti di piani, chiamando l’occhio ad essere l’organo privilegiato nella comprensione e nel piacere dell’arte, il quale si sofferma ora su superfici lucide e specchianti, ora su altre ruvide, materiche e opache che trattengono lo sguardo che si addentra nelle pieghe dell’oggetto, rallentando o accellerando il ritmo visivo che a volte passa dall’otticità alla tattilità. E’ forte, infatti, il richiamo della mano su queste superfici che rimandano, con un inganno percettivo, ad un altro materiale, innescando un processo di depistamento e di sorpresa.
Tale imprevisto è ciò di cui è composta la natura dell’arte, dimodoché il non scontato offre la possibilità di guardare oltre, di sviluppare maggiori capacità sensoriali e di tracciare linee pluridirezionali in un contesto polisemico dove trova giusta collocazione l’inatteso, l’inaspettato.
Tra simulazione e dissimulazione si riscontra un certo carattere ludico nelle opere di Canigiula, il quale usa un materiale non immediatamente riconoscibile, ma che sottende nel contempo una grande e greve verità che ci vede testimoni di una società del perturbante, con profonde instabilità ravvisabili in un’ irrefrenabile desiderio di apparire invece che di essere. Anime fragili, appunto!
Non essendosi emancipato il soggetto umano dalla sua fragilità ontologica e gnosologica si avverte una forte crisi etica e di valori che capovolge principi e criteri ritenuti intoccabili e sacri, e che sottraggono consistenza ed equilibrio a un mondo sorretto da apparenze, superficialità e spesso dal nulla. Si invertono i binomi alto-basso, sopra-sotto, pesante-leggero, pieno-vuoto, dentro-fuori, concavo-convesso, piccolo-grande, debole-forte, e nell’avere annullato le gerarchie e nel non avere saldi punti di riferimento l’arte, quella realmente proiettata nel sociale, sembra gridare il proprio disagio, diventando a volte vox clamantis in deserto.
I lavori di Canigiula non sono riconducibili a una precisa forma e sfuggono a tentativi di conciliazione dialettica e alle categorie stesse, operando un rovesciamento di senso, grazie anche alla sua abilità manuale e alla conoscenza e controllo della tecnica con le quali da tempo ha piena dimestichezza, nonché alla capacità di tagliare con la precisione di un laser e ridurre il materiale a una semplicità volumetrica, animata da una luce vibrante.
Nel panorama contemporaneo, come già ricordato, dire che cosa legittimamente può essere considerato un’opera di scultura è diventato davvero difficile a causa di una non definita fisionomia. Già nel XVIII secolo Lessing si chiedeva se vi era una differenza tra un evento temporale e un oggetto statico, affermando che la specificità della scultura consiste nel dispiegamento dei corpi nello spazio. L’opposizione tra arte del tempo e arte dello spazio diventerà negli anni ’30 uno dei principali criteri per valutare la scultura, essendo questa costituita da materia inerte e quindi interessata più all’estensione spaziale piuttosto che a quella temporale, pur riconoscendo (e lo aveva detto lo stesso Lessing) che i corpi esistono non solo nello spazio ma anche nel tempo. Difatti, uno degli aspetti più interessanti della scultura moderna e contemporanea risiede nel fatto che una forma contiene l’esperienza del suo opposto ponendosi tra l’immobilità e il movimento, tra un tempo bloccato e un tempo che scorre. Tale punto di congiunzione provoca una tensione dalla quale scaturisce la sorprendente carica espressiva e tutta la sensibilità di un’epoca che, nel caso di Canigiula, si traduce in rigore e sintesi formale da una parte, e in problematica indagine e critica sull’esistente dall’altra, in un continuum di rimandi che si muovono su un duplice registro di lettura visiva e mentale. Nonostante la sua ricerca sia rivolta alla bellezza e all’armonia, in alcune opere si legge il dramma della lacerazione, dello strappo, della spaccatura, mentre in altre si scorgono i segni di una sedimentazione e stratificazione della memoria e della storia, quale richiamo forte alla nostra terra.
Eleganza, pulizia e calcolo sono, nelle opere dell’artista, atti del pensiero inteso come possibilità di esplorare la materia inerte che improvvisamente si anima di vitalità. Per mezzo di questa potenza metaforica le superfici sembrano possedere una vita propria, divenendo immagini della variabilità e della trasformazione. Ma pur nel cambiamento egli va a favore di un’analisi strutturale delle forme, dello sviluppo del volume, orientata verso una tridimensionalità razionalizzata che di primo acchito dà la sensazione di un insieme fondato su una concezione unica, sintetica. Ma spostando il punto di vista ogni lato presenta una variazione di schema, un materiale diverso (rame, alluminio, legno) trattato diversamente e disposto in modo da nascondere il reale materiale con il quale sono realizzate le opere, cioè il cartone, che rappresenta la vera anima che forgia l’universo creativo di Canigiula, sempre in bilico tra il fragile e il resistente, tra il transitorio e il permanente, tra il bisogno indotto dell’apparire e la necessità nonché l’urgenza del dover essere: categorie contrastanti che coesistono in questi lavori dove non si possono prevedere le vedute laterali a partire da quella frontale, quasi a voler sottolineare che la conoscenza di una persona non si può fermare alla prima impressione, ma solo dopo aver conosciuto di lei un insieme complesso di espressioni.
Ornella Fazzina
09
giugno 2007
Salvatore Canigiula – Anime fragili
Dal 09 al 23 giugno 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA QUADRIFOGLIO
Siracusa, Via Santi Coronati, 13, (Siracusa)
Siracusa, Via Santi Coronati, 13, (Siracusa)
Orario di apertura
dal lunedì a sabato 10-13 e 17-20
Vernissage
9 Giugno 2007, ore 19
Autore
Curatore