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Salvatore Favia – Les petites poupées
Creare il percorso della fotografia. Dalla preparazione del soggetto allo scatto. Essere consapevoli di
quell’immagine che imprigiona il tempo e lo spazio in un ricordo. Che resta per sempre, almeno fino
al deterioramento della carta sulla quale è stampata o alla perdita del suo file digitale. Questa l’idea
dell’ennesimo esperimento fotografico dell’artista sipontino Salvatore Favia, che ha realizzato una serie
di scatti con 24 bambine, di un’età compresa fra i quattro e i dieci anni d’età, prese singolarmente e che
sono l’oggetto della sua nuova mostra
Comunicato stampa
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“Les petites poupées”
Creare il percorso della fotografia. Dalla preparazione del soggetto allo scatto. Essere consapevoli di
quell’immagine che imprigiona il tempo e lo spazio in un ricordo. Che resta per sempre, almeno fino
al deterioramento della carta sulla quale è stampata o alla perdita del suo file digitale. Questa l’idea
dell’ennesimo esperimento fotografico dell’artista sipontino Salvatore Favia, che ha realizzato una serie
di scatti con 24 bambine, di un’età compresa fra i quattro e i dieci anni d’età, prese singolarmente e che
sono l’oggetto della sua nuova mostra “Les petites poupées”, composta da 24 fotografie di un formato
40x60 cm, presentata presso il Centro Culturale Luc (Laboratorio Urbano Culturale) sabato 11 maggio alle
ore 20:00 sito presso il Lungomare Nazario Sauro, al civico 37, in Manfredonia. Favia ha voluto creare un
percorso insieme ai soggetti dei suoi scatti mostrando loro come funziona la preparazione che si nasconde
dietro un’immagine. Con la collaborazione della fashion designer Gabriella Zoccano e della truccatrice Titti
Rinaldi, le piccole protagoniste hanno così vissuto un’esperienza elettrizzante e di formazione: prendere
consapevolezza della propria immagine di fronte ad una macchina fotografica.
Favia costruisce un humus immaginifico di chiaro sapore vintage. Le bambine sembrano uscite da quei
ritratti in bianco e nero degli anni Venti. Ma qui paradossalmente è il colore a dare il tocco definitivo di
quel tempo dai contorni sospesi. Ed è così che il suo lavoro sembra esprimere l’essenza cristallizzata della
vita nel corso dell’infanzia. Queste bambine sono l’essenza di un tempo che non ha cronologia, non ha
date. L’innocenza e i loro sorrisi sono figli di un mondo che non cambia, un tocco di gioia imprigionato nel
cupo nero del suo sfondo dai contorni ombrosi che richiama quello di Caravaggio. Ma è anche l’oscurità
di Helmut Newton, da cui Favia è sempre stato influenzato, a prendere corpo. Il colore però, come
abbiamo detto, c’è e diventa geometria visiva che contiene anime, pensieri, dolori e turbamenti interiori.
Assumendo la forma dei volti, dei sorrisi, degli sguardi imbronciati o seriosi, degli abiti accuratamente
scelti, volutamente confusi fra un tocco classico e le sue sfumature moderne, che sanciscono un ponte
fra il passato e il presente. I colori in Favia sono accessi, forti, intrinseci e determinati, eppure allo stesso
tempo attenti e sensibili nel definire la personalità dei suoi scatti nonché quella dei suoi soggetti. Perché
essenza principale del volere del suo autore è quella di far venire fuori la personalità delle “modelle”, il
loro carattere. Di conseguenza il progetto acquisisce una funzione tridimensionale; cosicché Favia insegna
alle piccole che l’immagine è anche personalità, che la bellezza si nasconde dietro di essa ed è fatta di
sfumature, di prospettive, deve contenere uno spessore che va al di là dei contorni catturati dalla luce.
Ed è qui che proprio la fotografia stessa mina la superficialità del mondo immaginifico inetto e senza
spessore a cui certi retaggi e realtà socio-culturali ben presenti nel nostro vivere quotidiano vorrebbero
trascinare tutti “gli altri”. In questo modo, Favia sottolinea la necessità di coltivare e mettere in luce
il carattere di ogni bambina di quei ritratti; la vacuità non si addice all’immagine così come il mondo
pubblicitario vuole farci credere, ma ci deve essere necessariamente qualcosa dietro affinché essa possa
sfuggire alle grinfie di quel mondo. E può farlo solo se è consapevole di quello che guarda quando riflette
la propria immagine allo specchio. E cosa può farlo meglio della fotografia? Trasparenza di osservazione di
anime felici, ridenti, sole, infelici, turbate. L’essere umano colto nella sua sfumatura attraverso immagini
che sono la quintessenza della luce e del buio, impegnate a cogliere la verità che si nasconde dietro la
semplice percezione.
Erminio Fischetti
Creare il percorso della fotografia. Dalla preparazione del soggetto allo scatto. Essere consapevoli di
quell’immagine che imprigiona il tempo e lo spazio in un ricordo. Che resta per sempre, almeno fino
al deterioramento della carta sulla quale è stampata o alla perdita del suo file digitale. Questa l’idea
dell’ennesimo esperimento fotografico dell’artista sipontino Salvatore Favia, che ha realizzato una serie
di scatti con 24 bambine, di un’età compresa fra i quattro e i dieci anni d’età, prese singolarmente e che
sono l’oggetto della sua nuova mostra “Les petites poupées”, composta da 24 fotografie di un formato
40x60 cm, presentata presso il Centro Culturale Luc (Laboratorio Urbano Culturale) sabato 11 maggio alle
ore 20:00 sito presso il Lungomare Nazario Sauro, al civico 37, in Manfredonia. Favia ha voluto creare un
percorso insieme ai soggetti dei suoi scatti mostrando loro come funziona la preparazione che si nasconde
dietro un’immagine. Con la collaborazione della fashion designer Gabriella Zoccano e della truccatrice Titti
Rinaldi, le piccole protagoniste hanno così vissuto un’esperienza elettrizzante e di formazione: prendere
consapevolezza della propria immagine di fronte ad una macchina fotografica.
Favia costruisce un humus immaginifico di chiaro sapore vintage. Le bambine sembrano uscite da quei
ritratti in bianco e nero degli anni Venti. Ma qui paradossalmente è il colore a dare il tocco definitivo di
quel tempo dai contorni sospesi. Ed è così che il suo lavoro sembra esprimere l’essenza cristallizzata della
vita nel corso dell’infanzia. Queste bambine sono l’essenza di un tempo che non ha cronologia, non ha
date. L’innocenza e i loro sorrisi sono figli di un mondo che non cambia, un tocco di gioia imprigionato nel
cupo nero del suo sfondo dai contorni ombrosi che richiama quello di Caravaggio. Ma è anche l’oscurità
di Helmut Newton, da cui Favia è sempre stato influenzato, a prendere corpo. Il colore però, come
abbiamo detto, c’è e diventa geometria visiva che contiene anime, pensieri, dolori e turbamenti interiori.
Assumendo la forma dei volti, dei sorrisi, degli sguardi imbronciati o seriosi, degli abiti accuratamente
scelti, volutamente confusi fra un tocco classico e le sue sfumature moderne, che sanciscono un ponte
fra il passato e il presente. I colori in Favia sono accessi, forti, intrinseci e determinati, eppure allo stesso
tempo attenti e sensibili nel definire la personalità dei suoi scatti nonché quella dei suoi soggetti. Perché
essenza principale del volere del suo autore è quella di far venire fuori la personalità delle “modelle”, il
loro carattere. Di conseguenza il progetto acquisisce una funzione tridimensionale; cosicché Favia insegna
alle piccole che l’immagine è anche personalità, che la bellezza si nasconde dietro di essa ed è fatta di
sfumature, di prospettive, deve contenere uno spessore che va al di là dei contorni catturati dalla luce.
Ed è qui che proprio la fotografia stessa mina la superficialità del mondo immaginifico inetto e senza
spessore a cui certi retaggi e realtà socio-culturali ben presenti nel nostro vivere quotidiano vorrebbero
trascinare tutti “gli altri”. In questo modo, Favia sottolinea la necessità di coltivare e mettere in luce
il carattere di ogni bambina di quei ritratti; la vacuità non si addice all’immagine così come il mondo
pubblicitario vuole farci credere, ma ci deve essere necessariamente qualcosa dietro affinché essa possa
sfuggire alle grinfie di quel mondo. E può farlo solo se è consapevole di quello che guarda quando riflette
la propria immagine allo specchio. E cosa può farlo meglio della fotografia? Trasparenza di osservazione di
anime felici, ridenti, sole, infelici, turbate. L’essere umano colto nella sua sfumatura attraverso immagini
che sono la quintessenza della luce e del buio, impegnate a cogliere la verità che si nasconde dietro la
semplice percezione.
Erminio Fischetti
11
maggio 2013
Salvatore Favia – Les petites poupées
11 maggio 2013
fotografia
serata - evento
serata - evento
Location
CENTRO CULTURALE LUC
Manfredonia, Lungomare Nazario Sauro, 37, (Foggia)
Manfredonia, Lungomare Nazario Sauro, 37, (Foggia)
Autore